2012-09

Fitoterapia: le piante medicinali con indicazioni riconosciute

Autore: Dr Marco Valussi, Referente italiano della EHPA (European Herbal Practitioners Association)

Revisione specialistica: Prof. Maurizio Grandi, immunologo, oncologo clinico, bioetico. Direttore del poliambulatorio specialistico e scuola di formazione “La Torre”, Torino.

Obiettivi formativi

Dopo aver completato la seguente monografia di aggiornamento, il farmacista dovrebbe essere in grado di:

  • elencare le piante medicinali per le quali esistono indicazioni terapeutiche riconosciute;
  • conoscere le principali indicazioni delle varie piante medicinali secondo la loro evidenza clinica;
  • descrivere i principi attivi più importanti delle piante e degli estratti;
  • informare il paziente su effetti collaterali e valutare condizioni in cui le piante medicinali vanno utilizzate con cautela o evitate;
  • consigliare i pazienti sull’utilizzo delle piante medicinali in gravidanza, durante l’allattamento e in età pediatrica.

 

Scopo dell’attività

Fornire al farmacista la giusta formazione per un utilizzo corretto delle piante medicinale basato sull’evidenza clinica.

Introduzione

In un numero recente (Obiettivo Farmacista 5 ottobre/novembre 2011, Corso 3 – Modulo 2) sono stati trattati gli aspetti legislativi e le principali preparazioni dei fitoterapici. In questo numero vengono presentate in modo monografico le piante medicinali per le quali esistono delle indicazioni terapeutiche riconosciute basate sull’evidenza clinica. Ogni monografia dà un quadro completo di una pianta medicinale elencando le possibili indicazioni d’uso terapeutico e la rispettiva evidenza dell’indicazione, così come le cautele da osservare per un suo utilizzo sicuro.

 

Glossario

ESS = Estratto Secco Standardizzato

ES = Estratto Secco

EF = Estratto Fluido (1:1)

EI = Estratto Idroalcolico o Tintura

RCT = Studio Clinico Randomizzato

 

Come leggere le monografie

 

Titolo monografia: il nome italiano della droga

 

Nomenclatura: binomiale latino, famiglia botanica di appartenenza, nome farmaceutico

 

Definizione: quando possibile, la definizione da farmacopea della droga

 

Composizione chimica: i gruppi chimici più importanti presenti nella pianta e negli estratti

 

Clinica: la descrizione degli studi clinici e metanalitici più importanti che supportano le indicazioni terapeutiche

 

Indicazioni: le possibili indicazioni d’uso terapeutico ricavate dalla letteratura scientifica e, quando opportuno, tradizionale. A ogni indicazione viene affidato un valore di significanza clinica, derivante dal numero e dalla qualità dei dati clinici a supporto. Il valore è indicato da una lettera accompagnata da un segno modificatore (+ o -), e da un colore. La Tabella 1 riporta una descrizione del significato dei simboli.

Posologia: quando necessario, il tipo di estratti disponibili sul mercato, la posologia generica, ricavata da usi tradizionali o da dati clinici generici e, quando disponibili, le posologie specifiche per disturbi testati in studi clinici.

 

Profilo di sicurezza: contenitore di tutti i dati relativi alla sicurezza dell’uso della pianta, che comprendono:

•    Effetti collaterali

•    Cautele

•    Controindicazioni

Interazioni: le interazioni vengono classificate con un indice a due numeri e un colore associato. Vengono usati due parametri, la probabilità dell’interazione (il primo numero, determinante per classificare il rischio dell’interazione), e la qualità dell’evidenza scientifica (il secondo numero, che modula il valore del primo numero). La Tabella 2 una breve descrizione del significato delle categorie utilizzate.

 

Gravidanza ed allattamento

 

Bambini

 

 

Ippocastano semi

 

Nomenclatura: Aesculus hippocastanum L.

Famiglia: Sapindaceae (era Hippocastanaceae)

Nome farmaceutico: Hippocastani semen

 

Definizione: Hippocastani semen consiste dei frutti essiccati di Aesculus hippocastanum L. Contenente non meno del 3% di glicosidi triterpenici espressi come escina anidra.

 

Composizione chimica: saponine triterpeniche: escine I-VI, isoescine Ia, Ib, V. Ia, Ib, IIa, IIb, IIIa, IIIb; sapogenoli: ippoaesculina; acidi grassi; flavonoidi; tannini.

 

Meccanismo d’azione: l’estratto di Hippocastani semen ha attività venoattiva, antiedematosa e vasculoprotettiva, e forse antireumatica. L’escina è il composto attivo più importante; essa aumenta l’attività antitrombinica (aumentando il tempo di sanguinamento), ha effetto antiessudativo e tonico della vascolatura, riduce la permeabilità vascolare, l’attività degli enzimi lisosomali e inibisce il degrado dei glicocalici delle pareti dei capillari. Potrebbe agire mediante lo spostamento dell’equilibrio degli eicosanoidi verso la produzione di PGF2-a vasocostrittiva, e con meccanismo antiossidante.

 

Clinica: una review sistematica del 2002 sull’estratto di ippocastano al 16-20% di escina nel trattamento dell’insufficienza venosa cronica ha concluso che l’estratto è efficace e sicuro. Tre studi osservazionali mostrano efficacia significativa su dolore, edema e affaticamento o pesantezza delle gambe, mentre 13 studi clinici randomizzati confermano l’efficacia su dolore, edema e volume; mostrano inoltre efficacia sul prurito ma non sulla pesantezza alle gambe.

Una metanalisi Cochrane successiva, del 2006, conferma efficacia e sicurezza dell’estratto nel breve termine, ma che altri studi sono necessari per generalizzare la raccomandazione. Sei studi su sette hanno mostrato una buona riduzione del dolore alle gambe e una riduzione del volume.

In conclusione sembra che l’estratto sia efficace e sicuro nel trattamento a breve termine di insufficienza cronica venosa da media a moderata.

NB: l’efficacia dell’ippocastano è legata alla presenza delle saponine, in particolare dell’escina.

 

Profilo di sicurezza: probabilmente sicuro se assunto nelle dosi appropriate e a breve termine (2-12 settimane)

 

Effetti collaterali

ESS: qualche caso di giramento di testa, nausea, cefalea e prurito

Estratti grezzi: possibili irritazioni gastrointestinali; reazioni di ipersensibilità, in particolare in soggetti con allergia al lattice. Qualche caso di dermatite da contatto e proctite quando usato per via rettale

 

Cautele: in genere le piante ricche in saponine possono essere inappropriate in caso di celiachia, malassorbimento dei grassi, deficienza di vitamine A, D, E, K, irritazioni gastriche. Cautela in caso di colestasi.

 

Controindicazioni: non applicare a cute lesa o ulcerata. Non usare in gravidanza senza supervisione professionale. Non usare in allattamento senza supervisione professionale.

 

Gravidanza ed allattamento

Gravidanza: nessun aumento provato della frequenza di malformazioni o altri effetti negativi sul feto nonostante il consumo da parte di un numero limitato di donne. Dati animali su danni al feto. Rischio apparentemente minimo ma non utilizzare senza consulto medico.

Allattamento: nessuna evidenza in letteratura sulla sicurezza o sulla controindicazione. Sembra compatibile con l’allattamento, ma non utilizzare senza consulto medico.

 

Bambini: casi di avvelenamento a causa dell’ingestione dei semi o dell’infusione di foglie e ramoscelli, ma nessun caso di tossicità acuta e la maggioranza di casi di non tossicità negli studi sull’uomo. Casi di decesso forse derivati da ingestione del pericarpo.

 

 

Aglio bulbo

 

Nomenclatura: Allium sativum L.

Famiglia: Alliaceae (Liliaceae)

Nome farmaceutico: Alii sativi bulbus

 

Definizione: Alii sativi bulbus in polvere viene prodotto a partire dai bulbilli di Allium sativum L., tagliati ed essiccati a temperature non superiori a 65°C o liofilizzati e poi polverizzati. Contiene non meno dello 0,45% di allicina.

Composizione chimica: peptidi della gamma-glutamil cisteina: S-allimercaptocisteina, S-metilmercaptocisteina. Solfossido della cisteina: alliina e derivati conseguenti al processo estrattivo (allicina, allil propil disulfide, ajoeni e vinilditiine). Olio essenziale

Clinica

Iperlipidemia. Studi epidemiologici hanno mostrato una correlazione inversa tra consumo di aglio e progressione delle malattie cardiovascolari e che l’estratto rallenta la riduzione dell’elasticità aortica legata all’età e rallenta lo sviluppo delle placche aterosclerotiche. Più di 44 studi clinici randomizzati e tre review sistematiche indicano che i supplementi di aglio hanno un effetto certo su colesterolo totale (CT), colesterolo LDL (LDL-C) e trigliceridi, anche se non molto importante e probabilmente non superiore a quelli derivati dal controllo della dieta (riduzione del CT dal 6,3% al 12%, con la stima del 2003 del 9,9%). Gli studi sono però di mediocre qualità e studi più recenti di maggior qualità hanno dato risultati negativi, hanno messo in dubbio l’efficacia nella riduzione del colesterolo e hanno sottolineato come l’effetto sia comunque di breve durata (sei mesi). Una metanalisi del 2009 sui parametri lipidici ematici, basata su 29 studi clinici, ha riscontrato che l’aglio riduce poco ma in maniera statisticamente significativa il colesterolo totale e i triglicerdi, senza effetti apprezzabili su colesterolo LDL e HDL. Una metanalisi più stringente (su 13 studi clinici) dello stesso anno non ha mostrato alcun effetto statisticamente significativo rispetto al placebo su CT (-0,04 mmol/l), LDL-C (0,01 mmol/l), trigliceridi (-0,05 mmol/l), HDL-C (0,01 mmol/l) e apolipoproteina B (-0,02 g/l).

La grande eterogenicità degli studi non permette di consigliare l’aglio come rimedio singolo per il trattamento delle iperlipidemie da medie a moderate. Per massimizzare i suoi effetti l’aglio deve essere consumato nel lungo periodo (almeno un mese) e in quantità significative (l’equivalente di 1 spicchio di aglio al giorno).

Ipertensione. Una metanalisi del 2008 ha preso in considerazione 10 studi clinici con soggetti normotesi ed ipertesi. L’assunzione di polvere di aglio è stata associata a una riduzione della pressione arteriosa sistolica e diastolica solo in pazienti ipertesi, ma non in quelli normotesi. Una seconda metanalisi dello stesso anno conferma i dati, con riduzioni della pressione arteriosa leggermente inferiori e una associazione significativa tra pressione arteriosa prima dell’intervento e livello di riduzione dopo l’intervento.

L’aglio sembra efficace nel ridurre la pressione arteriosa in soggetti con ipertensione moderata. La maggior parte degli studi ha utilizzato una formulazione specifica.

Tumori. Una metanalisi del 2011 ha riscontrato che l’assunzione di elevate quantità (>20 g/die) di aglio e vegetali della famiglia delle Alliaceae (cipolla, porro, ecc.) riduce il rischio di cancro allo stomaco ma la solidità dell’associazione non è certa. Una metanalisi del 2000 su 10 studi clinici ha riscontrato che il consumo di elevate quantità (>28,8 g/settimana) di aglio, cotto o crudo, potrebbe essere associato a effetti protettivi verso il tumore allo stomaco e al colonretto, ma anche in questo caso la solidità dell’associazione non è certa.

NB: l’efficacia dell’aglio e dei suoi estratti è legata al fitocomplesso, ma il marcatore più rilevante è la capacità di produrre allicina.

 

Profilo di sicurezza

 

Effetti collaterali: non comuni e non severi: allergie, dermatite da contatto, disturbi gastrointestinali.

 

Cautele: interrompere l’assunzione 10 giorni prima di operazioni chirurgiche. Non assumere per lungo tempo dosi elevate di aglio fresco o estratti a rilascio modificato di allicina in gravidanza e in caso di assunzione di farmaci anticoagulanti. Cautela in caso di cosomministrazione di farmaci inibitori delle proteasi.

Controindicazioni: allergia alla pianta. In caso di utilizzo di farmaci anticoagulanti, dosi più elevate dell’equivalente di 5 g/die di aglio fresco.

 

Gravidanza ed allattamento

Gravidanza: nessun aumento provato della frequenza di malformazioni o altri effetti negativi sul feto nono-stante il consumo da parte di un gran numero di donne.

Allattamento: compatibile con l’allattamento

 

Bambini: nessuna informazione disponibile, ma nessun effetto previsto a parte quelli gastrointestinali. Non usare in bambini di età minore di 3 anni.

Aloe gel e lattice

 

Nomenclatura: Aloe vera L. (Sin. Aloe barbadensis (Mill.)); Aloe ferox Mill.

Famiglia: Aloaceae (Liliaceae)

Nome farmaceutico: Aloe vera gel; Aloe capensis

 

Definizione: in commercio sono reperibili soprattutto Aloe vera e Aloe ferox, la prima come fonte di gel e la seconda come fonte di droga lassativa. Aloe perryi, pianta ad alto contenuto di acemannano, è molto rara sui mercati europei e americani, tanto che alcuni autori non la considerano più in uso.

Sul mercato sono presenti diverse formulazioni derivate dalla pianta.

Gel. Gel naturale non diluito ottenuto eliminando gli strati esterni della foglia di Aloe vera (NB: l’adulterazione del gel commerciale con maltodestrine è comune).

Concentrato. Gel di Aloe vera dal quale è stata eliminata l’acqua.

Succo. Un prodotto ottenuto dalla foglia intera che dovrebbe contenere un minimo del 50% di gel di Aloe vera.

Lattice. Il liquido giallo e amaro derivato dai tubuli periciclici della scorza dell’Aloe ferox e A. vera, il cui costituente principale è l’aloina.

 

Composizione chimica

Lattice: derivati dell’idrossiantracene: barbaloina o aloina (8,5-30%), una mistura di aloine A e B, gli antrachinoni aloe-emodina e crisofanolo in piccole quantità; derivati del cromone: aloeresine A-C, metil p-cumarato; feroxina A e B.

Gel: Polisaccaridi: glucogalattomannano, acemannano.

 

Clinica

 

1. Gel

Lesioni cutanee e delle mucose. L’evidenza clinica dell’efficacia dell’Aloe come antinfiammatorio e vulnerario è ancora insufficiente: una meta-analisi degli studi clinici effettuata nel 1999 ha infatti mostrato che il gel sembra efficace in caso di herpes genitale e psoriasi, ma non in caso di prevenzione delle ustioni da radiazione.

Una review Cochrane del 2011 sul trattamento sintomatico del lichen planus orale indica che esiste evidenza debole basata su due studi clinici di qualità non elevata, che l’Aloe vera possa ridurre il dolore associato al lichen planus orale. Per quanto debole, questa evidenza è la più solida al momento disponibile, dato che nessun altro rimedio vegetale o farmaco può vantarne di migliore. Una review Cochrane del 2011 sulla profilassi della mucosite orale in pazienti che ricevono un trattamento antitumorale (e che è l’ultimo aggiornamento di una serie di review pubblicate nel 2006, 2007 e 2010) rileva che solo l’Aloe vera rientra tra le dieci terapie con evidenza statisticamente significativa di efficacia nel prevenire o ridurre la mucosite. Una review Cochrane del 2005 sui metodi di pulizia delle ferite in caso di ulcere da pressione ha identificato solo tre studi clinici, uno dei quali nota un miglioramento statisticamente significativo (ma ridotto) nella guarigione delle ulcere con l’uso di uno spray a soluzione salina contenente Aloe vera, cloruro d’argento e decil glucoside (comparato a una soluzione salina).

 

Neoplasie. Uno studio del 1998 ha studiato l’effetto della tintura di Aloe vera (a dosi di 1 ml due volte al giorno) in associazione a melatonina (20 mg al giorno) su 50 pazienti affetti da varie patologie neoplastiche considerate intrattabili con le terapie ortodosse (tumori solidi avanzati: cancro ai polmoni, tumore al tratto gastrointestinale, tumore alla mammella, glioblastoma). Lo studio ha mostrato una buona percentuale di casi di non progressione (risposta parziale + patologia stabile), ma il disegno dello studio e il basso numero di soggetti interessati non permette di trarre conclusioni particolari, anche se è di stimolo per la produzione di altri studi più approfonditi.

Iperglicemia e ipercolesterolemia. Uno studio del 1985 ha esaminato 5000 pazienti sofferenti di angina i quali hanno aggiunto fibre solubili e gel di Aloe vera alla loro dieta, e hanno in questo modo ridotto i livelli totali di colesterolo, trigliceridi e lipidi totali a livello ematico, hanno aumentato i livelli di HDL, e i pazienti diabetici hanno ridotto i livelli di glicemia a digiuno e post-prandiale. Il dato è però solo preliminare.

 

NB: l’efficacia del gel di aloe è legata in particolare alla presenza di acemannano.

2. Lattice

L’emodina isolata da Aloe vera è promettente come trattamento e profilassi del diabete tipo 2, secondo una metanalisi del 2011.

 

Profilo di sicurezza

 

Effetti collaterali

Gel e acemannano: nessuna tossicità evidenziata, se si escludono sporadici casi di dermatite da contatto e fotodermatiti

Lattice: casi sporadici di disturbi spastici gastroenterici. Dermatite da contatto. Colorazione gialla o rossa delle urine. Con l’uso cronico si ha perdita di elettroliti (potassio), albuminuria ed ematuria. L’alterazione dell’equilibrio elettrochimico può raramente causare disturbi cardiaci, ipotensione muscolare e paralisi progressiva della muscolatura intestinale; possibile lo sviluppo di tolleranza.

 

Cautele

Gel: cautela in gravidanza o se si sta tentando di concepire. Cautela nell’uso topico su ferite postchirurgia.

Lattice: cautela in gravidanza o se si sta tentando di concepire. Cautela in allattamento. Non usare per più di 2 settimane senza supervisione professionale.

 

Gravidanza e allattamento

Gravidanza

Lattice. Nessun aumento provato della frequenza di malformazioni o altri effetti negativi sul feto nonostante il consumo da parte di un gran numero di donne. Dati animali su danni al feto. Non utilizzare senza controllo medico.

Gel orale. Nessun aumento provato della frequenza di malformazioni o altri effetti negativi sul feto nonostante il consumo da parte di un gran numero di donne. Dati animali su danni al feto. Non utilizzare senza controllo medico

Allattamento

Lattice. Compatibile con l’allattamento, ma usare con cautela.

Gel orale. Nessun dato disponibile

 

Bambini: lattice: controindicato nei bambini di età inferiore ai 10-12.
Tè verde

 

Nomenclatura: Camellia sinensis L. Kuntze (sinonimi: Thea sinensis L.; T. bohea L.; T. viridis L.; Camellia thea Link; C. theifera Griff.)

Famiglia: Theaceae (Ternstroemiaceae).

Nome farmaceutico: Folium Camellia sinensis (Thea Folium)

 

Definizione: Folium Camellia sinensis consiste nelle foglie giovani, cime e germogli fogliari essiccati, non fermentati e stabilizzati a vapore di Camellia sinensis.

 

Composizione chimica: Alcaloidi xantinici: caffeina, teofillina, teobromina. Polifenoli: catechine, soprattutto (-)-epicatechina (EC) e derivati esterificati con acido gallico, come (-) epicatechina gallato (ECG) (-)epigallocatechina (EGC), (-)epigallocatechinagallato (EGCG). Derivati dell’acido caffeico (acidi fenolici - ca. 2%). Saponine triterpeniche. Varie: aminoacidi (la principale è la l-teanina), proteine, carboidrati, vitamine (tracce di C e B), minerali e acidi organici

 

Clinica

Tumori: il trattamento per 11 mesi con tè verde decaffeinato in soggetti a elevato rischio non ha conferito alcun effetto protettivo sullo sviluppo di lesioni precancerose all’esofago, ma in uno studio caso controllo il consumo di tè verde nelle donne è stato associato a una riduzione del rischio di cancro all’esofago e l’effetto è aumentato all’aumentare del consumo di tè. Altri cinque studi hanno evidenziato quest’associazione, con un apparente diminuzione dell’effetto all’aumentare della temperatura della bevanda. Lo stesso tipo di associazione positiva è stato riscontrato per il cancro al pancreas e il cancro alla vescica. Una metanalisi del 2011 basata su studi osservazionali suggerisce il ruolo protettivo del tè verde (due tazze o più al giorno) rispetto a tumori ovarici (- 46%) ed endometriosici, mentre l’evidenza è insufficiente per quanto riguarda i tumori legati al papillomavirus umano. Gli effetti positivi sul tumore alle ovaie aumentano all’aumentare della durata dell’utilizzo o della quantità utilizzata. In uno studio su 80 maschi giapponesi con polipi adenomatosi del colon sigmoide (lesione precancerosa), l’esercizio, il consumo di riso, tè verde e caffè istantaneo, sono legati alla riduzione del rischio. Gli studi sui cancri al colon in genere e al colon retto danno invece risultati contraddittori e l’evidenza epidemiologica suggerisce che il consumo di tè verde non abbia effetti sul rischio di cancro al colon. I dati epidemiologici sull’effetto del tè verde sul rischio di tumore al seno sono ambigui. I dati epidemiologici relativi alle donne asiatiche raccolti e analizzati in una metanalisi del 2005 indicano una tendenza (non statisticamente significativa) di riduzione del rischio di incidenza di tumore alla mammella con il consumo di 5 o più tazze di tè verde e una possibile prevenzione della ricorrenza di tumori ai primi stadi (I e II) ma non a quelli più avanzati (III). Una metanalisi del 2010 ha concluso che il consumo di più di tre tazze al giorno di tè verde è inversamente proporzionale alla ricorrenza di tumori al seno, mentre ancora non è chiara l’evidenza dell’efficacia del tè verde per ridurre l’incidenza dei tumori. È poco chiaro se l’associazione tra tè verde e cancro al seno sia valida anche per le donne occidentali. L’evidenza sugli effetti del tè verde sul tumore gastrico è contraddittoria. Una review, basata su studi pubblicati entro il 2003 sulla lesioni precancerose all’intestino crasso e allo stomaco, indica che il tè verde potrebbe essere un agente preventivo per il settore della popolazione più a rischio di sviluppare cancro allo stomaco. Alcuni studi hanno riscontrato un effetto benefico con il consumo di circa 2 tazze al giorno (circa 8 g), mentre in altri il consumo di più di 5 tazze al giorno non ha portato a beneficio. Il consumo di più di 10 tazze al giorno sembra positivo. Una metanalisi del 2009 sul rischio di cancro al polmone, che ha analizzato 22 RCT, ha riscontrato una associazione appena statisticamente significativa tra consumo di 2 o più tazze di tè verde al giorno e riduzione del rischio tumorale (del 18%). Soggetti maschi cinesi che consumano maggiori quantità di tè verde hanno un ridotto rischio di sviluppare il tumore alla prostata, con effetto dose-dipendente. Il tè verde, sia internamente sia a livello topico, sembra in grado di ridurre la displasia cervicale causata dall’infezione da papilloma virus. Il tè verde bevuto sembra in grado di ridurre le dimensioni delle lesioni in pazienti con leucoplachia orale.

 

Condilomi genitali. Uno specifico unguento a base di tè verde contenente circa il 15% di kunecatechine elimina completamente i condilomi genitali esterni e le verruche perianali nel 24-60% dei soggetti dopo 10-16 settimane.

 

Cognizione. Il consumo di tè verde sembra in grado di prevenire il declino in attentività e capacità cognitive se consumato durante il giorno.

 

Malattia di Parkinson. Il tè verde sembra in grado di prevenire o rallentare lo sviluppo della malattia di Parkinson, secondo dati provenienti da grandi studi di popolazione sul consumo di bevande caffeinate. Uomini che consumano 421-2716 mg di caffeina al giorno (pari a 5-33 tazze di tè) mostrano il beneficio maggiore, ma un beneficio significativo si nota anche alle dosi di 124-208 mg, pari a circa 1-3 tazze al giorno. Nelle donne l’effetto non sembra dose-dipendente e il consumo di 1-4 tazze di tè verde al giorno sembra portare alla maggior riduzione del rischio.

 

Iperlipidemia. Studi di popolazione hanno mostrato che il consumo di tè verde è associato a una diminuzione a livello ematico del colesterolo totale, dei trigliceridi e dei livelli di LDL e a un innalzamento del HDL-C. Il meccanismo di azione probabile è quello del blocco dell’ossidazione del LDL-C. Un estratto di tè verde arricchito in teaflavina, a 375 mg/die per 12 settimane, sembra aver causato una riduzione moderata nei livelli di LDL-C.

 

Cardiopatie. Tre o più tazze al giorno di tè verde riducono il rischio di mortalità totale cardiovascolare più di una tazza, probabilmente tramite una riduzione del rischio di infarto cerebrale. L’effetto è maggiore nelle donne rispetto agli uomini.

 

Ipertensione. L’evidenza è contraddittoria; secondo alcuni studi il rischio di sviluppare l’ipertensione si riduce del 46-65% assumendo 120-600 ml o più di tè Oolong, ma altri studi non hanno riscontrato alcun effetto.

 

Diabete. Dati epidemiologici suggeriscono che adulti giapponesi che consumino sei o più tazze al giorno di tè verde hanno il 33% in meno di rischio di sviluppare diabete di tipo 2 rispetto a chi consuma solo una tazza al giorno, con effetto maggiore nelle donne.

 

Obesità. L’evidenza è contraddittoria. Una metanalisi di RCT suggerisce che assumere 576-714 mg/die di un estratto di tè verde con caffeina possa ridurre in maniera modesta il BMI (Body Mass Index, indice di massa corporea), il peso ponderale e la circonferenza alla vita, ma che il tè verde da solo non riduce il peso ponderale e la circonferenza alla vita.

 

Osteoporosi. Studi di popolazione suggeriscono che assumere tè verde per almeno dieci anni è associato ad un aumento della densità ossea.

 

NB: l’efficacia degli estratti di tè verde è certamente legato al fitocomplesso, ma nella maggior parte dei casi il marcatore più rilevante sono le catechine, soprattutto l’epigallocatechinagallato (EGCG), a parte le attività sul peso corporeo e sul SNC, per i quali caffeina e teanina sono più importanti.

 

Forme galeniche e posologia. Estratti standardizzati: standard: 25% di catechine totali; standard: 80% di polifenoli totali e 55% di epigallocatechine; standard: 25-95% di polifenoli.

 

Profilo di sicurezza

 

Effetti collaterali: quantità superiori alle 5 tazze di tè al giorno (equivalenti a 300 mg di caffeina) possono portare a effetti collaterali quali irrequietezza, tremore, aumentata eccitabilità dei riflessi; dosi pari a 1,5 g di caffeina possono indurre irritabilità, insonnia, palpitazioni, vertigine, vomito, diarrea, perdita di appetito e cefalee.

 

Cautele: soggetti con stomaco sensibile dovrebbero limitare la quantità di tè verde assunta. I tannini, se assunti in quantità eccessive, possono causare iperacidità, irritazione gastrica, anoressia, diarrea. Dato che l’overdose di caffeina può portare ad attacchi di ansia, individui soggetti ad attacchi di panico o altri disordini psichiatrici simili dovrebbero evitare l’assunzione di quantità eccessive di te verde. Le madri che allattano e che bevono tè possono causare disordini del sonno ai loro bambini.

 

Gravidanza ed allattamento

Il rischio è minimo e non esistono dati specifici negativi. Esistono dei dati relativi al consumo di caffeina in gravidanza che indicano che 375 mg/die di caffeina aumentano il rischio aborto spontaneo e che 600 mg/die di caffeina aumentano il rischio di neonati nati con peso ridotto.

Peperoncino frutto

 

Nomenclatura: Capsicum annuum L. var. annuum

Famiglia: Solanaceae

Nome farmaceutico: Capsici fructus, Capsici fructus acer

Definizione: Capsici fructus è costituito dai frutto maturi essiccati, interi o frantumati, di Capsicum annuum L. var. annuum.

 

Composizione chimica: capsaicinoidi: capsaicina, diidrocapsaicina, nordiidrocapsaicina, omodiidrocapsaicina, ecc. Carotenoidi: capsantina, capsorubina, carotene. Flavonoidi. Olio essenziale.

 

Clinica

Lombalgia. Una metanalisi Cochrane del 2006 ha esaminato tre studi clinici randomizzati di bassa qualità sulle preparazioni topiche a base di peperoncino per il trattamento della lombalgia. Vi è evidenza moderata sull’efficacia delle preparazioni, superiori al placebo, ma sono necessari studi di maggior qualità.

 

Dolore: artrite. Una review sistematica ha trovato tre RCT comprendenti 386 pazienti sofferenti di dolore muscoloscheletrico, nei quali la capsaicina (allo 0,0025%) in unguento o cerotto è stata di maggior beneficio del placebo (ma modesto: un paziente ogni 8 ha riportato un beneficio del 50% nella riduzione del dolore). Il trattamento potrebbe essere interessante per quei pazienti che sono intolleranti o non rispondono bene ai trattamenti standard.

 

Dolore: neuropatie. Una review sistematica ha analizzato sei RCT su 656 pazienti neuropatici e ha riscontrato che la capsaicina allo 0,075% è moderatamente più efficace del placebo nel ridurre il dolore neuropatico. Gli autori suggeriscono che la capsaicina possa essere utile come trattamento sostitutivo in caso di intolleranza o mancanza di risposta a trattamenti standard. In 4 RCT una crema alla capsaicina è risultata efficace nella riduzione del dolore in caso di neuropatia diabetica, con riduzione del 50% del dolore in due casi. Il trattamento efficace sembra sia quello con capsaicina allo 0,075% usata per 8 settimane.

Uno studio clinico aperto su soggetti con neuropatia sensoriale dolorosa da HIV mostra risultati promettenti: 23 pazienti hanno ricavato beneficio dall’utilizzo della crema allo 0,075%; uno studio più recente e più potente non ha però riscontrato effetti positivi sui sintomi della neuropatia periferica. Una crema allo 0,025% di capsaicina applicata localmente è risultata efficace nella riduzione del dolore nel 50% di casi di nevralgia post-erpetica, mentre una crema allo 0,075% è stata efficace nel 75% dei casi. In ambedue gli studi la durata minima della terapia è stata di 4 settimane, con 4 applicazioni giornaliere. Studi preliminari sulla nevralgia del trigemino sembrano promettenti. L’applicazione della crema (percentuale non specificata) ha portato a una riduzione del dolore, che è ritornato alla fine del primo trattamento, ma si è ridotto permanentemente con il secondo trattamento. Una applicazione locale di creme allo 0,025% e 0,075% di capsaicina hanno diminuito il dolore e l’ipersensibilità nel 50% dei casi di dolore post-mastectomia.

 

Dolore: cefalee. Risultati promettenti anche per l’applicazione intranasale di una crema alla capsaicina nella riduzione della frequenza della cefalea a grappolo episodica o cronica, soprattutto nell’applicazione alla narice ipsilaterale rispetto alla cefalea. È possibile che l’applicazione intranasale di capsaicina allo 0,025% possa ridurre la severità di un attacco di cefalea a grappolo durante l’attacco stesso. I mal di testa nel gruppo verum nei giorni 8-15 sono stati molto meno severi che nel gruppo placebo e meno severi che nei giorni 1-7, mentre ciò non è accaduto nel gruppo placebo.

 

Fibromialgia. Una crema allo 0,025% di capsaicina, applicata 4 volte al giorno nei punti dolenti, per 4 settimane, sembra ridurre il doloramento in pazienti con fibromialgia.

 

Rinite. L’applicazione intranasale di capsaicina ha mostrato di poter ridurre i sintomi della rinite non allergica e non infettiva anche per 6-9 mesi dopo l’applicazione, mentre l’effetto è meno certo e di minor durata (fino a due mesi dopo il trattamento) sulla rinite allergica.

 

Prurigo nodularis. L’applicazione di una crema allo 0,025-0,3% di capsaicina 4-6 volte al giorno sembra in grado di ridurre la sensazione di bruciore, l’eritema, il prurito in caso di Prurigo nodularis, in un periodo variabile da 2 settimane a 33 mesi, anche se i sintomi possono ritornare se il trattamento viene interrotto.

 

Psoriasi. L’applicazione di una crema alla capsaicina per 3-6 settimane ha portato a una riduzione della desquamazione e del rossore. In un altro esperimento, una crema allo 0,025%, applicata 4 volte al giorno per 6 settimane, ha portato a un miglioramento della situazione secondo la valutazione del medico, a una attenuazione della sensazione di prurito, a una diminuzione della desquamazione, dell’eritema e dello spessore delle placche psoriasiche.

 

Altro. Vi è evidenza preliminare che indica la possibile azione protettiva della capsaicina dalle lesioni gastriche (e in ipotesi da ulcera peptica) derivate da alcol e da FANS e stress, anche se dosi elevate sono state associate a necrosi, ulcerazione e carcinogenesi. Dal punto di vista epidemiologico, sembra che persone che consumino peperoncino alimentare giornalmente o quasi siano meno predisposte a sviluppare ulcere peptiche di persone che lo utilizzino solo sporadicamente.

NB: l’efficacia degli estratti di peperoncino è legata alla presenza di caspaicinoidi, in particolare della capsaicina.

Profilo di sicurezza: pianta alimentare, sicura se utilizzata in dosi alimentari. Generalmente sicura se usata per bocca o per via intranasale in dosi medicinali. Presente nell’elenco GRAS degli USA come rimedio topico. Il peperoncino per uso interno è classificato come non tossico. Per l’uso esterno ci sono citazioni in letteratura di rare reazioni allergiche.

 

Effetti collaterali: nessun effetto collaterale serio, ma le applicazioni intranasali possono essere estremamente dolorose.

 

Cautele: può causare irritazione gastrica se assunto per bocca a dosi elevate in soggetti sensibili. L’utilizzo per via orale a lungo termine o a dosi molto elevate potrebbe essere sconsigliato per rischi di tossicità renale ed epatica. È sconsigliato somministrare il rimedio per bocca e usare i preparati topici in bambini al di sotto dei 2 anni.A causa della scarsità di dati non è possibile valutare la sicurezza nella somministrazione per os in gravidanza, mentre non sembrano esserci rischi nell’utilizzo topico, né per la madre né per l’infante allattato. Qualche caso di dermatite in bambini allattati da madri che consumavano peperoncino. Non usare creme, unguenti o preparati topici su pelle lesionata o vicino agli occhi.

 

Controindicazioni: asma acuta. Eczema. Esternamente in caso di allergia o su pelle lesionata. Inalazione. Pirosi gastrica (dosi elevate). Ulcera peptica (dosi elevate).

 

Gravidanza ed allattamento

Gravidanza: l’applicazione topica sembra essere sicura, mentre i dati sull’utilizzo a dosi medicinali per via orale sono insufficienti per dare un giudizio definitivo, anche se i dati clinici e farmacologici fanno propendere per una generale sicurezza dell’estratto.

Allattamento: l’applicazione topica sembra essere sicura, mentre i dati sull’utilizzo a dosi medicinali per via orale indicano la possibilità che il lattante sviluppi dermatite se la madre assume cibi addizionati di grosse quantità di peperoncino.

 

Bambini: l’applicazione topica potrebbe essere dannosa in bambini di età inferiore ai due anni. I dati sull’utilizzo a dosi medicinali per via orale sono insufficienti per dare un giudizio definitivo.

Biancospino fiori, foglie e frutti

 

Nomenclatura: Crataegus monogyna Jacq.; Crataegus laevigata (Poir.) DC. (Sin. Mespilus laevigata Poir.).

Famiglia: Rosaceae.

Nome farmaceutico: Crataegi folium cum flore; Folium cum Flore Crataegi.

 

Definizione: Crataegi folium cum flore consiste dei rami che portano fiori, essiccati, interi o meno, di Crataegus monogyna Jacq., Crataegus laevigata (Poir.) DC. e loro ibridi. Contengono non meno dell’1,5% di flavonoidi, espressi come iperoside.

 

Composizione chimica: acidi fenolcarbossilici: acido caffeico; acido clorogenico. Acidi triterpenici: acido crataegico (convertito a crataegus lattone); acido cinnamico; acido oleanolico; acido ursolico; acido acantolico; acido neotegoligo. Flavoni: iperoside; vitexina; rutina; quercetina; isoquercetina; orientina e iso-orientina; quercitrina; pelargonina; apigenina. Catechine: proantocianidine oligomeriche e proantocianidine polimeriche (tannini condensati). Ammine cardiotoniche. Glicosidi cianogenici.

 

Clinica

Insufficienza cardiaca cronica. Due metanalisi, del 2003 e del 2008, hanno preso in considerazione rispettivamente 8 e 10 studi clinici randomizzati che testavano l’effetto di estratti di biancospino in associazione alla terapia standard in caso di insufficienza cardiaca cronica e hanno concluso che l’uso dell’estratto porta a benefici significativi nel controllo della sintomatologia e dei parametri fisiologici, e che può essere suggerito come trattamento aggiuntivo in caso di insufficienza cardiaca delle classi I-III della New York Heart Association (NYHA stadi I-III). D’altro canto due RCT di grandi dimensioni su pazienti con insufficienza cardiaca stadio II o III NYHA hanno mostrato effetti non positivi e in alcuni casi effetti negativi.

 

Ansia. Studi clinici preliminari suggeriscono che un preparato commerciale che combina il biancospino a magnesio e Eschscholtzia californica potrebbe essere utile nel trattamento dei disturbi ansiosi di gravità da media a moderata.

NB: l’efficacia del biancospino è legata al fitocomplesso; la presenza di proantocianidine oligomeriche sembra comunque essenziale per le attività cardiovascolari.

 

Profilo di sicurezza: sicuro se usato in maniera appropriata e alle dosi consigliate.

 

Effetti collaterali: eventi avversi minori e molto rari, come nausea, cefalea, rash cutanei minori.

 

Cautele: reazioni avverse molto rare e di ridotta entità. Non utilizzare in concomitanza a farmaci che agiscono sulla pressione arteriosa (glicosidi digitalici, beta-bloccanti, ecc.).

 

Controindicazioni: nessuna in letteratura, ma vedi Cautele.

 

Gravidanza ed allattamento

Gravidanza: nessun aumento provato della frequenza di malformazioni o altri effetti negativi sul feto nonostante il consumo da parte di un gran numero di donne; nessuna evidenza di effetti negativi in modelli animali.

Allattamento: compatibile con l’allattamento.

 

Bambini: nessuna informazione ma eventi avversi non probabili.

Carciofo foglie

 

Nomenclatura: Cynara cardunculus L. subsp. flavescens Wikl (Sinonimi: Cynara communis Lam.; Cynara esculenta Salisb.; Cynara hortensis L.; Cynara scolymus L.)

Famiglia: Asteraceae (Compositae)

Nome farmaceutico: Cynarae folium

 

Definizione: Cynarae folium consiste nelle foglie basali essiccate del Cynara cardunculus subsp. cardunculus Hayek.

 

Composizione chimica: acidi caffeoilchinici: acido clorogenico, acido 1,5-dicaffeoilchinico, acido neoclorogenico, acido criptoclorogenico. La cinarina (acido 1,3-dicaffeoilchinico) è presente in tracce nella foglia fresca o essiccata e si genera a partire dall’acido 1,5-dicaffeoilchinico durante il trattamento con acqua calda (presente quindi solo negli estratti acquosi). Flavonoidi: luteolina-7-glucoside (cinaroside) e 7-rutinoside (scolimoside) con un quantitativo inferiore di luteolina libera. Lattoni sesquiterpenici: soprattutto cinaropicrina, poi deidrocinaropicrina, grosseimina, cinaratriolo. Acidi alifatici: idrossi acidi come acido lattico, glicolico, malico e idrossimetilacrilico

 

Clinica

Dispepsia. Uno studio aperto multicentrico, che testava un ES acquoso di Cynara fol. a dosaggi di 960-1920 mg/die, su 553 pazienti affetti da disturbi dispeptici, ha mostrato una riduzione clinicamente rilevante e statisticamente significativo (71% dei soggetti) dei disturbi digestivi, entro 6 settimane di trattamento. Lo stesso estratto allo stesso dosaggio è stato usato in uno studio aperto di 6 mesi su 203 pazienti affetti da disturbi dispeptici, con un miglioramento medio (dopo 21 giorni) del 66% dei sintomi. L’efficacia globale valutata dai medici è stata eccellente o buona nel 85,7% dei casi. In uno studio aperto che ha testato, su 403 pazienti con disturbi funzionali della cistifellea, un estratto standardizzato all’1% di acidi caffeoilchinici a dose di 1500 mg/die, dopo 4 settimane di trattamento in oltre il 52% dei pazienti erano spariti (e nell’80% migliorati) sintomi quali nausea, dolori di stomaco o inappetenza.

Iperlipidemia. Una metanalisi Cochrane del 2009 sull’effetto dell’estratto di foglia di carciofo sull’ipercolesterolemia ha estratto solo tre studi clinici di buona qualità, che permettono di indicare come l’estratto abbia buone potenzialità di abbassare i livelli di colesterolo totale, con riduzione anche del LDL-C, ma nessuna differenza significativa per HDL-C e trigliceridi. I due studi clinici più positivi usavano però un estratto molto concentrato (25-35:1) e di questo si deve tenere conto nella valutazione dell’efficacia pratica. Gli estratti standardizzati riducono LDL-C fino al 23%, CT e il rapporto LDL/HDL in 6-12 settimane di trattamento, soprattutto in soggetti ipercolesterolemici. I dati sono però troppo scarsi per permettere conclusioni stringenti.

 

Sindrome dell’intestino irritabile (SII). Esiste evidenza clinica preliminare che l’estratto di carciofo possa ridurre i sintomi della SII. In uno studio preliminare, un estratto specifico di carciofo ha ridotto dolore addominale, crampi, gonfiore, flatulenza e stipsi associati a SII dopo 6 settimane di trattamento, mentre in un altro studio, aperto, un secondo estratto ha ridotto del 26% l’incidenza di sintomi della SII in pazienti con dispepsia.

NB: l’efficacia degli estratti di carciofo è legata al fitocomplesso, ma il marcatore degli acidi caffeoilchinici sembra importante.

 

Profilo di sicurezza: ottima, effetti avversi moderati, passeggeri e rari. In studi farmacologici o clinici sull’uomo, di durata fino a 2 anni, con preparazioni contenenti estratti di carciofo foglie, su oltre 1600 soggetti, non sono stati riportati gravi eventi avversi.

 

Effetti collaterali: lievi disturbi gastrointestinali possono verificarsi in rari casi; reazioni allergiche possono insorgere in pazienti sensibilizzati. Flatulenza. Dermatite da contatto (pianta fresca). Urticaria e angioedema (pianta fresca o lessata). Sensazione di stanchezza e fame.

 

Cautele: usare solo sotto la supervisione di un professionista in caso di colelitiasi, iperbilirubinemia non coniugata, patologia epatocellulare acuta o grave, colecistite settica, spasmi intestinali o blocco intestinale (ileus), tumore epatico.

 

Controindicazioni: allergia (specifica alla pianta o alle Asteraceae). Occlusione del dotto biliare. I pazienti affetti da colelitiasi devono assumere il carciofo foglie solo dopo aver consultato un medico. Gravidanza e allattamento senza consulto medico

 

Interazioni: nessuna presente in letteratura.

 

Gravidanza ed allattamento

Gravidanza: nessun aumento provato della frequenza di malformazioni o altri effetti negativi sul feto nonostante il consumo da parte di un gran numero di donne. Mancanza di dati da studi animali. In conformità con la prassi medica generale, il prodotto non deve essere utilizzato senza controllo medico.

Allattamento: sembrerebbe compatibile con l'allattamento al seno. In conformità con la prassi medica generale, il prodotto non deve essere utilizzato senza controllo medico.

 

Echinacea radice o infiorescenza

 

Nomenclatura: Echinacea angustifolia DC; E. purpurea (L.) Moench

Famiglia:Asteraceae

Nome farmaceutico: Echinaceae angustifoliae radix; Echinaceae purpureae herba

 

Definizione: Echinaceae angustifoliaeradixconsiste nelle parti ipogee, fresche o essiccate, di Echinacea angustifolia DC, raccolte alla fine del periodo vegetativo. Echinaceae purpureae herbaconsiste delle parti aeree fiorite, fresche o essiccate, di Echinacea purpurea (L.) Moench.

 

Composizione chimica: alchilamidi. Isobutilamidi. Poliacetileni. Derivati dell’acido caffeico, come l’acido cicorico e l’echinacoside. Polisaccaridi: eteroxilani, arabinogalattani. Flavonoidi: quercetina, campferolo e isoramnetina. Tannini. Olio essenziale.

 

Clinica

Infezioni dell’alto tratto respiratorio. Una metanalisi del 2007 sulla prevenzione e trattamento del raffreddore ha analizzato 14 studi clinici e ha mostrato che l’Echinacea riduce il rischio di sviluppare il raffreddore del 58%, e riduce la durata del raffreddore di 1,4 giorni in media. Anche se alcuni studi avevano evidenziato effetti benefici anche sulla qualità della vita, è presto per poterlo dichiarare con certezza. In una metanalisi del 2006 sui raffreddori indotti artificialmente, nei tre studi identificati l’Echinacea standardizzata ha ridotto del 45% il rischio di sviluppare il raffreddore e ridotto la sintomatologia di 1,96 punti sulla scala di misurazione. Moderatamente positiva anche la metanalisi dell’anno precedente del Cochrane, che ha analizzato 16 studi clinici (tutti di ragionevole o buona qualità); secondo questa però l’Echinacea non mostra effetti profilattici. Per quanto riguarda il trattamento, nove studi erano positivi, uno mostrava un andamento positivo e sei non mostravano efficacia. La conclusione è che le parti aeree dell’Echinacea purpurea (gli estratti usati negli studi clinici sono di tre diverse formulazioni) possono essere efficaci per il trattamento precoce del raffreddore, anche se i dati non sono omogenei e conclusivi. Il beneficio clinico misurato come riduzione dei sintomi e della durata del raffreddore si aggira intorno al 10-30%.

L’Echinacea sembra anche efficace nel ridurre moderatamente la durata della sindrome influenzale, la severità dei sintomi in pazienti già ammalati e la frequenza di ricorrenze di infezioni, specialmente in pazienti con particolare tendenza. L’evidenza fin qui accumulata non è però sufficiente a dare un giudizio definitivo sull’efficacia del rimedio.

L’utilizzo come immunostimolante preventivo non è supportato dai dati clinici e il trattamento sembra più efficace se iniziato ai primi sintomi e prolungato per almeno 7-10 giorni. Ma in due metanalisi è stato osservata una riduzione del rischio di sviluppare il raffreddore associata all’assunzione profilattica della pianta.

 

Candidiasi vaginale. L’associazione di un estratto di Echinacea per via orale con una crema antimicotica topica sembra efficace nel prevenire le infezioni vaginali ricorrenti da Candida.

NB: l’efficacia degli estratti di Echinacea non è legata in maniera lineare ad alcun composto, ma polisaccaridi e alchilammidi sono due marcatori significativi.

 

Profilo di sicurezza: pianta sicura se consumata in maniera appropriata e nelle dosi consigliate.

 

Effetti collaterali: gli effetti collaterali più comuni sono quelli gastrointestinali, come nausea, dolore addominale, diarrea e vomito. Più rare le reazioni allergiche, febbre, pirosi gastrica, stipsi, secchezza delle fauci, formicolio nella cavità orale, ulcere orali, ecc.

 

Cautele: cautela in caso di allergia alle Asteraceae.

 

Controindicazioni: pazienti trapiantati con terapia immunosoppressiva.

 

Gravidanza ed allattamento

Gravidanza: nessun aumento provato della frequenza di malformazioni o altri effetti negativi sul feto nonostante il consumo da parte di un gran numero di donne. L’utilizzo per 5-7 giorni nel primo trimestre sembra sicuro, anche se i dati non sono esaustivi. Usare con cautela e con supervisione medica.

Allattamento: compatibile con l’allattamento.

 

Bambini: compatibile con l’utilizzo nei bambini da 2 a 11 anni, quanto meno a breve termine (10 giorni).
Ginkgo foglie estratto standardizzato (GES)

 

Nomenclatura: Ginkgo biloba L. (sinonimi: Ginkgo macrophylla Hort. ex K. Koch)

Famiglia: Ginkgoaceae

Definizione: un ES ottenuto dalle foglie di Ginkgo biloba con estrazione al 60% di acetone e portato alla concentrazione di 50:1, standardizzato perché contenga il 22-27% in peso di flavonoidi ed il 5-7% in peso di lattoni terpenici.

 

Composizione chimica: flavonoidi (circa 40): bilobetina, ginkgetina, isoginkgetina, sciadopitisina; flavonoli: quercetina, campferolo e i loro glicosidi. Terpenoidi (diterpeni): il bilobalide ed i gingolidi A, B, C, J, e M.

 

Clinica

Cognizione. Problemi di memoria legati all’età. Il GES sembra migliorare le funzioni cognitive in alcuni soggetti anziani con riduzione delle funzioni cognitive legate all’età, ma non è efficace in soggetti oltre la sesta decade con funzioni cognitive normali. Una metanalisi del 2011 sui disturbi della memoria in adulti con sclerosi multipla ha identificato un solo studio clinico randomizzato di qualità. Al momento l’evidenza non è sufficiente per consigliare un intervento farmacologico con GES che pure è risultato ben tollerato e sicuro. È riconosciuta l’efficacia del GES in caso di demenza legata alla circolazione: i 40 studi clinici su GES e insufficienza cerebrale compiuti dal 1975 al 1991 e analizzati da una review critica, a parte uno, mostrano l’effetto positivo dell’estratto standardizzato e nessuna differenza significativa con il placebo per quanto riguarda gli effetti collaterali. Quattro metanalisi (dal 2002 al 2010) hanno trovato 9 studi clinici randomizzati di qualità accettabile che testano l’uso del GES per migliorare la funzionalità di soggetti affetti da demenza. Il GES ha mostrato di migliorare i punteggi per le funzioni cognitive e per le attività giornaliere, ma in quest’ultimo caso non ha raggiunto la rilevanza statistica. Risultati inconsistenti sugli effetti su umore e depressione. Una metanalisi del 2008 ha proposto che i risultati negativi nelle metanalisi sulla demenza sia derivato da parametri di validità interna troppo stringenti e poca attenzione alla validità esterna. Secondo questa valutazione, nonostante le evidenti limitazioni degli studi, l’evidenza sull’effetto positivo in caso di demenza è sufficiente e soprattutto promettente.

Anche nel caso della demenza di tipo Alzheimer le evidenze positive si stanno accumulando: la metanalisi del 2010 sulla demenza esaminava anche il sottogruppo della demenza tipo Alzheimer: i risultati sono stati migliori rispetto alla demenza di origine vascolare e statisticamente significativi. Quattro studi clinici controllati, randomizzati in doppio cieco (fino al 2000) mostrano un effetto piccolo ma significativo dell’estratto sulle funzioni cognitive di pazienti sofferenti di Alzheimer.

Una metanalisi del 2010 ha mostrato che il GES è efficace nel migliorare la funzione cognitiva in caso di demenza dopo sei mesi di trattamento e una metanalisi del 2009 su demenza tipo Alzheimer e di tipo vascolare ha mostrato che l’effetto del GES sulla progressione dei sintomi è superiore al placebo e statisticamente significativo, in linea con quelle degli inibitori della colinesterasi. È possibile che l’estratto sia più efficace in pazienti con sintomi neuropsichiatrici.

Una metanalisi del 2000 non ha trovato differenze significative tra l’estratto di Ginkgo e i principali inibitori della acetilcolinesterasi utilizzati in terapia per quanto riguarda il rallentamento della progressione dei sintomi in pazienti con Alzheimer, e gli autori suggeriscono che questi trattamenti sono tutti comparabili in caso di Alzheimer da moderata a media. D’altro canto uno studio controllato, randomizzato, multicentrico in doppio cieco non ha riscontrato un effetto positivo del Ginkgo nel trattamento di persone anziane con Alzheimer medio-moderata, o demenza vascolare, o problemi di memoria associati all’età. I risultati sono di difficile interpretazione vista la natura mista del campione.

Un prodotto contenente GES e Panax quinquefolius potrebbe migliorare i sintomi dei disturbi di area ADHD (Attention Deficit-Hyperactivity Disorder, disturbo da deficit di attenzione e iperattività) in bambini dai 3 ai 17 anni, mentre in uno studio su un estratto singolo esso si è dimostrato meno efficace del trattamento farmacologico.

 

Disturbi della vista. Evidenza preliminare indica che il GES, assunto per sei mesi, migliora in maniera significativa la visione a colori di pazienti con retinopatia diabetica precoce. Il GES sembra migliorare i danni preesistenti al campo visivo in pazienti con glaucoma a tensione normale in uno studio clinico. Ricerca clinica preliminare indica che il GES potrebbe migliorare i sintomi della degenerazione maculare.

 

Patologie cardiovascolari. Uno studio clinico di larga scala ha mostrato che 240 mg/die di GES non riduce in maniera significativa il rischio di infarto del miocardio, di angina, di ictus, di morbidità e mortalità legate alle patologie cardiovascolari. Una metanalisi del 2005 sull’efficacia del GES in caso di ictus mostra dati contraddittori. I dati sui 9 studi di minor qualità indicano un aumento del numero dei pazienti che migliorano, ma lo studio di miglior qualità non riporta miglioramenti neurologici. L’evidenza totale non è convincente e non permette di consigliare l’utilizzo dell’estratto in maniera routinaria per il recupero post-ischemico.

Quattro metanalisi (dal 2000 al 2010) sull’efficacia del GES nel migliorare la distanza percorsa a piedi in caso di claudicatio intermittens hanno concluso che l’uso dell’estratto (120-240 mg/die) migliora la distanza camminata con effetto minimo. Il risultato non sembra clinicamente molto rilevante e il dosaggio più razionale è di 240 mg/die. Una metanalisi del 1992 sui disturbi arteriosi periferici aveva riscontrato un effetto significativo del GES.

In uno studio clinico, l’estratto di Ginkgo ha ridotto il numero di attacchi dolorosi in pazienti con sindrome di Raynaud.

 

Altre indicazioni

Sindrome premestruale. Uno studio clinico ha testato il GES in caso di sindrome premestruale ed esso sembra in grado di ridurre la dolorazione al seno e i sintomi neuropsicologici, se assunto a partire dal 16° giorno del ciclo fino al 5° giorno del ciclo successivo.

Vertigine. Una metanalisi del 2007 che ha analizzato studi preclinici e clinici sulla vertigine mostra evidenza preliminare dell’efficacia del GES sulla compensazione vestibolare nei disturbi dell’equilibrio rispetto al placebo e alla betaistina.

Acufeni. Una metanalisi del 2004 indica che il trattamento con GES non porta a benefici rilevanti in caso di acufeni. RCT singoli hanno mostrato effetti positivi, ma la loro qualità è bassa.

Mal di montagna. Un piccolo studio clinico preliminare suggerisce che 160 mg/die di GES possano ridurre i sintomi del mal di montagna acuto di alpinisti ad altitudini di 5400 metri, ma uno studio più ampio che usava un dosaggio più elevato (240 mg/die) di un estratto differente non ha riscontrato effetti positivi.

Disfunzione sessuale. L’assunzione di GES a 300 mg/die per otto settimane non sembra avere effetti positivi in donne affette da disturbi dell’arousal sessuale. Nonostante dati preliminari promettenti, studi clinici recenti hanno mostrato che il GES è probabilmente inefficace nell’alleviare le disfunzioni sessuali causate dalla terapia antidepressiva.

Ansia. Una metanalisi del 2010 sull’effetto del GES in caso di disturbo d’ansia generalizzato mostra una potenziale utilità, con efficacia simile o superiore a farmaci ansiolitici standard, dopo un trattamento di 4 settimane con dose di 480 mg/die.

Fibromialgia. Uno studio clinico preliminare suggerisce che 200 mg/die di GES in combinazione a 200 mg/die di coenzima Q-10 per tre mesi migliorano la qualità della vita dei pazienti.

Tumore alle ovaie. Ricerca epidemiologica indica che l’uso del GES per sei mesi è associato a una riduzione del rischio di sviluppare il cancro alle ovaie.

Esposizione alle radiazioni. Uno studio clinico preliminare suggerisce che 120 mg/die per due mesi riduce a lungo termine (anche per sette mesi) i fattori clastogenici nel sangue dei pazienti irradiati.

Schizofrenia. Una metanalisi del 2010 sull’uso del GES in caso di schizofrenia cronica mostra che l’estratto, in aggiunta al trattamenti standard con antipsicotici, ha un moderato effetto positivo statisticamente significativo.

Vitiligine. Uno studio clinico preliminare suggerisce che 120 mg/die di GES 10 minuti prima di colazione e cena riducono la progressione della vitiligine.

 

Profilo di sicurezza: il GES è sicuro e ben tollerato se usato in maniera appropriata, anche a lungo termine (fino a sei anni). Una metanalisi del 2011 sul rischio di emorragia dopo l’assunzione di GES ha valutato 18 studi clinici e dall’analisi non emerge evidenza di un maggior rischio di emorragie associato all’uso dell’estratto.

 

Effetti collaterali: ha causato piccoli disturbi gastrointestinali, mal di testa, vertigine, palpitazioni.

 

Cautele: evitare in gravidanza ed allattamento.

 

Controindicazioni: pazienti con disordini della coagulazione o che assumono farmaci anticoagulanti. Pazienti che devono sottoporsi a interventi chirurgici entro 3-7 giorni. Allergia alla famiglia delle Anacardiaceae.

 

Gravidanza ed allattamento

Gravidanza: nessun aumento provato della frequenza di malformazioni o altri effetti negativi sul feto nonostante il consumo da parte di un numero limitato di donne. Nessuna evidenza di effetti negativi in modelli animali. Potrebbe non essere appropriato in alcune gravidanze, usare sotto controllo medico.

Allattamento: nessun dato disponibile. L’utilizzo del GES potrebbe essere non appropriato in allattamento.

 

Bambini: il GES sembra sicuro se usato in maniera appropriata e a breve termine (4-6 settimane) in bambini da 3 a 17 anni.

 

Liquirizia radice

 

Nomenclatura: Glycyrrhiza glabra L. e Glycyrrhiza uralensis Fisch. ex DC

Famiglia: Fabaceae

Nome farmaceutico: Radix Glycyrrhizae

 

Definizione: Radix Glycyrrhizae consiste delle radici e stoloni essicati, decorticati o no, interi o trinciati, di Glycyrrhiza glabra L. o di Glycyrrhiza uralensis Fisch. ex DC e loro varietà.

 

Composizione chimica: terpenoidi (saponine triterpeniche) 1–24%; in media 2-15%: principalmente acido glicirrizico come mistura di sali di potassio e di calcio (glicirrizina: GC). Altre saponine: glicirretolo, glabrolide, acidi licorico e liquiritico, b-amirina. Flavonoidi (1-2%): flavonoli e isoflavoni (formononetina, glabrina, glabrolo, glabrone, glizarina, glicirolo, glabridina, ecc.) e derivati, licoflavonolo, licoisoflavoni A e B, licoisoflavanone, licoricone, liquiritina e derivati. Cumarine. Olio essenziale. Altro: amminoacidi, ammine, gomme, ecc.

 

Clinica

Faringite e tosse. Uno studio clinico prospettico, randomizzato in singolo cieco ha mostrato l’efficacia della liquirizia (500 mg, 5 minuti prima dell’anestesia) nell’attenuare i sintomi del mal di gola postoperatorio e la tosse post-estubazione.

Dispepsia. Una combinazione che unisce liquirizia, menta piperita, camomilla, carvi, melissa, angelica, cardo mariano, Iberis amara, Chelidonium majus sembra in grado di ridurre i sintomi della dispepsia (reflusso acido, dolore epigastrico, crampi, nausea, emesi), se assunta alla dose di 3 ml/die per 4 settimane.

 

Ulcera peptica. In uno studio aperto 15 pazienti con ulcera peptica sono stati trattati con 6 g/die di liquirizia in polvere per 1-3 mesi. Dopo due mesi il 56-78% dei soggetti ha mostrato una riduzione dei sintomi e nel 50% dei casi gli esami radiologici hanno mostrato guarigione completa o quasi completa delle lesioni e parziale nel 40%.

 

Stomatite aftosa ricorrente. Uno studio clinico su applicazioni locali con idrogel alla liquirizia in caso di stomatiti ulcerose ricorrenti, ha mostrato che il dolore e le dimensioni delle ulcere si sono ridotti in maniera significativa.

 

Eczema. Una combinazione di liquirizia con altre 9 piante potrebbe ridurre rossore e lesioni cutanee in adulti e bambini sofferenti da eczema non essudativo, ma altri studi clinici hanno dato esiti negativi.

 

Crampi muscolari. Ricerca clinica preliminare suggerisce che la combinazione di liquirizia e Paeonia alba potrebbe ridurrei crampi muscolari di pazienti con cirrosi epatica o in emodialisi.

 

Sindrome dell’ovaio policistico (SOP). In uno studio su 32 donne irsute sofferenti di SOP è stata comparata l’assunzione, per due mesi, di 100 mg/die di spironolattone (gruppo SP) a quella di 100 mg/die di spironolattone + 3,5 g/die di estratto di liquirizia standardizzato per il 7,6% di acido glicirretinico (gruppo SPL). La pressione diastolica è calata nel gruppo SP ma non in quello SPL; il 20% delle donne nel gruppo SP ha sofferto di affaticamento, sintomi ortostatici e poliuria, sintomi assenti nel gruppo SPL; l’attività di renina e aldosterone era più elevata nel gruppo SP.

 

Morbo di Addison. I dati sull’utilità della liquirizia sull’omeostasi dei fluidi in pazienti con morbo di Addison sono contraddittori.

 

Profilo di sicurezza: la liquirizia è genericamente sicura se usata in maniera appropriata e alle dosi consigliate nel breve termine. L’utilizzo a breve termine aumenta il rischio di effetti avversi come ipertensione ed ipokalemia. L’utilizzo di dosi elevate, superiori ai 30 g/die, per varie settimane può causare effetti avversi anche severi, e gli stessi eventi avversi possono occorrere dopo l’utilizzo di dosi superiori ai 5 g/die in soggetti con ipertensione, disturbi cardiovascolari o renali, o elevato apporto di sale.

 

Effetti collaterali: soggetti che consumano più di 30 grammi di liquirizia al giorno (in media 10–45 g/die) per varie settimane, o soggetti con disturbi cardiovascolari, ipertensione, o problemi renali che consumino più di 5 grammi di liquirizia al giorno, possono soffrire di effetti collaterali quali: ipertensione, ipokalemia, alcalosi, debolezza, rabdomiolisi, rari casi di encefalopatia, blocco dell’asse aldosterone/renina e modificazioni elettrocardiografiche (tipiche di un quadro di iperaldosteronismo primario), che si risolvono dopo pochi giorni-un mese di interruzione dell’assunzione di liquirizia.

 

Cautele: non usare per più di 4-6 settimane senza supervisione professionale. Non usare più di 15 g/die di liquirizia, o più di 600 mg/die di GC. In caso di assunzione prolungata e/o a dosi elevate, adottare una dieta ricca in potassio e bassa in sodio per scongiurare il rischio di ipokalemia. Particolari cautele in soggetti anziani o con storia di patologie cardiache, epatiche o renali.

 

Controindicazioni: soggetti con patologie cardiache attive, in particolare ipertensione. ipokalemia. Insufficienza renale severa. Epatopatie (colestasi, epatite cronica, cirrosi). Obesità severa. Diabete. Uso a lungo termine (più di 4-6 settimane).

 

Gravidanza ed allattamento

Gravidanza: nessun aumento provato della frequenza di malformazioni o altri effetti negativi sul feto nonostante il consumo da parte di un elevato numero di donne. Preferibile non utilizzare dosi superiori ai 3 g/die per evitare aumento di rischio di parti prematuri. Vista l’attività mineralcorticoidea della liquirizia, essa non dovrebbe essere utilizzata da donne a rischio di preeclampsia.

Allattamento:?compatibile con l’allattamento.

Iperico sommità

 

Nomenclatura: Hypericum perforatum L. Sinonimo: Hypericum veronense Schrank; Hypericum noeanum Boiss

Famiglia: Hypericaceae

Nome farmaceutico: Hyperici herba

 

Definizione: Hyperici herba fa riferimento alle sommità fiorite, boccioli e foglie, di Hypericum perforatum L.

 

Composizione chimica: naftodiantroni: ipericina, pseudoipericina, isoipericina, emodin-antrone. Flavonoidi: procianidine oligomeriche (bi-, tri- e tetrameri). Polimeri di catechina ed epicatechina; acidi fenolici; flavonoli. Floroglucinoli e derivati (fino al 3%): iperforina, adiperforina e i loro derivativi. Olio essenziale (0,6-0,35%). Tannini (6,5-12%). Cumarine. Varie: xantoni, colina, carotenoidi, GABA, vit. C, tannini condensati, vari amminoacidi.

 

Clinica

Disturbi dell’umore. L’estratto di iperico è stato testato in più di 30 studi clinici randomizzati, sia controllati con placebo sia a confronto con antidepressivi ed è risultato efficace in caso di depressione da lieve a moderata, ma non in caso di depressione grave. L’estratto è più efficace del placebo, efficace quanto antidepressivi triciclici a basso dosaggio e quanto inibitori della ricapatazione della serotonina (SSRI, Selective Serotonin Reuptake Inhibitors). Migliora i sintomi principali come umore, perdita di interesse, ansia, disturbi del sonno, concentrazione, disturbi somatici, nel breve (6-70% di risposta) e lungo termine (65-100% di risposta). Probabilmente è meno efficace in caso di depressione in pazienti psichiatrici. I dati in letteratura sono principalmente relativi ad adulti, ma recenti studi mostrano efficacia anche in bambini da 6 a 16 anni. L’evidenza su questo utilizzo non è sufficiente, ma le indicazioni preliminari sono che l’estratto di iperico può ridurre ansia, disturbi del sonno e della libido in caso di disturbi affettivi stagionali (SAD, Seasonal Affective Disorder), sia da solo sia in combinazione con la terapia della luce.

L’estratto di iperico sembra ridurre i sintomi dei disturbi da somatizzazione in 6 settimane di trattamento. L’evidenza rispetto all’efficacia dell’iperico nei disturbi ossessivo-compulsivi è ambigua. In uno studio clinico non in cieco, un ESS allo 0,3% di ipericina, alla dose di 900 mg/die per 12 settimane ha migliorato la sintomatologia, ma uno studio di miglior qualità, in doppio cieco che ha usato un estratto differente alla dose di 600-1800 mg/die non ha mostrato miglioramenti significativi.

 

Sintomi della menopausa. Evidenza limitata suggerisce che la combinazione tra estratto di iperico e un estratto di Cimicifuga racemosa riduce in maniera significativa i sintomi della menopausa in donne con predominanza di sintomi psicologici. Un’altra combinazione tra iperico e cimicifuga ha ridotto in maniera significativa i sintomi della menopausa rispetto al placebo.

 

Sindrome premestruale. La ricerca sull’efficacia dell’iperico in caso di sindrome premestruale, per quanto non sufficiente, suggerisce un effetto positivo.

 

Cicatrizzazione delle ferite. Un unguento di iperico applicato tre volte al giorno per 16 giorni ha migliorato la cicatrizzazione delle ferite riducendo anche il tessuto cicatriziale rispetto al placebo.

 

Infezioni virali. Nonostante l’abbondante evidenza sull’attività antiretrovirale in vitro dell’ipericina, l’assunzione di iperico per bocca non sembra efficace nel trattare soggetti adulti positivi per l’HIV o nel trattare l’infezione da virus dell’epatite C, né sembra avere attività antivirale in vivo.

Sindrome dell’intestino irritabile. Ricerca clinica preliminare mostra che l’estratto di iperico a dose di 450 mg/die non è più efficace del placebo (e forse è meno efficace) dopo 12 settimane di trattamento nel migliorare i sintomi della sindrome del colon irritabile.

 

Polineuropatia. L’estratto di iperico non sembra in grado di ridurre il dolore di pazienti sofferenti da polineuropatia.

 

Fumo di sigaretta. 300 mg di un estratto standardizzato, 1 o 2 volte al giorno 1 settimana prima e per tre mesi dopo la data in cui si è smesso di fumare, non hanno migliorato la crisi di astinenza.

 

Profilo di sicurezza

Effetti collaterali: l’iperico è sicuro se usato per os a dosi appropriate. È stato usati fino ad 8 settimane negli studi clinici, ma si suppone sicuro fino a un anno di somministrazione. Effetti collaterali più comuni sono quelli gastrointestinali. Raramente, e solo a dosi massicce, l’estratto di iperico potrebbe aumentare il rischio di reazioni fototossiche e causare eritroderma.

 

Cautele: evitare in caso di fotosensibilità; evitare eccessiva esposizione a raggi UVA se il paziente assume dosi elevate; cercare un trattamento differente se la terapia non raggiunge gli obiettivi in sei settimane. Smettere la terapia almeno 3 giorni prima di una anestesia generale.

 

Controindicazioni: depressione severa. Allattamento senza supervisione professionale.

 

Gravidanza ed allattamento

Gravidanza: nessun aumento provato della frequenza di malformazioni o altri effetti negativi sul feto nonostante il consumo da parte di un numero limitato di donne. Nessuna evidenza di effetti negativi in modelli animali.

Allattamento: compatibile con l’allattamento ma evitare l’utilizzo se non strettamente necessario.

 

Bambini: probabilmente sicuro ma i dati in letteratura non sono completi.

Ginseng radice

 

Nomenclatura: Panax ginseng C.A. Meyer. Sinonimo: Panax schinseng

Famiglia: Araliaceae

Nome farmaceutico: Ginseng Radix

 

Definizione: Ginseng Radix è costituito dalle radici essiccate, intere o frammentate, di Panax ginseng C.A. Meyer. Contiene non meno dello 0,4% dei ginsenosidi combinati Rg1 e Rb1.

 

Composizione chimica: saponine triterpeniche: ginsenosidi (o panaxosidi) Rg1, Rb1. Poliacetileni: panaxinolo, panaxidolo, panaxitriolo. Panaxagina. Olio essenziale. Fitosteroli. Pectina. Flavonoidi

 

Clinica

Cognizione e memoria. L’evidenza preliminare suggerisce che il ginseng riduca i tempi di reazione e aumenti capacità decisionale, vari parametri cognitivi e della qualità di vita in soggetti sani di mezza età e che migliori vari aspetti della memoria, con aumento della circolazione cerebrale in pazienti con deficit cerebrovascolari moderati (in combinazione con estratto di Ginkgo biloba). Una metanalisi del 2010 ha concluso però che l’evidenza rispetto ai parametri cognitivi è ancora insufficiente e di bassa qualità.

 

Diabete. Evidenza clinica preliminare sull’efficacia dell’estratto di Panax ginseng (200 mg/die) nel ridurre la glicemia postprandiale e i livelli di emoglobina glicata (HbA1c) in pazienti con diabete tipo 2.

 

Ictus. Una metanalisi Cochrane del 2008 dichiara che il Panax ginseng è sicuro edefficace nel ridurre il deficit neurologico in caso di ictus, ma che il ridotto numero di studi (8) e la loro qualità non eccelsa impedisce di giungere a una conclusione definitiva.

Disfunzione erettile. Una metanalisi del 2008 analizza sette studi clinici randomizzati di bassa qualità, che suggeriscono che il ginseng possa essere efficace nei disturbi dell’erezione. Il numero limitato di studi e le loro limitazioni impediscono però di trarre conclusioni.

 

Performance atletica. L’evidenza preliminare sembrava indicare un effetto di miglioramento delle performance fisiche e di diminuzione dei tempi di reazione visiva e uditiva, con aumento della capacità aerobica e di recupero in atleti e aumento della concentrazione di antiossidanti ematici, ma i dati più recenti non danno supporto a tale indicazione e al momento non è possibile dire che il ginseng abbia un effetto sulla performance aerobica.

 

Sintomi della menopausa. In donne in post-menopausa il ginseng ha effetto antistress (abbassamento dei livelli di cortisolo), di miglioramento della qualità della vita (affaticamento, insonnia, depressione), mentre non sembra efficace nel trattamento dei sintomi vasomotori.

 

Qualità della vita. Mentre alcuni studi hanno mostrato un miglioramento della qualità della vita percepita (umore, senso di benessere, rilassamento, appetito, affaticamento, qualità del sonno, ecc.) in caso di stress, altri non hanno mostrato alcun effetto.

Tumori. Dati epidemiologici indicano che l’assunzione orale del ginseng sia collegata a una riduzione dell’incidenza dei tumori, in particolare dei tumori allo stomaco, ai polmoni, al fegato, alle ovaie e della pelle. Uno studio di popolazione in Cina ha mostrato che le pazienti con tumore al seno che assumono ginseng hanno indici di qualità della vita migliori e un ridotto rischio di mortalità e di ricorrenza del tumore. Le pazienti che assumevano ginseng erano però anche più facilmente sotto terapia con tamoxifen.

 

Infezioni delle vie respiratorie. Un estratto specifico di Panax ginseng potrebbe essere utile come terapia aggiuntiva in caso di episodi acuti di bronchite cronica e potrebbe ridurre il rischio di ammalarsi di raffreddore ed influenza.

 

Profilo di sicurezza: il Panax ginseng è sicuro se usato alle dosi consigliate e nel breve termine (meno di tre mesi), mentre i dati sono meno certi per quanto riguarda l’uso a lungo termine, a causa di sospetti effetti ormonali.

Effetti collaterali: ben tollerato, alcuni pazienti possono lamentare qualche effetto collaterale, in particolare insonnia, iperstimolazione e tachicardia. Rari effetti collaterali: mania, arterite cerebrale, sindrome di Stevens-Johnson.

 

Cautele: non usare con stimolanti del SNC.

 

Controindicazioni: tradizione: asma acuta, metrorragia, epistassi. Infezioni acute. Ipertensione.

 

Gravidanza e allattamento

Gravidanza: non è stato evidenziato alcun aumento nella frequenza di malformazioni o altri effetti lesivi del feto nonostante un utilizzo molto vasto da parte di donne. Uno RCT su donne in menopausa non ha mostrato effetti ormonali del ginseng, ma studi animali e qualche report singolo hanno riportato segni di attività ormonale.

Allattamento: compatibile con l’allattamento.

 

Bambini: casi di intossicazione in neonati e assenza di dati specifici in bambini più grandi. Evitare l’utilizzo.

 

Salice corteccia

 

Nomenclatura: Salix spp. (incluse le specie Salix alba L.; Salix daphnoides Vill.; Salix fragilis L.; Salix purpurea L., ecc.)

Famiglia:Salicaceae

Nome farmaceutico: Salicis cortex

 

Definizione: Salicis cortexconsiste della corteccia, intera o frammentata, essiccata, dei rami giovani o dei ramoscelli interi essiccati dell’anno in corso di varie specie del genere Salix, contenente non meno dell’1,5% di derivati salicilici totali espressi come salicina.

 

Composizione chimica: glicosidi fenoliche: salicina e derivati come salicortina, tremulacina, salireposide, ecc. Polifenoli. Flavonoidi: calconi, flavanoni, catechine. Tannini condensati.

 

Clinica

Disturbi osteoarticolari. Una metanalisi Cochrane del 2006 ha analizzato due RCT che portano moderata evidenza che dosi giornaliere di Salix alba standardizzateper fornire 120 mg o 240 mg di salicina sono più efficaci del placebo nel ridurre, nel breve termine, la lombalgia e l’utilizzo di medicazioni analgesiche. La dose più elevata (240 mg) è più efficace di 120 mg di salicina pura. Un altro studio ha dimostrato una relativa equivalenza di efficacia della dose di 240 mg/die con 12,5 mg/die di rofecoxib. L’effetto analgesico può avere bisogno di una settimana per essere significativo. L’evidenza clinica sull’efficacia in caso di osteoartrite è contrastante. Alcuni studi suggeriscono un moderato effetto analgesico, mentre altri mostrano efficacia paragonabile al placebo e inferiore al diclofenac. Dati clinici preliminari indicano una non efficacia dell’estratto di salice in caso di artrite reumatoide.

 

Obesità. Dati clinici preliminari suggeriscono che la corteccia di salice (600 mg/die contenenti 90 mg di salicina) in combinazione a efedra e noce di cola, assunti ogni giorno per tre mesi potrebbe causare una modesta perdita di peso (2 kg) in soggetti sovrappeso e obesi. La combinazione potrebbe però presentare problemi di sicurezza per la presenza di stimolanti del SNC ad effetto anoressizzante.

 

Profilo di sicurezza: la corteccia di salice sembra sicura se utilizzata in maniera appropriata e alle dosi consigliate fino a 12 settimane.

 

Effetti collaterali: gastralgia e nausea (meno frequenti rispetto a quelli causati da FANS). Cefalea. Vertigine. Stanchezza. Sudorazione eccessiva. Eruzioni cutanee. Reazioni allergiche (inclusi rari casi di anafilassi in soggetti allergici all’acido acetilsalicilico).

 

Cautele: cautela in allattamento. Cautela in pazienti che assumono acido acetilsalicilico o anticoagulanti. Evitare uso a lungo termine a causa della presenza di tannini. Cautela in caso di gravi disturbi infiammatori o ulcerativi dell’intestino.

 

Controindicazioni: allergia o ipersensibilità ai salicilati. Deficienza di glucosio-6-fosfato deidrogenasi. Allattamento senza supervisione professionale.

 

Gravidanza e allattamento

Gravidanza: nessun aumento provato della frequenza di malformazioni o altri effetti negativi sul feto nonostante il consumo da parte di un numero limitato di donne. Nessuna evidenza di effetti negativi in modelli animali. Non usare senza supervisione medica.

Allattamento: i salicilati vengono escreti nel latte materno e possono causare effetti avversi nel lattante. Non utilizzare.

 

Bambini: prestare attenzione alla possibilità di sindrome di Reye in bambini di età inferiore ai 15 anni.
Serenoa frutto

 

Nomenclatura: Serenoa repens (Bartr.) Small. Sinonimi: Serenoa serrulata (Michx.) Nichols., Sabal serrulata (Michx.) Nutt. ex Schult.

Famiglia: Arecaceae/Palmae.

Nome farmaceutico: Serenoa repentis fructus/Sabal fructus

 

Definizione: Serenoa repentis fructusconsiste nei frutti maturi ed essiccati di Serenoa repens.

 

Composizione chimica: acidi grassi liberi: soprattutto acidi caprico, caproico, caprilico, laurico, miristico, oleico, ecc. Steroli: principalmente beta-sitosterolo e i suoi 3-glucosidi campesterolo e stigma sterolo. Altri: trigliceridi, triterpeni, alcanoli, polisaccaridi, flavonoidi, olio essenziale.

 

Clinica

Iperplasia prostatica benigna (IPB). Fino a qualche anno fa sembrava che l’estratto liposterolico di Serenoa repens (LESP - un estratto 10:1 standardizzato all’85-95% di acidi grassi e steroli) a dosi di 320 mg/giorno fosse un promettente rimedio per l’iperplasia prostatica benigna (IPB) da moderata a media.

Una metanalisi del 1998 ha analizzato 18 RCT e concluso che l’estratto di serenoa migliorava la sintomatologia urinaria e il flusso di picco in maniera comparabile alla finasteride, ma l’evidenza era limitata dalla bassa qualità degli studi. Due anni più tardi una metanalisi sullo specifico estratto e la sua efficacia su IPB ha mostrato un miglioramento del flusso di picco e della nocturia. Una metanalisi dello stesso anno ha dichiarato che l’estratto di Serenoa repens era il rimedio fitoterapico con il miglior profilo di efficacia e sicurezza tra quelli proposti per il trattamento della IPB, con riduzione dei sintomi urinari superiore anche al farmaco finasteride, della nocturia e del flusso di picco. Altre due metanalisi, una del 2002 ed una del 2004, hanno confermato che l’estratto di Serenoa repens mostra un miglioramento significativo dei sintomi urinari, del flusso di picco e della nocturia, anche se gli studi analizzati erano tutti di bassa qualità.

Nel 2006 uno studio pubblicato sul New England Journal of Medicine non ha riscontrato differenze tra LESP e placebo. Lo studio era ben fatto e di dimensioni appropriate, con qualche dubbio sulla qualità e la quantità dell’estratto usato e sulla lunghezza del trattamento.

Uno studio clinico appena pubblicato tenta di porre rimedio a queste debolezze. Nello studio in doppio cieco, multicentrico, randomizzato e controllato con placebo, 369 uomini con IPB, di età almeno pari a 45 anni, hanno ricevuto per 72 settimane il placebo o LESP (320 mg/dose) in due dosi e alle settimane 24 e 48 i dosaggi sono stati aumentati del 100%.

È stato osservato un leggero miglioramento soggettivo in ambedue i bracci di trattamento (verum e placebo), ma le misure oggettive non sono cambiate. Gli effetti avversi sono stati praticamente uguali per entrambi i gruppi (leggermente peggiori per il gruppo verum). I risultati negativi ricalcano le conclusioni di una review Cochrane del 2009 su 26 RCT, cioè che serenoa è ben tollerata ma non mostra effetti superiori al placebo (o ai farmaci di elezione) nel ridurre le dimensioni della prostata, nel migliorare il flusso urinario di picco e nel trattare i sintomi urinari secondari all’IPB, a parte un effetto superiore per la nocturia, che però sembra un effetto dell’eterogeneità e che infatti scompare una volta selezionati gli studi di maggior qualità.

I dati più recenti sottolineano però che la combinazione di serenoa e radice di Urtica urens sembra più efficace di serenoa da sola.

Si può quindi concludere che gli ultimi studi devono cautelarci rispetto a certezze troppo solide rispetto all’efficacia della serenoa, ma al contempo allertare rispetto alla necessità di progettare gli studi clinici in modo che possano misurare effetti realistici.

 

Alopecia areata. Dati clinici preliminari suggeriscono che la combinazione di LESP a 200 mg più beta-sitosterolo a 50 mg, assunti due volte al dì, migliorano le valutazioni soggettive sui quantità e qualità dei capelli in soggetti maschi con alopecia areata.

 

Tumore alla prostata. Dati epidemiologici suggeriscono che l’assunzione di serenoa non comporta una riduzione del rischio di sviluppare tumore alla prostata.

 

Prostatite e sindrome del dolore pelvico cronico. Dati clinici preliminari suggeriscono che l’assunzione di serenoa per un anno non è efficace in caso di prostatite non batterica e sindrome del dolore pelvico cronico

 

Resezione transuretrale della prostata (TURP). Dati clinici preliminari suggeriscono che l’assunzione di LESP a 160 mg/die 5 settimane prima di una TURP non riduce il rischio di emorragia perioperatoria e non riduce la densità del tessuto prostatico.

 

Profilo di sicurezza: la pianta è sicura se usata in maniera appropriata e alle dosi consigliate, per un periodo fino ad un anno.

 

Effetti collaterali: minimi effetti collaterali gastrointestinali.

 

Cautele: escludere la presenza di cancro alla prostata: il rimedio potrebbe mascherare i sintomi (anche se non altera i valori di PSA). Cautela in caso di cosomministrazione con warfarin.

 

Controindicazioni: nessuna.

 

Gravidanza e allattamento

Gravidanza: nessun aumento provato della frequenza di malformazioni o altri effetti negativi sul feto nonostante il consumo da parte di un numero limitato di donne. Nessun dato animale su danni al feto. Usare sotto supervisione medica.

Allattamento: compatibile con l’allattamento ma dati scarsi.

 

Bambini: nessuna informazione disponibile, ma la comparsa di effetti avversi appare molto improbabile.

 

Cardo mariano frutti (semi)

 

Nomenclatura: Silybum marianum (L) Gaertneri. Sinonimi: Carduus marianus L. Carthamus maculatum Lam.

Famiglia: Asteraceae (= Compositae)

Nome farmaceutico: Fructus Silybi Mariae

 

Definizione: Fructus Silybi Mariae consiste dei frutti essiccati del Silybum marianum liberi dal pappo.

 

Composizione chimica: flavolignani: silimarina (1,5–3,0%) [una miscela complessa di quattro isomeri dei flavolignani silibina (silibina A + silibina B: 60-70%), isosilibina (isosilibina A + isosilibina B: 5%), silicristina (20%) e silidianina (10%)]. Altri flavolignani: 2,3-deidrosilibina e 2,3-deidrosilichristina. Flavonoidi: quercetina, diidrocampferolo e (+)-taxifolina. Lipidi (20-30%). Altri composti: saponine, poliacetileni e olio essenziale.

 

Clinica

Molti studi clinici di buona qualità sono stati condotti in Europa sugli effetti della silimarina in caso di danno epatico metabolico, epatite cronica, colecistopatie, patologie epatiche croniche e certe forme di epatite. Sul cardo mariano sono presenti (al 2012) 5 metanalisi e 26 studi clinici randomizzati.

Diabete. In uno studio clinico controllato con placebo, la silimarina, alla dose di 600 mg/die divisa in tre somministrazioni, per 4 mesi, associata al trattamento standard, riduce in maniera statisticamente significativa la glicemia a digiuno, l’emoglobina glicata, il colesterolo totale e LDL e i trigliceridi. Il dato suggerisce che il cardo mariano potrebbe essere utile per ridurre la resistenza insulinica in soggetti diabetici con cirrosi epatica. Una metanalisi mostra che la combinazione di Ipomoea batatas, Silybum marianum, e Trigonella foenum-graecum potrebbe migliorare il controllo glicemico in pazienti con diabete tipo 2.

 

Dispepsia. La dose di 3 ml/die per 4 settimane di un prodotto contenente, oltre al Silybum marianum, Iberis amara, Melissa officinalis, Matricaria recutita, Carum carvi, Mentha piperita, Glycyrrhiza glabra, Angelica archangelica e Chelidonium majus, ha mostrato di poter migliorare i sintomi della dispepsia (reflusso gastrico acido, dolore epigastrico, crampi, nausea, emesi), di avere un effetto antiulcera, di ridurre le secrezioni acide ed aumentare quelle di mucina e prostaglandina E2, con effetto gastroprotettivo.

 

Disturbi epatici. Studi clinici preliminari indicano che il cardo mariano potrebbe essere utile nel ridurre la mortalità e migliorare la funzionalità epatica di soggetti sofferenti di epatopatie da alcol, con epatite cronica attiva, ed epatite virale, B e C. Nonostante questi studi, secondo 5 metanalisi effettuate dal 2002 al 2008 i dati clinici sono ancora scarsi e di bassa qualità e non permettono di dare indicazioni certe di trattamento in caso di patologie epatiche virali (epatite B e C) o alcoliche. L’estratto di cardo mariano non ha avuto effetto significativo su marcatori biochimici della funzione epatica (alanina aminotrasferasi, aspartato aminotrasferasi, livelli di albumina, tempo di protrombina) e complicanze. Nei disturbi derivati dall’alcolismo, la silimarina ha ridotto la aspartato aminotrasferasi ma non la fosfatasi alcalina (p = 0,01). Il miglioramento del dato istologico e della mortalità è risultato inversamente proporzionale alla qualità degli studi e si è annullato quando sono stati selezionati solo quelli di alta qualità. In caso di cirrosi epatica, la silimarina ha evidenziato una riduzione della mortalità rispetto al placebo (16,1% rispetto a 20,5%) ma l’effetto non ha raggiunto la significanza statistica. La mortalità da lesione epatica nei soggetti trattati con silimarina è ridotta rispetto al placebo (10,0% rispetto a 17,3%; p = 0,01). Nessun aumento di effetti collaterali: il trattamento con estratto di cardo mariano è sicuro e ben tollerato.

È invece ragionevole utilizzare la silimarina per via endovenosa come elemento di supporto nella terapia da avvelenamento da Amanita phalloides e in caso di cirrosi epatica alcolica di grado A nella scala Child.

Il cardo mariano potrebbe essere utile nel ridurre le lesioni epatiche causate dall’esposizione a intossicanti industriali (come toluene e xilene).

Profilo di sicurezza: il cardo mariano sembra sicuro nell’utilizzo orale e gli estratti standardizzati al 70-80% di silimarina sono stati usati senza effetti avversi per più di 40 mesi di seguito. La tossicità della silimarina è molto ridotta. Dosaggi orali di 20 g/kg di peso corporeo (topi) e di 1 g/kg di peso corporeo nei cani non hanno portato ad effetti avversi.

 

Effetti collaterali: rari e moderati effetti lassativi o di disturbo del tratto gastrointestinale. Due casi di shock anafilattico dopo l’ingestione di un infuso e di un ESS. Un caso di gastroenterite associata a “collasso” dopo l’assunzione di una miscela contenente cardo mariano.

 

Cautele: ipersensibilità alle Asteraceae.

Controindicazioni: allergia alle Asteraceae.

 

Gravidanza e allattamento

Gravidanza: l’evidenza scientifica è ottima ed è basata su studi clinici e su modelli animali. Nessun aumento della frequenza di malformazioni o di altri effetti lesivi sul feto. Nessuna evidenza di malformazioni in modelli animali. Secondo le valutazioni più aggiornate il rischio nell’assunzione per os è minimo.

Allattamento:?nessun dato in letteratura che indichi sicurezza o rischio in allattamento. Sulla base dei dati fitochimici e tossicologici generali sembrerebbe un prodotto compatibile con l’allattamento.

Mirtillo rosso americano frutto

 

Nomenclatura: Vaccinium macrocarpon Ait.

Famiglia: Ericaceae

 

Definizione: il mirtillo rosso americano consiste nel succo fresco o nell’ES ricavato dai frutti del Vaccinium macrocarpon Ait.

 

Composizione chimica: procianidine come catechina ed epicatechine. Antocianine. Flavonoidi incluse quercetina e miri cetina. Varie: acidi organici, vitamina C, zuccheri.

 

Clinica

I dati clinici sono molto incoraggianti. Una metanalisi di 10 RCT su succo ed estratto ha concluso che assumere questo rimedio riduce del 35% l’incidenza delle infezioni ricorrenti del tratto urinario (UTI, Urinary Tract Infections) nelle donne, se assunto per 12 mesi. I dati clinici suggeriscono un range di applicazione che va da donne anziane, donne in gravidanza, donne in postmenopausa e pazienti ospedalizzati. Non è chiaro se sia preferibile utilizzare il succo o gli estratti, ma è possibile che i processi estrattivi modifichino le caratteristiche delle componenti principali maggiormente responsabili dell’attività del succo. È probabile che gli estratti di frutti di altre specie di Vaccinium (ad esempio V. myrtillus) siano parimenti efficaci, ma non esistono dati clinici.

Una metanalisi del 2009 sulla profilassi e il trattamento delle infezioni urinarie ricorrenti ha evidenziato che il consumo giornaliero di prodotti a base di Vaccinium macrocarpon è efficace come preventivo in donne con infezioni ricorrenti. Due metanalisi Cochrane (2004 e 2008) che analizzavano 10 RCT (7 succo, 4 compresse, 1 succo e compresse) rivelano che l’incidenza delle infezioni alle vie urinarie viene ridotta in maniera significativa in 12 mesi di trattamento, soprattutto in donne con infezioni ricorrenti. Non è chiaro quale sia il dosaggio ottimale e la forma galenica più efficace.

 

Profilo di sicurezza

Effetti collaterali: nessuno riscontrato di particolare rilevanza.

Cautele: cautela in caso di storia di calcoli renali di ossalato.

 

Controindicazioni: nessuna riscontrata.

 

Interazioni: cautela in caso di assunzione di warfarin.

 

Gravidanza e allattamento

Gravidanza: nessun aumento provato della frequenza di malformazioni o altri effetti negativi sul feto nonostante il consumo da parte di un gran numero di donne. Allattamento:?compatibile con l’allattamento.

 

Bambini: nessun effetto avverso previsto se assunto in dosi razionali. Un caso di intossicazione con diarrea, iperglicemia e acidosi metabolica in un bambino di 4 mesi di età dopo l’assunzione di 180 ml di succo di mirtillo rosso.

 

Valeriana radice

 

Nomenclatura: Valeriana officinalis L. s.l.

Famiglia: Valerianaceae

Nome farmaceutico: Valerianae radix

 

Definizione: Valerianae radix consiste delle parti ipogee essiccate di Valeriana officinalis L. s.l., inclusi il rizoma circondato da radici e stoloni. Contiene non meno di 5 ml/kg di olio essenziale e non meno dello 0,17% di acidi sesquiterpenici calcolati come acido valerenico.

 

Composizione chimica: valepotriati: valtrato, isovaltrato, diidrovaltrato. Olio essenziale: bornil acetato ed altri bornil esteri, acido valerico ed isovalerico, valeranone, valeranale, criptofuranolo, borneolo. Lignani. Acido gamma-aminobutirrico (GABA).

 

Clinica

Una metanalisi del 2010 sull’efficacia della valeriana in caso di insonnia ha analizzato 18 RCT, dei quali 8 sono di sufficiente qualità. Dall’analisi emerge che la valeriana potrebbe essere efficace nel miglioramento soggettivo dell’insonnia, ma i dati quantitativi sono carenti. Questi risultati confermano quelli di una metanalisi del 2006 che, valutando 16 RCT di disomogenea qualità, concludeva che la valeriana poteva migliorare la qualità del sonno, anche se era presente un certo bias di pubblicazione. La valeriana sembra in grado di ridurre moderatamente la latenza del sonno (di circa 15 minuti) e di migliorare la qualità soggettiva del sonno (di circa 2 volte), a dosi di 400-900 mg di estratto, assunte 2 ore prima di coricarsi. L’effetto è meno rapido delle benzodiazepine e impiega da alcuni giorni fino a 4 settimane per raggiungere l’efficacia massima. La valeriana sembra inoltre efficace nel migliorare la qualità del sonno in soggetti che stanno riducendo le dosi di benzodiazepine o che le hanno interrotte del tutto. Evidenza clinica preliminare indica che la combinazione di estratto di valeriana (160 mg) ed estratto di Melissa officinalis (80 mg), assunta a dosi da 1 a 4 compresse al giorno (240-960 mg/die di estratti combinati) potrebbe ridurre la sintomatologia in bambini di età inferiore ai 12 anni che soffrono di irrequietezza cronica o dissonnia. L’evidenza clinica rispetto all’efficacia degli estratti di valeriana nella gestione dell’ansia è contraddittoria, con alcuni dati positivi sulla valutazione soggettiva dello stress in caso di ansia sociale, ed altri negativi in pazienti con disordine di ansia generalizzata.

 

Profilo di sicurezza

La radice di valeriana appare sicura se usata in maniera appropriata e alle dosi consigliate, nel breve termine (30 giorni).

 

Effetti collaterali: riportati solo effetti collaterali minori. La valeriana non sembra associata a riduzione di tempi di reazione, allerta e concentrazione il mattino seguente alla assunzione. In anziani sani la valeriana non è associata a riduzione della performance psicomotoria.

 

Cautele: in teoria, è preferibile evitare in caso di depressione e insonnia caratterizzata da irrequietezza montante nelle prime ore del mattino. In genere è meglio limitare la durata della somminstrazione e dei sedativi. Potrebbe ridurre la vigilanza. Cautela in caso di sospetto di epatopatie. Cautela nella cosomministrazione con sedativi e benzodiazepine.

 

Controindicazioni: nessuna giustificata al momento. Non usare in allattamento senza supervisione professionale.

 

Gravidanza e allattamento

Gravidanza: nessun aumento provato della frequenza di malformazioni o altri effetti negativi sul feto nonostante il consumo da parte di un numero limitato di donne. Nessun dato negativo in modelli animali. Usare solo sotto supervisione professionale.

Allattamento: dall’evidenza estremamente limitata disponibile non emerge alcun rischio in allattamento, ma vista l’incertezza l’utilizzo dovrebbe essere scoraggiato se non strettamente necessario, ed effettuato solo sotto supervisione professionale.

 

Bambini: la radice di valeriana appare sicura nei bambini se usata in maniera appropriata e alle dosi consigliate, nel breve termine (4-8 settimane).

 

Zenzero rizoma

 

Nomenclatura: Zingiber officinale Roscoe. Sinonimi: Amomum zingiber L., Zingiber blancoi Massk.

Famiglia:Zingiberaceae.

Nome farmaceutico: Rhizoma Zingiberis.

 

Definizione: Rhizoma Zingiberis consiste nel rizoma essiccato, pelato o meno, di Zingiber officinale Roscoe.

 

Composizione chimica: olio essenziale: a-, e b-zingiberene, ar-curcumene, b-sesquifellandrene, b-bisabolene, zingiberolo, zingiberenolo, camfene, citrale, 1,8-cineolo, borneolo, linalolo, metileptenone, geraniale, e altri. Composti fenolici pungenti: gingeroli, gingerdioli, gingerdioni e loro prodotti di disidratazione (nella droga essiccata e nell’olio essenziale), conosciuti come shogaoli.

 

Clinica

Nausea. Unametanalisidel Cochrane pubblicata nel 2010 conclude che i prodotti a base di zenzero possono essere utili in caso di nausea e vomito in gravidanza, ma che l’evidenza è limitata e disomogenea. Lo zenzero assunto per via orale sembra più efficace del placebo nel ridurre severità della nausea in alcuni soggetti, in maniera comparabile alla vit. B6 e al dimenidrinato, anche se entra in azione più lentamente di quest’ultimo.

Più ambiguo il dato sulla nausea postoperatoria. Una metanalisi del 2006 osservava come 1 g/die di zenzero potesse essere utile nella prevenzione della nausea e del vomito postoperatori, ma una metanalisi dell’anno precedente non aveva trovato evidenza sufficiente sull’efficacia.

La stessa metanalisi non riscontra evidenza sufficiente per l’efficacia dello zenzero in caso di cinetosi. In uno studio clinico sulla cinetosi, il rizoma secco polverizzato in dosi di 1880 mg/die ha dimostrato di essere superiore al trattamento ortodosso (dimenidrinato 100 mg) nel prevenire i sintomi gastrointestinali, ma in un secondo studio la dose di 500-1000 mg 4 ore prima del viaggio non ha modificato in senso positivo le valutazioni oggettive sulla prevenzione della cinetosi nonostante i report soggettivi di miglioramento di molti pazienti.

I dati relativi all’efficacia dello zenzero in caso di nausea e vomito da chemioterapia sono contraddittori, alcuni sono positivi, mentre altri mostrano l’inefficacia dell’assunzione di 1 grammo di zenzero al giorno per 5 giorni di terapia con cisplatino.

 

Vertigine. Un grammo di zenzero secco al giorno sembra in grado di ridurre i sintomi delle vertigini, tra i quali anche la nausea. Non sembra però in grado di ridurre il nistagmo.

 

Dolore. Gli studi sull’efficacia dello zenzero in caso di osteoartrite mostrano che potrebbe moderatamente ridurre il dolore nei pazienti con osteoartrite, ma l’evidenza è ancora limitata e si basa su tre studi su tre estratti differenti. Nel primo studio (estratto di zenzero 250 mg quattro volte al dì per tre mesi) sull’osteoartrite al ginocchio i risultati sul dolore al ginocchio sono stati positivi e statisticamente significatici dopo tre mesi di trattamento, ma non prima. Un secondo studio (estratto di zenzero 510 mg/die per 3 settimane) ha mostrato un effetto quasi insignificante sul dolore rispetto al placebo e decisamente inferiore all’ibuprofene 1200 mg/die. Il terzo studio (zenzero e Alpinia galanga: 510 mg/die per 6 settimane) ha mostrato efficacia nella riduzione del dolore dopo del movimento e in posizione eretta, e nella riduzione della rigidità articolare.

Dati clinici preliminari indicano che l’estratto di zenzero potrebbe essere efficace nel ridurre il dolore articolare in pazienti con artrite reumatoide.

Esistono al momento solo dati aneddotici sull’efficacia in caso di emicrania. Dosi di 1,5-2 g/die riducono decisamente la frequenza degli attacchi. I meccanismi proposti sono molti, ma l’azione su trombossano e prostaglandine e il legame ai recettori serotoninergici sono probabilmente i più importanti. I dati clinici sugli effetti dello zenzero in caso di dolori muscolari sono inconsistenti. In due casi la dose di 2 grammi assunti prima o dopo l’esercizio non ha ridotto la mialgia, ma in un terzo studio l’assunzione di 2 grammi di droga per 11 giorni ha ridotto in maniera significativa la mialgia post esercizio eccentrico nelle 24 ore seguenti. In uno studio clinico, un estratto di zenzero alla dose di 250 mg quattro volte al giorno per tre giorni all’inizio del periodo mestruale ha ridotto i sintomi della dismenorrea, con il 36% delle pazienti che dichiara la scomparsa del dolore dopo l’assunzione dell’estratto e il 62% che dichiara una riduzione da media a importante del dolore, in maniera comparabile a ibuprofene o acido mefenamico.

 

Diarrea. Il decotto del rizomasecco, assunto per bocca da bambini, è risultato attivo nel ridurre la diarrea infantile in uno studio aperto e di qualità limitata.

Profilo di sicurezza

Pianta sicura e testata in molti studi clinici. Le dosi fino a 6 g/die sono sicure e senza effetti collaterali.

 

Effetti collaterali: gli unici effetti collaterali di nota sono  pirosi gastrica, gonfiore addominale e rari casi di dermatite da contatto.

 

Cautele: cautela in caso di gastrite, ulcera peptica e reflusso gastroesofageo. Pazienti sofferenti di disturbi della coagulazione del sangue o che stanno assumendo farmaci antiaggreganti/anticoagulanti dovrebbero consultare il medico prima dell’utilizzo del rimedio. Cautela in caso di calcoli biliari e/o ostruzione dei canali biliari. Può aumentare la biodisponibilità di farmaci cosomministrati.

 

Controindicazioni: assunzione in gravidanza senza supervisione professionale. Non eccedere i 2 g/die.

 

Gravidanza e allattamento

Gravidanza: i dati relativi al consumo orale in gravidanza sono in genere positivi ma controversi. Nessun aumento provato della frequenza di malformazioni o altri effetti negativi sul feto nonostante il consumo da parte di un gran numero di donne.

Allattamento: non ci sono dati in letteratura sulla sicurezza o meno dello zenzero in allattamento, ma sembra compatibile con l’allattamento al seno.

 

Bambini: non raccomandato in bambini di età inferiore ai 6 anni.

Riferimenti bibliografici generali

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British Herbal Medicine Association. (2003) A Guide to Traditional Herbal Medicines Bournemouth: British Herbal Medicine AssociationPublishing

British Herbal Pharmacopoeia (1996) Exeter: British Herbal Medicine Association

Cupp MJ, ed. (2000) Toxicology and Clinical Pharmacology of Herbal Products. Totawa, New Jersey: Humana Press

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Martindale. (1996) The Extra Pharmacopoeia, 31st edn. London: The Pharmaceutical Press

Mills S, Bone K. (2000) Principles and Practice of Phytotherapy. Edinburgh: Churchill Livingstone

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Stargrove, Treasure, McKee (2010) Herb, Nutrient and Drug Interactions. Mosby, US

Tisserand R, Balacs T. (1995) Essential Oil Safety. Edinburgh: Churchill Livingstone

Wichtl M (ed.) (2004) Herbal Drugs and Phytopharmaceuticals. A handbookfor practice on a scientific basis. 3rd edition. Stuttgart: Scientific publishers

Williamson EM. (2003) Potter's Herbal Cyclopaedia. Saffron Walden: CWDaniel Co

World Health Organization. (1999-2005) WHO Monographs on Selected Medicinal Plants, Geneva: World Health Organization

 

 

Questionario ECM

1. Quale di queste attività dello zenzero è quella con la maggior base documentale?

(a) cardioattiva

(b) stimolante dell’appetito

(c) analgesica

(d) antiemetica

 

2. Quali di questi prodotti potrebbe essere utile per un soggetto maschio di 85 anni con vertigine, tinnito e perdita di memoria?

(a) ginkgo

(b) aglio

(c) serenoa

(d) valeriana

 

3. A un uomo di 72 anni è stata diagnosticata iperplasia prostatica benigna; potendo scegliere tra finasteride e un rimedio vegetale per alleviare il suo problema, quale dovrebbe scegliere?

(a) ginseng

(b) serenoa

(c) cardo mariano

(d) serenoa e radice di ortica

 

4. L’echinacea è stato usata con successo in studi clinici per le sue proprietà immunomodulanti:

(a) in setticemia acuta

(b) come trattamento per le lesioni da herpes labiale

(c) come terapia di supporto delle infezioni dell’alto tratto respiratorio

(d) come trattamento per l’AIDS

 

5. La radice di valeriana è stata usata con successo per:

(a) controllo del peso

(b) sedazione moderata

(c) ipertensione

(d) dolore gastrico

 

6. L’efficacia dell’aglio è legata soprattutto al contenuto in:

(a) allicina

(b) alliina

(c) germanio

(d) ajoene

 

7. Quale di queste affermazioni è falsa?

(a) il mirtillo rosso americano è utile nella prevenzione delle infezioni del tratto urinario

(b) l’estratto di Ginkgo è utile in caso di Claudicatio intermittens

(c) gli estratti di Echinacea non vanno assunti per più di 8 settimane per rischio epatotossicità

(d) il lattice di Aloe è controindicato in caso di occlusione intestinale

 

 

8. L’iperico è indicato in caso di:

(a) depressione severa

(b) disnemorrea

(c) depressione media

(d) attacchi di panico

 

9. Quali delle seguenti piante è certamente vietata in gravidanza?

(a) liquirizia

(b) echinacea

(c) salice

(d) iperico

 

10. Un soggetto affetto da Morbo di Crohn cosa dovrebbe evitare?

(a) peperoncino

(b) liquirizia

(c) lattice di aloe

(d) zenzero

 

11. Quale delle seguenti piante NON è indicata in caso di iperlipidemia?

(a) aglio

(b) biancospino

(c) tè verde

(d) carciofo

 

12. La liquirizia è controindicata in caso di ipertensione:

(a) vero

(b) falso

(c) vero ma solo in caso di feocromocitoma

(d) vero ma solo in caso di preeclampsia

 

13. Il biancospino è stato usato con successo in caso di:

(a) ictus

(b) flebite

(c) insufficienza cardiaca cronica

(d) diabete di tipo 2

 

 

14. Quale di queste attività dell’ippocastano è quella con la maggior base documentale?

(a) sintomi delle emorroidi esterne

(b) sintomi delle emorroidi interne

(c) sintomi dell’insufficienza venosa cronica

(d) reumatismi associati a dolore sordo

 

15. Quale delle seguenti piante medicinali ha un tropismo elettivo per il fegato e potrebbe essere utile nel ridurre la mortalità e migliorare la funzionalità epatica di soggetti sofferenti di epatopatie?

(a) lattice di aloe

(b) cardo mariano

(c) ginseng

(d) zenzero

 

16. Una donna di 62 anni è affetta da leggera ipertensione arteriosa e iperlipidemia. Quale dei seguenti rimedi vegetali potrebbe essere consigliato insieme a delle modifiche dello stile di vita prima di passare a una terapia farmacologica?

(a) iperico

(b) aglio

(c) tè verde

(d) lattice di aloe

 

17. Quale delle seguenti piante potrebbe essere utile nella terapia del dolore neuropatico come trattamento sostitutivo in caso di intolleranza o mancanza di risposta a trattamenti standard?

(a) iperico

(b) valeriana

(c) peperoncino

(d) biancospino

 

18. Secondo dati clinici preliminari la corteccia di salice non dimostra efficacia in caso di quale delle patologie seguenti?

(a) artrite reumatoide

(b) lombalgia

(c) osteoartrite

(d) la corteccia di salice si è dimostrata efficace in tutte le patologie riportate anche se l’evidenza clinica sull’efficacia in caso di osteoartrite è contrastante

 

19. Quale delle seguenti piante è indicata nel trattamento del vomito gravidico

(a) liquirizia

(b) carciofo

(c) zenzero

(d) cardo mariano

 

20. Due recenti metanalisi indicano che il consumo di elevate quantità di aglio potrebbe essere associato a effetti protettivi verso quale delle seguenti patologie?

(a) tumore allo stomaco e al colonretto

(b) carcinoma mammario

(c) carcinoma dell’esofago

(d) carcinoma della vescica

 

21. Dati clinici preliminari suggeriscono che l’estratto liposterolico di Serenoa repens in combinazione a beta-sitosterolo potrebbe migliorare quale delle seguenti condizioni cliniche?

(a) alopecia areata

(b) disfunzione erettile

(c) eiaculazione precoce

(d) infertilità maschile

 

22. Un valore di significanza clinica “A-“ corrisponde a quale livello di evidenza clinica?

(a) evidenza clinica molto forte

(b) evidenza clinica forte

(c) evidenza clinica molto buona

(d) evidenza scientifica da laboratorio o aneddotica

 

23. Quale delle seguenti piante potrebbe essere presa in considerazione per un paziente affetto da sindrome ansiosa?

(a) biancospino

(b) valeriana

(c) ginkgo biloba

(d) tutte e tre possono essere utilizzate per la terapia degli stati ansiosi

 

24. Uno studio recente sulla Serenoa repens che ricalca le conclusioni di una review Cochrane del 2009:

(a) ha confermato l’efficacia nel trattamento dell’iperplasia prostatica benigna ma è meno tollerata di quanto evidenziato da studi precedenti

(b) ha dimostrata efficacia paragonabile alla terapia farmacologica nel trattamento dei sintomi da iperplasia prostatica benigna da moderata a media

(c) ha dimostrato efficacia non superiore al placebo nel trattamento dell’iperplasia prostatica benigna

(d) ha dimostrata efficacia superiore nel trattamento dell’iperplasia prostatica benigna rispetto agli studi precedenti

 

25. Una donna di 65 anni, eseguendo gli esami di routine, scopre che sono leggermente aumentati i suoi valori della glicemia e dell’emoglobina glicata (HbA1c). Secondo l’evidenza clinica attuale, quale tra le seguenti piante medicinali è più indicata per la sua situazione?

(a) aloe

(b) ginseng

(c) cardo mariano

(d) aglio

 

26. Un uomo di 55 anni si lamenta di erezione difficoltosa e poco protratta nel tempo. Quale rimedio vegetale si potrebbe consigliare prima di passare agli inibitori della 5-fosfodiesterasi come sildenafil, tadalafil o vardenafil?

(a) ginseng

(b) ginkgo biloba

(c) iperico

(d) peperoncino