Le malattie da raffreddamento nel bambino
Autore: Dr Piercarlo Salari, medico chirurgo specialista in Pediatria, pediatra di Consultorio a Milano
Revisione scientifica: Dr Fabrizio Pregliasco, Dipartimento di Scienze Biomediche per la Salute Università Degli Studi di Milano.
Scopo dell’attività
Focalizzare gli aspetti clinici, terapeutici e preventivi di utilità per il farmacista in tema di malattie da raffreddamento in età pediatrica
Obiettivi formativi
Dopo aver completato la seguente monografia di aggiornamento, il Farmacista dovrebbe essere in grado di:
- descrivere l’epidemiologia delle principali malattie da raffreddamento;
- identificare fattori di rischio e modalità di contagio;
- offrire strumenti per un counseling mirato;
- caratterizzare le situazioni in cui si rende necessario il consulto del medico;
- commentare i principali criteri di approccio terapeutico.
Executive summary
L'incidenza delle infezioni delle vie aeree superiori è inversamente proporzionale all'età.
Si stima che in Italia le forme ricorrenti interessino il 6% dei bambini.
In Italia l’incidenza di otite media nei primi 5 anni d’età è nell’ordine di oltre 1 milione di casi ogni anno. Il trattamento cardine dell’otalgia è rappresentato dalla somministrazione di antidolorifici a dosaggio adeguato per via sistemica.
Soltanto il 75% delle persone infettate da raffreddore comune presentano i sintomi, che compaiono in generale 2-4 giorni dopo il contagio.
Si stima che nei bambini in età scolare che presentano in media 6-8 episodi di infezione delle alte vie aeree all’anno, il 5-10% di queste infezioni virali possano essere complicate da sinusite e che il 6-13% di bambini ne abbiano avuto almeno un episodio entro il terzo anno d’età.
Le cause della faringite possono essere virali, batteriche e ambientali. Il mal di gola può anche associarsi alle comune malattie esantematiche, quali morbillo, rosolia, varicella. Il virus di Epstein-Barr (EBV) è un virus erpetico la cui infezione primaria nei bambini si manifesta classicamente con la mononucleosi infettiva.
Introduzione
Le malattie da raffreddamento sono accomunate da alcune manifestazioni, quali secrezione e scolo dal naso (detto anche rinorrea), starnuti, mal di gola (tipicamente associato alla faringite), fastidio alla deglutizione, tosse dapprima secca e irritativa, in seguito catarrosa, febbre ed eventualmente arrossamento degli occhi con lacrimazione. Si tratta di malattie presenti tutto l’anno, che trovano però nella stagione fredda le migliori condizioni di diffusione epidemica, a causa della tendenza collettiva a rimanere in spazi chiusi, con scarso ricambio di aria e spesso sovraffollati. Nei bambini, tra l’altro, capita spesso che una forma si evolva in un’altra, come nel caso del raffreddore, al quale, dopo pochi giorni, si può associare il mal di gola, oppure la faringite che a poco a poco, a causa del facile passaggio delle secrezioni verso l’orecchio, finisce per interessare quest’ultimo, dando così luogo a otite. Vale perciò il consiglio generale di osservare sempre i sintomi della malattia. La presenza di un substrato allergico complica ulteriormente il quadro in quanto crea una predisposizione sia alle infezioni – in particolare virali – sia a complicanze legate all’iperreattività immunitaria, quali per esempio ipertrofia tonsillare, responsabile di ostruzione respiratoria, rinosinusiti, linfoadenopatia e ricorrenza degli episodi stessi. Allo stesso modo è bene sottolineare che, se da un lato l’uomo moderno si è ormai abituato a convivere con le malattie da raffreddamento, dall’altro esse non devono essere sottovalutate, ma curate in modo appropriato. Un ulteriore aspetto da sottolineare è la frequente trasmissione a ‘ping pong’ all’interno di un nucleo familiare: il fratellino più grande, per esempio, contagia il più piccolo, poi la mamma e così via. Da qui la difficoltà di valutare i costi di queste malattie, di cui si può peraltro intuire una gravosa entità sociale. Occorre usare infine particolare cautela se in famiglia vi sono persone anziane, soprattutto se in precarie condizioni di salute. La presente trattazione, in considerazione della vastità dell’argomento, si focalizzerà sulle principali malattie da raffreddamento di interesse per il farmacista (in particolare a carico delle alte vie aeree), evidenziandone il ruolo chiave sia nella consulenza ai genitori sia nella diffusione di importanti messaggi di educazione sanitaria e prevenzione.
Incidenza delle malattie da raffreddamento
L’incidenza delle infezioni delle vie aeree superiori è inversamente proporzionale all’età1 cosicché nei primi anni di vita si conteggiano 6-8 raffreddori per anno, mentre in età adulta si stimano 2-4 episodi. La frequenza di una comunità, quale asilo nido e scuola materna, rappresenta un fattore di rischio importante, insieme alla cosiddetta ‘verginità immunologica’ e alla suscettibilità genetica del singolo bambino. D’altra parte la trasmissione degli agenti infettivi ha luogo con tre meccanismi:
- contatto diretto con oggetti o superficie contaminate: le mani, in tal caso, fungono da veicolo determinante; il lavaggio delle mani è perciò la prima efficace strategia preventiva da insegnare al bambino che frequenta una comunità;
- inalazione di particelle infettanti (in particolare virus) in sospensione nell’aria di un ambiente, soprattutto se chiuso e affollato;
- aerosol diretto di microrganismi emessi da un individuo infetto, attraverso starnuti e colpi di tosse; a tale riguardo va ricordato che i virus, per le proprie caratteristiche dimensionali, hanno maggiori potenzialità di diffusione ambientale: mentre il contagio da Neisseria meningitidis (meningococco) richiede un contatto estremamente ravvicinato, patogeni come i rhinovirus e il virus respiratorio sinciziale possono essere disseminati in un raggio di 40 centimetri dal portatore.
Per quanto esuli dal presente corso, è infine opportuno un riferimento alle forme ricorrenti, se non altro perché si stima che in Italia interessino il 6% dei bambini2: sono caratterizzate dall’insorgenza di più di sei infezioni respiratorie (nel 75% dei casi a carico delle alte vie aeree) per anno o più di un’infezione respiratoria al mese nel periodo di massima esposizione (da ottobre a febbraio) in un bambino che non presenti condizioni patologiche di base. Nell’80% dei casi gli agenti responsabili di tali infezioni sono i rhinovirus, i virus parainfluenzali tipo 1, 2, 3 e 4 e i virus influenzali tipo A e B. Il restante 20% degli episodi di infezioni ricorrenti è causato da streptococco beta-emolitico di gruppo A. Molto più raramente gli agenti responsabili sono Haemophilus influenzae, Streptococcus pneumoniae e Moraxella catarrhalis. È opportuno rassicurare i genitori evitando che cadano preda di preoccupazioni inutili (per esempio sospetto di deficit immunitari) e operino scelte sbagliate (per esempio limitare la vita sociale del bambino): ogni episodio deve essere affrontato separatamente, se necessario con antibiotici, senza i falsi e diffusi preconcetti secondo cui questi ultimi causano problemi di tossicità e indeboliscono il bambino.
L’intervista ragionata per un primo inquadramento
Per il farmacista può rappresentare un impegno, oltre che una responsabilità, fornire consulenza ai genitori, soprattutto perché tendono a ricorrere a lui quando ritengono di avere sufficiente dimestichezza con i farmaci, giudicano l’episodio in atto non meritevole di attenzione da parte del pediatra ma hanno in ogni caso bisogno di rassicurazione. Queste domande, oltre naturalmente alle informazioni di base su età e condizioni generali (per esempio la presenza di fibrosi cistica o diabete mellito può predisporre a infezioni e allungarne il tempo di guarigione), possono essere di supporto quale primo orientamento e anche per sensibilizzare i genitori a un’osservazione attenta.
L’ambiente: com’è composto il nucleo familiare (il bambino ha fratelli, convive con persone anziane)? Frequenta comunità? È stato recentemente esposto a fumo passivo oppure a coetanei/adulti malati?
Caratterizzare il contesto di vita del bambino è fondamentale per identificare possibili fattori di rischio sia per lui sia per eventuali persone anziane e/o debilitate. Va ricordato che l’esposizione al fumo passivo, tra i vari effetti negativi, riduce le difese immunitarie.
I sintomi: quali sono (è presente febbre?), da quanto tempo persistono, come si sono evoluti?
Il primo distretto interessato aiuta a identificare la ‘porta di ingresso’. L’andamento dei sintomi, stabile, graduale o rapidamente ingravescente, contribuisce a focalizzare l’impatto della malattia e le sue possibili complicanze. L’eventuale presenza di febbre, con il relativo decorso, inoltre, funge da ulteriore orientamento sull’entità e sull’impatto dell’infezione in corso. Particolare attenzione va riservata all’idratazione, che può essere facilmente compromessa in caso di febbre, vomito e/o diarrea, soprattutto nel lattante e nel bambino piccolo (il colore delle tracce di urina sul pannolino è un importante elemento informativo sull’idratazione)
L’individuo: si tratta della prima volta oppure il bambino tende ad ammalarsi spesso? Quali sono le sue abitudini? Ha predisposizione allergica? Gli sono stati somministrati farmaci?
L’episodio potrebbe essere capitato in maniera del tutto occasionale e imprevista oppure potrebbe rappresentare una ricaduta – cioè la ripresa di un episodio non del tutto guarito – oppure una recidiva, ossia una ricorrenza. La familiarità allergica – e non necessariamente la sola presenza di manifestazioni allergiche – va considerata come un fattore potenzialmente aggravante, sia perché implica un’iperreattività immunitaria sia perché può favorire la comparsa di sintomi aggiuntivi, come per esempio un quadro asmatiforme. L’impiego di farmaci è un’altra informazione utile, per sapere, per esempio, se un antipiretico non è più efficace – nel qual caso è opportuno il consulto del medico – oppure se una faringite, come nel caso della mononucleosi infettiva, non si è risolta dopo una terapia antibiotica, altra buona ragione per sollecitare una visita clinica.
Il comportamento: il bambino appare prostrato e inappetente oppure, malgrado tutto, è vivace? Come si alimenta di solito? È pallido, tende a dormire a lungo, si affatica rapidamente? Sulla cute è presente un’eruzione? Non bisogna dimenticare che l’atteggiamento del bambino è un indizio utile a comprendere quanto i disturbi, a prescindere dall’entità, sono di fatto tollerati. Il calo di appetito è un sintomo aspecifico e molto frequente ma meno rilevante rispetto alla scarsa assunzione di liquidi. Nei più grandicelli la rinuncia al gioco è sempre da valutare con particolare attenzione, pure pallore e affaticabilità possono sollevare il sospetto di anemia e una rapida indagine sull’alimentazione può evidenziare possibili deficit nutrizionali. L’osservazione della superficie cutanea è molto importante: basti pensare, per esempio, al morbillo, che si manifesta inizialmente come un forte raffreddore, e alla scarlattina.
Il raffreddore comune
Spesso confuso terminologicamente con l’influenza, il raffreddore può essere causato da più di 200 tipi di virus e, occasionalmente, anche da agenti atipici, come il Mycoplasma. I rhinovirus, con più di 100 sierotipi, sono gli agenti causali più frequenti: provocano dal 30 al 50% di tutti i raffreddori e sono coinvolti anche nella patogenesi del respiro sibilante – o wheezing – e dell’asma3. Seguono i Coronavirus, che causano il 10-15% dei raffreddori. Altri agenti frequenti sono i virus influenzali (5-15%), parainfluenzali (5%), il virus respiratorio sinciziale (5%), gli adenovirus (meno del 5%)4. Uno qualsiasi di questi virus può fare ingresso attraverso le fosse nasali o la congiuntiva (in continuità con le fosse nasali attraverso il dotto nasolacrimale) e colonizzare o infettare a intermittenza le vie respiratorie. I virus penetrano nelle cellule epiteliali, legandosi a recettori specifici come le molecole di adesione ICAM-1 e si moltiplicano con estrema rapidità. Non sempre, però, insorge la malattia: soltanto il 75% delle persone infettate, infatti, presenta i sintomi. Questi ultimi compaiono in generale 2-4 giorni dopo il contagio, ma la disseminazione infettiva del virus può essere presente anche 1-2 giorni prima della comparsa dei sintomi. L’infezione è acuta e si diffonde localmente lungo l’epitelio respiratorio. L’ipotesi che i sintomi nasali siano conseguenza di una distruzione della mucosa nasale non ha fondamento, mentre la secrezione e l’ostruzione nasale sono generati da un’alterazione del trasporto mucociliare, dovuta a lesione cellulare e al rilascio di citochine specifiche, quali lisilbradichinina e bradichinina. Dopo 3-5 giorni è localmente prodotto interferone. Va ricordato che il virus respiratorio sinciziale dà luogo nel bambino più grande a un raffreddore, ma in un lattante, soprattutto se nato prematuro, è causa di bronchiolite. L’elevata numerosità e la mutevolezza, dovuta all’instabilità antigenica, dei rhinovirus spiega poi perché non è possibile sviluppare immunità permanente nei loro confronti.
Quadro clinico
Non vi sono caratteri clinici specifici per un determinato tipo di virus. Tutti i virus in causa producono, infatti, gli stessi sintomi, anche se quelli dell’influenza e il virus respiratorio sinciziale causano una malattia più grave rispetto ai rhinovirus e ai coronavirus. Il primo segno di infezione è un senso d’irritazione e prurito al naso e alla gola. Entro poche ore si manifestano secrezione nasale abbondante e starnuti. Una rinorrea acquosa può essere preceduta da una congestione nasale moderata. Il bambino può anche avere febbre, malessere generale, congiuntivite, mal di testa e mialgie. Nei lattanti i sintomi sono più variabili e la febbre incostante. In genere la febbre è modesta, ma non sono rare temperature di 38,5-39°C. L’alimentazione e il sonno possono essere disturbati dall’ostruzione nasale. Dopo due giorni circa di malattia, la secrezione nasale diminuisce e può acquisire aspetto mucopurulento. I sintomi durano ancora almeno due giorni e la rinorrea si fa più purulenta. In generale il raffreddore si risolve entro 5-7 giorni, ma può durare fino a 10 giorni, o anche di più. Vi può essere tosse notturna, causata dallo scolo retronasale. Meno frequentemente, la rinite e la tosse possono protrarsi per settimane.
Anche se il raffreddore è una patologia che si risolve spontaneamente, sono frequentemente osservabili complicanze e diffusione della malattia, la cui più frequente manifestazione è l’otite media acuta.
Diagnosi differenziale
È opportuno differenziare il raffreddore dalle altre patologie delle prime vie aeree (per esempio faringite, sinusite, patologia ostruttiva delle vie aeree, influenza)5. Una sintomatologia analoga a un raffreddore può essere prodromica ad altre malattie, quali il morbillo o la pertosse. Anche le infezioni da streptococco possono essere clinicamente indistinguibili dal raffreddore nell’infanzia. In fase iniziale è difficile distinguere un raffreddore comune da una rinite allergica. Quest’ultima va tuttavia sospettata in presenza di storia familiare positiva per atopia, se si può ragionevolmente sospettare una stagionalità e se si osservano elementi quali mucosa nasale violacea e edematosa, prurito agli occhi e ‘facies allergica’ (naso gonfio, occhiaie, saluto allergico che induce il bambino a portare la mano al naso). Una secrezione nasale più densa (cioè purulenta) è spesso il segnale della risoluzione del raffreddore, ma può essere dovuta a un’infezione batterica primaria o a una sovrainfezione batterica, da sottoporre subito al medico. Tra le altre cause di rinite purulenta bisogna considerare l’allergia (ma in questo caso è più frequente una secrezione sierosa), la sinusite, l’adenoidite, i polipi nasali, le deviazioni del setto. La rinite cronica è spesso causata da sinusite e adenoidite. Se si presenta una secrezione maleodorante, purulenta o mucosanguinolenta monolaterale, è invece giustificata l’ipotesi di un corpo estraneo.
Approccio terapeutico
Il raffreddore comune è una patologia benigna e autorisolutiva6. Trattandosi di un’infezione virale, la terapia è esclusivamente sintomatica e si può avvalere di:
- cortisonici topici: esplicano un effetto antiflogistico estremamente utile a ridurre l’impatto del raffreddore;
- antistaminici: sono impiegati per lo più nelle forme di natura allergica; riducono la secrezione mucosa ma è opportuno prestare attenzione alla molecola (gli antistaminici di prima generazione danno sonnolenza e richiedono perciò cautela);
- decongestionanti: nell’ambito di questa classe è opportuno precisare che i vasocostrittori ad azione locale, il cui abuso può determinare assuefazione e quindi perdita di efficacia, non sono da impiegarsi al di sotto dei 12 anni; gli altri decongestionanti, come per esempio l’associazione di carbossimetil-beta-glucano con argento colloidale oppure quelli a base di argento proteinato o olio gomenolato, possono essere utilizzati sin dalla prima infanzia;
- antisettici (per esempio sali d’argento colloidale, balsamici quali eucaliptolo, gomenolo, mentolo): sono indicati nelle forme croniche catarrali e mucopurulente;
- antiflogistici e/o antipiretici (ibuprofene e paracetamolo): sono utili rispettivamente in caso di rapida estensione del raffreddore ai distretti vicini (faringe, orecchio), con conseguente peggioramento della sintomatologia, e nell’eventualità della comparsa di febbre.
Prevenzione e igiene
Dal momento che esistono centinaia di virus responsabili, molti dei quali sono tra l’altro caratterizzati da notevole mutevolezza antigenica, è improbabile la messa a punto di un vaccino contro il raffreddore comune. Una buona norma nei lattanti e nei bambini è la detersione delle fosse nasali, che favorisce il drenaggio delle secrezioni e migliora la respirazione, in particolare nelle ore notturne. Un’ulteriore importante regola igienica è il lavaggio sistematico delle mani, sia nei bambini sia negli adulti.
Il lavaggio nasale
Il lavaggio nasale è la strategia più semplice, sicura ed efficace per prevenire le infezioni delle alte vie aeree e l’otite e offre una serie di vantaggi importanti: mantiene idratata la mucosa, favorisce la rimozione delle secrezioni, agevola la respirazione, concilia il sonno e promuove una condizione di benessere. Per il lavaggio sono disponibili formulazioni in flaconcini e spray di soluzione fisiologica e acqua di mare desalinizzata. Il lavaggio nasale è semplice, tanto che i bambini più grandicelli sono in grado di praticarselo da soli. I più piccoli vanno distesi con la testa inclinata su un lato, per poi instillare 2-3 cc di soluzione (se in flaconcino) o introdurre il beccuccio dello spray nella narice superiore, premendo l’erogatore per 2-3 secondi e asciugando con un fazzoletto (o rimuovendo con apposito aspiratore) l’eventuale fuoriuscita di soluzione. Sollevare quindi il bambino girando la testa dal lato opposto per ripetere l’operazione nell’altra narice. Praticato in maniera regolare (per esempio 2-3 volte al giorno o più, se necessario) sin dai primi giorni di vita, il lavaggio nasale non comporta rischi né tantomeno controindicazioni e può essere effettuato sia in condizioni di benessere, a scopo di prevenzione, sia in caso di malattia da raffreddamento già in atto, proprio come il lavaggio delle mani (vedi Tabella 1).
La rinosinusite
Clinicamente la rinosinusite si configura nell’infiammazione dei seni paranasali, quelle cavità scavate all’interno del massiccio facciale che si trovano in continuità con le fosse nasali e svolgono vari compiti: riscaldano e umidificano l’aria inspirata, sono importanti per la percezione olfattiva e contribuiscono a modulare la voce. Eppure, soprattutto in età pediatrica, la rinosinusite non sempre viene riconosciuta in maniera tempestiva, forse perché il più delle volte non ci sono manifestazioni inequivocabili e il sospetto emerge principalmente dalla storia recente del singolo individuo. Si stima che nei bambini in età scolare che presentano in media 6-8 episodi di infezione delle alte vie aeree all’anno, il 5-10% di queste infezioni virali possano essere complicate da sinusite e che il 6-13% di bambini ne abbiano avuto almeno un episodio entro il terzo anno d’età7. La rinosinusite viene poi classificata in rapporto al numero di giorni con presenza di sintomi: acuta se questi ultimi durano tra i 10 giorni e i 30 giorni, subacuta tra i 30 e i 90 giorni, ricorrente se dura meno di 30 giorni ma si ripresenta dopo un intervallo di apparente benessere di 10 o più giorni, cronica, infine, se i disturbi superano i 90 giorni. Le infezioni virali, prima tra tutte il classico raffreddore, sono la causa più frequente, seguita dalla rinite allergica, che spesso dà luogo a una forma cronica e tende nel tempo ad associarsi ad asma8, da anomalie come la deviazione del setto nasale e dall’introduzione di corpi estranei9. Nei bambini l’ingrossamento delle adenoidi, costituite da tessuto linfatico, anch’esso dovuto a episodi infettivi, può essere un ulteriore fattore che funge da serbatoio di microrganismi e determina ostruzione. A tale riguardo, infatti, va precisato che i seni comunicano con le fosse nasali attraverso sottili pertugi, detti osti, che, in caso di congestione della mucosa, possono facilmente ridursi o chiudersi del tutto, permettendo in questo modo a eventuali agenti patogeni di proliferare indisturbati. I disturbi, scarsamente lamentati dai bambini più piccoli, dipendono essenzialmente dal seno interessato: un gonfiore sotto l’orbita, per esempio, può suggerire una sinusite etmoidale, mentre un dolore alla pressione su una guancia fa pensare a una sinusite mascellare. La sinusite frontale dà classicamente luogo a un mal di testa oppressivo, descritto come una morsa che si estende fino alle tempie. In questo senso il farmacista può fungere da importante osservatore. Fondamentale, per il controllo del processo flogistico e per un’azione incisiva sul quadro sintomatologico, oltre all’eventuale ricorso ad antibiotici specifici, è l’impiego di corticosteroidi inalatori10. Il lavaggio sistematico con soluzione fisiologica può costituire un’ulteriore strategia utile a rimuovere le secrezioni e gli eventuali microrganismi nonché a mantenere la mucosa nasale bene idratata.
L’aerosol: criteri di scelta
Nella maggior parte dei casi l’aerosol rientra nelle prescrizioni, in quanto consente di veicolare i farmaci direttamente nella sede in cui devono esplicare la propria azione, annullando l’attesa dovuta al tempo di assorbimento ed eliminando numerosi effetti indesiderati dovuti proprio agli effetti sistemici di alcune molecole. L’efficacia di tale modalità terapeutica, tuttavia, è strettamente subordinata a due fattori: la scelta di un apparecchio in grado di produrre particelle di dimensioni funzionali a raggiungere il distretto di interesse e l’osservanza delle indicazioni da parte del bambino. Per quanto riguarda il primo aspetto va ricordato che per il trattamento di patologie a carico delle fosse e dei seni paranasali sono necessarie particelle di “Diametro Aerodinamico Mediano di Massa (AMMD)” superiore a 10 µm, che non superano il tratto oro faringeo e vengono generalmente erogate mediante docce nasali micronizzate, inalazioni caldo-umide o spray dosati. Per il trattamento delle vie aeree inferiori sono invece necessari apparecchi (a membrana, a pistone o a ultrasuoni) in grado di erogare particelle con AMMD compreso tra 0,5 e 5 µm, che si depositano per sedimentazione gravitazionale a livello delle piccole vie aeree (inferiore a 2 millimetri) e negli alveoli. Le particelle con AMMD maggiori di 5 µm giungono ad alta velocità a livello delle alte vie aeree (orofaringe) mentre quelle con AMMD minore di 0,5 µm si comportano come un gas inerte e hanno scarsa rilevanza terapeutica.
Il mal di gola (faringite)
Le cause della faringite possono essere virali (adenovirus, virus respiratorio sinciziale, virus influenzali, citomegalovirus, ecc.), batteriche (streptococchi, pneumococchi, stafilococchi ed Haemophilus), ambientali (aria troppo secca). Il mal di gola può anche associarsi alle comune malattie esantematiche, quali morbillo, rosolia, varicella, che all’inizio fanno pensare spesso a un’infezione respiratoria. Il contagio, facilitato dall’affollamento, può avvenire per via aerea, come nel caso del raffreddore, oppure anche attraverso indumenti, oggetti o stoviglie ‘contaminati’11. Gli adenovirus, tra l’altro, possono rimanere infettivi fino a 2 settimane a temperatura ambiente; l’infezione può pertanto verificarsi indirettamente per contatto con oggetti o superficie contaminati. Il virus di Epstein-Barr (EBV) è un virus erpetico la cui infezione primaria nei bambini si manifesta classicamente con la mononucleosi infettiva. La trasmissione di solito ha luogo per stretto contatto personale con fluidi corporei, il più delle volte per via orale. L’EBV è un’infezione insidiosa con un periodo di incubazione di 4-7 settimane e sintomi clinici che permangono per ulteriori 1-3 settimane. La presentazione clinica della mononucleosi infettiva comprende febbre, affaticabilità, faringite, linfoadenopatia, epatosplenomegalia e linfocitosi. Può inoltre comparire un rash di morfologia variabile, soprattutto se in presenza dell’infezione da EBV si somministra una terapia antibiotica, in particolare con un beta-lattamico quale ampicillina.
Quadro clinico
Caratteristico del mal di gola è il dolore localizzato a livello del palato molle, degli archi palatini e dell’orofaringe, con sensazione di corpo estraneo e difficoltà alla deglutizione. Nei bambini più piccoli, non ancora in grado di esprimersi, tutto questo si traduce nel calo di appetito e spesso in pianti frequenti scatenati dalla sensazione di fame ma anche dall’intenso fastidio alla deglutizione. L’aspetto della gola è vistosamente arrossato, le tonsille possono apparire aumentate di volume e in alcuni casi ricoperte da una puntinatura biancastra (le cosiddette ‘placche’ della tonsillite purulenta, che richiede il consulto del pediatra). L’esordio improvviso con febbre, mal di gola, mal di testa, nausea, vomito, dolore addominale in presenza di raffreddore e tosse è altamente suggestivo di infezione da Streptococco beta-emolitico di gruppo A, la forma più comune di faringite batterica. La faringite da streptococco beta-emolitico di gruppo A, accompagnata da un rash eritematoso diffuso di consistenza ruvida, simile a carta vetrata, è denominata scarlattina. Tale eruzione impallidisce di solito con la pressione e si concentra lungo le pieghe flessorie come le aree anticubitale, ascellare e inguinale (linee di Pastia). Quando ha inizio la risoluzione del rash può verificarsi desquamazione.
Approccio terapeutico
Possono essere utili preparati a base di vitamina C, oligoelementi quali zinco, rame e selenio e un’alimentazione ricca di liquidi. In caso di febbre è consigliabile il riposo a letto e l’assunzione di antipiretici come il paracetamolo, peraltro dotati anche di attività analgesica. Nei bambini dopo i 15-18 mesi, se collaboranti, si possono spruzzare antisettici in gola. Inutili e sconsigliati sono invece gli antibiotici, il cui impiego scorretto può favorire la comparsa di batteri resistenti. In Tabella 2 sono riportati suggerimenti pratici.
L’otite media
L’otite media acuta (OMA) ha indubbiamente un gravoso impatto epidemiologico e al tempo stesso clinico-sociale: si stima infatti che il 75% dei bambini al di sotto dei tre anni vada incontro ad almeno un episodio12 e che, come evidenziato oltre 10 anni fa da una ricerca condotta dalla Federazione Italiana Medici Pediatri13, in Italia l’incidenza nei primi 5 anni d’età sia nell’ordine di oltre 1 milione di casi ogni anno. I lattanti sono più predisposti all’otite per ragioni anatomiche, in quanto la tuba di Eustachio, che mette in comunicazione l’orecchio medio con la gola, ha un decorso meno inclinato rispetto all’adulto (orecchio e gola si trovano quasi allineate), tale da non ostacolare sufficientemente l’eventuale risalita di secrezioni e quindi microrganismi dalla faringe. Si spiega così, tra l’altro, perché nei bambini è più frequente un’otite bilaterale piuttosto che localizzata in un orecchio solo, come si osserva il più delle volte negli adulti. Anche l’esposizione al fumo passivo e l’utilizzo del succhiotto favoriscono l’otite14, che è invece meno frequente negli allattati al seno e in concomitanza di ripetuti e accurati lavaggi delle fosse nasali. Il dolore è un classico segno di otite: si accentua quando il bambino viene messo a letto e talvolta può essere così forte da essere scatenato da una semplice pressione sul padiglione auricolare (vedi box). A volte, però, il dolore manca, ma in compenso la presenza di febbre, tosse o abbondanti secrezioni nasali insinuano comunque il sospetto di un’otite concomitante. Altri disturbi sono la riduzione temporanea della capacità uditiva (ipoacusia), la sensazione di vertigine e/o percezione di suoni (per esempio fischi) acuti fittizi (acufeni). Nel lattante sono frequenti irritabilità, rifiuto dell’alimentazione, vomito o diarrea.
Approccio terapeutico
Come affermano le linee guida della Società Italiana di Pediatria (SIP)15, il trattamento cardine dell’otalgia è rappresentato dalla somministrazione di antidolorifici a dosaggio adeguato per via sistemica (paracetamolo o ibuprofene, non acido acetilsalicilico per il rischio di sindrome di Reye). Nei bambini oltre i 3 anni di vita è accettabile la somministrazione topica di soluzioni analgesiche (lidocaina 2%) in soluzione acquosa, in aggiunta alla terapia antalgica sistemica, nelle prime 24 ore dalla diagnosi di OMA con otalgia da moderata a severa, in assenza di perforazione timpanica. Considerato il rapporto fra il beneficio in termini di riduzione del dolore e di febbre e il rischio di effetti collaterali, una terapia antibiotica immediata è sempre raccomandata nei soggetti con otite media acuta bilaterale di età inferiore a 2 anni, nei soggetti con sintomatologia grave, in quelli con otorrea da perforazione spontanea, in quelli con storia di ricorrenza. I principali requisiti farmacocinetici di un antibiotico ideale nelle infezioni in età pediatrica possono essere riassunti in una biodisponibilità orale elevata, una emivita di eliminazione sufficientemente lunga da garantire una o al massimo due somministrazioni giornaliere e una buona diffusione tissutale. In età pediatrica e in particolare per il trattamento dell’OMA, la scelta di primo impiego è limitata alle betalattamine (aminopenicilline da sole o associate ad inibitori betalattamasici, cefalosporine di II o III generazione), ai macrolidi e agli azalidi.
Suggerimenti pratici
Consultare il pediatra se il dolore persiste nonostante le cure, o se la febbre e i vari sintomi peggiorano.
L’allattamento al seno riduce di un terzo la probabilità di comparsa di otite.
La vaccinazione anti-pneumococco, ora disponibile anche per bambini al di sotto dei due anni, può essere un valido strumento di prevenzione nei confronti della causa batterica più frequente.
L’influenza
I virus influenzali sono una grande famiglia di virus all’interno dei quali di anno in anno si selezionano spontaneamente alcuni ceppi. Un quadro simile all’influenza, tuttavia, può essere provocato anche dai virus parainfluenzali e da altri virus che colpiscono le vie respiratorie. Il contagio avviene per inalazione di particelle virali, che restano in sospensione nell’aria. Per questa ragione è bene favorire il ricambio d’aria nell’ambiente ed evitare, nei limiti del possibile, contatti diretti tra una persona o un familiare malato e il bambino. Dopo un’incubazione di 1-3 giorni compaiono:
- un brusco innalzamento della febbre, oltre i 38 °C, che permane per circa 3 giorni, accompagnato da brividi e sudorazione intensa;
- dolori muscolari, che i bambini in grado di esprimersi indicano genericamente come dolori o fastidi in varie parti del corpo, con carattere “migrante”;
- perdita della vivacità e dell’appetito;
- disturbi respiratori, con raffreddore, tosse stizzosa e secca, mal di gola, difficoltà alla deglutizione, lacrimazione, fastidio alla luce e abbassamento della voce.
Approccio terapeutico
A prescindere dagli antivirali specifici, che nel caso richiedono la prescrizione medica, la cura dell’influenza è prevalentemente sintomatica e si propone tre obiettivi:
- tenere sotto controllo la febbre mediante antipiretici, tra i quali nei bambini è preferibile il paracetamolo; obbligatorio, naturalmente, è il riposo a letto;
- mantenere un adeguato livello di idratazione: i bambini con febbre più elevata, infatti, possono avere crisi di vomito e alimentarsi poco;
- l’umidificazione dell’ambiente mediante gli opportuni apparecchi: spesso le abitazioni sono surriscaldate e l’aria secca irrita le mucose e impedisce una normale detersione delle secrezioni.
Se opportuni, si possono somministrare fluidificanti, espettoranti o sedativi della tosse in rapporto all’entità e alle caratteristiche di tale disturbo.
Va ricordata la possibilità di una strategia antivirale specifica16, per la quale le molecole disponibili sono:
- zanamivir (adulti e bambini di età superiore i 5 anni, 20 mg per via inalatoria o intranasale) efficace anche come prevenzione con durata della somministrazione sino a 28 giorni;
- oseltamivir (in capsule o sospensione orale da somministrare a dosaggio compreso tra i 30 e i 75 mg due volte al giorno per 5 giorni, secondo il peso corporeo), efficace anche come prevenzione nei bambini a stretto contatto con individui affetti con durata della somministrazione sino a 28 giorni;
- amantadina (4,4-8,8 mg/kg/24 ore in due somministrazioni fino ai 9 anni d’età, con una dose massima di 150 mg/die, che sale a 200 mg/die nelle fasce d’età successive), peraltro non più raccomandata dal National Institute for Clinical Excellence (NICE)17 a eccezione dei casi resistenti agli inibitori della neuraminidasi e non in commercio in Italia per questa indicazione.
Suggerimenti pratici
Gli antibiotici nell’influenza sono non solo inutili, trattandosi di una malattia virale, ma anche controproducenti: essi, infatti, non prevengono le complicazioni e, se utilizzati scorrettamente, possono favorire la selezione naturale di batteri resistenti, perdendo quindi la propria efficacia.
La vaccinazione contro l’influenza può essere praticata anche ai bambini dopo i 6 mesi d’età: comporta due dosi a distanza di almeno 4 settimane. Il periodo consigliato è tra metà ottobre a fine novembre.
Conclusioni – Dall’alimentazione al counseling ai genitori
Le malattie da raffreddamento sono variegate e numerose. Ogni caso è da affrontare come una storia a sé, prestando particolare attenzione al benessere complessivo del bambino – in particolare nei primi anni di vita – e ai fattori epidemiologico-ambientali.
L’alimentazione gioca un ruolo importante non soltanto in relazione ai normali fabbisogni del bambino ma anche per il mantenimento di un’efficiente funzione immunitaria18. Un deficit in micronutrienti, per esempio, si associa a un calo dei sistemi naturali di difesa, in particolare a una depressione dell’immunità sia cellulo-mediata sia umorale, determinando contemporaneamente una disregolazione complessiva della risposta dell’ospite19. Si innesca così un circolo vizioso che determina una maggiore suscettibilità ai patogeni, e le infezioni che ne conseguono, a loro volta, favoriscono una perdita di micronutrienti e una riduzione del loro apporto. Le vitamine A, C, E e gli oligoelementi, per esempio, concorrono alla funzione di barriera cutanea e, in sinergia con le vitamine B6, B12, D, acido folico e con ferro, rame, zinco e selenio corroborano l’attività delle cellule immunitarie20. Le stesse menzionate, a eccezione di vitamina C e ferro, inoltre, sono indispensabili per la sintesi di anticorpi. Non è raro che una mamma chieda consiglio sul preparato più opportuno da somministrare al proprio bambino oppure che ricorra di propria iniziativa a una supplementazione multivitaminica. In effetti, se da un lato è ben radicato nell’immaginario collettivo il concetto che un’alimentazione completa rappresenta un presupposto indispensabile per il benessere e la crescita, dall’altro il razionale di un’integrazione mirata è supportato dalla ricerca scientifica: ogni anno si pubblicano centinaia di studi in cui le vitamine acquistano la valenza di reale strumento terapeutico o di chiave interpretativa di condizioni dismetaboliche patogeneticamente correlate a importanti malattie. Un esempio in tal senso è dato dalla riduzione dei livelli circolanti di vitamina B1 e B6 indotta nei bambini asmatici dal trattamento con teofillina21 e dall’effetto antiemetico e neuroprotettivo (anticonvulsivante) della stessa vitamina B6.
Si delinea pertanto il razionale di una supplementazione mirata, in grado di assicurare all’organismo del bambino la copertura dei micronutrienti sopra menzionati in caso sia di un regime dietetico non ottimale (con scarso apporto, per esempio, com’è abitudine diffusa, di frutta e verdura), sia di condizioni tali da influenzare l’appetito o determinare uno stato simil-carenziale. La collaborazione con i genitori è fondamentale per una corretta gestione delle malattie da raffreddamento. Qui di seguito, in sintesi, vengono riportati i messaggi da trasferire loro al fine di prevenire errori grossolani e mantenere un atteggiamento di attenta osservazione.
- Saper osservare il bambino: sono poco frequenti i casi in cui le sue condizioni peggiorano così rapidamente da richiedere subito l’intervento del pediatra; a prescindere dal controllo della febbre, è sempre prudente attendere 1-2 giorni prima di prendere iniziative.
- Per quanto riguarda la febbre è bene ricordare che si tratta di un meccanismo di difesa e che non è sempre giustificato un intervento aggressivo con antipiretici. Più che il valore in sé è importante osservare il comportamento del bambino: se si mantiene vivace e tollera bene anche una temperatura di 38 gradi e mezzo ci si può permettere di essere meno ‘pesanti’ con i farmaci.
- Evitare di somministrare – soltanto perché disponibili nell’armadietto di casa – antibiotici o altri farmaci che richiedono la ricetta del medico senza aver prima consultato il medico. Allo stesso modo è opportuno non sospendere arbitrariamente una cura da lui prescritta.
- Non abusare di farmaci da banco e leggere sempre attentamente il loro foglio illustrativo, evitando di associare principi attivi simili. In caso di dubbio chiedere sempre.
- Non preoccuparsi eccessivamente del calo di appetito, che costituisce un sintomo costantemente associato alle malattie da raffreddamento, ma semmai che il bambino sia bene idratato, somministrandogli acqua o bevande zuccherate.
- Evitare coperture eccessive, che potrebbero determinare un surriscaldamento pericoloso soprattutto del bambino piccolo, che non è ancora in grado di scoprirsi da solo (un ottimo indicatore in tal senso è la sudorazione del piccolo: se lo si trova bagnato significa che è troppo coperto).
- Insegnare, praticare e promuovere il lavaggio sistematico delle mani come prevenzione del contagio interpersonale, la detersione delle fosse nasali come prevenzione mirata e la frequente aerazione dei locali in cui il bambino soggiorna come provvedimento ambientale
Bibliografia
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Questionario ECM
Quanti si stimano essere i virus potenzialmente responsabili di raffreddore?
circa 20
meno di 50
poco più di un centinaio
almeno 200
I rinovirus non inducono immunità permanente perché:
sono privi di antigeni
oltre a essere numerosi sono molto instabili
sono in grado di neutralizzare subito gli eventuali anticorpi
rimangono “nascosti” al sistema immunitario
Un bambino di 5 anni in apparenza sano va incontro ogni stagione epidemica a 8 infezioni respiratorie. Il suggerimento che ritenete più opportuno fornire ai suoi genitori è:
chiedere al pediatra la prescrizione di indagini per valutare la funzione immunitaria
evitare la pratica di sport
affrontare singolarmente ogni episodio come se fosse il primo
coprirlo di più
Quale dei seguenti fattori può essere considerato predisponente a malattie da raffreddamento:
il sovraffollamento domestico
la predisposizione allergica
l’esposizione al fumo passivo
tutte le risposte indicate
Nel bambino più grande e nell’adulto causa un normale raffreddore ma nel lattante è un patogeno temuto in quanto responsabile di bronchiolite. Si tratta del:
gruppo dei rinovirus
virus influenzale di tipo A
virus respiratorio sinciziale
streptococco beta-emolitico di gruppo A
Una mamma, allarmata perché non è riuscita a mettersi in contatto con il pediatra, è preoccupata perché al suo bambino di 4 anni e mezzo, oltre al mal di gola e alla febbre, è comparsa un’eruzione sulla pelle. Vi riferisce inoltre che le sue tonsille sono ingrossate e ricoperte di puntini biancastri (placche). Tra le seguenti l’ipotesi più plausibile è che si tratti di:
morbillo
varicella
scarlattina
orticaria
Tra i seguenti qual è un vantaggio del lavaggio nasale:
previene l’otite
idrata le mucose
diluisce eventuali microrganismi patogeni
tutte le risposte indicate
L’impiego di zanamivir è indicato per:
raffreddore virale
influenza
mononucleosi infettiva
tutte le risposte indicate
Tra le seguenti situazioni, i corticosteroidi inalatori si impiegano nel trattamento di:
raffreddore
otite media
rinosinusite
tutte le risposte indicate