Gestione dei piĆ¹ comuni sintomi durante la transizione alla menopausa
Revisione scientifica:Dr. Maurizio Barbieri, Dirigente medico, 2a Clinica Ostetrica e Ginecologica dell'Università degli Studi di Milano, Fondazione Policlinico Mangiagalli Regina Elena, Milano.
Obiettivo del Corso
Aumentare la conoscenza da parte del farmacista dei sintomi e delle opzioni terapeutiche per le donne nel periodo della perimenopausa e aumentare la sua capacità di fornire la relativa assistenza alle donne in questa fase della loro vita.
Obiettivi formativi:
Al termine della seguente monografia di aggiornamento, il farmacista dovrebbe essere in grado di:
- discutere dei cambiamenti fisiologici che si verificano nel passaggio graduale da perimenopausa a menopausa;
- conoscere i dati basati sull’evidenza delle terapie ormonali e non ormonali e consigliare approcci terapeutici specifici per il trattamento dei sintomi vasomotori menopausali;
- descrivere eventuali terapie alternative e misure preventive da applicare alle donne di mezza età;
- discutere le strategie terapeutiche farmacologiche e non, per la cura dei sintomi più comuni del periodo di transizione verso la menopausa.
Executive summary
- L'età media per l’insorgenza della menopausa è 51 anni.
- La fase avanzata della transizione menopausale si caratterizza con il salto di almeno due cicli o dalla comparsa di un’amenorrea della durata di almeno 60 giorni.
- Esiste in realtà la possibilità, seppure molto limitata, di concepire anche per le donne in età perimenopausale.
- I sintomi vasomotori includono vampate di calore e sudorazione notturna.
- Le donne in perimenopausa che richiedono sia contraccezione sia un trattamento dei sintomi vasomotori possono trarre vantaggio dai contraccettivi ormonali estro-progestinici combinati.
- In caso di atrofia vaginale e della vulva (moderate o gravi) la terapia estrogenica risulta efficace.
- L'incidenza dell'incontinenza urinaria aumenta con l'età. L'incontinenza da stress (40%) e l'incontinenza mista (50%) sono le forme più comuni nelle donne in perimenopausa di età compresa tra 40 e 59 anni.
Si considera una donna in menopausa dopo che è trascorso almeno un anno dalla data delle ultime mestruazioni spontanee. Per perimenopausa si intende invece l’arco temporale di almeno un anno dalle ultime mestruazioni, in cui cessano l’ovulazione e i cicli mestruali. Molti dei sintomi comunemente attribuiti alla menopausa si verificano anche durante la perimenopausa.
Definizione della popolazione
La scomparsa delle mestruazioni può a verificarsi in un lasso di tempo compreso tra i 30 anni e i 59 anni di età1.Sebbene si consideri normale che la menopausa si manifesti dopo i 40 anni di età, in realtà, l’età media per la sua insorgenza è 51 anni. La menopausa naturale (quindi non indotta chirurgicamente) prima dei 40 anni si considera precoce e necessita sempre di approfonditi accertamenti endocrinologici2.Le fumatrici spesso entrano in perimenopausa prima delle non fumatrici. Le nullipare (donne che non hanno mai partorito) tendono a entrare in menopausa più precocemente rispetto alle donne che hanno avuto figli. Altri fattori che possono causare un abbassamento dell’età di inizio della menopausa sono la dieta ricca di verdure, fibre e cereali, malattie autoimmuni (quali diabete mellito di tipo 1) e un basso valore dell’indice di massa corporea (BMI, Body Mass Index). Potrebbe inoltre esserci una correlazione genetica famigliare che determina l’età della menopausa: figlie di donne con menopausa precoce hanno un maggior rischio di entrare precocemente in menopausa.
Fisiologia della menopausa
La fisiologia della menopausa è complessa e coinvolge numerosi ormoni e diversi meccanismi di controllo della loro produzione (meccanismi di feedback). Nel corso della vita riproduttiva della donna si verifica una progressiva diminuzione del numero di follicoli ovarici deputati alla produzione di estrogeni ma anche graduali modificazioni ormonali che esitano in una irregolare maturazione dei follicoli stessi: le irregolarità del ciclo mestruale conseguenti sono caratterizzate da cambiamenti nella durata del ciclo e delle caratteristiche del flusso mestruale. Uno dei primi cambiamenti ormonali rilevabile è la diminuzione di inibina B, che induce l’aumento dei valori ematici dell’ormone follicolo-stimolante (FSH, Follicle-Stimulating Hormone) nella prima parte del ciclo allo scopo di stimolare il rilascio di estradiolo da parte dei follicoli ovarici. Un elevato livello di FSH è quindi un primo segno misurabile dell’evoluzione verso la menopausa. Quando i follicoli ovarici sono esauriti completamente, le ovaie non rispondono più agli elevati livelli di FSH e la produzione di estradiolo si riduce. Esiste quindi un periodo temporale di transizione estremamente variabile da donna a donna (in genere già a partire dall’età di 38-40 anni) durante il quale i livelli di FSH ed estradiolo fluttuano significativamente; per questo motivo tali parametri (estrogeni e FSH) non possono essere utilizzati come criteri diagnostici della perimenopausa. I livelli di FSH e estradiolo dovrebbero, quindi, in teoria, essere misurati per più cicli allo scopo di coglierne le naturali fluttuazioni. Si ritiene che siano proprio le fluttuazioni nei livelli degli estrogeni a causare molti dei sintomi della perimenopausa4.Dopo la menopausa, i livelli di rilascio di FSH e di ormone luteinizzante (LH, Luteinizing Hormone) aumentano significativamente5.
Da un punto di vista clinico, la transizione verso la menopausa si divide in due fasi: fase iniziale e fase avanzata6.Nelle donne sane ci può essere il passaggio da una fase all’altra o l’alternanza tra le due fasi oppure una delle fasi può anche essere completamente saltata. Nella fase iniziale, il ciclo mestruale può allungarsi fino a 7 giorni oltre la classica durata in condizioni normali. La fase avanzata della transizione menopausale si caratterizza con il salto di almeno due cicli o dalla comparsa di un’amenorrea della durata di almeno 60 giorni. I sintomi vasomotori inizialmente sporadici aumentano significativamente nella fase avanzata finale. I cambiamenti fisiologici nella perimenopausa avanzata comprendono: riduzione dell’attività ovarica, riduzione della resistenza fisica e modifiche delle caratteristiche della cute, della mucosa vaginale e dei capelli. I principali sintomi sono: disturbi del sonno, problemi di memoria, irritabilità, sudorazione notturna e vampate di calore. La combinazione e l’intensità di questi sintomi può variare (vedi Tabella 1), tuttavia non tutte le donne riportano sintomi durante la transizione menopausale. Poiché la misurazione dei sintomi e della storia clinica può essere soggettiva, classificare i dati disponibili non è facile7.
Le fumatrici, le donne di peso corporeo estremamente basso o alto (BMI <18 kg/m2 o >30 kg/m2), quelle che praticano molta attività fisica aerobica (>10 h/settimana), oppure che soffrono di irregolarità cronica del ciclo mestruale o che hanno subito un’isterectomia, come pure le pazienti note per fibromi uterini o per cisti endometriosiche dell’ovaio, dovrebbero sottoporsi a una valutazione clinica periodica per controllare la fase della vita riproduttiva in cui si trovano6.
Perché è importante la terapia?
Alcune donne considerano i sintomi della menopausa una riduzione nella qualità della vita. Poiché “i 50 anni sono i secondi 30” molte donne giunte a questa età si aspettano ancora molto dalla vita e vogliono vivere al 100% delle loro capacità produttive. Alcune donne hanno optato per scelte riproduttive in età avanzata e quindi hanno responsabilità nei confronti di figli non ancora indipendenti, altre hanno genitori anziani da assistere, altre ancora una carriera lavorativa appagante su cui contano. Per queste tipologie di donne, ma in generale per tutte le donne, curare i sintomi della menopausa è fondamentale per mantenere una buona qualità della vita.
Nei casi in cui la transizione menopausale non influenzi negativamente la qualità della vita non occorrono cure particolari. Le donne che, invece, manifestano una sintomatologia (da lieve a grave) devono essere adeguatamente informate in merito ai potenziali rischi e benefici delle diverse opzioni terapeutiche in grado di migliorare la qualità della vita o la gestione dei disturbi. A queste pazienti dovrebbero essere offerte alternative che permettano di gestire individualmente desideri e obiettivi, riducendo al minimo, nel contempo, i rischi associati a tali scelte.
Gravidanza e contraccezione
I Centers for Disease Control and Prevention (CDC, Centri per il Controllo e la Prevenzione delle Malattie) informano che la fertilità di una donna inizia a diminuire intorno ai 45 anni e continua a diminuire dopo i 50 anni di età. I dati aggiornati al 2007 dimostrano che la fertilità media nelle donne dai 20 ai 34 anni è di 108 nati ogni 1.000 donne; il tasso di natalità per le donne dai 35 ai 39 anni è di 47,5 ogni 1.000 donne, tale valore si riduce a 9,5 per 1.000 donne nella fascia dai 40 ai 44 anni d’età e a 0,6 per 1.000 donne nell’età compresa tra i 45 e i 54 anni8.
Superati i 35 anni, aumenta il rischio di patologie nel corso della gravidanza: p.es. dopo i 35 anni il rischio di interruzione spontanea della gravidanza nel corso del primo trimestre sale al 20% e dopo i 40 anni raggiunge il 50%, probabilmente in relazione all’aumento dell’incidenza di anomalie cromosomiche tra le quali è ben nota la sindrome di Down (1:400 a 35 anni, 1:100 a 40 anni, 1:30 a 45 anni e 1:10 a 49 anni). Inoltre, le donne di età superiore ai 35 anni hanno rischio doppio rispetto alle donne più giovani di sviluppare il diabete gestazionale; aumenta anche il rischio di sviluppare ipertensione in gravidanza se l’età al parto è superiore ai 40 anni 9,10.
Alcune donne ritengono di non avere più bisogno di usare misure contraccettive nel periodo della perimenopausa in relazione a una minore frequenza dei rapporti sessuali, alla irregolarità dei cicli mestruali o nella convinzione di non essere più potenzialmente fertili. Esiste in realtà la possibilità, seppure molto limitata, di concepire anche per le donne in età perimenopausale, nei casi in cui non si ricorra a cure per la fertilità. Visti i rischi che la gravidanza comporta per la madre ma anche per il feto è auspicabile che il personale sanitario fornisca alle donne in età perimenopausale una adeguata informazione in merito ai rischi associati a una gravidanza, ma è anche necessario un corretto counseling contraccettivo fino alla cessazione dell’ovulazione.
I contraccettivi estro-progestinici combinati contenenti basse dosi di estrogeni sono consigliabili alle donne in perimenopausa non fumatrici e in buona salute. Oltre alla efficacia contraccettiva, i contraccettivi ormonali possono migliorare i sintomi vasomotori, regolarizzano il ciclo e hanno un effetto protettivo nei confronti del cancro delle ovaie e dell’endometrio; infine, l’uso prolungato può essere utile per salvaguardare la densità minerale ossea11.I contraccettivi ormonali combinati non sono indicati per le donne in perimenopausa fumatrici o affette da ipertensione non controllata, iperlipidemia, diabete mellito, emicrania, epatopatie, esiti di tumore alla mammella o di tromboembolia venosa o, infine, che presentano un sanguinamento genitale non indagato. Le donne in perimenopausa che assumono contraccettivi estro-progestinici devono essere accuratamente monitorate in relazione a eventuali fattori di rischio di patologie venose o arteriose e, se necessario, il trattamento contraccettivo va sospeso12.
Tutti i contraccettivi orali possono aumentare il rischio di tromboembolia venosa, tuttavia tale rischio è più elevato per le donne con BMI superiore a 25 in trattamento con prodotti contenenti desogestrel o gestodene oppure con cerotti transdermici contenenti norelgestromina1,12,14.Perez Gutthann e coll. segnalano l’associazione tra il rischio di tromboembolia e BMI superiore a 2514. Nello studio Women’s Health Initiative (WHI), valori di BMI superiori a 30 sono stati associati a un rischio di tromboembolia molto più elevato rispetto ai valori di BMI inferiori a 25 (tasso di rischio 5,61 contro 1,78) 15.
Non è possibile stabilire a priori quale sarà l’evoluzione nel tempo dell’attività ovarica spontanea e del ciclo mestruale in una donna che assume contraccettivi ormonali; pertanto è difficile stabilire quale sarà l’età della menopausa e per quanto tempo dovrà continuare l’uso dei contraccettivi orali. L’età media della menopausa nelle parenti della paziente e i sintomi della paziente stessa possono essere un valido aiuto per decidere quando iniziare a valutare se la paziente è ancora potenzialmente fertile oppure è in menopausa. Per stabilire se una donna è ancora potenzialmente fertile può essere sufficiente passare a una contraccezione non ormonale monitorando le scadenze mestruali spontanee o la fluttuazione dei livelli ematici di FSH. Se, però, la donna preferisce proseguire la contraccezione ormonale, in assenza di controindicazioni è possibile protrarne la somministrazione fino all’età di 55 anni, quando la probabilità di menopausa è elevata11.
Se la contraccezione ormonale estro-progestinica combinata è controindicata, può essere suggerita una contraccezione a base di solo progestinico o con dispositivi intrauterini o con altri metodi non farmacologici oppure la sterilizzazione chirurgica; tuttavia, qualsiasi contraccettivo non ormonale non ha alcun effetto sulle fluttuazioni ormonali della donna, pertanto, non riduce i sintomi vasomotori perimenopausali e non consente alcun controllo del ciclo. Gli spermicidi contenenti nonoxynol-9, se usati da soli o associati alla spugna contraccettiva, possono essere suggeriti a chi ha rapporti sessuali sporadici. L’uso prolungato di prodotti a base di nonoxynol-9 espone a un maggiore rischio di malattie sessualmente trasmesse relativo a un danno diretto sull’epitelio vaginale12.
Indipendentemente dal metodo contraccettivo scelto, la sua efficacia dipende dall’uso costante e corretto; indubbiamente l’utilizzo di metodi contraccettivi in un’ottica di lunga scadenza, p.es. cerotti, impianti e dispositivi intrauterini, è più adeguato per la prevenzione di gravidanze indesiderate se confrontato ai metodi contraccettivi d’uso giornaliero.
Sintomi vasomotori
I sintomi vasomotori includono vampate di calore e sudorazione notturna. Circa il 20% delle pazienti in perimenopausa lamenta la comparsa di vampate di calore ma molte donne iniziano a soffrire di questi disturbi contestualmente alla loro prima irregolarità mestruale. Sebbene l’incidenza e l’intensità dei sintomi vasomotori tendono a raggiungere il picco massimo nel periodo perimenopausale e nei primi anni della postmenopausa, alcune donne continuano a soffrirne per molti anni3.
I bassi livelli di estrogeno durante la perimenopausa e la menopausa sono da mettere in relazione alle vampate. È ipotizzabile che la diminuzione dei livelli di estrogeni possa influenzare i sistemi della noradrenalina e della serotonina nell’ipotalamo, responsabili della termoregolazione. Durante una “vampata” si verifica un aumento della temperatura cutanea, del flusso sanguigno cutaneo e della frequenza cardiaca, che corrispondono alla sensazione di calore riferita all’estremità cefalica e nella parte superiore del corpo, con frequenti arrossamenti della pelle, seguiti da sudorazione16.Quando le vampate di calore si verificano di notte sono note come sudori notturni. La sudorazione notturna spesso causa disturbi del sonno, che a loro volta contribuiscono alla stanchezza, all’irritabilità, all’ansia e agli altri problemi comunemente associati alla menopausa.
Si stima che l’85% delle donne nel periodo di passaggio verso la menopausa sia soggetto ad almeno un sintomo vasomotorio e il 10% di queste donne richiede l’intervento del medico. Molte donne non necessitano di terapie perché i sintomi sono lievi e spesso migliorano spontaneamente con il passare del tempo16. La maggior parte delle opzioni terapeutiche farmacologiche è stata studiata in popolazioni di donne nel post-menopausa o con tumore alla mammella, mentre sono limitati gli studi nelle donne in perimenopausa.
Terapia farmacologica: le donne in perimenopausa che richiedono sia contraccezione sia un trattamento dei sintomi vasomotori possono trarre vantaggio dai contraccettivi ormonali estro-progestinici combinati. Gli studi sulle donne in perimenopausa mostrano che bassi dosaggi di contraccettivi orali combinati possono ridurre sia la frequenza sia l’intensità delle vampate17.Le vampate di calore in genere regrediscono nell’arco di 2-3 mesi. Quando l’ovulazione cessa, la donna non ha più bisogno di una contraccezione ormonale; tuttavia, se i sintomi vasomotori persistono, è proponibile una terapia ormonale sostitutiva17.
La terapia ormonale sostitutiva (TOS o HRT, Hormone Replacement Therapy) prevede la somministrazione di estrogeni da soli o di estrogeni e progestinici in combinazione: è la terapia farmacologica più efficace per ridurre la frequenza e la gravità dei sintomi vasomotori18. Un rapporto del Cochrane Group ha dimostrato che la terapia con estrogeni riduce la frequenza delle vampate di calore del 75% rispetto al placebo nelle donne in perimenopausa e postmenopausa19.Anche la qualità della vita risulta significativamente migliorata dall’uso della TOS16.
Sebbene la TOS sia efficace nel ridurre i sintomi vasomotori, non è priva di rischi. Lo studio Women’s Health Initiative (WHI) ha analizzato l’efficacia preventiva della terapia estro-progestinica (o del placebo) nei confronti delle coronaropatie in una popolazione di oltre 16.000 donne in post-menopausa. Dopo il primo anno di terapia, le pazienti trattate con estro-progestinici riportavano un rischio di coronaropatia molto più basso rispetto ai controlli, tuttavia, lo studio è stato interrotto precocemente dopo un follow-up medio di 5,2 anni a causa dell’aumento globale a lungo termine del rischio di neoplasia mammaria, di coronaropatie, di ictus e di embolia polmonare20.
La TOS per il trattamento dei sintomi vasomotori è disponibile in formulazioni orali, transdermiche o vaginali. Non vi sono prove a sostegno di una maggiore efficacia di una forma farmaceutica rispetto a un’altra, tuttavia, la terapia transdermica sembra preferibile grazie al minore dosaggio, alla mancanza di effetti correlati al primo passaggio epatico e a una maggiore stabilità dei livelli di estrogeni in circolo16.La terapia transdermica deve essere presa in considerazione in tutte la pazienti con valori elevati dei trigliceridi onde evitare ulteriori aumenti di concentrazione sierica indotti dagli estrogeni orali16.Gli estrogeni per via vaginale, alle dosi utilizzate per curare la vaginite atrofica, non hanno dimostrato alcuna efficacia nella riduzione delle vampate di calore17.
È disponibile un’ampia gamma di formulazioni contenenti diversi tipi di estrogeni come l’estradiolo, l’estriolo, gli estrogeni esterificati e gli estrogeni coniugati equini. Tutte le formulazioni si sono dimostrate efficaci nella cura dei sintomi vasomotori. La North American Menopause Society raccomanda di iniziare il trattamento dei sintomi vasomotori con dosi inferiori alla dose standard; infatti i bassi dosaggi sono certamente meglio tollerati e allo stesso tempo costituiscono un efficace rimedio alle vampate (vedi Tabella 2). L’effetto della terapia estrogenica a basse dosi sull’endometrio e il rischio di cancro endometriale non è ad oggi definitivamente chiarito, pertanto tale trattamento deve essere riservato alle donne isterectomizzate17. La TOS a base di estro-progestinici combinati è consigliata invece a tutte le donne non isterectomizzate proprio per ridurre al minimo il rischio di cancro dell’endometrio. La brusca interruzione della TOS può favorire la ricomparsa delle vampate; pertanto la terapia deve essere ridotta gradualmente17.
I più frequenti effetti indesiderati della TOS sono: sanguinamento uterino, tensione mammaria, nausea e vomito, ritenzione idrica, cefalea. I rischi a lungo termine associati alla TOS (tumore della mammella, coronaropatie, tromboembolie, ictus, demenza) devono essere sempre valutati scrupolosamente e discussi dettagliatamente con le pazienti prima di iniziare la terapia20,21. Se la TOS viene utilizzata come terapia per i sintomi vasomotori, si deve sempre utilizzare il dosaggio più basso e per il minor tempo possibile, senza, tuttavia, trascurare l’efficacia del trattamento. Una recente review Cochrane ha valutato gli effetti a lungo termine della terapia ormonale sulle donne in perimenopausa e post-menopausa: l’analisi di un sottogruppo di donne sane di età compresa tra 50 e 59 anni comprese nello studio WHI e trattate con TOS dimostrano un maggiore rischio di trombosi venosa ed embolia, anche se il rischio assoluto rimane limitato. Non risultano altre condizioni di rischio statisticamente significative rispetto al placebo in questa fascia d’età22.
Alcune donne, a causa dei rischi noti, non sono candidate alla TOS per il trattamento dei sintomi vasomotori. Molte terapie non-TOS non hanno ottenuto l’approvazione ufficiale da parte delle agenzie competenti (EMEA, FDA) per il trattamento dei sintomi vasomotori, ma esistono tuttavia evidenze a sostegno del loro utilizzo. Gli antidepressivi possono rappresentare un’opzione terapeutica nelle donne sintomatiche con controindicazioni alla TOS o che non tollerano la TOS. È stato studiato l’utilizzo della venlafaxina, inibitore del riassorbimento della serotonina e della noradrenalina (SNRI, Serotonin-Norepinephrine Reuptake Inhibitor), nelle donne con pregresso cancro mammario o escluse dalla TOS per elevato rischio di cancro della mammella che riferivano non meno di 14 episodi di vampate di calore a settimana. Dopo 4 settimane di terapia, il punteggio composito medio delle vampate è stato ridotto del 61% rispetto alle condizioni iniziali nei casi che hanno assunto 150 mg/die di venlafaxina, mentre nelle pazienti trattate con placebo la riduzione è stata del 27%.
La venlafaxina raggiunge il suo effetto massimo nelle prime 1-2 settimane di terapia23 ed è generalmente ben tollerata. Gli effetti collaterali più frequenti comprendono secchezza delle fauci, inappetenza, nausea e stitichezza23; sono segnalati ma meno frequenti la sonnolenza, le vertigini e le disfunzioni sessuali. L’aumento della pressione arteriosa è stato riscontrato nel caso di terapie a dosaggi elevati. La venlafaxina non dovrebbe essere utilizzata da donne che assumano anche un inibitore delle monoaminoossidasi (I-MAO).
Gli effetti di paroxetina e fluoxetina, inibitori selettivi del riassorbimento della serotonina (SSRI, Selective Serotonin Reuptake Inhibitor) sono entrambi stati studiati nelle donne in post-menopausa con vampate di calore. La paroxetina a rilascio controllato a dosaggi di 12,5 o 25 mg/die per 6 settimane ha causato una diminuzione del punteggio composito delle vampate del 62% rispetto al 38% delle pazienti trattate con il placebo24.I più comuni effetti collaterali della paroxetina e della fluoxetina comprendono cefalea, vertigini, nausea, diarrea, insonnia e sonnolenza. Come per la venlafaxina, anche questi farmaci sono controindicati in donne che sono in terapia con un I-MAO.
La gabapentina, un anticonvulsivante, è un’altra opzione per il trattamento dei sintomi vasomotori nei casi in cui la TOS è controindicata: la dose di 900 mg/die di gabapentina per 12 settimane ha ridotto significativamente sia la frequenza sia il punteggio composito delle vampate, rispetto al placebo, nelle donne in post-menopausa con vampate di calore di intensità da media a grave25.Recentemente, l’uso della gabapentina è stato studiato nelle donne con cancro al seno. Dopo 4 settimane di terapia, le pazienti trattate con 900 mg/die di gabapentina hanno riscontrato una riduzione del 41% nella frequenza e del 49% nella gravità delle vampate, rispetto al 18% e al 21% delle pazienti trattate con placebo26.L’uso della gabapentina è ben tollerato da gran parte delle donne; la sospensione della terapia a base di gabapentina per il trattamento dei sintomi vasomotori è indicata dalla comparsa di sonnolenza, vertigini, rash cutaneo ed edema periferico.
L’agonista alfa-adrenergico clonidina si ritiene sia in grado di diminuire la frequenza delle vampate riducendo l’attivazione noradrenergica centrale e potrebbe costituire la terapia di scelta nelle donne ipertese in perimenopausa sintomatica17.La clonidina, somministrata a dosi di 0,1 mg/die ha indotto una modesta riduzione della frequenza delle vampate sia in donne in post-menopausa sia in donne in trattamento con tamoxifene16.La clonidina transdermica potrebbe essere meglio tollerata rispetto alla formulazione orale. Gli effetti avversi più comuni comprendono secchezza delle fauci, sonnolenza, stitichezza, insonnia e prurito nell’area di applicazione del cerotto. La clonidina può anche ridurre la pressione arteriosa e la frequenza cardiaca sebbene non siano stati riscontrati effetti collaterali di tipo emodinamico in uno studio che utilizzava il dosaggio di 0,1 mg/die di clonidina per via orale, per trattare le vampate di calore in donne già in terapia con tamoxifene16.
Altre terapie: cambiamenti nello stile di vita, p.es. vestirsi a strati, usare ventagli e bere bibite fresche possono alleviare il disturbo causato dalle vampate di calore modificando la temperatura del corpo. Le tecniche di rilassamento (training autogeno) possono ridurre i sintomi vasomotori, ma gli studi in tal senso sono stati eseguiti solo su gruppi di dimensioni limitate e possono essere non obiettivi. La respirazione addominale controllata, lenta e profonda al manifestarsi dei sintomi può ridurre la durata e la frequenza delle vampate17.
I fitoestrogeni sono componenti vegetali con una struttura fenolica simile agli estrogeni. Gli isoflavoni ottenuti dalla proteina della soia hanno dato risultati discordanti confrontando diversi studi. Alcuni studi, utilizzando un dosaggio compreso tra i 40 e i 150 mg/die, hanno dimostrato una lieve diminuzione nella gravità o nella frequenza delle vampate. I diversi risultati degli studi possono essere dovuti alla variabilità dei prodotti utilizzati o all’età delle partecipanti. Gli isoflavoni della soia possono essere assunti tramite integratori o con il consumo di soia (ad es., tofu, latte di soia) 27.Il trifoglio rosso ha un contenuto di isoflavoni analogo ai prodotti a base di soia, anche se non ci sono prove a sostegno del suo utilizzo per la cura delle vampate di calore. Al momento non sono segnalati effetti sfavorevoli 28.
La Cimicifuga racemosa, 20 mg due volte al giorno, può essere utile in alcuni casi per ridurre vampate di calore e sudori notturni. Tuttavia, i risultati del trattamento sono discordanti e i campioni studiati sono poco numerosi; inoltre il miglioramento sintomatologico non è immediato ed è consigliabile un periodo di assunzione di almeno 6 -12 settimane per ottenere i migliori risultati. L’epatotossicità è un raro effetto collaterale della terapia con Cimicifuga racemosa. A causa della mancanza di studi approfonditi, l’uso della Cimicifuga racemosa dovrebbe essere limitato a un periodo compreso tra 6 e 12 mesi29.
Non ci sono prove a sostegno dell’efficacia dell’olio di enotera per il trattamento delle vampate. L’acido gamma-linolenico, un acido grasso essenziale omega-6, è il principale componente di questo olio. L’olio di enotera può essere associato a un aumento del rischio di sanguinamento29.
La vitamina E (800 UI al giorno) può ridurre lievemente la frequenza delle vampate. Un effetto collaterale noto, specie a dosaggi più alti, è l’aumento del rischio di sanguinamento29.
Ormoni bioidentici, cioè mix sintetici di estrogeni (estradiolo, estriolo, estrone) da derivati vegetali esistono in diverse formulazioni che possono essere combinate per fare fronte alle esigenze individuali. Mancano però studi affidabili. Le considerazioni di sicurezza dovrebbero essere le stesse adottate per una qualsiasi terapia ormonale30.
Atrofia vaginale
La carenza di estrogeni che si verifica nel periodo finale della perimenopausa e nella sua successiva evoluzione in menopausa può avere un impatto negativo sulle funzioni sessuali della donna. Durante la perimenopausa, la secchezza vaginale è comune, con un’incidenza che va dal 7 al 39%7.Dopo la menopausa può comparire la dispareunia (dolore durante i rapporti sessuali) e sono frequenti le mutazioni della mucosa vaginale come la perdita delle pieghe vaginali, l’assottigliamento del tessuto vaginale e del grasso sottocutaneo con conseguente perdita della sua elasticità e della sensibilità, modificazioni che possono influenzare negativamente la soddisfazione sessuale nella donna. Altri fattori, come le terapie farmacologiche, la perdita di sonno, l’ansia o problemi esterni possono influenzare le funzioni sessuali5.
Anche se i dati sulle donne in perimenopausa sono limitati, i lubrificanti e gli idratanti vaginali possono aiutare ad alleviare la secchezza vaginale; lubrificanti a base acquosa sono consigliati qualora si utilizzino preservativi di lattice. Uno studio di dimensioni limitate sulle donne in stato post-menopausale ha mostrato che la terapia non ormonale ha, nei confronti della secchezza vaginale, la stessa efficacia della crema agli estrogeni31.
In caso di atrofia vaginale e della vulva (moderate o gravi) la terapia estrogenica risulta efficace. A causa dei rischi associati alla TOS sistemica, la somministrazione locale è preferibile per le donne che lamentano esclusivamente disturbi urogenitali18.In tali casi possono essere utilizzati gli estrogeni vaginali a basso dosaggio, disponibili come creme, ovuli o anelli. La stimolazione endometriale e i sintomi sistemici possono essere maggiori con le formulazioni a base di crema che con ovuli o anelli32.Poiché è possibile, seppure in modo limitato, l’assorbimento sistemico anche con la somministrazione vaginale della TOS, è opportuno informare la paziente dei rischi associati a questo tipo di terapia (discussi in precedenza).
Incontinenza urinaria
L’incontinenza urinaria è un problema con gravi ricadute sullo stile di vita delle donne in perimenopausa. Le forme comuni di incontinenza urinaria comprendono incontinenza da stress (o da sforzo), incontinenza da urgenza (o vescica iperattiva) e incontinenza mista. L’incontinenza da stress è una perdita involontaria di urina durante colpi di tosse, starnuti, durante l’esercizio fisico o qualsiasi altra attività in cui aumenta la pressione intra-addominale. È causata dallo scarso supporto contentivo del collo della vescica, conseguente a lesioni ai tessuti e alle vie nervose di controllo durante il parto vaginale. I livelli inadeguati di estrogeni della menopausa e l’età avanzata possono ulteriormente peggiorare la funzionalità del collo vescicale. Il segno distintivo dell’incontinenza da urgenza è un forte impulso a svuotare la vescica, indipendentemente dal suo riempimento, associato alla perdita involontaria di urina durante o dopo lo stimolo. È riconducibile a una iperattività del muscolo detrusore vescicale o a contrazioni involontarie dello stesso. Alcuni dei più comuni sintomi dell’incontinenza da urgenza includono frequenti e urgenti stimoli ad urinare, difficoltà alla minzione e nicturia. L’incontinenza mista è una combinazione di incontinenza da stress e incontinenza da urgenza33.
L’incidenza dell’incontinenza urinaria aumenta con l’età. L’incontinenza da stress (40%) e l’incontinenza mista (50%) sono le forme più comuni nelle donne in perimenopausa di età compresa tra 40 e 59 anni. L’incidenza dell’incontinenza urinaria aumenta in presenza di BMI elevato, comorbilità, depressione maggiore e in relazione al numero di parti vaginali34.
In presenza dei sintomi dell’incontinenza urinaria deve essere sempre valutata la coesistenza di terapie farmacologiche (p.es. l’assunzione di diuretici) o di abitudini voluttuarie come il consumo di caffeina. Cambiare abitudini come pure interrompere o sostituire la somministrazione dei farmaci che contribuiscono all’incontinenza urinaria aumenta le possibilità di migliorare la sintomatologia35.
Opzioni non farmacologiche: una delle opzioni non farmacologiche per migliorare il controllo della vescica è la compilazione di un diario nel quale la paziente deve annotare nelle 24 ore le assunzioni di liquidi e le minzioni. L’operatore sanitario, esaminando il diario, se identifica una condizione di incontinenza può suggerire alla paziente di svuotare la vescica a intervalli regolari, in genere ogni 2-3 ore; se con tale strategia la paziente riesce a ottenere un miglioramento graduale del controllo sulla vescica, l’intervallo tra le minzioni può essere gradatamente aumentato36.
Esercizi per la muscolatura del pavimento pelvico (esercizi Kegel) vengono utilizzati per rafforzare i muscoli che aiutano a trattenere l’urina. In una revisione di studi randomizzati su donne con incontinenza da stress, incontinenza da urgenza o mista, Dumoulin e Hay Smith segnalano che le donne con incontinenza urinaria migliorano grazie agli esercizi per la muscolatura del pavimento pelvico. Gli autori ritengono che il miglioramento più marcato della sintomatologia da incontinenza si ottiene in donne tra i 40 e i 59 anni con incontinenza da stress che praticano gli esercizi per un periodo di almeno 3 mesi37.
Opzioni farmacologiche: purtroppo non vi sono molte possibilità di terapia farmacologica per l’incontinenza da stress. La duloxetina, un SNRI selettivo inizialmente studiato come antidepressivo, è il primo farmaco approvato per l’incontinenza urinaria da sforzo. La stimolazione dello sfintere dell’uretra per mezzo della serotonina e della noradrenalina si ritiene essere il meccanismo con cui la duloxetina potrebbe funzionare per l’incontinenza urinaria da stress38.Una rassegna sistematica della letteratura evidenzia che la duloxetina, somministrata per un periodo da 3 a 12 settimane, non ha effetti terapeutici migliori del placebo, tuttavia lo studio dimostra miglioramenti nell’incontinenza urinaria e nella qualità della vita39.Non è stata riscontrata alcuna modificazione dose-effetto per dosaggi di duloxetina compresi tra 20 e 80 mg. Gli effetti collaterali più comuni sono nausea, secchezza delle fauci, stanchezza, senso di affaticamento, insonnia, stitichezza, cefalea e vertigini; circa un quinto delle pazienti interrompe l’assunzione di duloxetina a causa degli effetti collaterali39.
La duloxetina è sconsigliata alle donne con clearance della creatinina <30 ml/min o in dialisi o con insufficienza epatica, come pure nelle donne in trattamento con un I-MAO o affette da glaucoma.
Hendrix e coll. hanno valutato gli effetti della TOS sull’incidenza e la gravità dei sintomi dell’incontinenza urinaria da stress, da urgenza e mista nelle donne in menopausa asintomatiche trattate con 0,625 mg di estrogeni coniugati equini con o senza associazione di medrossiprogesterone rispetto al placebo. La TOS dopo 1 anno ha aumentato l’incidenza di tutti i tipi di incontinenza urinaria nelle donne che originariamente erano continenti41.
Gli antimuscarinici sono un caposaldo della terapia farmacologica per l’incontinenza da urgenza. Il ricorso agli antimuscarinici porta a una diminuzione della frequenza e dell’intensità delle contrazioni del muscolo detrusore della vescica42.Tutti i farmaci antimuscarinici attualmente disponibili (cioè darifenacina, flavoxato, oxibutinina, solifenacina, tolterodina, trospio) sono efficaci nella cura dell’incontinenza da urgenza. Diversa è la somministrazione per os e il dosaggio come pure gli effetti collaterali, le interazioni con altri farmaci e la selettività sui ricettori muscarinici. I più comuni effetti collaterali sono secchezza delle fauci, stitichezza, cefalea e riduzione dell’acutezza visiva. Gli effetti collaterali sono meglio tollerati nelle pazienti che utilizzano formulazioni a rilascio prolungato o se i farmaci sono selettivi per i recettori muscarinici nella vescica. Gli studi di confronto diretto tra i principi attivi sono scarsi, in quanto la gran parte di essi viene confrontata o con il placebo o con l’oxibutinina43.A causa delle loro proprietà anticolinergiche, tali farmaci vanno evitati nelle donne affette da glaucoma o da ritenzione urinaria. A seconda del principio attivo utilizzato, la dose può richiedere un aggiustamento nel caso di deficit della funzionalità renale o epatica.
Le opzioni terapeutiche per i trattare i sintomi della perimenopausa sono riassunte nella Tabella 3.
Conclusioni
La perimenopausa è una modificazione dello stato ormonale e della fase riproduttiva della donna. I farmacisti e gli altri operatori sanitari devono essere pronti a discutere con le loro pazienti i complessi problemi sanitari e le comuni opzioni terapeutiche utilizzabili durante questa fase della vita. Per la paziente è indispensabile una corretta informazione relativa ai cambiamenti dello stile di vita, al rispetto della salute nonché i rischi e i benefici derivanti dagli interventi farmacologici durante il periodo perimenopausale.
La sintomatologia delle pazienti deve essere riconosciuta e trattata in modo appropriato e individualizzato per migliorare la qualità della vita. I farmacisti devono avere conoscenza delle eventuali variazioni nelle raccomandazioni delle organizzazioni e delle agenzie governative che riguardano le donne nel periodo perimenopausale. Inoltre, il farmacista che riesce a mostrare empatia e a comunicare con la paziente in perimenopausa potrà contare su pazienti leali e fedeli.
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