2012-06

Dialisi: principi utili per il farmacista

Revisione specialistica: Dott.Piergiorgio Messa, Direttore della Divisione di Nefrologia e Dialisi e Trapianto – Pad. Croff, Fondazione Ospedale Maggiore Policlinico Mangiagalli e Regina Elena – IRCCS, Milano

Autori: Christy M. Gorbach, PharmD Candidate, Patricia L. Darbishire, PharmD, Clinical Assistant Professor of Pharmacy Practice, Director of Introductory Pharmacy, Practice Experiences; Brian M. Shepler, PharmD, Clinical Assistant Professor of Pharmacy Practice, Director of Advanced Pharmacy, Practice Experiences, Purdue University College of Pharmacy, West Lafayette, Indiana

Executive summary

La malattia renale allo stadio terminale insorge quando il livello di deterioramento dei reni è tale da mettere a repentaglio la sopravvivenza del paziente.

Attualmente in Italia più di 50.000 pazienti sono sottoposti a dialisi.

Nel processo di emodialisi moderno, il sangue del paziente viene fatto scorrere in un circuito esterno, dove viene filtrato attraverso una membrana semipermeabile ed entra in contatto con un dialisato (liquido di dialisi).

Al fine di comprendere le variazioni di dosaggio dei farmaci durante la dialisi, è importante capire il processo di eliminazione di tali sostanze. Il meccanismo di eliminazione dei farmaci assomiglia a quello utilizzato per rimuovere i soluti nell’emodialisi convenzionale.

Al fine di definire il dosaggio appropriato dei farmaci in pazienti dializzati, occorre effettuare un’anamnesi farmacologica per raccogliere informazioni relative a eventuali allergie o tossicità e identificare i farmaci utilizzati.

 

Scopo dell’attività

Fornire ai farmacisti la giusta formazione relativa al processo di dialisi, un aggiornamento sulle tendenze attuali e una revisione dei dosaggi dei farmaci.

Obiettivi formativi:

Dopo aver completato la seguente monografia di aggiornamento, il Farmacista dovrebbe essere in grado di:

  • determinare se un farmaco è idoneo per la dialisi, considerate le caratteristiche specifiche come il peso molecolare e il volume di distribuzione;
  • distinguere fra le modalità di emodialisi convenzionale, emodialisi quotidiana breve e quella notturna quotidiana;
  • discutere il processo di dialisi e come i liquidi, le tossine e gli elettroliti sono influenzati dalla membrana del filtro di dialisi;
  • comparare e confrontare le diverse procedure per creare gli accessi vascolari.

 

La malattia renale allo stadio terminale (ESRD, End-Stage Renal Disease) è la fase finale della malattia renale cronica (MRC o CKD, Chronic Kidney Disease) e insorge quando il livello di deterioramento dei reni è tale da mettere a repentaglio la sopravvivenza del paziente. Esistono diverse cause che conducono all’ESRD. Alcune di queste sono legate a patologie che colpiscono in modo prioritario, se non esclusivo, i reni (malattie renali primitive) e possono essere sia acquisite che geneticamente trasmesse e avere differenti presentazioni cliniche. Molte altre malattie renali sono, invece, secondarie a patologie di altri organi o apparati. Tra queste ultime, le patologie renali secondarie all’ipertensione arteriosa e al diabete rappresentano quelle di maggiore rilevanza epidemiologica, essendo riportate come le prime cause di ESRD nella stragrande maggioranze delle casistiche provenienti da vari Paesi del mondo.

È da ricordare comunque che l’ESRD può insorgere anche a seguito di un grave episodio di insufficienza renale acuta non curato adeguatamente, come ad esempio una forte reazione avversa ai farmaci o l’esposizione a una nefrotossina che blocca irreversibilmente la funzionalità renale.

Il mancato funzionamento dei reni, giunto allo stadio di ESRD, porta all’accumulo di tossine, di elettroliti e di liquidi nell’organismo, non più compatibili con la vita se non si provvede a mettere in atto le terapie sostitutive.

Al momento attuale, le due terapie sostitutive possibile sono: la terapia sostitutiva dialitica (RRT, Renal Replacement Therapy) o il trapianto di rene.

Esistono diversi tipi di RRT, compresa l’emodialisi (HD, Hemodialysis) e la dialisi peritoneale (PD, Peritoneal Dialysis). Le terapie sostitutive renali sono ulteriormente classificate come intermittenti o continue, a seconda della modalità di esecuzione.

I farmacisti giocano un ruolo di primaria importanza nella gestione dei pazienti dializzati. Nella presente monografia d’aggiornamento vengono esplorati il concetto di dialisi, gli stadi della malattia e il profilo dei pazienti con ESRD e avviati alla dialisi. Saranno poi fornite considerazioni relative al dosaggio dei farmaci per pazienti dializzati, nonché un approfondimento sui nuovi concetti e sulle iniziative di ricerca.

 

Epidemiologia dell’ESRD e della RRT

Keywords: Dialisi epidemiologia, malattia renale allo stadio terminale epidemiologia, trapianto di rene epidemiologia

Key Point: Secondo il Registro Italiano di Dialisi e Trapianto della Società Italiana di Nefrologia (SIN) sono oltre 50.000 in Italia i soggetti in dialisi; l’incidenza è di circa 9.000 nuovi casi/anno.

Secondo il Registro Italiano di Dialisi e Trapianto della Società Italiana di Nefrologia (SIN) sono oltre 50.000 in Italia i soggetti in dialisi; l’incidenza è di circa 9.000 nuovi casi/anno; Il 90% dei pazienti dializzati si sottopone a emodialisi e il 10% a dialisi peritoneale. I pazienti in attesa di un trapianto di rene sono circa 9.000.

Al 31 dicembre 2008 si stimava che negli USA 354.600 pazienti fossero sottoposti a emodialisi e 26.517 a dialisi peritoneale. Nello stesso anno si contavano 102.876 incidenti in pazienti sottoposti a emodialisi e 6.577 incidenti in quelli sottoposti a dialisi peritoneale1. Fra le diverse opzioni disponibili, l’emodialisi e la dialisi peritoneale costituiscono i due gruppi principali di trattamento, con una prevalenza maggiore per l’emodialisi. Le sottoclassi dell’emodialisi e della dialisi peritoneale, come ad esempio la dialisi domiciliare o la dialisi peritoneale a ciclo continuo (CCPD, Continuous Cyclic Peritoneal Dialysis), sono discussi più avanti nell’articolo.

Negli USA, i costi sostenuti per la dialisi sono particolarmente significativi. I costi totali correlati alla gestione dell’ESRD nel 2008, secondo i dati relativi alla spesa sanitaria, hanno raggiunto i 26,8 miliardi di dollari. Le cifre aumentano in modo rilevante in relazione all’emodialisi ($ 19,4 miliardi) rispetto alla dialisi peritoneale ($ 1,04 miliardi) e il trapianto di rene ($ 2,08 miliardi). Il costo annuale per ogni paziente dializzato nel 2008 ammontava a $ 77.506.

 

Deterioramento dei reni e progressione all’ESRD

Keywords: Stadiazione dellamalattia renale cronica, insufficienza renale segni e sintomi, creatininemia, azotemia, fosforemia

Key Point: Secondo le linee guida per la definizione gli stadi evolutivi della malattia renale cronica, in base alla velocità di filtrazione glomerulare (GFR) sono stati delineati cinque stadi dove un paziente che raggiunge lo stadio 5 (GFR inferiore a 15 ml/min/1,73m2) è considerato affetto da ESRD.

Nel 2002, la National Kidney Foundation, nell’ambito di un’iniziativa denominata Kidney Disease Outcomes Quality Initiative (NKF-KDOQI), ha redatto delle linee guida per definire gli stadi evolutivi della malattia renale cronica2. Secondo le indicazioni date, la velocità di filtrazione glomerulare (GFR, Glomerular Filtration Rate) viene valutata utilizzando l’equazione derivata dallo studio Modification of Diet in Renal Disease e misurata in ml/min/1,73m2. Sono stati delineati cinque stadi della malattia renale cronica. Nel primo e nel secondo stadio vengono inseriti i pazienti con una GFR normale o leggermente ridotta e presenza di segni di danno renale. Lo stadio 3 raggruppa i pazienti con GFR inferiore a 60 ml/min/1,73m2; nello stadio 4, la GFR scende sotto ai 30 ml/min/1,73m2, mentre nello stadio 5 la GFR raggiunge livelli inferiori ai 15 ml/min/1,73m2. Un paziente che raggiunge lo stadio 5 è considerato affetto da ESRD. La terminologia attualmente adottata per classificare i soggetti affetti da MRC indica se il processo di dialisi è già stato avviato; ad esempio, un paziente non dialisi-dipendente non ha ancora raggiunto l’ultimo stadio della malattia mentre un paziente dialisi-dipendente è considerato essere allo stadio 5 (anche definito 5D).

In gran parte delle forme di MRC non legate a sindromi cliniche particolari (quali sindromi nefrosiche o nefritiche, forme secondarie a vasculiti o a malattie autoimmuni, ecc.) i pazienti restano spesso asintomatici fino allo stadio 4. Alla riduzione della funzionalità renale corrisponde l’incremento dei livelli di creatininemia e di azotemia. Aumenta anche la fosforemia, per il fatto che il fosforo sierico viene escreto principalmente con le urine. Si accumulano anche nel sangue un numero notevole di molecole di scarto, tra le quali l’urea e l’acido urico vengono più frequentemente misurate. L’incremento dei livelli della maggior parte di queste molecole si ritiene sia all’origine dei sintomi presenti negli stadi più avanzati di MRC. I segni tipici che caratterizzano la progressione della MRC verso l’ESRD comprendono nausea, vomito, perdita di peso, inappetenza e affaticamento. In fasi molto avanzate i vari prodotti azotati che si accumulano nell’organismo uremico, possono accumularsi e cristallizzare a livello della cute, creando una condizione nota come brina uremica3,4. Le conseguenze dell’accumulo a livello del sistema nervoso centrale di queste sostanze tossiche possono determinare i sintomi tipici dell’encefalopatia uremica; i pazienti presentano disorientamento, confusione mentale e difficoltà di concentrazione5. Il contemporaneo venir meno della sintesi di eritropoietina da parte dei reni insufficienti determina valori sempre più bassi di emoglobina, inducendo un grado di anemia sempre più severo. Il venir meno dell’eliminazione del fosforo e della sintesi di vitamina D sono alla base dei disturbi del metabolismo minerale e osseo, caratterizzati da un iperparatiroidismo secondario severo e da quadri di spiccata demineralizzazione ossea con fratture.

Molte di queste condizioni necessitano di una terapia farmacologica. Ad esempio, si somministrano agenti stimolanti l’eritropoiesi per trattare l’anemia, chelanti del fosforo che, riducendone la biodisponibilità intestinale, aiutano a correggere l’iperfosforemia, i metaboliti e gli analoghi della vitamina D che vengono usati per trattare l’iperparatiroidismo secondario.

Le alterazioni dello stato mentale, la brina uremica e il sovraccarico di volume, così come la nausea e il vomito, possono migliorare solo con un’adeguata terapia dialitica.

 

Il processo di emodialisi

Keywords: Emodialisi strumentazione, emodialisi tecnica, diffusione, ultrafiltrazione, dializzatore a fibre cave, cannulazione, fistola artero-venosa, FAV, innesto protesico, politetrafluoroetilene, PTFE, catetere venoso centrale

Key Point: Nel processo di emodialisi, il sangue del paziente viene fatto scorrere in un circuito esterno, dove viene filtrato attraverso una membrana semipermeabile ed entra in contatto con un dialisato con funzione di depurazione per diffusione e ultrafiltrazione.

La prima apparecchiatura per l’emodialisi, costruita nel 1943 dal Dott. Willem Kolff, non era stata progettata per un uso a lungo termine in pazienti allo stadio 5 dell’ESRD6. Nel processo di emodialisi moderno, il sangue del paziente viene fatto scorrere in un circuito esterno, dove viene filtrato attraverso una membrana semipermeabile ed entra in contatto con un dialisato (liquido di dialisi). In questo modo il sangue viene depurato dalle tossine uremiche e dai liquidi in eccesso. Simultaneamente, soluti utili vengono trasportati dal dialisato al sangue; ad esempio, le concentrazioni sieriche di bicarbonato, che sono spesso basse in pazienti affetti da ESRD, possono essere corrette effettuando una dialisi con una soluzione ricca di questa sostanza. Generalmente una seduta di dialisi dura da 3 a 4 ore e viene ripetuta da 3 a 4 volte alla settimana, generalmente in un centro di dialisi o in clinica.

Per effettuare l’emodialisi occorre un accesso vascolare, un filtro dializzatore e un dialisato, ossia una soluzione elettrolitica concentrata dissolta in acqua. Sono disponibili in commercio diversi tipi di dialisati. Una soluzione tipica contiene da 130 a 145 mEq/l di sodio, da 2 a 3 mEq/l di potassio, da 2,5 a 3,5 mEq/l di calcio e da 100 a 200 mg/dl di glucosio, oltre a magnesio e tamponi alcalini8. Il bicarbonato, disponibile in polvere, viene aggiunto all’ultimo momento perché troppo instabile per poter essere aggiunto al dialisato. L’acqua utilizzata per il trattamento dialitico viene processata da un complesso sistema che provvede all’abbattimento delle impurità, alla rimozione di materiali biologici (batteri, endo ed esotossine) e dei metalli pesanti e alla sua deionizzazione, attraverso un processo di osmosi inversa.

Il filtro dializzatore, denominato anche rene artificiale, è una membrana semipermeabile responsabile della diffusione e dell’ultrafiltrazione. Per diffusione si intende un movimento di soluti attraverso una membrana semipermeabile dal comparto con più alta a quello con minore concentrazione dei soluti stessi. Questo meccanismo rimuove i prodotti di scarto dal sangue durante l’emodialisi. L’ultrafiltrazione è invece il movimento del fluido attraverso una membrana semipermeabile indotto dalla differenza di pressione e, poiché permette di eliminare i liquidi in eccesso dal corpo, viene principalmente utilizzato per trattare l’accumulo idro-salino 7.

Sono disponibili diversi tipi di dializzatori. La forma più comune è il dializzatore a fibre cave, o dializzatore capillare, che contiene migliaia di fibre cave circondate da una struttura rigida in poliuretano. A ciascuna delle estremità del filtro sono presenti due connessioni, che permettono l’entrata e l’uscita del sangue e del dialisato. Il sangue scorre nel lume delle fibre, mentre il dialisato le circonda. I due fluidi scorrono in direzioni opposte e ciò permette la formazione di un gradiente di concentrazione che porta al processo di diffusione e ultrafiltrazione. Le molecole a basso peso molecolare (LMW, Low-Molecular Weight), cioè quelle che pesano meno di 5 kDa, attraversano liberamente la membrana, mentre quelle con peso molecolare maggiore vengono bloccate. Le molecole LMW eliminate comprendono, ad esempio, l’urea, la creatinina, la vitamina B12, il fosfato e l’inulina7.

Una delle interazioni maggiormente nota fra filtro dializzatore e farmaco è quella fra gli ACE inibitori e alcuni tipi di filtro. In diversi studi condotti nei primi anni ’90 sono riportati casi di reazioni anafilattiche osservate quando le membrane del filtro dializzatore AN69 venivano utilizzate in concomitanza con gli ACE inibitori9,14. I filtri dializzatori AN69 erano composti da membrane in poliacrilonitrile che potevano aumentare la sintesi di bradichinina. Questo effetto veniva amplificato dall’azione degli ACE inibitori, che riducevano la degradazione della bradichinina causando così reazioni anafilattiche gravi e talvolta potenzialmente mortali.

Il processo di emodialisi impone di prelevare il sangue dal paziente ad intervalli regolari e con elevati flussi e, di conseguenza, una delle principali sfide consiste nel trovare un sistema affidabile per creare un accesso vascolare. Gli aghi utilizzati per la dialisi hanno un diametro piuttosto largo (generalmente 14-17 Gauge, 2,1-1,4 mm) per permettere il massimo flusso ematico nel più breve tempo possibile, perché un ago con un diametro più piccolo imporrebbe tempi di dialisi troppo lunghi. I tre tipi di accesso vascolare più comunemente utilizzati nei pazienti con ESRD sono la fistola artero-venosa (FAV), l’innesto protesico in politetrafluoroetilene (PTFE) e il catetere venoso centrale15.

La FAV viene creata chirurgicamente unendo una vena e un’arteria; aumentando la pressione nella vena questa si dilata permettendo la sua puntura ripetuta. Questo tipo di intervento viene solitamente effettuato sull’avambraccio ma anche il braccio e la gamba possono costituire siti adeguati. In alcuni casi sono stati utilizzati diversi metodi per localizzare i vasi adeguati per creare una fistola, compresa l’anestesia regionale15. Una volta completata la procedura, occorrono circa 2 mesi affinché la FAV sia matura e possa essere utilizzata. La fistola artero-venosa rappresenta l’opzione di prima scelta nella maggior parte dei pazienti e viene raccomandata dalle linee guida per la pratica clinica relative all’accesso vascolare redatte dalla NKF-KDOQI e dalla Fistula First Breakthrough Initiative, perché comporta il minor rischio di infezione16,17.

Gli innestiprotesici in PTFE utilizzano un tubicino sintetico per connettere l’arteria alla vena e creare così un punto di accesso per la veno-puntura. Richiedono meno tempo per maturare ma presentano un tasso di infezione maggiore.

I cateteri venosi centrali possono essere utilizzati immediatamente e questo rappresenta un grande vantaggio rispetto alla FAV e alle protesiin PTFE. Trovano applicazione anche in terapie ponte per pazienti con ESRD che attendono un trapianto di rene o in attesa della maturazione della fistola o dell’innesto protesico. In alcuni casi il catetere venoso centrale può essere l’unica opzione adottabile, soprattutto se il paziente presenta una sistema vascolare inadeguato18. Ad esempio, un paziente diabetico con un flusso sanguigno insufficiente alle estremità potrebbe non avere vene utilizzabili per la creazione di una fistola o per un innesto. L’inconveniente principale del catetere venoso centrale è l’elevato tasso di infezione rispetto agli innesti in PTFE e alle FAV. Per questa ragione, non sono molto utilizzati per creare un accesso per emodialisi. Negli USA, nel 2008, il 18% dei pazienti dializzati utilizzava come accesso venoso il catetere, il 27% l’innesto in PTFE e il 55% la FAV1.

 

La dialisi peritoneale

Keywords: Dialisi peritoneale strumentazione, dialisi peritoneale tecnica, diffusione, dialisi peritoneale ambulatoriale continua, CAPD, dialisi peritoneale continua ciclica, CCPD

Key Point: Esistono due tipi di dialisi peritoneale: la dialisi peritoneale ambulatoriale continua e la dialisi peritoneale continua ciclica. A differenza dell’emodialisi, che è intermittente, la dialisi peritoneale viene eseguita a ciclo continuo.

Esistono due tipi di dialisi peritoneale: la dialisi peritoneale ambulatoriale continua (CAPD, Continuous Ambulatory Peritoneal Dialysis) e la dialisi peritoneale continua ciclica (CCPD, Continuous Cyclic Peritoneal Dialysis)19. A differenza dell’emodialisi, che è intermittente, la dialisi peritoneale viene eseguita a ciclo continuo20. Questa tecnica permette al paziente di muoversi durante la fase di dialisi e può quindi essere effettuata anche presso il domicilio o il luogo di lavoro del paziente.

Nella dialisi peritoneale viene posizionato in modo permanente un catetere in materiale plastico nella cavita peritoneale. Questo catetere permette il flusso nella cavità peritoneale di circa 1,5-3 litri di soluzione elettrolitica (dialisato)19,20. Tale soluzione resta nella cavità peritoneale per un tempo variabile (da 2 sino a 6-8 ore) e viene successivamente rimosso tramite il catetere19,20. Questo processo viene ripetuto diverse volte al giorno per permettere una rimozione appropriata di tossine, sali e liquidi20. Le tossine sono eliminate dalla cavità peritoneale per diffusione, mentre i sali e i liquidi per effetto dell’osmosi che si crea per l’alta concentrazione di glucosio presente nel dialisato. La velocità di diffusione diminuisce gradualmente e, una volta raggiunto l’equilibrio fra il plasma e il dialisato, il meccanismo si ferma19.I soluti e i liquidi presenti nella cavità peritoneale sono assorbiti attraverso la membrana del peritoneo entrando nella circolazione capillare peritoneale; vengono anche assorbiti passando dal sistema linfatico del peritoneo alla circolazione linfatica. La velocità di trasporto dei soluti varia da paziente a paziente ed è influenzata da fattori quali infezione (peritonite), assunzione di farmaci e costituzione fisica.

Durante la CAPD, il dialisato viene infuso manualmente nella cavità peritoneale attraverso il catetere e cambiato da tre a cinque volte al giorno19. Un altro dialisato può essere introdotto in cavità peritoneale prima di coricarsi e lasciato in sede per tutta la notte. La rimozione del liquido dalla cavità peritoneale avviene manualmente e con l’aiuto della gravità. La CCPD, il secondo tipo di dialisi peritoneale, si differenza dalla CAPD in quanto viene eseguita solo durante la notte con un cycler automatizzato che effettua i cicli di scambio mentre il paziente dorme. Il numero adeguato di cicli di scambio al fine di ottenere una clearance peritoneale idonea è specifico per ciascun paziente e richiede un monitoraggio attento.

Il dialisato utilizzato per la dialisi peritoneale può contenere lattato (il tampone più comunemente utilizzato), eparina (per prevenire eventuali ostruzioni del catetere) e antibiotici da somministrare durante un episodio di peritonite acuta19. Nel paziente diabetico può essere aggiunta l’insulina. Le complicazioni principali inerenti la dialisi peritoneale includono la peritonite classica, infezioni associate al catetere senza peritonite (infezione dell’exit-site o del tunnel sottocutaneo del catetere), aumento ponderale, disturbi metabolici e uremia residua.

 

Considerazioni sul dosaggio dei farmaci nell’emodialisi

Keywords: Farmacocinetica emodialisi e, farmacodinamica emodialisi e, farmaci antipertensivi dosaggio in dialisi, farmaci cardiovascolari dosaggio in dialisi, diuretici dosaggio in dialisi, ACE inibitori dosaggio in dialisi, antagonisti del recettore dell’angiotensina II dosaggio in dialisi, antimicrobici dosaggio in dialisi, farmaci antiaggreganti dosaggio in dialisi, anticoagulanti dosaggio in dialisi, farmaci antinfiammatori non steroidei dosaggio in dialisi

Key Point: Al fine di comprendere le variazioni di dosaggio dei farmaci durante la dialisi, è importante capire il processo di eliminazione di tali sostanze. I farmaci sono soggetti al processo di diffusione, per il quale attraversano la membrana di dialisi spostandosi dalla concentrazione alta a quella bassa secondo un gradiente di concentrazione che si forma fra il plasma e il dialisato.

Fattori che influiscono sulla clearance dei farmaci

Al fine di comprendere le variazioni di dosaggio dei farmaci durante la dialisi, è importante capire il processo di eliminazione di tali sostanze. Il meccanismo di eliminazione dei farmaci assomiglia a quello utilizzato per rimuovere i soluti nell’emodialisi convenzionale22.Innanzitutto i farmaci sono soggetti al processo di diffusione, per il quale attraversano la membrana di dialisi muovendosi dal comparto a più elevata a quello a più bassa concentrazione, seguendo il gradiente che si forma fra il plasma e il dialisato.

L’eliminazione dei farmaci avviene in modo più efficiente nell’emodialisi rispetto alla dialisi peritoneale22. Con la dialisi peritoneale, i farmaci non vengono eliminati rapidamente, mentre possono essere adeguatamente assorbiti dall’organismo una volta introdotti nel dialisato peritoneale. Questo dà ragione del fatto che, per trattare in modo adeguato le peritoniti, molti antibiotici richiedono una somministrazione intra-peritoneale diretta per raggiungere le concentrazioni necessarie. Altri fattori che favoriscono l’assorbimento dei farmaci durante il trattamento della peritonite comprendono lo stato di flogosi della membrana peritoneale ed elevati gradienti di concentrazione. Molti farmaci raggiungono concentrazioni insufficienti nel fluido peritoneale se vengono somministrati per via endovenosa o oralmente.

Alcune specifiche proprietà rendono alcuni farmaci più facilmente eliminabili con l’emodialisi22. I farmaci con peso molecolare inferiore a 500 Da e con legame proteico inferiore al 90% vengono più facilmente eliminati con l’emodialisi. I farmaci con alto peso molecolare e con basso legame alle proteine plasmatiche vengono eliminati più facilmente con la dialisi peritoneale che con l’emodialisi, grazie anche alla secrezione nel fluido linfatico23. Un farmaco con un basso volume di distribuzione, che si distribuisce cioè nel tessuto adiposo in quantità minima, viene più efficacemente eliminato dal trattamento dialitico.22 Le molecole di dimensioni maggiori richiedono membrane più porose per permettere una migliore eliminazione attraverso l’emodialisi. Il tipo di membrana utilizzata gioca un ruolo importante nel processo di eliminazione del farmaco durante la dialisi; questo è dovuto alle caratteristiche di clearance del filtro dializzatore, nonché dalla carica elettrica della membrana. La carica elettrica del farmaco e la sua capacità di legarsi alle proteine portatrici di cariche elettriche libere influenzerà il processo di eliminazione. È importante considerare, inoltre, se il filtro dializzatore è stato utilizzato più volte, poiché la sua capacità funzionale di rimuovere i farmaci diminuisce con l’uso.

Dosaggio appropriato dei farmaci nel paziente in dialisi

Al fine di definire il dosaggio appropriato dei farmaci in pazienti dializzati, il medico deve effettuare un’anamnesi farmacologica per raccogliere informazioni relative a eventuali allergie o tossicità e identificare i farmaci somministrati in concomitanza24. Altri fattori da tenere in considerazione per determinare un dosaggio adeguato sono il peso e l’altezza del paziente, l’esame fisico e i dati di laboratorio che valutano la funzione renale 23. In media, i pazienti dializzati assumono circa 11 diversi farmaci e sono tre volte più a rischio di sviluppare un evento avverso rispetto ai pazienti con funzionalità renale normale24. Ciò spiega l’importanza di individualizzare la terapia farmacologica e definire il dosaggio appropriato per ciascun farmaco.

Vi sono numerose raccomandazioni relative al dosaggio farmacologico in dialisi, che rimangono però semplici linee guida. Si rende necessario effettuare un adeguamento del dosaggio per ogni singolo paziente.22 I farmaci con emivita lunga possono essere somministrati con una dose di carico iniziale uguale a quella prevista per pazienti con funzionalità renale normale. Una volta iniziata la terapia, il medico può effettuare adeguamenti diminuendo la dose o aumentando l’intervallo fra le diverse somministrazioni. Quest’ultima opzione presenta maggiori vantaggi per il paziente. È tuttavia comune adattare il dosaggio combinando i due metodi.

Dosaggio di farmaci di classi specifiche

Farmaci antipertensivi e cardiovascolari. I farmaci maggiormente prescritti a pazienti affetti da malattia renale sono i farmaci antipertensivi e quelli cardiovascolari22. Ciò è dovuto allo stretto rapporto esistente fra il sistema renale e quello cardiovascolare in relazione al controllo della pressione arteriosa. Molti dei farmaci appartenenti a queste due classi sono somministrati aumentando gradualmente il dosaggio in base alla risposta clinica del paziente. I farmaci a lunga durata d’azione sono da preferirsi, in quanto presentano una compliance maggiore e quindi andrebbero presi in considerazione in fase di scelta del regime farmacologico del paziente.

Poiché questi farmaci sono spesso usati per trattare pazienti con malattia renale, è importante per il medico comprendere le modifiche nella farmacocinetica e nella farmacodinamica che si verificano quando sono somministrati in un paziente con MRC22. In caso di insufficienza renale, i farmaci cardiovascolari e i loro metaboliti possono accumularsi. Esiste anche il rischio di alterazioni delle proteine e, più specificatamente, della loro capacità legante con conseguente aumento della concentrazione del farmaco libero nel sito di azione, incrementandone l’efficacia e la tossicità.

Un rischio di tossicità è presente anche quando si usino i farmaci antipertensivi, farmaci il cui profilo di sicurezza è strettamente correlato con quello di efficacia farmacologica. I farmaci che compromettono la normale risposta pressoria e le variazioni compensatorie della gittata cardiaca in dialisi non andrebbero usati in fase iniziale.

I pazienti con MRC che hanno iniziato una terapia con farmaci antiaritmici richiedono un attento monitoraggio, perché questo tipo di farmaci potrebbe causare lo stesso tipo di aritmia per prevenire la quale è stato prescritto.

I diuretici sono un’altra classe di farmaci frequentemente usati nei pazienti con malattia renale22.Possono essere somministrati per trattare il sovraccarico di liquidi e fanno generalmente parte della terapia antipertensiva.

La proteinuria e il danno renale sono due complicanze che possono alterare la farmacocinetica e la farmacodinamica dei farmaci diuretici. Il legame con le proteine nel liquido tubulare diminuisce l’efficacia dei diuretici tiazidici e dell’ansa. Nel caso in cui la funzionalità renale continuasse a diminuire, l’uso di diuretici comporterebbe il rischio di ipovolemia, con conseguente peggioramento della situazione. La gestione dell’ipertensione con i farmaci diuretici richiede un attento controllo della pressione arteriosa con una modesta riduzione del volume circolante.

L’iperkaliemia è un evento avverso che si può verificare quando si usino diuretici risparmiatori di potassio e, di conseguenza, si sconsiglia la loro somministrazione in pazienti con una clearance di creatinina (CrCl, Creatinine Clearance) inferiore a 30 ml/min22.Il rischio di iperkaliemia aumenta se i diuretici risparmiatori di potassio vengono somministrati in associazione ad integratori di potassio, ACE inibitori, antagonisti del recettore dell’angiotensina II (ARB, Angiotensin Receptor Antagonist, noti anche come sartani) o farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS). Se utilizzati in monoterapia per ridurre il volume dei liquidi, i diuretici risparmiatori di potassio sono meno efficaci dei diuretici tiazidici e dei diuretici dell’ansa, ma possono essere somministrati in terapia combinata con diuretici tiazidici o quelli dell’ansa per prevenire e trattare l’ipokaliemia indotta dal diuretico e l’edema.25 I diuretici con caratteristiche di acidi organici devono competere con gli acidi organici endogeni per raggiungere il lume tubulare e attivarsi22. La riduzione della funzione renale comporta un incremento del dosaggio di diuretici. I tiazidici diventano inefficaci una volta che la GFR scende al di sotto di 30 ml/min/1,73m2, ma i diuretici dell’ansa somministrati ad alte dosi possono ancora produrre l’effetto desiderato. Al fine di ottenere un effetto adeguato può rendersi necessaria una terapia combinata fra un diuretico dell’ansa e uno tiazidico.

Gli ACE inibitori e i sartani sono due comuni antipertensivi con effetti protettivi renali in pazienti affetti da diabete22,25. Devono essere somministrati con cautela in soggetti dializzati o con funzione renale ridotta. In caso di occlusione dell’arteria renale o malattia renale microvascolare è possibile che si verifichi un improvviso declino della funzione renale a causa degli effetti emodinamici derivanti dalla riduzione dell’angiotensina II sistemica. La dose iniziale di un ACE inibitore o di un ARB dovrebbe essere più bassa e le modificazioni di dosaggio andrebbe effettuate con cautela e con piccole variazioni. Si consiglia, inoltre, di monitorare attentamente la funzione renale che potrebbe diminuire leggermente durante la terapia con questi farmaci, mantenendosi comunque a livelli accettabili. In caso di peggioramento progressivo della funzione renale, la terapia in atto dovrebbe essere interrotta.

Antimicrobici. I pazienti in dialisi rispondono alla terapia antimicrobica in modo differente rispetto ai pazienti con funzione renale normale22. La maggior parte degli antimicrobici viene escreta dai reni e richiede dunque un aggiustamento del dosaggio. L’obiettivo principale che ci si pone iniziando una terapia antimicrobica in pazienti con insufficienza renale è quello di definire un regime farmacologico appropriato ed efficace nel più breve tempo possibile e con un dosaggio in grado di raggiungere velocemente le giuste concentrazioni terapeutiche. Sarebbe inappropriato mantenere le concentrazioni di farmaci al di sotto del range terapeutico, in quanto risulterebbe pericoloso per il paziente.

La scelta dei farmaci dipende dal patogeno presente22. La terapia potrebbe iniziare con una scelta empirica dei farmaci e poi restringere il campo e focalizzarsi su un patogeno specifico, una volta ottenuti i risultati dei test di sensibilità microbica. È possibile che in pazienti con insufficienza renale non si palesino segni e sintomi di infezione o che, come in caso di febbre, vengano dissimulati da sintomi uremici o dalla dialisi22. In fase iniziale andrebbe somministrata ai pazienti con insufficienza renale una singola dose di carico, equivalente alla dose di mantenimento tipica per soggetti con funzione renale normale. La dose andrebbe poi adattata in modo appropriato, considerando le sensibilità microbiche del paziente e sulla base di un attento controllo della concentrazione terapeutica del farmaco.

Le reazioni avverse e la tossicità rappresentano un alto rischio per pazienti con funzione renale compromessa22. Possono essere causate dall’accumulo del farmaco e/o dei suoi metaboliti dopo dosi ripetute. Le reazioni avverse possono compromettere qualsiasi sistema organico e, fra le conseguenze più comuni, si annoverano la neurotossicità, la nefrotossicità, la tossicità ematologica e la coagulopatia. Se nuovi sintomi compaiono dopo l’inizio della terapia, andrebbe presa in considerazione e valutata la possibile tossicità del farmaco. Effetti collaterali non comuni nei pazienti con funzione renale normale possono verificarsi con una maggiore frequenza in pazienti con insufficienza renale. Ad esempio, l’accumulo di antibiotici beta-lattamici causa raramente attacchi epilettici in pazienti sani ma, in caso di somministrazioni ad alte dosi in pazienti con MRC, l’accumulo del farmaco può rendere gli attacchi epilettici molto più probabili.

I due meccanismi attraverso i quali i farmaci possono indurre nefrotossicità sono la tossicità cellulare diretta e la nefrite interstiziale allergica22. Gli aminoglicosidi sono una specifica classe di farmaci antimicrobici considerati nefrotossici. I pazienti con funzione renale normale in terapia con aminoglicosidi possono subire una riduzione della funzione renale minima, che spesso passa inosservata. Tuttavia, la stessa riduzione in un paziente con MRC e con clearance di creatinina pari a 20 ml/min può decretare l’inizio della dialisi. Questo sottolinea l’importanza di un attento controllo della concentrazione dei farmaci in pazienti con MRC trattati con antimicrobici.

Farmaci antiaggreganti piastrinici e anticoagulanti. I farmaci antiaggreganti piastrinici e anticoagulanti sono spesso usati per mantenere un adeguato flusso ematico a livello dell’accesso vascolare22. I farmaci antiaggreganti disponibili comprendono l’acido acetilsalicilico e il clopidogrel e quelli anticoagulanti l’eparina e l’eparine a basso peso molecolare (LMWH, Low Molecular Weight Heparin). Ognuno di questi farmaci comporta sia rischi sia benefici per i pazienti dializzati.

L’associazione di acido acetilsalicilico e clopidogrel in pazienti in emodialisi è stata dimostrata poter causare eventi emorragici. Inoltre, alcuni antiaggreganti/anticoagulanti vengono escreti attraverso i reni e occorre di conseguenza adeguare il dosaggio in modo opportuno. L’acido acetilsalicilico a basso dosaggio non ha un effetto rilevante sulla funzione renale nei pazienti con MRC, mentre le LMWH possono risultare rischiose in caso di disfunzione renale significativa. Gli aggiustamenti standard del dosaggio delle LMWH secondo il peso corporeo del paziente possono portare a un’eccessivo aumento dei tempi di coagulazione in soggetti con una GFR inferiore al 50%. Per ridurre tale rischio, l’enoxaparina (una LMWH) in pazienti con una clearance della creatinina (CrCl) inferiore a 30 ml/min viene somministrata con una dose dimezzata rispetto a quella standard26. A causa dei suoi effetti anticoagulanti imprevedibili e della necessità di uno stretto monitoraggio, l’enoxaparina non è consigliabile nei pazienti in dialisi. L’eparina è comunemente somministrata per prevenire la formazione di coaguli a livello dell’accesso vascolare22,27.

Farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS). Il meccanismo di azione dei FANS è quello di prevenire la sintesi delle prostaglandine, producendo in questo modo un effetto antinfiammatorio22. Poiché le prostaglandine giocano un ruolo di fondamentale importanza per mantenere la vasodilatazione e un adeguato flusso ematico renali, l’inibizione di questo processo naturale può portare alla costrizione delle arteriole renali, a una diminuzione del flusso ematico nei reni e alla riduzione della GFR22,28. La riduzione della sintesi delle prostaglandine può inoltre causare una ritenzione di sali e di liquidi, aumentando il riassorbimento tubulare del cloruro a livello dell’ansa di Henle e aumentando l’azione dell’ormone antidiuretico a livello del tubulo distale. Anche la sintesi della renina può essere inibita, causando una riduzione della concentrazione plasmatica di aldosterone. Questo può esitare in un aumento dei livelli di potassiemia nei pazienti con insufficienza renale.

Questa classe di farmaci andrebbe generalmente evitata in pazienti con MRC, poiché esiste il rischio di ridurre ulteriormente la funzione renale22. I pazienti con insufficienza cardiaca concomitante, riduzione del volume, ascite o edema da insufficienza epatica sono esposti a un rischio maggiore di sviluppare eventi avversi a causa del fatto che in questi pazienti il flusso renale plasmatico ha una maggiore dipendenza dai livelli dei vasodilatatori endogeni.

Gli inibitori selettivi della ciclossigenasi 2 (inibitori della COX-2) mostrano effetti equivalenti sui reni e non offrono alcun vantaggio rispetto ai FANS non selettivi22. La nefrotossicità dei FANS è determinata dalla loro potenza, durata d’azione e periodo di somministrazione. Gli effetti collaterali cardiovascolari osservati con l’uso dei FANS non sono stati determinati in pazienti con MRC.

Concetti emergenti in emodialisi e terapia sostitutiva renale

Keywords: Emodialisi convenzionale, emodialisi quotidiana breve, emodialisi notturna quotidiana

Key Point: Storicamente si è considerato consigliabile iniziare l’emodialisi in pazienti con MRC che raggiungevano valori di CrCl inferiori ai 10-15 ml/min e/o comparivano segni o sintomi di uremia. Ad oggi resta comunque ancora molto controverso sul momento ottimale per iniziare il trattamento dialitico.

Storicamente si è considerato consigliabile iniziare l’emodialisi in pazienti con MRC che raggiungevano valori di CrCl inferiori ai 10-15 ml/min e/o comparivano segni o sintomi di uremia2. Ad oggi resta comunque ancora molto controverso il  momento ottimale per iniziare il trattamento dialitico29. I risultatidello studio IDEAL (Initiating Dialysis Early and Late), trial clinico prospettivo, multicentrico, randomizzato, che ha messo in confronto l’outcome clinico in pazienti randomizzati ad iniziare precocemente (CrCl 10-14 ml/min) o tardivamente (CrCl 5-7 ml/min) il trattamento dialitico, hanno però confutato questo principio, non avendo dimostrato alcun vantaggio clinico in un inizio più precoce della dialisi30.

Regimi dialitici alternativi che variano la durata delle sessioni sono state e sono tuttora oggetto di valutazioni e considerazioni31,32. L’emodialisi convenzionale è il metodo dialitico utilizzato per la maggior parte dei pazienti con ESRD e impone sessioni di 3-4 ore tre volte alla settimana. Un’ottima alternativa a questo regime dialitico viene offerta dalla dialisi quotidiana breve e dalla dialisi notturna quotidiana, due tipi di dialisi a base giornaliera che offrono diversi vantaggi ai pazienti con MRC dialisi-dipendenti33,34. L’emodialisi quotidiana breve impone delle sessioni più corte per più giorni alla settimana. Un programma standard potrebbe prevedere sessioni da 1,5-2 ore per 6 giorni alla settimana. Questo regime può risultare maggiormente tollerabile e migliorare il controllo della pressione arteriosa. Sebbene la rimozione dei fosfati sia maggiore rispetto a quanto ottenuto con l’emodialisi convenzionale, non è di grado sufficiente per evitare l’uso dei chelanti del fosforo34.

L’emodialisi notturna quotidiana domiciliare viene effettuata mentre il paziente dorme (6-7 notti/settimana per 6-8 ore). Viene ben tollerata, riduce le concentrazioni sieriche di fosforo a livelli tali da rendere inutile la somministrazione dei chelanti e in alcuni casi permette un migliore controllo della pressione arteriosa, al punto da ridurre l’ipertrofia ventricolare sinistra35. I pazienti possono poi seguire un regime alimentare normale senza restrizioni per quanto riguarda l’apporto di sale e fosforo. La dialisi notturna quotidiana rappresenta, inoltre, la sola modalità in grado di aiutare i pazienti a regolarizzare l’apnea notturna.33 Purtroppo, sessioni di dialisi più lunghe o più frequenti non hanno necessariamente un’influenza positiva sul tasso di mortalità36. Inoltre, l’alto costo della dialisi quotidiana breve e della dialisi notturna quotidiana rappresenta un ostacolo per molti pazienti.

Conclusioni

In conclusione, l’emodialisi e la dialisi peritoneale sono le forme più comuni di RRT usate per pazienti con MRC giunta allo stadio dell’ESRD. I farmacisti che seguono questo tipo di pazienti devono essere in grado di gestire una lunga lista di farmaci e devono comprendere come l’emodialisi e la dialisi peritoneale possono influenzare la terapia farmacologica in atto e l’uremia.

 

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Questionario

 

1. Qual è la caratteristica che rende un farmaco più facilmente eliminabile durante la dialisi?

a)      alta lipofilicità

b)      alto peso molecolare

c)       alto legame con le proteine plasmatiche

d)      basso volume di distribuzione

 

2. Su cosa si dovrebbe basare la decisione di iniziare la dialisi?

a)      clearance di creatinina e sintomi di uremia

b)      livelli di ferro e concentrazioni di emoglobina

c)       pressione arteriosa e concentrazioni elettrolitiche

d)      ritenzione idrica e stato nutrizionale

 

3. Un paziente con una velocità di filtrazione glomerulare pari a 35 ml/min/1,73 m2 a che stadio di malattia renale cronica si trova?

a)      stadio 1

b)      stadio 2

c)       stadio 3

d)      stadio 4

 

4. Quale delle seguenti affermazioni relative ad una fistola artero-venosa è vera?

a)      la creazione della fistola non richiede una procedura invasiva

b)      può essere usata immediatamente

c)       utilizza un tubo sintetico per connettere l’arteria alla vena

d)      ha un tasso di infezione minore rispetto all’innesto protesico

 

5. Rispetto all’emodialisi convenzionale, la dialisi notturna quotidiana:

a)      richiede meno sessioni alla settimana

b)      permette sessioni di dialisi più brevi

c)       deve essere effettuata in un centro specializzato per pazienti esterni

d)      ha un effetto maggiore sulle concentrazioni sieriche di fosforo

 

6. Cosa richiede la dialisi peritoneale continua ciclica?

a)      scambi multipli durante il giorno

b)      confezione di una fistola o di un graft

c)       visite giornaliere in un centro di dialisi

d)      un cycler automatizzato

 

7. Quali sono i probabili sintomi dell’uremia?

a)      stipsi

b)      sudori notturni

c)       stato confusionale

d)      polifagia

 

8. Quale vantaggio offre la dialisi peritoneale rispetto all’emodialisi convenzionale?

a)      migliore rimozione di tossine

b)      possibilità di esecuzione presso il luogo di lavoro o a domicilio

c)       minore incidenza di infezione

d)      migliore eliminazione dei farmaci

 

9. Qual è l’obiettivo principale di una terapia antimicrobica in pazienti dializzati?

a)      scegliere un farmaco che sia efficace contro l’agente infettante

b)      iniziare la terapia appropriata ed efficace in modo tempestivo e con dosaggi in grado di raggiungere in breve tempo le concentrazioni terapeutiche

c)       scegliere un farmaco con il più basso numero di effetti avversi

d)      iniziare una terapia con monosomministrazione giornaliera

 

10. Quale farmaco può aumentare il rischio di iperkaliemia se somministrato con un diuretico risparmiatore di potassio?

a)      ibuprofene

b)      linezolid

c)       metoprololo

d)      warfarin

 

11. Quali sono le due complicazioni che alterano la farmacocinetica e la farmacodinamica dei farmaci diuretici?

a)      proteinuria e danno renale

b)      diminuzione dell’azotemia e proteinuria

c)       danno renale e diminuzione dell’azotemia

d)      proteinuria e iperkaliemia

 

12. Quale evento avverso agli antibiotici beta-lattamici causato dall’accumulo del farmaco è più probabile che si verifichi in pazienti con insufficienza renale rispetto a quelli con funzione renale normale?

a)      eruzione cutanea

b)      nefrite interstiziale acuta

c)       squilibrio elettrolitico

d)      attacchi epilettici

 

13. Quali componenti richiede l’emodialisi?

a)      L’accesso vascolare, il filtro dializzatore e il dialisato

b)      dialisato, filtro dializzatore e antibiotici

c)       filtro dializzatore, sito di accesso vascolare e soluzione salina normale

d)      sito di accesso vascolare, soluzione salina normale e antibiotici