Integratori alimentari e benessere cutaneo
Autori: Prof.ssa Marcella Guarrera, Clinica Dermatologica, Università di Genova;
Dr.ssa Alessandra Pavesi, dermatologa, Genova
Revisore scientifico: Prof. Paolo Magni, Dipartimento di Scienze Farmacologiche e Biomolecolari, Facoltà di Scienze del Farmaco, Università degli Studi di Milano, Milano
Scopo dell’attività
Fornire al farmacista informazioni utili a effettuare un corretto counseling al cliente riguardo il benessere cutaneo e gli elementi di una possibile integrazione.
Executive summary
L’epidermide è costituita da quattro tipi di cellule: cheratinociti, melanociti, cellule di Langerhans e cellule di Merkel.
Le fibre collagene permettono l’estensione della cute (distensibilità), mentre quelle elastiche ne garantiscono il ritorno alle dimensioni originali dopo una trazione (elasticità).
Sebbene le avitaminosi nelle popolazioni occidentali siano rare, alcune forme di ipovitaminosi si possono sviluppare durante le cosiddette “crash diet”.
Gli integratori alimentari sono molto utilizzati nelle varie forme di alopecia, nelle quali però, a volte, hanno funzione di placebo. In letteratura sono rari gli studi controllati e randomizzati che dimostrino l’efficacia di tali prodotti in tricologia. Ad esempio, l’apparente miglioramento in caso di telogen effluvium non sempre è dovuto al trattamento, proprio a causa dell’andamento discontinuo della patologia. Non si deve dimenticare che l'assunzione eccessiva di integratori alimentari può portare ad effetti paradossali, come dimostrano i casi di alopecia da eccesso di selenio.
I danni da radiazioni ultraviolette, ma anche da radiazioni infrarosse e del visibile, si possono manifestare a breve e a lungo termine. Tra i primi sono comprese le ustioni, le reazioni fototossiche e fotoallergiche e l'immunosoppressione, tra le seconde il fotoinvecchiamento, i tumori cutanei e le fotodermatosi.
Obiettivi formativi
Al termine del modulo didattico, il farmacista dovrebbe essere in grado di:
- conoscere anatomia e fisiologia della funzione cellulare cutanea;
- comprendere il ruolo dei diversi elementi coinvolti in questi processi e il ruolo dell’integrazione alimentare;
- riconoscere in quali casi è utile l’integrazione alimentare e consigliare adeguatamente il cliente
Anatomia della cute
La cute è un organo complesso che ricopre l’intera superficie corporea e può arrivare a costituire il 20% in peso del nostro corpo. Essa regola gli scambi con l’ambiente esterno, limita i danni da insulti meccanici e chimici, assorbe e blocca le radiazioni luminose, impedisce la perdita e l’assorbimento eccessivo di acqua, contrasta l’azione di microrganismi, svolge un importante ruolo immunologico e contribuisce al sistema di termoregolazione. Inoltre la presenza di una densa rete nervosa dotata di recettori tattili le conferisce la funzione di organo di relazione.
La superficie cutanea in un adulto è compresa fra 1,6 e 1,8 m2, con uno spessore variabile da 0,5 mm a livello delle palpebre a 3-6 mm nelle regioni palmoplantari. Il colore varia secondo i gruppi etnici, la costituzione individuale, l’età e la sede corporea.
Microscopicamente, la cute è composta da un epitelio pluristratificato di origine ectodermica, l’epidermide, da un tessuto connettivo lasso di origine mesodermica, il derma,su cui l’epidermide riposa e da un tessuto adiposo anch’esso di origine mesodermica, l’ipoderma o tessuto sottocutaneo. Nel derma e nel tessutosottocutaneo sono contenuti gli annessi, quali le ghiandole sudoripare, le ghiandole apocrine, le ghiandole sebacee, i peli e le unghie.
L’epidermide è costituita da quattro tipi di cellule: cheratinociti, melanociti, cellule di Langerhans e cellule di Merkel.
Il cheratinocita, la cellula più rappresentata, forma, attraverso un processo di differenziazione (“cheratinizzazione”) i cinque strati dell’epidermide definiti, dall’interno verso l’esterno, basale o germinativo, spinoso o di Malpighi, granuloso, lucido e corneo (vedi Figura 1).
Lo strato basale è in continuo, anche se lento, rinnovamento, attraverso la proliferazione delle sue cellule, che hanno un aspetto cilindrico con l’asse maggiore posto sagittalmente alla superficie. Sopra lo strato basale i cheratinociti assumono forma poligonale e danno origine allo strato spinoso nel quale l’attività proliferativa cessa, quindi a quello granuloso nel quale sono presenti granuli citoplasmatici di cheratoialina. Nelle aree palmoplantari dove lo spessore cutaneo è maggiore è presente lo strato lucido composto da cellule appiattite e, alla luce del microscopio, riflettenti. Infine, il corneo è lo strato più esterno, in cui le cellule appiattite si privano del nucleo (corneociti).
I cheratinociti sono tenuti adesi uno all’altro da particolari strutture, detti desmosomi, che scompaiono a livello dello strato corneo, soggetto a uno sfaldamento continuo (stratum disjunctum). In condizioni normali i corneociti che si sfaldano sono sostituiti da un ugual numero di cheratinociti prodotti dallo strato basale, in modo da mantenere costante lo spessore epidermico.
I melanociti sono cellule di forma poliedrica stellata (cellule dendritiche) derivate dalla cresta neurale e inserite nello strato basale ogni 5-10 cheratinociti. La loro funzione principale è quella di produrre la melanina. Si caratterizzano per la presenza di melanosomi, granuli contenenti il pigmento, e di numerose ramificazioni (dendriti) che li pongono a contatto con i cheratinociti dello strato spinoso. Attraverso i dendriti, i melanosomi, e quindi la melanina, sono trasferiti all’interno dei cheratinociti conferendo all’epidermide la pigmentazione. In genere non ci sono differenze nella distribuzione o densità di melanociti tra i differenti sessi e razze. Le differenze di colore della pelle sono dovute solo alla differente attività dei melanociti stessi e non al loro numero.
Le cellule di Langerhans sono cellule dendritiche di derivazione midollare che svolgono il ruolo di sentinella immunitaria. Presentano un nucleo convoluto e caratteristici organuli citoplasmatici chiamati granuli di Birbeck.
Le cellule di Merkel, di derivazione epidermica, contengono filamenti di cheratina e producono numerosi neuropeptidi. Situate sopra lo strato basale dell’epidermide, di forma rotondeggiante, sono in contatto con le fibre nervose assumendo compiti di terminazioni recettrici tattili.
L’epidermide è separata dal derma sottostante dalla membrana basale cui è legata da emidesmosomi.
Il derma è un tessuto di origine mesenchimale costituito da fibroblasti, fibre collagene, fibre elastiche e sostanza fondamentale, all’interno del quale sono contenuti i vasi sanguigni e linfatici, i nervi e gli annessi cutanei. Essendo un tessuto particolarmente robusto, oltre a conferire alla cute la sua resistenza meccanica, svolge una funzione di sostegno nei confronti dell’epidermide e degli annessi. Il suo spessore varia da 1 mm sul viso a 4 mm al dorso e alle cosce. Nel derma si distinguono un derma superficiale (papillare) che si insinua con digitazioni multiple (papille dermiche) nell’epidermide e uno profondo (reticolare) con minore componente cellulare. I fibroblasti sono le cellule responsabili della sintesi delle fibre e di tutti i componenti della matrice extracellulare.
Le fibre collagene permettono l’estensione della cute (distensibilità), mentre quelle elastiche ne garantiscono il ritorno alle dimensioni originali dopo una trazione (elasticità); la sostanza fondamentale è costituita da un gel di proteoglicani e glicosaminoglicani (GAG) tra cui l’acido ialuronico, principale responsabile dell’idratazione cutanea.
L’ipoderma è un tessuto di origine mesenchimale costituito da adipociti organizzati in lobi e lobuli separati tra loro da setti connettivali, che si agganciano superiormente al derma e in basso alla fascia muscolare o, in alcune sedi, al periostio. I vasi arteriosi e venosi decorrono nei setti circondando di una fine rete capillare le singole cellule adipose. L’adipocita è una cellula rotondeggiante con il citoplasma ricca di lipidi, soprattutto trigliceridi, che spingono il nucleo contro la parete cellulare. L’ipoderma rappresenta una sorta di cuscinetto tra pelle e apparato muscolo-scheletrico; il suo spessore varia in funzione della sede corporea, è massimo a livello di addome e glutei, minore sul tronco e minimo all’altezza di testa e al collo, in funzione del genere (nella donna lo spessore è tre volte maggiore) e dello stato di nutrizione, essendo la maggior riserva nutritizia dell’organismo; ha inoltre funzione di protezione meccanica degli organi interni e di isolamento termico.
La vascolarizzazione cutanea è composta da due grandi plessi vascolari costituiti da arteriole e venule che decorrono parallele alla superficie cutanea e che si localizzano al limite tra il derma papillare e reticolare (plesso superficiale o subpapillare) e tra il derma reticolare e il sottocutaneo (plesso profondo), comunicanti tra loro mediante vasi orientati perpendicolarmente alla superficie.
L’innervazione cutanea è costituita da una rete di fibre del sistema cerebro-spinale e del sistema nervoso simpatico (adrenergiche e colinergiche), localizzate nel derma, intorno agli annessi cutanei e nell’ipoderma.
Infine nel derma sono localizzati gli annessi, che sono le unità pilo-sebacee, le ghiandole sudoripare eccrine, le ghiandole apocrine e le unghie.
Integratori alimentari e cute
Vitamine e oligoelementi sono assunti normalmente tramite una dieta equilibrata e completa. In caso di aumentato fabbisogno (ad esempio nello sport), di diminuita assunzione, come in alcune diete, o di cambiamenti metabolici o fisiologici è possibile l’utilizzo di integratori alimentari (IA).
Le vitamine funzionano come catalizzatori delle reazioni biologiche fondamentali per la cellula e sono quindi indispensabili all’organismo. Vengono assunte con la dieta o sintetizzate da batteri intestinali come le vitamine K e B12, oppure sintetizzate da precursori-provitamine come le vitamine A, PP e D. Sebbene le avitaminosi nelle popolazioni occidentali siano rare, ipovitaminosi si possono sviluppare durante le cosiddette “crash diet” (diete drastiche).
Le vitamine si distinguono in liposolubili e idrosolubili. Tra le prime sono incluse:
• vitamina A o retinolo, con capacità antixerotica, antiossidante, proliferativa cellulare,
• vitamina D o calciferolo, con capacità antirachitica,
• vitamina E o a-tocoferolo, con capacità antiossidante,
• vitamina K o fillochinone, con capacità procoagulante.
Tra le vitamine idrosolubili sono incluse:
• vitamina C o acido ascorbico, con capacità antiossidante,
• vitamina H o biotina (o B8), presente nella sintesi degli acidi grassi,
• vitamina H1 o PABA, costituente dell’acido folico,
• vitamina PP o niacina (o B3), presente nelle reazioni di ossidoriduzione,
• vitamina B1 o tiamina, coenzima nel processo di conversione del glucosio in energia,
• vitamina B2 o riboflavina, coinvolto nelle reazioni metaboliche,
• vitamina B5 o acido pantotenico, precursore del coenzima A,
• vitamina B6 o piridossina, cofattore di alcuni enzimi,
• vitamina B9 o acido folico, con un ruolo nella sintesi degli aminoacidi,
• vitamina B12 o cobalamina, coinvolta nella proliferazione cellulare e ciclo di Krebs.
La vitamina C presenta anche effetto antinfiammatorio, aumenta la sintesi del collagene, modula il metabolismo dei GAG e la produzione di melanina. La sua carenza può causare scorbuto, gengiviti, anemie e osteoporosi.
La vitamina E come antiossidante agisce come quencher (disattivante) delle specie dell’ossigeno reattivo, inibisce la perossidazione dei lipidi della membrana cellulare, previene l’ossidazione del collagene e inibisce la formazione di nitrosamine cancerogene. La sua carenza porta a disordini nella riproduzione, anomalie muscolari, del fegato, del SNC, oltre che emolisi dei globuli rossi.
La vitamina H agisce come cofattore di carbossilasi nell’incorporazione della CO2 nei composti organici. Influenza la proliferazione e differenziazione di cheratinociti e fibroblasti. La sua carenza porta ad assottigliamento e depigmentazione dei peli, alopecia, desquamazione, fragilità ungueale, oltre che alterato metabolismo degli acidi grassi e danni neurologici.
La vitamina PP è precursore della nicotinamide adenina dinucleotide (NAD) e della nicotinamide adenina dinucleotide fosfato (NADP), induce l’angiogenesi, regola i ceramidi e altri lipidi dello strato corneo, aumenta la produzione di GAG e del collagene. La sua carenza induce fotosensibilità fino a reazioni fototossiche con manifestazioni gastrointestinali e neurologiche, come la pellagra.
Gli oligoelementi, quali zinco, ferro, potassio, selenio, rame, magnesio, manganese, zolfo e silicio, sono in grado di stimolare la crescita cellulare nei terreni di coltura, aumentando la sintesi del RNA, e sono costituenti di enzimi e proteine.
Il ferro, ad esempio, contenuto in carne, pesci, fegato, riso, broccoli, piselli, agisce da catalizzatore nelle reazioni di ossidoriduzione. Il deficit di ferritina (1.
Altro elemento importante è lo zinco contenuto nei pesci grassi, uova, carne, legumi, cereali integrali, semi di zucca. È in grado di catalizzare oltre 100 enzimi, interviene nella sintesi della cheratina e del collagene. La sua carenza porta all’acrodermatite enteropatica caratterizzata da alopecia, diarrea, glossite, cute ruvida e desquamante. Il suo assorbimento è contrastato da una dieta ricca in fibre2.
Il selenio contenuto in carne, pesce, fegato, pollame, cavolo, broccoli, sedano, cipolle, grano, noci, è componente della glutatione perossidasi (GSH-Px). Il suo deficit provoca ritardo nella crescita, cardiomiopatie, alopecia e pseudoalbinismo3.
Integratori alimentari e capelli
Anatomia e fisiologia del pelo
Il pelo è composto principalmente da tre parti: il follicolo, il fusto ela papilla del pelo. Il follicolo è una invaginazione dell’epidermide di cui riconosciamo gli strati cellulari e nella cui base (bulbo con la matrice) si ha la proliferazione e differenziazione delle cellule che costituiscono il fusto pilare. La papilla è una porzione del derma, contenente vasi e nervi annegati nella sostanza fondamentale, attorno alla quale si avvolge a campana il bulbo, quando è al massimo dell’anagen (vedi oltre).
Il fusto del pelo è sostanzialmente una struttura non vitale, corrispondente allo strato corneo dell’epidermide di superficie. La corteccia è la struttura portante del fusto ed è costituita da diversi strati di cellule allungate, cheratinizzate e pigmentate molto aderenti tra loro. È rivestita dalla cuticola, strato più esterno del fusto composto da cellule cheratinizzate (squame) sovrapposte tra loro come le tegole di un tetto. All’interno del fusto si trova il midollo, composto anch’esso da cellule cheratinizzate non sempre pigmentate intercalate da spazi d’aria (vedi Figura 2). La cuticola ha lo scopo di proteggere il fusto pilare da danni esterni di diversa origine: chimici, fisici o meccanici. Per fare qualche esempio, sono dannosi le permanenti, gli schiarenti, le tinture, il cloro delle piscine, i raggi ultravioletti, il vento, l’inquinamento atmosferico, così come le spazzolature energiche, le asciugature con temperature elevate, la piastra, gli elastici usati per fermare le code e così via. Il danno che subisce il fusto pilare a causa dell’ambiente viene chiamato con il termine anglosassone weathering ed è a carico principalmente della cuticola, la quale all’inizio presenta sollevamento e distacco delle squame fino a scomparsa totale lasciando allo scoperto la corteccia. Un ulteriore danno porta le cellule della corteccia a distaccarsi tra loro e a formare le cosiddette “doppie punte”.
I costituenti principali del fusto del capello sono cheratina, lipidi, minerali e pigmenti. La cheratina è presente soprattutto nella corteccia; gli aminoacidi di cui è composta sono metionina, cisteina, cistina, serina, acido glutammico, glicina, treonina, arginina, valina, leucina e isoleucina. Il processo di cheratinizzazione è regolato da ormoni, vitamine, fattori genetici e metabolici ed è anche correlato col metabolismo del colesterolo e con gli acidi grassi sintetizzati dall’epidermide. I lipidi sono rappresentati da trigliceridi, cere, fosfolipidi, colesterolo, squalene e acidi grassi liberi. I minerali presenti nel fusto del capello sono principalmente ferro, magnesio, zinco e rame. Ne consegue che carenze dietetiche e/o difetti enzimatici delle vie di sintesi del colesterolo e degli acidi grassi possono provocare una cheratinizzazione anomala con conseguenti difetti strutturali e diminuzione del diametro del fusto. È ragionevole pensare che le sostanze che compongono il fusto pilare debbano essere sempre adeguate per mantenerne il regolare accrescimento e sviluppo. Infatti diete inappropriate o stati carenziali portano a condizioni patologiche e alopecie di diverso tipo.
Il follicolo pilifero è l’unica struttura del corpo con un’attività ciclica che dura tutta la vita dell’uomo. Il ciclo vitale del pelo è composto da tre fasi principali: anagen o di crescita, catagen o di involuzione e telogen o di riposo. Alla luce degli ultimi studi vengono aggiunte altre due fasi: exogen e kenogen (vedi Figura 3).
Dal punto di vista morfologico, l’anagen è la fase di crescita, durante la quale il follicolo dà origine al fusto. La sua durata media è di 5-6 anni ed è distinta in 6 sottofasi. Durante le prime 4-5 sottofasi della durata di 3 mesi, i cheratinociti sono in elevata attività mitotica e formano una colonna epiteliale che, dallo strato basale dell’epidermide, si spinge verso il basso per costituire il follicolo maturo. Durante l’ultima sottofase (fase 6), la più lunga con durata fino a 5-6 anni, l’attività mitotica diminuisce progressivamente mentre i cheratinociti iniziano a differenziarsi e riempirsi di cheratina per costituire il fusto.
La fase di catagen è caratterizzata dall’arresto totale delle mitosi dei melanociti e dei cheratinociti. Tutte le cellule del follicolo vanno in differenziazione e non vengono sostituite. Il follicolo risale verso la superficie lasciando dietro di sé una striscia fibrosa. Le guaine epiteliali formano il sacco che avvolgerà le cellule del bulbo compresse a forma di “clava”. La papilla dermica rimane ancora in profondità. Tale fase dura circa 15–20 giorni.
La fase di telogen è una fase di riposo sia mitotico che differenziativo, in cui il fusto con il bulbo a clava poggia sulla papilla dermica completamente risalita. Il fusto rimane ancora aderente al follicolo tramite proteine di adesione. Il telogen dura circa 3 mesi, tempo necessario affinché il nuovo anagen che lo rimpiazzerà percorra le prime 5 sottofasi ed emerga in superficie al momento dell’allontanamento del telogen. In realtà, il telogen non è una vera fase di riposo perché si accompagna sempre ad una certa attività metabolica. La fase di exogen è la parte finale di quella telogen, in cui il pelo si distacca dalle guaine follicolari, ha breve durata e termina quando il fusto è libero dal follicolo.
Il kenogen è invece la vera e propria fase di riposo del follicolo. Infatti si manifesta quando, tra la caduta del telogen e il suo rimpiazzo da parte di un nuovo anagen, il follicolo rimane vuoto per un certo intervallo di tempo. Il fenomeno è presente già nel bambino impubere. Nell’adulto, è più frequente e più duraturo (fino a 1-2 anni). È possibile che lo spazio glabro lasciato dal kenogen, confluendo con altri analoghi spazi adiacenti, dia luogo al diradamento nell’alopecia androgenetica. Oltre alla miniaturizzazione del pelo, cioè la trasformazione del pelo terminale in vellus, l’alopecia androgenetica potrebbe dipendere dalla maggior lunghezza e frequenza del kenogen.
A differenza di molti mammiferi, nell’uomo ogni pelo ha un suo ciclo individuale, ad eccezione del primo ciclo intrauterino che è collettivo e dà luogo a una vera muta neonatale. Una relativa sincronizzazione può verificarsi nell’adulto in condizioni fisiologiche (gravidanza), iatrogene (contraccettivi ormonali, minoxidil, finasteride) o patologiche (alopecia androgenetica).
Il ciclo del pelo è guidato e regolato dalla papilla dermica, da cui partono messaggi biochimici, principalmente diretti a ridurre la proliferazione cheratinocitaria e a stimolarne la differenziazione. Molti sono i fattori di crescita in grado di stimolare o inibire le varie fasi del ciclo. Gli ormoni, tra cui i più importanti sono quelli sessuali, influenzano in maniera determinante lo sviluppo del follicolo, attraverso i loro recettori.
Le patologie dei capelli
Per alopecia si intende la perdita parziale o totale dei peli. Si distinguono alopecie congenite e alopecie acquisite, cicatriziali e non cicatriziali. Le alopecie cicatriziali, presenti spesso in malattie sistemiche, altre volte traumatiche, sono caratterizzate dalla scomparsa dei follicoli sostituiti da un’area fibrotica e quindi irreversibili.
Le più comuni alopecie sono quelle acquisite non cicatriziali.
L’alopecia androgenetica (androgenetic alopecia, AGA) o calvizie comune interessa circa il 95% dei caucasici. L’AGA inizia alla pubertà, in concomitanza con l’aumento degli ormoni androgeni, e procede con velocità diversa da soggetto a soggetto in funzione dell’eredità che è di tipo poligenico. Il quadro clinico normalmente si presenta in maniera diversa nei due generi, probabilmente in funzione della diversa increzione degli androgeni. La patogenesi consiste nella progressiva miniaturizzazione del follicolo, causata dall’azione del diidrotestosterone (DiHydro Testosterone, DHT), metabolita del testosterone a opera della 5-alfa reduttasi II e più potente del testosterone stesso. Come già detto, un altro meccanismo patogenetico dell’AGA sembra essere l’aumento di frequenza e di durata del kenogen, che darebbe luogo a piccole aree glabre, che confluendo originerebbero il diradamento della capigliatura. La diagnosi è solo apparentemente facile soprattutto nella donna, nella quale spesso l’AGA è associata al telogen effluvium. La terapia si fonda su due farmaci, minoxidil e finasteride, quest’ultimo in grado di bloccare la 5-alfa reduttasi II. Il primo è di uso topico, l’altro sistemico.
Per telogen effluvium (TE) si intende una intensa caduta di capelli. Può essere acuto o cronico. Il primo si risolve spontaneamente nel giro di due/tre mesi senza lasciare conseguenze, il secondo, spesso con andamento intermittente, può durare anni e portare a un diradamento anche nelle zone temporo-parietali e occipitale. Si distingue un TE carenziale (carenze dietetiche o gravi anemie), uno da farmaci antimitotici e uno più frequente infiammatorio che segue spesso uno stress emotivamente importante. Sintomo frequente del TE infiammatorio è la tricodinia, una sensazione di dolore o fastidio “alla radice dei capelli”. La patogenesi del TE infiammatorio non è chiara, forse è autoimmune. L’associazione con altre malattie autoimmuni (specialmente, nelle donne, la tiroidite di Hashimoto) è comune.
Ruolo degli integratori nelle alopecie
Esistono vere e proprie patologie degli annessi causate da deficienza di proteine (marasma, Kwashiorkor), di acidi grassi essenziali (alopecia diffusa), di biotina e niacina (depigmentazione, alopecia), di zinco, ferro e selenio (alopecia diffusa con telogen effluvium), di aminoacidi solforati (tricotiodistrofia, omocistinuria, malattia di Hartnup), di rame che in ambiente ossidante trasforma la cisteina in cistina con formazione di ponti disolfuro (malattia di Menkes). Si tratta però di eventi piuttosto rari.
In ogni caso, gli antiossidanti sono utili a proteggere il capello da agenti esterni, le vitamine regolano l’attività metabolica, gli aminoacidi solforati migliorano la struttura cheratinica del fusto, mentre gli oligoelementi sono utili in tutte le situazioni sopraelencate4,5.
Nonostante si dia importanza ai livelli di ferritina, sembra non ci sia relazione tra bassi livelli di ferritina e TE cronico e non c’è una correlazione diretta tra supplementazione di ferro e miglioramento dell’alopecia6.
Lo zinco è costituente della basonuclina, proteina localizzata nelle aree con cellule germinative come lo stato basale dell’epidermide e la matrice dei follicoli piliferi, favorisce il processo di cheratinizzazione incorporando la cisteina nella cheratina, favorisce l’integrità delle membrane e ha dimostrato in vitro azione inibente l’enzima 5-alfa reduttasi7.
Lo zolfo partecipa alla sintesi di molte biomolecole (ormoni, enzimi, aminoacidi, anticorpi, antiossidanti) oltre che favorire la sintesi della cheratina e del collagene8.
Tra gli aminoacidi solforati la taurina (acido 2-amminoetanosulfonico), aminoacido non carbossilico derivato dalla cisteina presente nelle carni e nei pesci, agisce come antiossidante partecipando all’omeostasi delle cellule sottoposte a stress ossidativo, regola la sintesi del collagene, ha funzione osmoregolatrice cellulare, coniuga gli acidi biliari. Nella struttura pilare si trova nella papilla dermica, nella matrice e nella zona cheratogena, stimola la crescita dei follicoli piliferi in vitro prolungandone la sopravvivenza e aumenta la sintesi delle citochine a livello follicolare9.
Altri importanti costituenti degli IA con azione antiossidante sono i polifenoli. Molto diffusi in natura nei vegetali (sono circa 5000 diversi composti) stimolano la crescita delle cellule dell’epitelio del follicolo pilifero, inducendo la fase di anagen. Molecole polifenoliche della categoria dei bioflavonoidi (procianidine, proantocianidine, picnogenoli, tannini, ecc.) agiscono contro l’interleuchina-1, che vanta proprietà proinfiammatorie, migliorano la microcircolazione, inducono la fase anagen e stimolano la crescita dei cheratinociti follicolari, promuovono la proliferazione dell’epitelio follicolare e stimolano in vivo la fase anagen10.
I fitosteroli, presenti nelle piante, si trovano in piccole quantità negli oli vegetali, nell’olio di semi di mais e di semi di soia. Presentano un ampio utilizzo nell’industria cosmetica e in quella alimentare. Riducono i livelli di colesterolo e hanno effetto antiandrogeno (sitosterolo, genisteina, campesterolo, stigmasterolo). I fitosteroli derivati da piante quali la Serenoa repens (Saw Palmetto), il Pygeum africanum (pigeo africano), la Camellia sinensis (tè verde) l’Urtica dioica (ortica) e la soia contrastano l’azione del DHT impedendone il legame ai recettori delle cellule del follicolo pilosebaceo, dimostrando la loro efficacia antiandrogena nella trattamento della calvizie11,12.
Infine gli acidi grassi polinsaturi omega 3 hanno dimostrato effetti benefici con azione antinfiammatoria e vasodilatatrice oltre che antiaritmica contro il rischio cardiovascolare. Sono sostanze essenziali perché l’organismo non è in grado di produrle e occorre assumerle con la dieta. Costituiscono il film idrolipidico contrastando la secchezza cutanea e hanno azione antiandrogena per inibizione della 5-alfa reduttasi grazie all’acido linolenico, che riduce in vitro la produzione di DHT.
In conclusione, gli IA sono molto utilizzati nelle varie forme di alopecie, nelle quali però, a volte, hanno funzione di placebo. Infatti in letteratura sono rari gli studi controllati e randomizzati che dimostrino l’efficacia di tali prodotti in tricologia. Ad esempio, l’apparente miglioramento in caso di TE non sempre è dovuto al trattamento, proprio a causa dell’andamento discontinuo della patologia. Non si deve dimenticare che l’abuso di IA può portare ad effetti paradossali come casi di alopecia da selenio.
Integratori e fotoprotezione
La cute è l’organo più esposto agli agenti esterni quali raggi ultravioletti (UV), temperatura, vento, microorganismi, fumo e inquinanti. In particolare, noti sono i danni che gli UV provocano alla cute ed è per evitare tali inconvenienti che è sempre necessario utilizzare la fotoprotezione, come prevenzione non solo nei soggetti sani, ma anche in alcune patologie fotoindotte.
I danni da UV, ma anche da radiazioni infrarosse e dello spettro visibile, si possono manifestare a breve e a lungo termine. Tra i primi sono comprese le ustioni, le reazioni fototossiche e fotoallergiche e l’immunosoppressione, tra le seconde il fotoinvecchiamento, i tumori cutanei e le fotodermatosi.
Tra i danni acuti ricordiamo l’eritema (la scottatura) che consiste in un processo infiammatorio della cute che compare entro 4/6 ore dalla fotoesposizione e regredisce gradualmente in pochi giorni. Esita nella pigmentazione seguita da desquamazione. Quando è grave si possono avere vescicole e bolle accompagnate da sintomatologia dolorosa.
Alcuni medicinali e composti chimici e alcuni prodotti per applicazione topica, quando esposti alle radiazioni UV, possono dar luogo a reazioni di fotosensibilizzazione, cioè a impreviste manifestazioni cutanee sotto forma di macchie o eruzioni di tipo eritematoso o eczematoso. Si può avere quindi, a seconda della sostanza e/o della predisposizione individuale i seguenti fenomeni:
• fotoallergia: risposta immunologica che avviene quando una sostanza fotosensibilizzante, detta fotoallergene o fotoaptene, assorbe l’energia radiante e induce una risposta immunitaria con produzione di linfociti T sensibilizzati; in successive esposizioni alla luce compare la risposta allergica di tipo eczematoso con eritema, prurito ed essudazione;
• fototossicità: reazione non immunologica provocata da una sostanza chimica che reagisce grazie all’energia luminosa e provoca un eritema intenso accompagnato da bruciore e correlato al tempo di esposizione. Mentre le reazioni fotoallergiche possono interessare anche la cute non fotoesposta, le reazioni fototossiche sono confinate nella sede di fotoesposizione.
Gli effetti immunologici delle radiazioni solari riguardano patologie sistemiche. Il miglioramento clinico della dermatite atopica o della psoriasi prodotto da esposizione alle radiazioni UV è una chiara dimostrazione che la luce è in grado di modificare le reazioni immunologiche. La radiazione UVB promuove però lo sviluppo di tumori cutanei anche attraverso un effetto soppressivo sul sistema immunitario, che permetterebbe al tumore di evadere la sorveglianza immunologica. Gli UVB provocano la formazione di dimeri di timina nel DNA, mentre gli UVA agiscono attraverso la formazione di Radicali Liberi (RL) e specie reattive dell’ossigeno (Reactive Oxygen Species, ROS).
Il processo di fotoinvecchiamento, detto anche invecchiamento attinico o estrinseco, accompagna quello cronologico o intrinseco, presentando differenti aspetti biologici, biochimici e molecolari. La cute attinica appare ispessita con rughe profonde, xerotica di colore giallastro, meno elastica, con alterazioni vascolari e pigmentarie e, spesso, con lesioni precancerose e cancerose. Un mezzo per prevenire o rallentare l’invecchiamento, così come la formazione di lesioni tumorali, è rappresentato dall’utilizzo congruo di filtri solari fin dall’infanzia e di antiossidanti quali vitamina E, C, betacarotene, minerali come il selenio, o estratti vegetali (aloe vera, flavonoidi, Hamamelis, Ginkgo biloba).
Il cronoinvecchiamento,o invecchiamento intrinseco, è dovuto all’età ed è caratterizzato dalla perdita di idratazione, tono ed elasticità della cute per la riduzione del contenuto in acido ialuronico e per alterazione delle fibre collagene di sostegno; si manifesta con rughe profonde, solchi, perdita di definizione dei contorni e svuotamento dei volumi. Per contrastare l’invecchiamento è utile fornire con l’integrazione le sostanze che fisiologicamente diminuiscono con il passare degli anni come l’acido ialuronico e il collagene. Sono importanti anche gli aminoacidi, elementi che servono per sintetizzare le proteine presenti nella cute come il collagene. Un fattore antiossidante largamente utilizzato per l’invecchiamento cutaneo è il coenzima Q10 o ubichinone che agisce contro i perossidi che danneggiano le fibre elastiche e collagene. Il resveratrolo è un composto polifenolico presente nella buccia dell’uva, nel vino e nei semi oleosi, ha importante attività antiossidante, antinfiammatoria, antiproliferativa, antiangiogenetica e stimola la produzione di collagene13,14.
Tra le fotodermatiti la più comune è la dermatite polimorfa solare erroneamente definita “eritema solare”. Si manifesta solo dopo irradiazione a luce solare o artificiale, con manifestazioni (papule o vescicopapule) solo sulle zone fotoesposte e con durata di pochi giorni.
Contro i danni da radiazioni solari, tuttavia, la cute possiede delle difese naturali quali la pigmentazione (abbronzatura), l’aumento dello spessore dell’epidermide e il sistema interno di protezione in grado di neutralizzare i ROS, rappresentato dagli antiossidanti endogeni enzimatici e non enzimatici. Gli antiossidanti enzimatici comprendono la superossido dismutasi (SOD), la GSH-Px, la glutatione reduttasi e la catalasi. Gli antiossidanti endogeni non enzimatici comprendono la vitamina C, la vitamina E, il glutatione, l’ubichinone (o coenzima Q) e gli acidi grassi polinsaturi omega 315.
I danni da esposizione possono essere combattuti con la prevenzione, attraverso comportamenti e misure appropriate quali l’uso di cappelli o magliette e con l’impiego della fotoprotezione topica (filtri solari o sunscreen). È comunque consigliabile inserire nella dieta quotidiana e a ogni età, vitamine, sali minerali e antiossidanti (fotoprotezione sistemica, FS). Ad esempio, un’efficace terapia antiossidante è in grado di rafforzare le difese immunitarie, rallentare l’invecchiamento, preservando la cute da eritemi, discromie e rughe. Va ricordato che tale terapia va intensificata un mese prima e durante la forte fotoesposizione e accompagnata sempre da fotoprotettori topici.
La FS si afferma sia come terapia complementare, sia come preparazione della cute alla fotoesposizione sia stimolando la pigmentazione, sia aumentando le difese degli antiossidanti endogeni. Altro compito è quello della immunomodulazione cutanea assunto dai nuovi fotoprotettori sistemici a base di probiotici, prebiotici e simbiotici, che rinforzano le difese immunologiche cutanee.
La FS comprende sostanze di diversa origine, tutte caratterizzate dallo stesso obiettivo. Poiché l’esposizione solare e artificiale produce ROS e RL, il razionale è quello di contrastare o prevenire la formazione di queste molecole molto attive e nocive. La loro principale funzione non riguarda solo un generico effetto anti-radicalico, ma un effetto protettivo cellulare, in particolare sul DNA dei cheratinociti, il quale rappresenta uno dei target specifici per le diverse molecole attivate dall’ossigeno.
Tra i fotoprotettori sistemici elenchiamo:
• i carotenoidi, pigmenti giallo-rossi, liposolubili; in natura ne esistono oltre 600 tra cui ricordiamo beta-carotene, cantaxantina, zeaxantina, luteina, licopene16; il beta-carotene, elemento naturale presente nei vegetali e frutta, viene utilizzato ad alte dosi in patologie fotoindotte quali ad esempio alcune forme di porfiria; nonostante oggi sia meno “di moda”, ha azione di prevenzione contro l’eritema anche durante la fototerapia con UV e riduce il numero dei cheratinociti apoptotici17; l’azione antiossidante di altri carotenoidi, quali astaxantina e licopene, presenti nei vegetali a foglia verde (spinaci, cavolfiori e cavoli), sembra essere più efficace; il licopene in particolare stimola la produzione di enzimi cellulari antiossidanti come la SOD, la glutatione-transferasi e quinone-reduttasi; luteina e zeaxantina hanno particolare azione di protezione dell’occhio;
• la vitamina E (alfa-tocoferolo) e la vitamina C (acido ascorbico) hanno funzione sinergica contro il danno dei ROS e RL; la prima in particolare inibisce la perossidazione dei lipidi di membrana, ripristina il glutatione in forma ridotta, diminuisce nei topi tumori ed elastosi UVB-indotti, mentre la seconda modula la produzione di melanina, la sintesi e il metabolismo del collagene e dell’elastina, contrastando la perdita di tono ed elasticità cutanea dovuti al fotodanno18;
• l’acido lipoico (o tiottico), a volte indicato come vitamina N, partecipa a diversi meccanismi antiossidanti quali la rigenerazione del glutatione ridotto e della vitamina C, è chelante degli ioni metallici e inibisce le specie reattive dell’azoto;
• gli acidi grassi polinsaturi omega 3 (PolyUnsaturated Fatty Acid, PUFA), presenti in molte varietà di pesci, hanno il compito di mantenere integre le membrane cellulari; denominati anche come vitamina F, hanno azione antiossidante e antinfiammatoria; sono antagonisti competitivi degli acidi grassi polinsaturi omega 6, competendo con enzimi responsabili della produzione di mediatori dell’infiammazione (prostaglandine, prostacicline e leucotrieni); questi acidi grassi hanno anche azione anti-genotossica, cioè contrastano i danni al DNA provocati dagli UV19;
• l’ubichinone, o coenzima Q o vitamina Q, è un coenzima ossidoriduttivo, ubiquitario nei sistemi biologici soprattutto nelle membrane mitocondriali, con capacità di trasferimento di elettroni e quindi di azione antiossidante; in particolare il coenzima Q10 è largamente usato anche nelle disfunzioni cardiache e nel carcinoma mammario.
Alcuni elementi, come il selenio e lo zinco, sono importanti cofattori di enzimi antiossidanti endogeni (ad esempio la glutatione perossidasi). In modelli animali si è osservato che il selenio, peraltro raramente carente nell’organismo, in associazione con la vitamina E e altri antiossidanti, riduce l’eritema da UV e protegge dall’insorgenza di neoplasie cutanee, mentre lo zinco, che è costituente di enzimi ad azione antiossidante come la SOD, riduce l’immunosoppressione.
L’inositolo o acido fitico, che si trova in cereali, legumi e semi oleosi, ha azione antiossidante e antinfiammatoria. Contrasta le reazioni ossidative catalizzate dal ferro e ha anche azione schiarente per la sua attività antitirosinasica.
Alcuni polifenoli (picnogenoli, antocianidine, acido ferulico) presenti nel regno vegetale sono utili nella prevenzione della lipoperossidazione delle membrane cellulari e come sequestratori di RL, possiedono capacità antiossidanti, antinfiammatorie e anticarcinogenetiche in quanto in grado di prevenire la formazione dei dimeri di pirimidina UV-indotti. Il più rappresentato nel tè verde (Camellia sinensis) è l’epigallocatechina gallato. I polifenoli contenuti nel Polypodium leucotomos, estratto di una felce dell’America Centrale, diminuiscono la formazione di dimeri di pirimidina nei soggetti con precancerosi cutanee proteggendo gli enzimi di riparazione del DNA, diminuiscono l’eritema riducendo del 50% la produzione di citochine infiammatorie (interleuchina 1 e fattore di crescita tumorale a) e del 90% la PGE2, mediatore dell’infiammazione20. Il punicoside, estratto dal melograno, riduce la formazione dei dimeri di pirimidina e agisce come distruttore dei RL.
Altri estratti vegetali che hanno dimostrato proprietà antiossidanti e fotoprotettive sono la silimarina, un estratto del latte di cardo contenente una miscela di flavonoidi21, e la genisteina, un isoflavone contenuto nella soia, classificato come fitoestrogeno perché capace di legare i recettori per gli estrogeni. Altri flavonoidi sono apigenina, quercetina, resveratrolo, rutina. Recentemente viene utilizzata una pianta originaria dell’India (Emblica officinalis) per le sue numerose attività terapeutiche basate sulle sue proprietà antiossidanti e utilizzata con successo nella protoporfiria eritropoietica.
I probiotici sono microorganismi vivi che migliorano l’equilibrio microbico intestinale. Le organizzazioni internazionali suggeriscono che devono essere di origine umana, avere resistenza ai succhi gastrici, capacità di proliferare nell’intestino e devono sopravvivere nei preparati commerciali.
I più noti probiotici comprendono batteri lattici, in particolare lattobacilli, bifidobatteri e streptococchi, ma alcuni probiotici appartengono ai generi Enterococcus, Bacillus e anche ad alcuni lieviti come Saccaromyces boulardii, isolato dal frutto di mangostano. È chiaro che i benefici e la sicurezza di un determinato probiotico sull’organismo devono essere dimostrati con adeguate prove scientifiche.
Lo studio dei prebiotici è iniziato negli anni ‘90. Sono zuccheri non digeribili (cellulosa, gomme, pectine) con basso potere dolcificante, presenti negli ortaggi e nella frutta. Stimolano selettivamente la crescita e/o l’attività di batteri benefici del colon, riducono l’assorbimento del colesterolo e aumentano l’assorbimento di calcio e magnesio. Devono essere non assorbibili dall’intestino e devono essere selettivi sui batteri intestinali. I frutto-oligosaccaridi, per esempio, giungono integri nel colon dove svolgono un “effetto bifidogeno”, promuovendo cioè la crescita di bifidobatteri.
Sono definiti simbiotici la combinazione di prebiotici e probiotici, disponibili sotto forma di integratori o alimenti. Il loro razionale è quindi basato sul fornire i microrganismi utili e le sostanze di cui essi hanno bisogno per crescere e svilupparsi, una volta raggiunto l’intestino.
In conclusione, gli antiossidanti agiscono in stretta correlazione tra loro e per questo sono definiti con il termine di network antiossidante. Formano un pool dinamico e integrato in cui il deficit di uno o più elementi può essere bilanciato dall’incremento di un altro elemento del pool, in modo da mantenere l’omeostasi ossido-riduttiva contro il danno ossidativo. È necessario utilizzare più di un antiossidante per mantenere l’equilibrio difensivo in quanto agiscono meglio della monoterapia. Da ricordare che lo scopo della FS non è quello di aumentare il tempo di esposizione solare, ma quello di permettere un’esposizione contrastando quanto possibile i danni indotti dagli UV.
Gli integratori alimentari in alcune patologie dermatologiche
In campo dermatologico sempre più frequentemente e con successo gli IA vengono affiancati alle più comuni terapie dermatologiche per potenziarne l’effetto. Riportiamo alcune patologie dermatologiche in cui vengono spesso usati gli IA.
Cellulite
La cellulite (panniculopatia edemato-fibro-sclerotica, PEFS) è un disturbo caratteristico della donna post-pubere dovuto ad alterazioni del microcircolo venolinfatico e a infiammazione ipodermica che sta alla base di un processo fibrotico che rende la problematica irreversibile. Le cause sono genetiche, anatomiche e ormonali. La manifestazione caratteristica è la cute a “buccia d’arancia” per lo più sulle cosce e sui glutei, spesso abbinata ad adiposità localizzata. Viene utilizzata la bromelina, derivata dal gambo di ananas, con attività proteolitica, che contrasta il processo di fibrosi. Il silicio favorisce il drenaggio dei liquidi, la funzionalità delle vie urinarie e il trofismo del tessuto connettivo. L’escina e la cumarina migliorano il microcircolo. Il caffè verde, ricco di polifenoli, ha attività antiossidante e contrasta il processo infiammatorio della cellulite. L’estratto secco di mirtillo nero aiuta la funzionalità del microcircolo ed è utile, insieme alla vitamina C, nella cellulite come in tutte le problematiche vascolari da fragilità capillare, come anche la rosacea. Nei casi in cui sia associata adiposità localizzata sono utili la carnitina, aminoacido che contribuisce a trasformare in energia i grassi di deposito favorendone l’ossidazione a livello mitocondriale, e la metionina, che favorisce la mobilizzazione dei grassi di deposito.
Acne
L’acne è una patologia dermatologica frequente soprattutto, ma non solo, nell’età giovanile. È causata da un processo infiammatorio, di ipercheratinizzazione, di iperproduzione di sebo e di infezione da Propionibacterium acnes dell’unità pilo-sebacea. Si manifesta con comedoni, papulo-pustole e talora noduli e cisti in volto e/o al dorso. Gli IA che vengono usati nell’acne agiscono su questi principi patogenetici.
Lo zinco ha attività antisettica e specifica contro P. acnes, antinfiammatoria in quanto modula la chemiotassi leucocitaria, l’attività dei linfociti Natural Killer (NK), la fagocitosi dei macrofagi e l’espressione di numerose citochine come fattore di crescita tumorale, interleuchina 2, interleuchina 12 e integrine; possiede inoltre anche attività sebostatica22. La nicotinamide o niacina ha attività antinfiammatoria per inibizione della fosfodiesterasi, della chemiotassi leucocitaria, della degranulazione dei mastociti; provoca la riduzione della secrezione di enzimi lisosomiali e amine vasoattive. Mentre viene sconsigliato il consumo di latte nei pazienti acneici, il latte fermentato arricchito con lattoferrina sembra avere effetto benefico23.
Nelle pazienti con acne affette da sindrome dell’ovaio policistico l’integrazione con mio-inositolo migliora l’assetto ormonale e la resistenza insulinica riducendo di conseguenza l’intensità dell’acne24. Gli acidi grassi hanno un’importante attività antinfiammatoria25.
Rosacea
È una dermatite infiammatoria multifasica e multifattoriale, caratterizzata da eritema, teleangectasie (couperose) e talvolta papulo-pustole e colpisce prevalentemente il volto. La propensione di questa forma per i soggetti con pelle chiara e occhi azzurri e la sua comparsa o riaccensione nei mesi primaverili sono ben note. Dal punto di vista patogenetico il passaggio dalla prima fase di flushing a quella di eritrosi persistente è causato dal danno attinico cronico sulle fibre elastiche vasali e del connettivo perivasale soprattutto al volto. I pazienti con rosacea non sembrano essere particolarmente fotosensibili, eccettuato forse per una maggiore risposta eritemigena agli UVA.
Come già detto, sono noti i danni cutanei provocati dalle radiazioni solari ultraviolette. I danni acuti e cronici possono essere prevenuti o almeno in parte rallentati da una buona fotoprotezione topica, che deve essere iniziata già dalla prima infanzia. È noto infatti che i bambini si espongono al sole tre volte più di un adulto nelle stesse condizioni di tempo atmosferico e luogo e che l’insorgenza del melanoma è più frequente in quei soggetti che nella loro adolescenza hanno subito numerose scottature solari. L’uso di filtri e schermi solari può in sostanza evitare in alcuni casi i danni attinici. Spesso questa viene affiancata dalla FS che si avvale essenzialmente di carotenoidi oltre che daantimalarici di sintesi. Sembra comunque che quest’ultima non abbia alcunaefficacia terapeutica di rilievo. Tra le altre molecole anti radicali liberi/specie dell’ossigeno reattivo si ricordano la vitamina E, la vitamina C, il selenio e i flavonoidi.
Dermatite atopica
La dermatite atopica (DA) è una dermatite eczematosa su base allergica che si manifesta con prurito, lesioni eczematose, xerosi (cute secca). È una manifestazione dell’atopia spesso associata ad alterazioni allergiche come asma, rinite allergica, orticaria, allergie alimentari, aumento della produzione di IgE. Poiché è caratterizzata da alterazioni del film idro-lipidico cutaneo, la supplementazione con PUFA oltre all’effetto antinfiammatorio ha anche attività immunomodulante, regolando l’attività delle cellule di Langerhans e dei mastociti. Infatti gli acidi grassi ne riducono l’infiammazione e i probiotici hanno effetto benefico sia sulla manifestazione clinica sia a livello immunologico migliorando il rapporto tra linfociti T helper e linfociti T regolatori. I probiotici inoltre ripristinano la microflora intestinale spesso alterata causa di una maggiore permeabilità della mucosa intestinale con conseguente maggior rischio di sensibilizzazione allergica ad alimenti. I probiotici quindi hanno molteplici funzioni nel paziente atopico: regolano il sistema immunitario innato e acquisito, riducono la traslocazione batterica, ripristinano la funzione barriera della mucosa intestinale, inducono la produzione di citochine antinfiammatorie e facilitano il mantenimento della tolleranza immunitaria26,27.
Psoriasi
La psoriasi è una malattia infiammatoria cutanea con andamento cronico-recidivante caratterizzata da placche eritemato-desquamanti con eventuale coinvolgimento delle unghie e delle articolazioni. L’eziopatogenesi è genetica e immunitaria. I linfociti T attivati rilasciano diverse citochine, tra cui il fattore di crescita tumorale alfa, che a loro volta provocano infiammazione e aumento della velocità di riproduzione delle cellule basali dell’epidermide.
Gli IA utilizzati in associazione alle numerose terapie mediche comprendono il selenio, per la sua attività di regolazione della risposta immunitaria e riduzione dei livelli di fattore di crescita tumorale alfa28. Gli acidi grassi ne riducono la componente infiammatoria e sono utili per migliorare l’assetto lipidico ematico, frequentemente alterato nei pazienti psoriasici29.
Vitiligine
La vitiligine è una dermopatia ad eziologia autoimmune caratterizzata dalla comparsa di chiazze acromiche sulla cute per danno alla melanogenesi; sono pertanto soggetti particolarmente fotosensibili. Frequentemente vengono utilizzati gli antiossidanti che contrastano il danno di tipo ossidativo che subiscono i melanociti e lo stress ossidativo UV mediato che i pazienti con vitiligine subiscono quando sono in fototerapia, anche perché tali pazienti dimostrano di avere una diminuzione degli antiossidanti endogeni. L’acido paraminobenzoico, o vitamina B10, funziona da schermo solare proteggendo la cute acromica esposta dalle scottature, mentre la L-tirosina, un aminoacido precursore della melanina, favorisce la sintesi endogena di melanina.
Malattie autoimmuni
Sono un vasto gruppo di patologie causate da un’aggressione del sistema immunitario nei confronti di strutture autologhe; ne fanno parte, ad esempio, il lupus eritematoso, la sclerodermia e l’alopecia areata.
La vitamina E viene utilizzata in quanto riduce lo stress ossidativo che gioca un ruolo importante nella patogenesi dell’autoimmunità; altri antiossidanti sono a loro volta utili per limitare la fotosensibilità caratteristica di alcune di queste patologie30.
Conclusioni
Da un’intervista a consumatori di Integratori Alimentari (IA) eseguita nel 2004 dall’Associazione delle Donne Dermatologhe Italiane, emerge che gli IA sono consigliati per il 35% dal medico di base, per il 33% dal farmacista, per il 23% dal dermatologo e per una piccola parte dai media (vedi Figura 4).
Gli IA, pur non avendo proprietà curative, si sono dimostrati utili in alcune patologie come supporto alla terapia farmacologica. Quindi è bene ricordare che gli IA devono essere assunti in caso di aumentato fabbisogno, ad esempio nello sport, o di diminuita assunzione come in alcune diete, in caso di cambiamenti metabolici o fisiologici come l’invecchiamento, la gravidanza o la menopausa, o in alcune patologie con carenze di specifici elementi.
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