2011-08

Malattie infantili e vaccinazioni

Autore: Dr. Fabrizio Pregliasco, Ricercatore Universitario, Istituto di Virologia, Universita' degli Studi di Milano, Milano

Revisione scientifica: Dr.ssa Chiara Zuccarini, Pediatra e internista, Fondazione Istituto Sacra Famiglia, Cesano Boscone (MI)

 

Obiettivi formativi:

Al termine dell'articolo il farmacista dovrebbe essere in grado di:

comprendere il ruolo potenziale del farmacista nell'educazione al paziente per ciò che riguarda le strategie vaccinali, i benefici, i rischi e le controindicazioni delle vaccinazioni

discutere in termini generali i meccanismi della normale risposta immunitaria specifica agli antigeni ed il meccanismo con cui le vaccinazioni influenzano la risposta immunitaria

• riconoscere i nuovi concetti vaccinali capaci di influenzare il trattamento farmacologico, soprattutto nel caso dei vaccini meno comuni o di ultima generazione

valutare gli schemi vaccinali raccomandati per i bambini

 

Executive summary

  • È universalmente condiviso il valore delle vaccinazioni come strumento di prevenzione delle malattie infettive e delle complicanze gravi a esse collegate.
  • I vaccini stimolano la risposta dell’organismo prevenendo la possibilità che l’infezione si sviluppi o riducendo l’intensità dell’infezione stessa nel caso poco frequente che questa comunque si verifichi.
  • Ruolo del farmacista è conoscere le principali caratteristiche dei vaccini utilizzati, per consigliare efficacemente la popolazione sulla corretta profilassi vaccinale e segnalare prontamente possibili reazioni avverse.

 

Introduzione

 

Il valore delle vaccinazioni, come strumento di prevenzione finalizzato al mantenimento dello stato di salute della collettività, è oggi universalmente condiviso. L'impatto delle vaccinazioni sulla sanità mondiale è considerevole e le vaccinazioni vengono annoverate tra le strategie sanitarie pubbliche più diffuse, a elevato tasso di efficacia e meno costose. L'attuazione di strategie preventive basate sulla vaccinazione di massa ha permesso alla maggior parte dei Paesi industrializzati di ottenere il controllo e l'eliminazione di molte malattie infettive che un tempo provocavano numerose vittime e gravi invalidità nei sopravvissuti, come accadeva ad esempio per il vaiolo, eradicato a livello mondiale alla fine degli anni '70, e la poliomielite, oggi prossima all'eradicazione. L'Italia, nel contesto europeo, ha ricevuto la certificazione ufficiale di eradicazione della poliomielite il 21 giugno 2002 e questi risultati sono stati ottenuti grazie a una capillare attività di vaccinazione che ha consentito di raggiungere una copertura vaccinale superiore al 95% della popolazione. Le vaccinazioni rientrano in una funzione più ampia e articolata di prevenzione e controllo delle malattie infettive.

Un complesso sistema di azioni che, partendo dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), arriva ai vari Stati (Ministeri) fino al più piccolo distretto o villaggio. Il sistema è basato sulla sorveglianza epidemiologica delle malattie e definisce i criteri e le azioni più efficaci per la prevenzione delle infezioni. Nei Paesi con scarse risorse l'OMS provvede direttamente a costituire “osservatori epidemiologici” con l'aiuto delle organizzazioni umanitarie. L'Unione Europea ha istituito il Centro per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie (ECDC, European Centre for Disease Prevention and Control), effettivo dal 2005, con compiti analoghi a quelli dei Centers for Disease Control and Prevention (CDC) negli USA. Visto che il ruolo del farmacista è anche quello di educatore sanitario, consigliere dei pazienti e quindi promotore delle vaccinazioni e della corretta implementazione delle campagne vaccinali previste dal Piano Nazionale Vaccini e dal calendario nazionale, è determinante il suo aggiornamento continuo sui principi dell'immunoterapia attiva.

Il farmacista inoltre deve essere in grado di stabilire quali pazienti sono candidati alla somministrazione di certi vaccini, di effettuare lo screening dei malati, di fornire informazioni e raccomandazioni sulle vaccinazioni e di segnalare prontamente possibili reazioni avverse. La presente monografia si propone di fornire ai farmacisti le nozioni base sui vaccini e sul loro corretto utilizzo e si pone come punto di partenza per ulteriori approfondimenti, suggeriti nella sezione siti Internet e Bibliografia, riguardanti i progressi scientifici dei vaccini ed il loro corretto utilizzo e promozione nell'ambito del Piano Nazionale.

 

La normativa italiana sulle vaccinazioni

In Italia, come nella maggior parte dei Paesi, la funzione di prevenzione e controllo delle malattie infettive è conforme alle indicazioni internazionali contenute in documenti ufficiali, che vengono riversate nelle leggi dello Stato; queste attribuiscono con chiarezza i compiti e le funzioni ai diversi soggetti coinvolti (clinici e medici di Sanità Pubblica). Le vaccinazioni sono regolamentate da uno specifico documento (Piano Nazionale Vaccini) e da un calendario nazionale. Il Piano Nazionale Vaccini viene redatto ogni 3 anni dalla Commissione Vaccini del Ministero della Salute e consta principalmente di tre parti:

  • La prima effettua una panoramica della situazione epidemiologica nazionale delle malattie prevenibili con vaccino, riporta i risultati ottenuti in termini di copertura vaccinale delle malattie bersaglio oggetto del Piano precedente e individua i futuri obiettivi di copertura vaccinale e le strategie da attuare per ottenerli; sempre nella prima parte vengono affrontate le problematiche relative ai nuovi vaccini disponibili e viene proposto un calendario delle vaccinazioni di comprovata efficacia.
  • La seconda parte del Piano si occupa delle problematiche legate alla comparsa di eventi avversi alla somministrazione vaccinale e all’attuazione di una corretta notifica e sorveglianza degli stessi.
  • La terza sezione raggruppa le Appendici di carattere pratico utili a una corretta implementazione del Piano.

Il doppio regime vaccinale presente a oggi nel nostro Paese, con la suddivisione in vaccinazioni obbligatorie e raccomandate, è il retaggio di una situazione passata che vedeva alti tassi di disinformazione e analfabetismo tra la popolazione e necessita di un superamento fondato sulla corretta informazione dei numerosissimi vantaggi apportati dalle vaccinazioni di massa.

Il Piano Nazionale Vaccini 2010-2012 non è ancora stato varato e quindi continua a essere in vigore il precedente.

 

Le criticità nazionali

La recente autonomia delle Regioni in materia di Sanità, non le esime dalla responsabilità di garantire strategie vaccinali omogenee su tutto il territorio nazionale con standard minimi garantiti a tutta la popolazione, anche in virtù del fatto che interventi attuati o non attuati in singole Regioni possono avere ripercussioni nel resto del paese (ad es. nel caso di morbillo o varicella). Dal 1999 le Regioni hanno acquisito piena autonomia e oggi ogni ASL ha diverse modalità di organizzazione e differenti calendari vaccinali. Inoltre, da quello stesso anno, è permessa anche l’ammissione a scuola dei bambini non vaccinati.

Lo studio ICONA 2003, condotto su un campione di 4.600 famiglie, pur evidenziando una copertura vaccinale in crescita rispetto agli anni precedenti, mostra che per alcune malattie la copertura è ancora insufficiente e lontana da quanto programmato su gran parte della penisola (87% per l'Haemophilus influenzaedi tipo B - Hib e 77% per morbillo, parotite e rosolia).

L’aggiornamento del 2008 dello studio ICONA rileva coperture vaccinali per la popolazione italiana nell'ordine del 95% per tutte le componenti incluse nei vaccini esavalenti. Grandi passi avanti sono stati fatti anche per la copertura vaccinale di morbillo, parotite e rosolia i cui valori, ancora al di sotto del 95%, sono, però, intorno al 90%. Ben lontano da questi valori si attesta, invece, la copertura per le vaccinazioni che sono semplicemente raccomandate e che sono state introdotte più recentemente: meno del 60% dei bambini italiani sono vaccinati contro lo pneumococco, meno del 40% per il meningococco C, meno del 20% per la varicella e un misero 2% per l'influenza. La situazione è ancora peggiore se osserviamo le coperture vaccinali per i bambini a rischio.

In questo contesto, la regionalizzazione della salute ha permesso un’autonomia regionale in tema di vaccinazioni che contribuisce a costruire un panorama decisamente variegato con alcune aree virtuose e altre dove l'offerta per i vaccini raccomandati è decisamente scadente. L’argomento è di particolare rilevanza e fonte di discussioni tra le famiglie e i vari operatori sanitari (pediatri, ASL) per il dissenso che sta purtroppo crescendo verso questa comprovata pratica preventiva. Uno dei problemi di maggiore rilievo appare oggi costituito dalla mancanza di indicazioni riguardo all'introduzione dei nuovi vaccini disponibili. Il Piano Nazionale Vaccini 2005-2007 non specifica infatti i criteri per l'introduzione di nuove vaccinazioni, lasciando libere le Regioni di scegliere autonomamente al riguardo. L'Associazione Culturale Pediatri (ACP) sottolinea altri aspetti problematici, di maggior interesse pediatrico, che riguardano le difformità tra le Regioni riguardanti le strategie e l'organizzazione dei percorsi vaccinali, il sistema di sorveglianza delle malattie infettive e la difforme accessibilità dei dati sulla situazione epidemiologica nazionale e locale delle malattie infettive e delle reazioni avverse ai vaccini ed infine le modalità di accesso difformi sul territorio nazionale per alcuni vaccini (ad es. pubblico e privato, gratuito e a pagamento, ecc.).

Nel Piano Nazionale Vaccini 2005-2007 era stato previsto un percorso per il superamento dell'obbligo vaccinale che ha permesso di raggiungere tanti successi, ma che deve probabilmente lasciare il posto a una strategia più articolata, basata sulla comunicazione e sull'informazione. Il principio della prudenza nel Piano Nazionale Vaccini stabiliva che le Regioni con una strategia vaccinale efficiente potevano sperimentare modelli di abolizione dell'obbligo vaccinale.

In questo contesto diventa necessario programmare un percorso con tempistiche progressive, accompagnato da un adeguato piano di informazione sulla popolazione, per evitare ulteriori confusioni sul ruolo e sul valore delle campagne di vaccinazioni nazionali, evitando di rafforzare lo scetticismo nei dubbiosi e dei male informati.

La Regione Veneto ha formalizzato, con apposita delibera, per prima in Italia, la sospensione per i propri cittadini dell’obbligo delle vaccinazioni per l’infanzia, a partire dai nati nel 2008. Questa decisione ha suscitato commenti e sentimenti opposti: una grande vittoria per chi sostiene la necessità di insistere sulla comunicazione, un rischio per le persone che temono un crollo della copertura vaccinale. Analizzando i dati attuali emerge chiaramente come gli oppositori delle vaccinazioni per ideologia siano una sparuta minoranza, mentre sono numerose le famiglie colpite da quella che gli americani chiamano immunization hesitancy. Si tratta di genitori incerti, che non hanno ricevuto informazioni sufficienti per prendere una decisione consapevole e possono essere influenzati dall’oscillazione dei media nel trattare notizie che riguardano la salute pur di attirare l'attenzione dei lettori e degli spettatori. Una componente fondamentale per affrontare questo aspetto è rappresentata dalla comunicazione e in particolare dalla comunicazione del rischio associato alla vaccinazione e alle malattie da essa prevenute.

Il progetto Veneto punta sulla responsabilizzazione dei genitori, sul confronto delle famiglie con il medico, sulla consapevolezza degli individui rispetto alle scelte di salute. In altre parole, compie un passo verso l’autodeterminazione nelle decisioni terapeutiche e l’abbandono della medicina paternalistica. Bisogna, però, ricordare che i virus e gli altri microrganismi circolano liberamente e non si fermano alle frontiere, ma solo trovando persone vaccinate; inoltre, oggi in Italia vivono milioni di persone nate e cresciute in Paesi molto differenti, non solo dal punto di vista dell’organizzazione sanitaria, spesso carente se non inesistente, ma anche dal punto di vista culturale. Diventa difficile assicurare che individui di Paesi e tradizioni disomogenee si rivolgano spontaneamente all’ASL o al pediatra per richiedere le vaccinazioni se non c’è una verifica e se non è obbligatorio.

L'obbligatorietà di alcune vaccinazioni ha permesso di assicurare l’omogeneità nell’azione di prevenzione di alcune malattie, garantendo l’equità a livello nazionale. Occorre sottolineare la differenza che esiste fra le vaccinazioni per malattia a contagio interumano (finalizzata a proteggere l'individuo e in pari tempo la comunità, impedendo la diffusione della patologia) e le vaccinazioni per le malattie a contagio non interumano (che hanno lo scopo di tutelare la salute del singolo). Si collocano nel primo gruppo, per esempio, la vaccinazione antiepatite B e la vaccinazione antipoliomielite, mentre è da classificare nella seconda categoria per esempio quella per il tetano. Da questo punto di vista l'obbligatorietà si giustifica nel caso delle vaccinazioni mirate a proteggere l'intera comunità, nel rispetto dell'articolo 32 della Costituzione.

Il concetto di “obbligatorietà” confligge con il concetto di “promozione” della salute che coniuga la responsabilità dell’individuo con quella della comunità che, con le sue istituzioni, garantisce l’esigibilità del diritto universale alla salute, e quindi il sacrosanto diritto al bambino di non ammalare di una malattia per la quale esiste un vaccino efficace e sicuro.

La differenza tra vaccinazioni raccomandate e obbligatorie ha portato problemi crescenti man mano che la lista delle vaccinazioni non obbligatorie è andata crescendo, fra cui:

  • La percezione della popolazione e degli operatori sanitari che le obbligatorie fossero quelle buone, mentre le raccomandate fossero di serie B.
  • La scarsa attenzione degli operatori e delle aziende sanitarie verso le vaccinazioni: un rituale obbligato e automatico che non richiedeva alcun impegno di comunicazione medico-genitori, né azioni di modernizzazione del processo (anagrafi vaccinali, registri, follow-up, registri degli effetti collaterali, verifiche di efficacia e qualità, ecc.). Si tratta di aspetti emersi con le vaccinazioni raccomandate.
  • La depressione della ricerca e della comunicazione sui vaccini: una nicchia protetta di mercato fisso a basso rendimento e quindi a scarso investimento.
  • La deresponsabilizzazione della dirigenza sanitaria verso le vaccinazioni raccomandate: siamo arrivati, in anni recenti, a numerosi casi di direttori generali di ASL che, furiosamente impegnati nei pareggi di bilancio, hanno lesinato i pochi denari necessari alle vaccinazioni raccomandate, limitandosi a quelle obbligatorie.
  • La deresponsabilizzazione del medico che evita di assumersi una sia pur piccola responsabilità di contenzioso per eventuali effetti collaterali, prescrivendo un vaccino che non è obbligatorio.
  • La deresponsabilizzazione dell’individuo verso la prevenzione, vista non come un necessario impegno personale, ma delegata all’autorità.

 

Alla luce di una visione della sanità fondata sul consenso e sulla partecipazione del paziente e in considerazione del mutato quadro sanitario, nonché di una più efficace e capillare diffusione dei servizi di prevenzione, si può ipotizzare un percorso di educazione sanitaria delle famiglie, adottando il sistema del rifiuto informato delle vaccinazioni. Si tratterebbe di consentire ai genitori di negare il consenso alle vaccinazioni dopo aver acquisito consapevolezza dei rischi e dei benefici della vaccinazione prospettata, con un conseguente inserimento in un apposito registro dei bambini non vaccinati, che potranno così essere contattati al compimento della maggiore età per assumere autonomamente decisioni in proposito (che è poi quanto viene già fatto in Veneto).

Sul dibattito in corso pesa paradossalmente il successo delle campagne vaccinali degli ultimi 20/30 anni che, allontanando dalla popolazione la percezione di rischio delle malattie infettive, ha ingigantito quella relativa al bassissimo rischio di effetti collaterali da vaccino. Ad aggravare ulteriormente la situazione che spesso caratterizza gli interventi preventivi vaccinali, contribuisce la diffusione, attraverso i mezzi di comunicazione di massa, di informazioni imprecise e non supportate da evidenze epidemiologiche o scientifiche e spesso in contrasto con le indicazioni ufficiali.

Il farmacista è in grado di giocare un ruolo determinante nella diffusione di informazioni corrette e non allarmistiche verso il cittadino e per questo deve avere uno sguardo il più possibile ampio sugli argomenti collegati alle vaccinazioni.

 

Il board vaccini della Società Italiana di Igiene (SItI) ha aggiornato, in occasione della Settimana Europea delle Vaccinazioni (aprile 2011), il calendario vaccinale per gli adulti e gli anziani, in base alla disponibilità di nuovi vaccini, alle indicazioni di provata efficacia per richiami, alle vaccinazioni consigliate per determinate categorie e alle controindicazioni emerse. Tra le novità del calendario 2011 l’inserimento dei nuovi vaccini contro meningococco e pneumococco e la piena adesione al nuovo piano ministeriale contro morbillo e rosolia congenita.

 

 

 

Proposta di Calendario Vaccinale per l?Età Pediatrica e Adolescenziale

(0-18 anni) a cura di SItI-FIMP-SIP VERSIONE FINALE APPROVATA IL 8.7.2010

Vaccino

0gg - 30gg

3°mese

5° mese

7° mese

11°mese

13°mese

15°mese

5°-6° anno

12°-18° anno

DTPa

 

DTPa

DTPa

 

DTPa**

DTPa**

 

dTpa***

IPV

 

IPV

IPV

 

IPV

IPV

 

 

Epatite B

EpB-EpB*

Ep B

Ep B

 

EpB

 

 

 

Hib

 

Hib

Hib

 

Hib

 

 

 

MPRV o MPR + V

 

 

 

 

 

MPRV o MPR + V

MPRV o MPR+V

MPR**** o MPR + V ^

PCV ^^

 

PCV13

PCV13

 

PCV13

 

 

 

 

Men C

 

 

 

 

 

Men C §

 

Men C §

HPV

 

 

 

 

 

 

 

HPV°

 

Influenza

 

 

 

Influenza°°

 

Rotavirus

 

Rotavirus #

 

 

 

 

 

Epatite A

 

 

 

 

 

 

EpA ##

 

EpA ##

Legenda

DTPa = vaccino antidifterite-tetano-pertosse acellulare

IPV = vaccino antipolio inattivato Vaccini contenuti

Ep B = vaccino contro il virus dell?epatite B nell?esavalente

Hib = Vaccino contro le infezioni invasive da Haemophilus influenzae tipo b

dTpa = vaccino antidifterite-tetano-pertosse acellulare formulazione per adulto

MPRV= Vaccino tetravalente per morbillo, parotite, rosolia e varicella

MPR= Vaccino trivalente per morbillo, parotite, rosolia

V = Vaccino contro la varicella

PCV13 = Vaccino pneumococcico coniugato 13-valente

MenC = Vaccino contro il meningococco C coniugato

HPV = Vaccino contro i papilloma virus

Influenza = Vaccino trivalente contro l?influenza stagionale

Rotavirus = Vaccino contro i rotavirus

Ep A = Vaccino contro l?epatite A

Note:

*) Nei figli di madri HBsAg positive, somministrare entro le prime 12-24h di vita, contemporaneamente alle Ig specifiche, la prima dose di vaccino. Il ciclo va completato con la 2a dose a distanza di 4 settimane dalla prima; a partire dalla 3° dose che deve essere effettuata dal 61° giorno, si segue il calendario con il vaccino combinato.

**) La terza dose va somministrata ad almeno 6 mesi di distanza dalla seconda. La quarta dose, l?ultima della serie primaria, va somministrata nel 5°-6° anno. E? possibile anche utilizzare dai 4 anni la formulazione tipo adulto (dTpa) a condizione che siano garantite elevate coperture vaccinali in età adolescenziale.

***) I successivi richiami vanno eseguiti ogni 10 anni

****) In riferimento ai focolai epidemici in corso, si ritiene opportuno, oltre al recupero dei soggetti suscettibili in questa fascia d?età (catch up) anche una ricerca attiva ed immunnizzazione dei soggetti non vaccinati (mop up).

^) Soggetti anamnesticamente negativi per varicella. Somministrazione di due dosi di vaccino a distanza di ≥ 1 mese

^^) Sono disponibili dati scientifici a supporto del passaggio in corso di ciclo vaccinale (a qualsiasi dose) da PCV 7-valente a PCV 13-valente. Nei soggetti a rischio, la vaccinazione di recupero con 2 dosi di PCV13 è fortemente raccomandata, anche nel caso in cui sia già stato completato il ciclo vaccinale con PCV7. Fino ai 36 mesi di età, potrà essere valutata l?offerta di una dose di recupero sierotipico anche ai bambini della popolazione generale che abbiano già completato il ciclo di vaccinazione con PCV7. Per i soggetti mai vaccinati in precedenza che iniziano il ciclo dopo il primo anno di vita devono essere effettuate due dosi, e dopo il secondo anno una sola dose

§) Dose singola. La vaccinazione contro il meningococco C viene eseguita in due coorti contemporaneamente: la prima coorte al 13°-15° mese di vita e la seconda coorte a 12-14 anni. I bambini della prima coorte riceveranno tra il 12° e il 15° anno di vita una nuova dose di vaccino. Nei soggetti a rischio, la vaccinazione contro il meningococco C può iniziare dal terzo mese di vita con tre dosi complessive.

°) Solo per il sesso femminile. Somministrare 3 dosi nella coorte. Per accelerare la campagna di copertura in questa fase è auspicabile una strategia multicoorte e comunque il “co-payment o social price” per le fasce d?età senza offerta

gratuita.

°°) Vaccinare con il vaccino stagionale i soggetti a rischio già previsti dalla Circolare Ministeriale valutando, anche sulla base di aspetti organizzativi locali, il progressivo inserimento anche dei bambini che frequentano stabilmente gli asili o le altre comunità

#) Con offerta in “co-payment o social price”

##) Indicazione per aree geografiche ad elevata endemia (2 coorti, 15/18 mesi & 12 anni)

 

Nozioni di Immunologia: immunizzazione attiva e passiva

 

Keypoint: L'immunizzazione è definita come il processo che permette di rendere immune un paziente mediante la somministrazione di un antigene o di un immunogeno

 

Keywords: Immunizzazione, immunizzazione attiva, immunizzazione passiva, immunoglobuline, anticorpi, antisieri, vaccini classifcazione, vaccini attenuati, vaccini inattivati, vaccini split, adiuvanti nei vaccini 

 

L'immunizzazione è definita come il processo che permette di rendere immune un paziente mediante la somministrazione di un antigene o di un immunogeno. Nel primo caso l'immunizzazione si realizza con un agente che attiva la risposta immunitaria stimolando la produzione di anticorpi ed inducendo l'immunità mediata dalle cellule T e sviluppando inoltre una certa memoria immunologica, nel seconda caso invece si attua con la somministrazione di un agente che non sviluppa memoria immunologica.

La risposta immunitaria può essere considerata come un'azione che si realizza in due fasi: il riconoscimento e la risposta ad un antigene (patogeno). Nella fase di riconoscimento l'antigene attiva sia le funzioni delle risposte immunitarie aspecifiche (innate), sia quelle delle risposte immunitarie specifiche (adattabili). È importante sottolineare che il riconoscimento dell'antigene da parte della risposta immunitaria specifica dà luogo non solo a una risposta umorale che coinvolge particolari cellule B (linfociti B), ma anche a una risposta cellulare che riguarda specifiche cellule T (linfociti T), che coordinano una risposta immunitaria adatta solo alla seconda fase, detta anche effettrice, per eliminare l'origine di particolari antigeni e creare una memoria immunologia pronta per successive esposizioni allo stesso antigene.

I patogeni possono essere di diversa natura e sono batteri, virus, parassiti, funghi, proteine estranee o vaccini.

Come illustrato in Figura 1, il paziente, dopo l'iniziale esposizione a un antigene, fa scattare la risposta del sistema immunitario specifico. La componente umorale e quella cellulare della risposta immunitaria specifica aiutano ad eliminare l'antigene grazie a una complessa serie di azioni interattive coordinate dalle cellule attivate (le cellule B e le plasmacellule, le cellule TH o T-helper, le cellule TC o T-citotossiche e i linfociti T citotossici, o CTL), dai mediatori (le citochine secrete dalle cellule T attivate e altri segnali proteici cellulari solubili) e dagli anticorpi (Ab; immunoglobuline, Ig). A differenza della risposta immunitaria aspecifica che resta invariata a ogni esposizione, il sistema immunitario specifico migliora a ogni successiva esposizione allo stesso antigene. Questa “memoria immunologica” dipende dalla selezione clonale di cellule B e T geneticamente specifiche (cellule della memoria). Di conseguenza, come illustrato nella Figura 2, dopo un'esposizione iniziale a un vaccino o agli antigeni di malattie infettive, le esposizioni successive danno luogo a risposte immunitarie più intense e rapide, con il vantaggio di eliminare l'antigene e di prevenire la manifestazione clinica completa della malattia.

 

 

 

Immunizzazione attiva

Con questo termine si intende l'induzione di una risposta anticorpale in seguito ad una infezione virale o batterica (immunizzazione naturale) o in seguito alla somministrazione di un vaccino (immunizzazione artificiale), allo scopo di sviluppare immunità profilattica con la creazione di una memoria immunologica.

Al momento della somministrazione di un richiamo (seconda o successiva esposizione allo stesso antigene), i linfociti della memoria B e T, ovvero le cellule all'origine della memoria immunologica, sono in grado di scatenare una risposta immunitaria qualitativamente diversa e quantitativamente maggiore rispetto a quella osservata durante la prima esposizione all'antigene (immunizzazione primaria). La produzione di anticorpi o immunoglobuline capaci di neutralizzare gli antigeni e l'individuazione di un adeguato titolo anticorpale sono concetti importanti per capire le vaccinazioni. La risposta umorale a un antigene comporta la creazione di cellule della memoria B e la trasformazione dei linfociti B in plasmacellule deputate alla produzione di anticorpi. Le immunoglobuline IgM(uno dei 5 tipi di immunoglobuline A,D,E,G,M) compaiono dopo circa quattro giorni dal contatto iniziale con un antigene (immunizzazione) e raggiungono i valori di picco entro 4 ore.

Le gammaglobuline IgGsono la classe più importante di immunoglobuline (75% circa di quelle circolanti) e appaiono dopo 7 giorni dall'esposizione. Gli anticorpi si legano all'antigene e condizionano ulteriori azioni mediate dal sistema immunitario, neutralizzando l'antigene e provocandone l'eliminazione. Si definisce titolo anticorpale la concentrazione della immunoglobulina antigene-specifica in un preciso momento: spesso serve per misurare l'efficacia dell'esposizione iniziale all'antigene/vaccinazione per la creazione della memoria immunologica.

Composizione dei vaccini

I vaccini sono sospensioni di microrganismi vivi o uccisi di batteri o virus (es. vaccino per rosolia e morbillo), di antigeni altamente purificati (es. vaccino per l'epatite B o vaccino per l'influenza) o di antigeni non purificati (es. vaccino per la pertosse) e sfruttano il meccanismo naturale di difesa del nostro organismo, il sistema immunitario, per stimolare una risposta immunitaria che garantisca una specifica resistenza alle infezioni. Questa risposta immunitaria, simile a quella che è provocata dalla malattia senza che però si sviluppino i sintomi e le complicanze della malattia stessa, protegge dall'attacco dei microrganismi presenti nell'ambiente e nelle persone della nostra comunità. La durata dell'immunità varia da qualche mese a molti anni e per aumentare la risposta anticorpale alcuni vaccini inattivati vengono adsorbiti su un agente adiuvante (come l'alluminio idrossido). Questi adiuvanti possono tuttavia talvolta determinare irritazione locale, infiammazione, granuloma o necrosi nel sito di iniezione.

Efficacia e durata di immunizzazione

I vaccini vengono somministrati in soggetti sani per la prevenzione di malattie trasmissibili e solo eccezionalmente in individui già esposti, come nel caso del morbillo e della rabbia. Per garantire una corretta immunizzazione è necessario il rispetto delle dosi e degli intervalli di somministrazione seguendo il calendario vaccinale diffuso dal Ministero della Salute. L'efficacia dei vaccini non è mai del 100%, pertanto la protezione conferita dal vaccino è maggiore se tutta la comunità è immunizzata; il successo di una campagna vaccinale dipende quindi sia dalla disponibilità di un vaccino sicuro ed efficace sia dalla copertura raggiunta. Utilizzando i vaccini vivi attenuati, l'immunizzazione viene in genere garantita dopo una singola somministrazione (solo nel caso dei vaccini per bocca OPV per poliomielite erano necessarie 3 somministrazioni) ed è in genere duratura, anche se non sempre quanto quella garantita dalla infezione naturale. I vaccini inattivati possono invece richiedere una prima serie di somministrazioni per indurre una risposta anticorpale adeguata ed in molti casi sono indispensabili dosi di richiamo. L'immunizzazione artificiale viene effettuata soprattutto nei bambini (dalla nascita fino all'età di 5-6 anni), ma è raccomandata anche per gli adulti, specialmente se ad alto rischio di infezione.

Immunizzazione passiva

Con questo termine si intende la protezione immediata e di breve durata verso le infezioni ottenuta mediante la somministrazione di anticorpi sotto forma di immunoglobuline o di antisieri, ottenuti dal plasma di soggetti già immuni che hanno sviluppato un adeguato livello anticorpale nei confronti dell'agente infettivo in causa. L'immunizzazione passiva persiste per alcune settimane ed in caso di necessità può essere ripetuta. Sebbene fornisca spesso una protezione efficace contro alcune infezioni, l'immunità passiva è breve perché persiste fino alla completa scomparsa delle immunoglobuline o delle cellule linfoidi iniettate (qualche settimana o qualche mese). La somministrazione di immunoglobuline e il naturale trasferimento transplacentare di anticorpi materni al feto sono forme di immunizzazione passiva.

Anticorpi di origine umana vengono in genere definiti immunoglobuline, mentre con il termine antisiero si intendono le preparazioni di origine animale. In seguito alla comparsa frequente di malattia da siero o di altre reazioni di tipo allergico successive alla somministrazione di antisieri, è preferibile la somministrazione di immunoglobuline e, anche se in teoria sono possibili reazioni allergiche in caso di somministrazione di immunoglobuline umane, nella pratica clinica sono molto rare.

Obiettivo dei programmi di immunizzazione

L'obiettivo dei programmi di immunizzazione è l'eradicazione o almeno l'eliminazione di malattie infettive contagiose, intendendo con questi termini rispettivamente l'estinzione dell'agente patogeno che causa la malattia infettiva e la scomparsa della malattia, pur permanendo l'agente causale. Attualmente ci sono buone speranze per l'eradicazione della poliomielite e della rosolia congenita, grazie al Programma Esteso di Immunizzazione (EPI, Expanded Programme on Immunization) promosso dall'OMS, mentre per morbillo, pertosse, difterite, tetano, parotite e tubercolosi questo traguardo appare difficilmente raggiungibile.

Tipologie di vaccini in commercio

Vaccini vivi attenuati

Con l'attenuazione i virus vengono indeboliti in modo da rendere difficoltosa la loro capacità di riproduzione all'interno dell'organismo.

I vaccini contro il morbillo, la parotite, la rosolia e la varicella sono prodotti con questa tecnica. I virus normalmente causano la malattia attraverso la loro moltiplicazione continua nel corpo; mentre i virus naturali si replicano migliaia di volte, i virus attenuati dei vaccini di norma si replicano per non più di 20 volte e non risultano quindi in grado di causare la malattia. Il vantaggio dei virus vivi "attenuati" è che una o due dosi di vaccino determinano una immunità che dura tutta la vita. Il loro limite è invece rappresentato dal fatto che in genere non possono essere somministrati a persone con difetti del sistema immunitario (come persone affette da neoplasie o AIDS).

Vaccini inattivati

In questi vaccini i virus sono completamente inattivati (o uccisi) con sistemi chimici, quindi il virus non può moltiplicarsi e causare conseguentemente la malattia. Sono prodotti con questa tecnica i vaccini polio-inattivato (IPV, Inactivate Polio Vaccine, Salk), epatite A, un tipo di vaccino contro l'influenza e il vaccino contro la rabbia. Il vantaggio di questo approccio è che il vaccino non può causare, neanche in forma lieve, la malattia che deve prevenire e può essere somministrato anche a pazienti immunodepressi.

Il limite è che per assicurare l'immunizzazione occorre somministrare più dosi di vaccino.

Vaccini Split con virus

Usando questo sistema, uno specifico componente del virus viene rimosso o sintetizzato e usato come vaccino. Il vaccino contro l'epatite B e i vaccini contro l'influenza split utilizzano questa metodica. Il vaccino contro l'epatite B è composto da una proteina che si trova sulla superficie del virus che viene prodotto per sintesi usando la tecnica del DNA ricombinante, tecnica attualmente in uso anche per i vaccini antipertosse, che prevede l'inserimento in un microrganismo ospite del gene per la sintesi della proteina, che costituisce il vaccino, permettendo di produrre grandi quantità della proteina immunogena. Il vaccino contro l'epatite B può essere somministrato anche ai pazienti immunocompromessi e sembra indurre protezione per tutta la vita dopo tre dosi.

Vaccini Split con batteri

Alcuni batteri causano malattia attraverso la produzione di tossine, molecole di natura proteica nocive per l'organismo. Alcuni vaccini vengono allestiti inattivando chimicamente la tossina (resa cioè anatossina). Dopo l'inattivazione la tossina mantiene la capacità di stimolare il sistema immunitario ma non è più in grado causare danni. Sono sviluppati in questo modo i vaccini contro la difterite, il tetano e i nuovi vaccini acellulari contro la pertosse.

Un'altra tecnica di sviluppo di vaccini batterici è quella che utilizza parti del rivestimento glucidico (o polisaccaridico) dei batteri. La protezione contro l'infezione di alcuni batteri si basa infatti sull'immunità verso questo rivestimento di zuccheri. Poiché i bambini piccoli non hanno una risposta immunitaria efficace contro il solo rivestimento glucidico, quest'ultimo viene legato ad una proteina innocua (vaccino polissacaridico coniugato).

Sono allestiti in questo modo i vaccini contro l'Haemophilus influenzae e il nuovo vaccino contro lo pneumococco. Come i vaccini virali inattivati, anche i vaccini batterici possono essere somministrati ai pazienti immunocompromessi, ma spesso sono necessarie più dosi per indurre una adeguata protezione immunitaria.

Adiuvanti nei vaccini

Nei vaccini sono presenti anche piccolissime quantità di sostanze necessarie per prevenire contaminazioni batteriche, evitare la perdita di efficacia nel tempo o potenziare la risposta immunitaria.

Gli adiuvanti utilizzati più frequentemente sono:

  • Antibiotici: per prevenire la crescita batterica nelle culture vaccinali. Vengono spesso usati: neomicina, streptomicina, penicilline o polimixina B.
  • Alluminio: utilizzato sotto forma di sali per aumentare la stimolazione immunitaria ed aumentare la produzione di anticorpi.
  • Formaldeide: utilizzata per uccidere virus e batteri che possono trovarsi nelle colture usate per produrre vaccini.
  • Monossido di glutammato (MSG): è utilizzato come stabilizzante in alcuni vaccini, che in tal modo rimangono inalterati in situazioni quali cambiamenti di temperatura, umidità e pH.
  • Solfito: sotto forma di sodio metabisolfito è anch'esso uno stabilizzante.
  • MF59: derivato dello squalene che permette la formazione di un'emulsione che stimola la risposta del sistema immunitario.
  • Thiomersal: è un conservante contenente mercurio e ha un'azione antimicrobica.


Vaccinazioni obbligatorie previste nel Piano Nazionale dei Vaccini

 

Keywords: Vaccinazioni obbligatorie, difterite, Corynebacterium diphteriae, vaccino antidifterico, tetano, Clostridium tetani, vaccino antitetanico, poliomielite, Enterovirus, vaccino antipolio, epatite B, virus dell’epatite B, HBV, vaccino antiepatite B  

 

DIFTERITE

Quadro clinico della malattia

La difterite è una grave malattia infettiva batterica prodotta dai ceppi tossigeni del Corynebacterium diphteriaetrasmissibili per via aerea e causata dall'azione della tossina difterica. La difterite inizia generalmente con mal di gola, febbre moderata e tumefazione del collo e può causare, per diffusione sistemica della tossina difterica, paralisi muscolari, lesioni renali e lesioni a carico del miocardio che possono evolvere in insufficienza cardiaca con possibile esito letale. Molto spesso i batteri della difterite si moltiplicano nella faringe, causando un quadro di soffocamento, o nelle cavità nasali a livello cutaneo o in altre parti dell'organismo dove si viene a formare una membrana di colore grigiastro. La letalità è di circa il 5-10%; spesso però nei sopravvissuti permangono danni permanenti a carico di cuore, reni e sistema nervoso centrale.

Dati epidemiologici

In Italia, prima dell'avvento della vaccinazione di massa al termine della seconda guerra mondiale, si registravano annualmente alcune decine di migliaia di casi di difterite con più di mille morti ogni anno. Dopo che la vaccinazione antidifterica è stata praticata in forma estensiva i casi di malattia si sono ridotti, fino a scomparire quasi del tutto alla fine degli anni '70.

Vaccino

Il vaccino antidifterico è costituito dalla anatossina difterica, cioè dalla tossina originaria resa innocua mediante procedimenti chimici che ne conservano però la capacità di stimolare la produzione di anticorpi. Il vaccino antidifterico è solitamente combinato al vaccino antitetanico e al vaccino antipertossico acellulare (DTaP) ai quale si accomuna per modo e calendario di somministrazione.

Per l'immunizzazione dei nuovi nati viene però utilizzato oggi il vaccino esavalente, che oltre a proteggere contro la difterite previene anche il tetano, la poliomielite, l'epatite virale B, la pertosse e le infezioni invasive da Hib (Haemophilus influenzaedi tipo B).

Dosi e calendario

Il calendario vaccinale, in vigore dal 1999, prevede tre dosi di vaccino, da praticare entro il primo anno di vita del bambino contemporaneamente alle altre vaccinazioni infantili. Una dose di richiamo di vaccino DTaP [p1] viene poi eseguita a 5-6 anni e un'altra tra gli 11 e 15 anni.

Ulteriori richiami possono essere previsti, per conservare una buona immunità, con cadenza decennale utilizzando il vaccino Tdap (vaccino difto-tetanico-pertossico acellulare per adulti). La formulazione per adulti ha un ridotto contenuto di anatossina rispetto a quella pediatrica e viene utilizzata per le dosi di richiamo oltre i 6 anni e per la vaccinazione di adolescenti e adulti.

Efficacia del vaccino

La vaccinazione antidifterica, a ciclo ultimato, conferisce una protezione pressoché totale.

La durata della protezione nel tempo è molto lunga ed è ulteriormente garantita dall'esecuzione dei richiami.

TETANO

Quadro clinico della malattia

Il tetano è una grave malattia infettiva causata dall'azione della tossina tetanica, prodotta dal batterio Clostridium tetaniche si trova generalmente nel suolo o nell'intestino degli animali. La malattia può essere mortale nel 20-30% circa dei casi e, differentemente dalle altre malattie infettive prevenibili con la vaccinazione, il tetano non si trasmette da persona a persona. L'infezione deriva spesso da una ferita, anche banale, occorsa a una persona che non è stata adeguatamente vaccinata e per questo motivo in questi soggetti il rischio di infezione può essere considerato quotidiano. Nei paesi in via di sviluppo il tetano può colpire le donne non vaccinate infettatesi durante il parto oppure i loro neonati per infezione del cordone ombelicale (tetano neonatale, oggi del tutto scomparso in Occidente). Raramente si può contrarre l'infezione attraverso l'uso di siringhe infette, morsi di animali, ustioni o abrasioni. La sintomatologia è complessa; la tossina tetanica produce infatti violente contrazioni muscolari, febbre, sudorazione, ipertensione arteriosa e tachicardia. Gli spasmi possono interessare le corde vocali ed i muscoli respiratori al punto da mettere in seria difficoltà la respirazione e le contrazioni muscolari possono essere così violente da produrre fratture ossee.

Dati epidemiologici

In Italia, prima dell'introduzione della vaccinazione di massa (resa progressivamente obbligatoria per varie categorie di soggetti nel corso degli anni '60) si contavano annualmente circa 700 casi di tetano. Dalla fine degli anni '60 in poi le infezioni sono andate gradatamente diminuendo fino a giungere a valori odierni di poco superiori al centinaio di casi all'anno, a carico comunque di soggetti adulti non o incompletamente vaccinati; di contro, dato l'elevato numero di vaccinati, non si registra più alcun caso di tetano in soggetti al di sotto dei 20 anni di età.

Il vaccino

Il vaccino antitetanico è costituito dall'anatossina tetanica, solitamente presente in combinazione con il vaccino antidifterico e antipertossico acellulare (DTaP) o nel vaccino esavalente.

Dosi e calendario

Il calendario vaccinale è lo stesso della difterite. La vaccinazione è consigliata anche a tutti gli adulti non precedentemente vaccinati.

Richiami possono essere previsti di solito ogni 10 anni.

Efficacia del vaccino

La vaccinazione antitetanica, a ciclo di base ultimato, conferisce una protezione pressoché totale. La durata della protezione nel tempo è molto lunga, almeno 10 anni, ed è ulteriormente garantita dall'esecuzione dei richiami.

POLIOMIELITE

Quadro clinico della malattia

La poliomielite è una malattia causata da 3 sierotipi di virus a RNA del genere Enterovirus, che raggruppa circa 70 tipi di virus identificati nell'uomo, trasmissibili da uomo a uomo per via alimentare, attraverso le feci e la saliva. Nella maggior parte (95%) delle persone infettate dai poliovirus non si manifesta alcun disturbo. Sintomi minori possono comprendere faringodinia (mal di gola), moderato rialzo termico, nausea e vomito. In alcuni casi (1-2%) si può manifestare rigidità di collo, della schiena o delle gambe, ma senza paralisi; in una percentuale ridottissima, all'incirca in uno ogni 1000 infezioni, si verifica la paralisi, che in alcuni casi coinvolge i muscoli respiratori rendendo così impossibile la respirazione autonoma. Alcuni pazienti possono recuperare la funzionalità muscolare in modo completo, ma sono possibili ricadute dopo 30-40 anni con dolori muscolari e progressivo indebolimento.

Dati epidemiologici

Prima della vaccinazione antipolio si verificavano ogni anno in Italia alcune migliaia di casi di polioparalisi, con un picco registrato nel 1958 con più di 8.000 casi, ai quali sono stati associati centinaia di decessi. A essere colpiti sono stati per lo più bambini in età scolare e per tale motivo la malattia veniva anche chiamata "paralisi infantile". Con l'introduzione della vaccinazione, avvenuta in Italia prima con il vaccino Salk (nel 1957) e poi con il vaccino Sabin (nel 1964), la malattia ha subito una drastica riduzione fino alla definitiva scomparsa di casi avvenuta all'inizio degli anni '80.

Oggi la polio è endemica solo in 4 Paesi: Afghanistan, India, Nigeria e Pakistan.

L’OMS ha messo in campo numerose iniziative per combattere la malattia, con l’obiettivo di giungere alla sua completa eradicazione. Grazie alle campagne di vaccinazione di massa, il numero di casi di poliomielite negli ultimi anni si è drasticamente ridotto.

Nel 1994 il continente americano è stato dichiarato polio free, cioè libero da poliomielite, grazie all’attività della Pan American Health Organization (Paho). A esso ha fatto seguito la Regione del Pacifico occidentale nel 2000 e la Regione Europea nel 2002. Nel 2010, tuttavia, un'epidemia in Tagikistan ha rimesso in discussione lo status "polio free" della Regione europea dell'Organizzazione Mondiale della Sanità. Questo status verrà rivalutato nell’agosto 2011 dalla European Regional Certification Committee for Poliomyelitis Eradication.

 

Il vaccino

Esistono due tipi di vaccino, entrambi efficaci nel prevenire la malattia: il vaccino IPV (Vaccino Antipolio Inattivato, vaccino di Salk) e il vaccino OPV (Vaccino Antipolio Orale vivo, vaccino di Sabin). In Italia attualmente si utilizza il vaccino inattivato di tipo Salk. Con il passaggio all'IPV, sono stati introdotti sul mercato diversi prodotti combinati, che associano la componente antipolio agli altri vaccini previsti in età pediatrica entrando a far parte del vaccino esavalente. Per adolescenti ed adulti sono disponibili invece vaccini combinati quadrivalenti che associano IPV ai vaccini per tetano, difterite e pertosse.

Dosi e calendario

Il ciclo di base è costituito da tre dosi di vaccino, da praticare entro il primo anno di vita, contemporaneamente alle altre vaccinazioni infantili; una quarta dose di richiamo viene praticata nel corso del terzo anno. Non sono previsti attualmente altri richiami.

Dall'agosto del 2002, in concomitanza con la certificazione dell'OMS dell'eradicazione della polio dalla Regione Europea, è stato adottato definitivamente un calendario basato sulla somministrazione esclusiva di IPV. Per quanto riguarda il richiamo occorre fare una distinzione: per i bambini nati dal 1 gennaio 2004 in poi è previsto un richiamo tra il 5° e il 6° anno di vita e comunque, non prima di 12 mesi dalla somministrazione della terza dose, insieme al richiamo del vaccino antiDifterico-Tetanico-Pertossico (DTaP) e della seconda dose di antiMorbillo-Parotite-Rosolia (MPR) mentre per i bambini nati prima dell'1° gennaio 2004 il richiamo va praticato al 2°-3° anno di vita come in precedenza.

Efficacia del vaccino

Entrambi i tipi di vaccino (Salk e Sabin) conferiscono protezione pressoché assoluta. La durata della protezione è molto lunga ed anche se non vi sono dati certi sembra che la protezione duri tutta la vita.

EPATITE B

Quadro clinico della malattia

L'epatite B è una patologia con eziologia virale. Il virus dell'epatite B (HBV, Hepatitis B Virus) è trasmesso da una persona all'altra attraverso il sangue e i fluidi corporei, generalmente attraverso contatti sessuali o scambio di siringhe infette. Il virus può essere trasmesso ai neonati dalle madri infette e l'infezione colpisce in particolare il fegato. I sintomi della malattia acuta sono svariati e comprendono inappetenza, affaticamento, nausea, ittero, dolori articolari e rash cutaneo.

Più della metà dei bambini che acquisiscono l'infezione non mostrano segni o sintomi, ma possono diventare portatori cronici. Il 90% dei bambini che contraggono il virus dalla madre alla nascita e il 30-50% di quelli che si infettano all'età di 5 anni diventano portatori cronici dell'HBV, mentre i soggetti che si infettano in età adulta hanno un rischio molto minore (6-10%). I portatori cronici sono a rischio per lo sviluppo di epatite cronica o carcinoma epatico. L'epatite B, infatti, è soprattutto grave per queste complicanze che si sviluppano a distanza di 30-40 anni nei portatori cronici. Più giovane è il paziente quando acquisisce la malattia, più è probabile che sviluppi l'epatite cronica o il carcinoma del fegato.

Dati epidemiologici

La percentuale di portatori cronici di HBV nei Paesi a bassa endemia, come Nord America e Europa Occidentale, è meno del 2%. I dati di sorveglianza indicano che la frequenza dell'epatite acuta da HBV in Italia si è notevolmente ridotta nell'ultimo decennio con l'introduzione dell'obbligatorietà della vaccinazione nel 1991 per tutti i neonati.

L’ECDC [p2] nel 2010 ha passato in rassegna la letteratura relativa all’epatite virale A e B all’interno dell’Unione europea, allo scopo di definirne prevalenza, impatto della malattia, strategie di screening nazionale e loro efficacia. Dall’analisi dei dati emerge una variabilità della prevalenza tra i Paesi. La prevalenza di epatite B va dallo 0,1% in Irlanda e Olanda a oltre il 7% nella Turchia orientale, mentre quella di epatite C oscilla dallo 0,4% in Svezia a oltre il 20% in Sicilia. In generale, i Paesi del Sud hanno una maggiore prevalenza di epatite C rispetto ai Paesi del Nord e dell’ovest dell’Unione europea.

L'Italia, in particolare, ha una prevalenza di epatite virale C (HCV, Hepatitis C Virus) nella popolazione generale molto più elevata rispetto a quella stimata per l’HBV. Le valutazioni epidemiologiche e filogenetiche suggeriscono che ciò sia attribuibile a un aumento della trasmissione iatrogena avvenuta negli anni Cinquanta.

Confrontando le stime di prevalenza per HBV e HCV nella popolazione generale (o nelle donne in gravidanza se la stima della popolazione generale non è disponibile) si possono distinguere cinque gruppi di Paesi:

  • la Romania ha una elevata prevalenza [p3] sia di HBV sia di HCV;
  • la Grecia e la Turchia hanno un'alta prevalenza [p4] di HBV e una prevalenza media di HCV;
  • l'Italia ha un'alta prevalenza di HCV e una prevalenza media [p5] di HBV;
  • la Francia e la Spagna hanno una prevalenza media di HCV e una bassa prevalenza di HBV
  • sette Paesi (Belgio, Germania, Paesi Bassi, Slovacchia, Svezia, Svizzera e Regno Unito) presentano una bassa prevalenza sia per HBV sia per HCV.

In occasione della Giornata mondiale dell’epatite 2010, l’ECDC ha pubblicato un foglio informativo con dati aggiornati: le infezioni da epatite B sono in diminuzione, quelle da epatite C sono in aumento ed entrambe sono diffuse soprattutto nei gruppi di popolazione a rischio. Le fasce di età più colpite sono quelle che vanno dai 15 ai 24 anni e dai 22 ai 44 e gli uomini hanno una probabilità doppia rispetto alle donne di contrarre l’infezione. Entrambe le forme di epatite possono sfociare in forme croniche e acute e sono la causa principale di patologie come la cirrosi e i tumori epatici.

Il vaccino

L'attuale vaccino contiene l'antigene di superficie dell'epatite B inattivato (HbsAg), adsorbito su idrossido di alluminio come adiuvante e normalmente presente nel vaccino esavalente. È un prodotto biosintetico, ottenuto con tecniche di DNA ricombinante.

I neonati partoriti da madre portatrice del virus (HBsAg positiva) dovrebbero essere vaccinati subito dopo la nascita e dovrebbero essere vaccinati anche tutti i soggetti a rischio (ad es. tossicodipendenti, operatori sanitari e personale di assistenza degli ospedali e delle case di cura private, persone conviventi con portatori cronici del virus dell'epatite B, ecc.).

Dosi e calendario

Nei bambini si somministrano tre dosi di vaccino al 3°, 5° e tra l'11° e il 12° mese di vita mentre nei neonati da madre infetta (HBsAg positiva) si somministrano quattro dosi: alla nascita (entro 12-24 ore), al 1°, 2° e 11-12° mese di vita somministrando assieme alla prima dose di vaccino anche le immunoglobuline.

Efficacia del vaccino

I vaccini antiepatite B sono efficaci al 95%. La durata della protezione è molto lunga, anche se non vi è certezza se la protezione duri per tutta la vita. Recenti studi su soggetti vaccinati da oltre 10 anni evidenziano una risposta anticorpale ancora protettiva e dimostrano un’azione booster molto alta con il raggiungimento di titoli anticorpali elevati con una dose di richiamo di vaccino; questo dimostra una capacità protettiva anche in soggetti che non presentano valori di anti-HBs dosabili.

 

Vaccinazioni raccomandate

 

Keywords: Pertosse, Bordetella pertussi[p6] s, vaccino antipertosse, morbillo, vaccino antimorbillo, rosolia, Rubivirus, vaccino antirosolia, parotite, Paramyxovirus parotitidis, vaccino antiparotite, Haemophilus influenzae di tipo B, Hib, vaccino anti-Haemophilus influenzae tipo B

 

PERTOSSE

Quadro clinico della malattia

La pertosse (o tosse canina), malattia batterica causata dalla Bordetella pertussis, è altamente contagiosa, soprattutto nel periodo iniziale, prima dell'insorgenza della tosse parossistica. Dopo tre settimane dall'inizio della fase parossistica, nei pazienti non trattati il contagio si considera trascurabile. La trasmissione è per via aerea attraverso l'aerosol prodotto da tosse o starnuti.

La pertosse si caratterizza per una tosse persistente (per più di tre settimane). L'esordio della malattia si manifesta con una tosse lieve, accompagnata da qualche linea di febbre e copiose secrezioni nasali (fase catarrale: dura da 1 a 2 settimane). Progressivamente la tosse diventa parossistica e si associa a difficoltà respiratorie (fase convulsiva o parossistica che può durare più di 2 mesi in assenza di trattamento). In seguito a parossismi, si possono verificare anche casi di apnea, cianosi, oppure vomito. La malattia è tanto più grave quanto più precocemente viene contratta e mediamente il 20% dei casi di pertosse richiede l'ospedalizzazione per complicazioni respiratorie. Un'altra grave complicanza è l'encefalopatia che colpisce da 1 a 2 bambini ogni 1000.

Dati epidemiologici

La mortalità da pertosse è alta (mediamente 2 decessi ogni 1000 contagiati) e quasi completamente a carico dei bambini nel primo anno di vita.

La causa principale di morte è la polmonite. In Italia, fino all'inizio degli anni '90, venivano segnalati oltre 13.000 casi di pertosse ogni anno ma, con la graduale diffusione della vaccinazione, introdotta come pratica volontaria a partire dal 1970, è progressivamente calato il numero dei contagi, che oggi si attestano su qualche migliaio all'anno (7.000 circa nel 1998). In Italia la pertosse viene obbligatoriamente notificata alle autorità sanitarie. La percentuale di neonati italiani vaccinati contro la pertosse varia da regione a regione dal 70% al 97%.

Il vaccino

Il vaccino disponibile contiene soltanto alcuni componenti del batterio e viene somministrato come vaccino trivalente (DTaP) o esavalente. Rispetto al vecchio preparato ottenuto con cellule batteriche intere, l'attuale vaccino provoca un minor numero di reazioni avverse nei vaccinati, pur conservando una elevata efficacia protettiva.

Chi vaccinare

La vaccinazione è consigliata a tutti i bambini nel corso del primo anno di vita.

Dosi e calendario

Il calendario vaccinale è lo stesso della difterite e del tetano. Non sono previsti successivamente altri richiami oltre a quello del 14° anno.

Efficacia del vaccino

La protezione conferita dalla vaccinazione antipertossica è di circa l'85%. Tuttavia nelle popolazioni vaccinate si è osservato un ritorno della pertosse a causa della perdita progressiva di immunità, data dalla mancata prescrizione della dose di richiamo vaccinale quando è stato introdotto il vaccino 30 anni fa. Per mantenere elevata l'efficacia della vaccinazione nel tempo è quindi importante eseguire i richiami previsti. In genere, quando la pertosse si verifica nei vaccinati si presenta in forma meno grave.

 

MORBILLO

La malattia

È una malattia infettiva importante causata da un virus del genere Morbillivirus(famiglia dei Paramixoviridae) che si trasmette per via respiratoria. Il morbillo inizia con febbre alta, seguita da tosse e congiuntivite. Al calare della febbre compare una caratteristica eruzione cutanea, che a cominciare dal volto si estende su tutto il corpo. Le complicazioni più frequenti sono le infezioni dell'orecchio medio (4-5%), la polmonite (5-6%), la laringite e la diarrea. Più raramente (1 su 1000 casi) è possibile l'insorgenza di encefalite che può causare la morte, danni cerebrali permanenti o ritardo mentale. È importante sottolineare che da 3 a 10 bambini su 10.000 muoiono a causa della malattia e il decesso è più frequente nei lattanti e tra i pazienti immunocompromessi.

Dati epidemiologici

Nel 2002 si è verificata in Italia una vasta epidemia di morbillo con oltre 40.000 bambini malati, più di 600 ricoverati in ospedale, 15 encefaliti e 6 decessi. Tra giugno e settembre 2006, inoltre si sono verificati alcuni focolai epidemici di morbillo che hanno interessato principalmente la popolazione nomade Rom/Sinti, in tre diverse Regioni italiane (Lazio, Sardegna e provincia autonoma di Bolzano). Anche se la maggior parte dei nomadi non obietta alle vaccinazioni, nessuno dei casi riportati era stato vaccinato contro il morbillo. Il verificarsi di simili focolai evidenzia l'importanza di raggiungere e mantenere coperture vaccinali elevate con due dosi di vaccino, in particolare tra i gruppi vulnerabili e più difficili da raggiungere.

Un articolo, pubblicato sul WHO Epidemiological Brief No.13 di marzo 2011, mette in evidenza i numerosi focolai di morbillo registrati in diversi Stati membri dell’OMS Europa tra il 2007 e il 2010 e quelli in corso nel 2011. In particolare, sono state riportate epidemie in molti Paesi dell’Europa occidentale, compresi Austria, Francia, Germania, Irlanda, Italia, Paesi Bassi, Regno Unito e Svizzera. È in corso dal 2009 una vasta epidemia in Bulgaria con circa 24.000 casi riportati e 24 decessi. Si parla anche del caso (segnalato dalla Pan American Health Organization, PAHO) di un bambino statunitense di 9 mesi che ha contratto il virus nella Repubblica Dominicana probabilmente dopo aver avuto contatti con un adulto europeo affetto da morbillo. Il caso è significativamente importante, visto che le Americhe hanno eliminato il morbillo già nel 2002.

Secondo il rapporto Istisan [p7] “Piano nazionale di eliminazione del morbillo e della rosolia congenita: indagine sullo stato di avanzamento (2009)”, solo il 28% delle ASL italiane ha raggiunto l’obiettivo del 95% di copertura vaccinale per la prima dose di MPR [p8] nei bambini sotto i due anni di età, e meno del 5% ha raggiunto una copertura vaccinale del 95% per la seconda dose nelle coorti di nascita 1991-2001. Inoltre, solo nel 57% delle ASL sono state messe in atto attività per vaccinare le donne in età fertile suscettibili alla rosolia e solo nel 30% viene effettuata, nei punti nascita, la vaccinazione delle puerpere suscettibili prima delle loro dimissioni. Sono alcuni dei risultati di un’indagine conoscitiva, svolta nelle Regioni, nelle Province Autonome e in 154 ASL al fine di valutare lo stato di avanzamento degli obiettivi del Piano nazionale per l’eliminazione del morbillo e della rosolia congenita. L’indagine ha evidenziano la necessità di migliorare sia la sorveglianza sia la diagnosi di laboratorio, di aumentare l’uso delle azioni di comprovata efficacia per migliorare la copertura vaccinale, di sensibilizzare gli addetti ai lavori e di intensificare gli sforzi per vaccinare i bambini più grandi, gli adolescenti, i gruppi difficili da raggiungere e le donne in età fertile suscettibili alla rosolia.

In questo contesto è stato approvato, con l'Intesa Stato-Regioni del 23 marzo 2011, il nuovo Piano nazionale per l’eliminazione del morbillo e della rosolia congenita (PNEMoRc) 2010-2015.
Il documento ribadisce gli obiettivi generali che l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha fissato per il 2015, ovvero:

  • eliminazione dei casi di morbillo endemico;
  • eliminazione dei casi di rosolia endemica;
  • prevenzione dei casi di rosolia congenita (

Illustra inoltre gli obiettivi specifici e le azioni da attuare per il loro raggiungimento:

  • raggiungere una copertura vaccinale >95% per la prima dose di MPR, entro i 24 mesi di vita, a livello nazionale, regionale e in tutte le ASL e >90% in tutti i distretti
  • raggiungere una copertura vaccinale > 95% per la seconda dose di MPR entro il compimento del 12° anno a livello nazionale, regionale e in tutte le ASL e >90% in tutti i distretti
  • mettere in atto iniziative vaccinali supplementari rivolte alle popolazioni suscettibili sopra i 2 anni inclusi gli adolescenti, i giovani adulti e i soggetti a rischio (operatori sanitari e scolastici, militari, gruppi “difficili da raggiungere” quali i nomadi)
  • ridurre la percentuale di donne in età fertile suscettibili alla rosolia a meno del 5%
  • migliorare la sorveglianza epidemiologica del morbillo, della rosolia, della rosolia in gravidanza e della rosolia congenita e degli eventi avversi da vaccino
  • migliorare l’indagine epidemiologica dei casi di morbillo, inclusa la gestione dei focolai epidemici
  • garantire la diffusione del nuovo Piano e migliorare la disponibilità di informazioni scientifiche relative a morbillo e rosolia da diffondere tra gli operatori sanitari e tra la popolazione generale.

Le Regioni e Province Autonome hanno la responsabilità di garantire che tutte le ASL partecipino al programma, verificando la disponibilità delle risorse operative necessarie. I risultati delle valutazioni regionali dovranno essere trasmessi al Ministero della Salute e all’Istituto Superiore di Sanità, ai fini del monitoraggio dell’andamento del Piano a livello nazionale.

Il vaccino

Il vaccino contro il morbillo è presente in combinazione con il vaccino contro la rosolia e la parotite (vaccino MPR) ed è costituito da virus vivi attenuati.

Chi vaccinare

Nei bambini la vaccinazione è raccomandata dopo l'anno di età o tra i 6 e i 12 mesi se è in corso una epidemia di morbillo.

Dosi e calendario

La vaccinazione contro il morbillo prevede la somministrazione di due dosi. La prima è eseguita a partire dai 12 mesi compiuti e comunque entro i 15 mesi d'età anche contemporaneamente alla terza dose dei vaccini previsti nel primo anno di vita. La seconda dose è attualmente prevista a 5-6 anni ed è da eseguire contemporaneamente alla dose di richiamo di vaccino DTaP. È stata raccomandata anche la vaccinazione dei bambini più grandi ancora suscettibili con l'introduzione di una seconda dose all'età di 11-12 anni. La vaccinazione selettiva degli adolescenti continua ad essere raccomandata finché non siano raggiunti livelli elevati di copertura MPR nella prima infanzia.

Efficacia del vaccino

La vaccinazione contro il morbillo effettuata con due dosi, ha un'efficacia del 98-99% ed una immunità che dura tutta la vita.

Il vaccino sviluppato per il morbillo è oggi disponibile solo nella forma trivalente, associata con i vaccini antirosolia e antiparotite.

Con una unica vaccinazione si ottiene quindi protezione permanente contro la rosolia (efficacia 100%) e contro la parotite (efficacia 95%).

 

ROSOLIA

Quadro clinico della malattia

La rosolia è una malattia causata da un virus del genere Rubivirus, della famiglia dei Togaviridae, che si trasmette attraverso l'aerosol prodotto da tosse o starnuti. I sintomi generalmente comprendono febbre lieve, rigonfiamento doloroso delle linfoghiandole alla base della nuca, sul retro del collo e dietro le orecchie, eruzione cutanea generalizzata che può essere anche di brevissima durata o inapparente.

Possibili complicazioni includono dolori articolari, trombocitopenia (1 ogni 3.000 casi) ed encefalite (1 ogni 5.000 casi); negli adolescenti e negli adulti si può inoltre manifestare artrite temporanea.

Nelle donne in gravidanza l'evoluzione della malattia può portare alla Sindrome della Rosolia Congenita (CRS, Congenital Rubella Syndrome), pericolosa in quanto può danneggiare seriamente il nascituro, causando sordità, ritardo mentale, cataratta o altre patologie a carico dell'occhio, malattie congenite del cuore e malattie del fegato e della milza che possono provocare piastrinopenia. Le donne infettate durante il primo trimestre di gravidanza possono andare incontro ad aborto o rischiano di avere un bambino con rosolia congenita nell'85% dei casi. Inoltre i bambini affetti da CRS possono eliminare virus per via urinaria per circa un anno rappresentando una fonte di infezione per altre persone non immuni.

Dati epidemiologici

Nonostante non siano disponibili dati sull'incidenza è stato osservato che prima dell'introduzione del vaccino erano frequenti le epidemie di rosolia ed il numero delle donne gravide infette era alto, con elevato numero di aborti e di sindromi da rosolia congenita. In Italia, il numero di casi notificato dal 1970 al 2001 indica una ricorrenza delle epidemie circa ogni 4-5 anni, fino al 1997, ultima epidemia degli anni '90 con circa 35mila casi riportati.

Secondo il sistema dei pediatri sentinella (lanciato nel 2000 e che copre il 4% circa della popolazione pediatrica) l'incidenza stimata di rosolia nei bambini nel 2000 era dalle 5 alle 6 volte più alta rispetto alle notifiche. Nel 2002 la rete epidemiologica ha stimato un'incidenza elevata con circa 300 casi per 10.000 bambini, soprattutto tra i 10 e i 14 anni di età.

Il vaccino

Il vaccino contro la rosolia è costituito dal virus vivo attenuato ed è in commercio in combinazione con il vaccino contro il morbillo e la parotite (vaccino MPR).

Chi vaccinare

I bambini dopo il compimento del 12° mese d'età e tutte le donne in età fertile, nelle quali l'immunità verso la rosolia non è certa (raccomandato lo screening routinario delle donne gravide).

Dosi e calendario

Il calendario della vaccinazione è lo stesso del morbillo (vedi paragrafo sul Morbillo).

La copertura vaccinale per le tre malattie sopra descritte (morbillo, parotite e rosolia) nel nostro Paese è oggi superiore all'80% in molte zone. Esistono però alcune Regioni dove questo dato scende drammaticamente sotto il 50%. L'obiettivo della campagna per l'eliminazione delle tre malattie (PNEMoRC 2010-2015), tramite il vaccino trivalente, è di raggiungere una copertura del 95% per la prima e la seconda dose di vaccino.

 

PAROTITE

La malattia

La parotite è un'infezione virale causata dal Paramyxovirus parotitidische si propaga attraverso le microgocce degli starnuti o della tosse e solitamente ha il suo esordio con gonfiore di una o più ghiandole parotidee. La malattia dura circa una settimana e le possibili complicazioni includono meningiti asettiche (5-15%), pancreatite (4%), infiammazione dei testicoli (orchite) nel 25% dei maschi dopo la pubertà e delle ovaie nel 5% della femmine.

La parotite, anche se con incidenza piuttosto bassa (3 casi ogni 100.000), è la prima causa di sordità acquisita del bambino.

 

Dati epidemiologici

Il rapporto preliminare che fornisce una panoramica della situazione dei 26 Paesi partecipanti alla rete Euvac[p9] .Net rileva che, nel complesso, il numero di casi di parotite segnalati nel 2009 (21.048 casi) è sovrapponibile a quello dell'anno precedente. L'incidenza complessiva è stata di 6,1 per 100.000 abitanti. Le incidenze più elevate sono state registrate in Italia, Bulgaria e Regno Unito, con 81,6 casi, 14,6 e 14,2 per 100.000 abitanti, rispettivamente. L'incidenza è risultata più alta tra i giovani di 20-24 anni (22,8 per 100.000) e tra gli adolescenti di 15-19 anni (22,5 per 100.000 abitanti).

Il 28 gennaio 2010 la sentenza del General Medical Council britannico ha chiuso il caso sollevato nel 1998 dall’articolo del medico inglese Andrew Jeremy Wakefield pubblicato su The Lancet che ipotizzava un legame tra autismo e vaccino contro morbillo, parotite e rosolia. Lo studio è stato giudicato inattendibile, frutto di un comportamento “disonesto e irresponsabile” da parte di Wakefield. La stessa rivista Lancet ha ritirato l’articolo.[p10] 

Il vaccino

Il vaccino contro la parotite è costituito dal virus vivo attenuato ed è in commercio in combinazione con il vaccino contro il morbillo e la rosolia (vaccino MPR).

Chi vaccinare

I bambini dopo il compimento del 12° mese di età, ma anche gli adolescenti e i giovani adulti non immuni.

Dosi e calendario

Il calendario della vaccinazione è lo stesso del morbillo (vedi paragrafo sul Morbillo).

 

Efficacia del vaccino

La vaccinazione contro la parotite effettuata con due dosi, ha una efficacia superiore al 95%. L'immunità dura tutta la vita.

 

HAEMOPHILUS INFLUENZAE DI TIPO B (Hib)

Quadro clinico della malattia

L'Hib è un batterio che può infettare le meningi causando meningite batterica ed altre serie condizioni patologiche quali polmonite, infiammazione dell'epiglottide con conseguente difficoltà respiratoria e setticemia. Il batterio si trasmette attraverso l'aerosol emesso con tosse o starnuto. La meningite colpisce soprattutto i bambini di età compresa tra i 3 mesi e i 3 anni con un picco verso i sei mesi, mentre non è comune dopo i cinque anni di età. Circa il 5% dei bambini affetti da meningite, anche se sottoposto a terapia antibiotica, muore per questa malattia ed il 15-30% dei bambini che sopravvive riportano danni neurologici permanenti come cecità, sordità, ritardo mentale e difficoltà di apprendimento.

 Il vaccino

Il vaccino Hib è costituito da una parte della parete batterica (rivestimento polisaccaridico) coniugata con una proteina al fine di facilitare la risposta immunitaria nei bambini al di sotto dei due anni e per questo è chiamato vaccino polisaccaridico coniugato.

Sono disponibili sia vaccini monovalenti contro il solo Hib sia vaccini combinati con altri antigeni. Per l'immunizzazione dei nuovi nati viene solitamente utilizzato il vaccino esavalente.

Chi vaccinare

A causa dell'alto rischio di malattia nei bambini, tutti i bambini al di sotto dei 5 anni dovrebbero essere vaccinati per l'Hib, oltre a bambini di età superiore o adulti in specifiche condizioni di salute quali HIV/AIDS, rimozione della milza, trapianto del midollo osseo.

Dosi e calendario

Il ciclo vaccinale di base prevede, per i nuovi nati, la somministrazione di tre dosi nel primo anno di vita (3°, 5° e 12° mese) contemporaneamente alle altre vaccinazioni dell'infanzia. Non sono previsti altri richiami. Nei bambini di età superiore ai 12 mesi è sufficiente l'esecuzione di una sola dose di vaccino.

Efficacia del vaccino

Tutti i vaccini coniugati disponibili sono altamente immunogeni; infatti più del 95% dei bambini sviluppa livelli anticorpali elevati già dopo le prime 2 o 3 dosi. L'efficacia del vaccino è compresa tra il 95% e il 100% e casi di malattia in bambini vaccinati sono eccezionali.

Altre vaccinazioni

 

Keywords: Varicella,  Virus Varicella-Zoster, VZV, vaccino anti-varicella, pneumococco, Streptococcus pneumoniae, vaccino antipneumococcico, meningococco, Neisseria meningitidis, vaccino antimeningococcico, influenza, virus influenzale, vaccino antinfluenzale, rotavirus,  vaccino antirotavirus, virus del papilloma umano, HPV, carcinoma della cervice uterina, vaccino anti-HPV

 

VARICELLA

Quadro clinico della malattia

La varicella è una comune malattia dell'infanzia causata dal virus varicella-zoster (VZV, Varicella-Zoster Virus), della famiglia degli Herpes virus. Il virus si trasmette attraverso le goccioline emesse con la respirazione o mediante il contatto delle vescicole-pustole della pelle.

Solitamente la varicella è una malattia di lieve entità, ma può essere grave e rarissimamente anche mortale se colpisce i neonati, gli adulti o pazienti con deficit immunitari. I sintomi comprendono febbre, malessere generale e una tipica eruzione della pelle che inizia dalla faccia e si estende al tronco ed al resto del corpo.

L'eruzione cutanea è caratterizzata da papule che si trasformano poi in vescicole-pustole e croste e durante l'infezione un bambino presenta generalmente da 300 a 500 lesioni della pelle.

Possibili complicazioni includono polmonite (23 ogni 10.000 casi), infezioni batteriche delle pustole, cicatrici cutanee, artriti, danni cerebrali (più di 1 ogni 10.000 casi), trombocitopenia e infiammazione del cervelletto che può causare un'insufficiente coordinazione muscolare (atassia cerebellare). Particolarmente grave il quadro patologico quando la varicella colpisce una donna negli ultimi giorni della gravidanza; si può avere l'infezione del neonato che provoca una forma molto estesa e grave con la morte del 30% dei bambini.

Il vaccino

È costituito da virus vivi attenuati ed è in commercio come preparazione monovalente.

Chi vaccinare

La vaccinazione è consigliata negli adolescenti, nei giovani adulti e nelle donne che non si sono ancora ammalate di varicella, specialmente se lavorano a contatto con i bambini (maestre, educatrici) o a contatto con i malati, così come nei familiari delle persone suscettibili alla malattia e negli immunodepressi.

Dosi e calendario

Il vaccino può essere somministrato dopo il primo anno di età ai bambini sieronegativi sani che si trovano a stretto contatto con soggetti ad alto rischio di varicella grave. Nei bambini con età compresa tra i 12 mesi e i 12 anni si somministra una dose di vaccino, mentre in quelli con più di 12 anni e negli adulti due dosi, distanziate di almeno 4 settimane. Non sono necessari richiami.

Efficacia del vaccino

Il vaccino ha un'efficacia dell'80-90% nel prevenire l'infezione e del 85-95% nel prevenire le forme gravi di varicella.

 

PNEUMOCOCCO

Quadro clinico della malattia

Si conoscono circa 90 sierotipi differenti di pneumococco (Streptococcus pneumoniae), la maggior parte dei quali è in grado di provocare malattie nell'uomo. Nonostante molte persone ospitino questo batterio nelle cavità nasali e nella faringe senza alcuna conseguenza, lo pneumococco può provocare sia malattie localizzate, come sinusiti, bronchiti ed otiti, sia gravi forme invasive a carico dell'apparato respiratorio e del sistema nervoso centrale, tra cui la setticemia e la meningite, che sono più frequenti nell'infanzia e nell'età avanzata. Lo Streptococcus pneumoniaeè infatti responsabile del 30-50% dei casi di meningite riportati in Europa Occidentale ed è il patogeno più pericoloso perché associato a una prognosi sfavorevole, specialmente nella popolazione anziana. L'infezione si trasmette attraverso le goccioline respiratorie.

Dati epidemiologici

L'Istituto Superiore di Sanità ha coordinato il sistema di sorveglianza delle meningiti batteriche e diffuso i dati relativi al periodo 1994-1999. Il numero totale di casi è aumentato progressivamente (riportati 1064 casi nel 1999) forse grazie alla maggior completezza delle informazioni. Il risultato di recenti studi, segnalati dal Piano Nazionale Vaccini 2005/2007, indicano inoltre un'incidenza della malattia più alta del previsto e simile a quella segnalata degli altri paesi europei.

Il vaccino

Esistono due tipi di vaccino:

a) Il vaccino 7-valente coniugato (in cui l'antigene polisaccaridico è coniugato a una proteina carrier, nel caso specifico il tossoide difterico) contenente 7 sierotipi antigenici, ha una ottima efficacia nei confronti del 70-80% dei pneumococchi che causano malattia invasiva. È il vaccino da utilizzare per i bambini più piccoli (da 2 a 24 mesi).

b) Il vaccino polisaccaridico 23-valente, contenente 23 sierotipi antigenici, ha una buona efficacia nei confronti del 90% dei pneumococchi che causano malattia invasiva. Questo vaccino è efficace nei soggetti con età superiore ai due anni a maggior rischio di forme invasive.

Da fine 2010 è disponibile anche il vaccino 13-valente di cui è stata autorizzata la commercializzazione nei Paesi dell’Unione Europea. Il vaccino coniugato antipneumococcico, (vaccino pneumococcico polisaccaridico coniugato 13-valente adsorbito) è indicato per l’immunizzazione attiva e per la prevenzione delle patologie invasive, polmonite e otite media, causate dai 13 sierotipi di Streptococcus pneumoniae nei neonati e bambini dalle 6 settimane ai 5 anni di vita.

Il vaccino coniugato 13-valente, evoluzione del vaccino coniugato 7-valente , vaccino di riferimento nella prevenzione di patologie pneumococciche in neonati e bambini, oggi disponibile in oltre 100 Paesi con oltre 300 milioni di dosi distribuite, fornirà la più ampia copertura sierotipica rispetto a qualsiasi altro vaccino pneumococcico coniugato, con 6 sierotipi addizionali rispetto al precedente.

Sebbene l’incidenza della patologia pneumococcica si sia significativamente ridotta nei Paesi Europei e in tutti i Paesi laddove il vaccino antipneumococcico 7-valente sia inserito in un Piano di Vaccinazione Universale, la patologia pneumococcica rimane una seria minaccia per i bambini anche in Europa, dato che in molti Paesi ci sono sierotipi emergenti come il 19A, frequentemente resistenti agli antibiotici. Garantendo la copertura sierotipica più ampia rispetto a qualsiasi altro vaccino pneumococcico coniugato, il vaccino coniugato 13-valente è candidato ad avere un significativo impatto socio-sanitario ed economico, grazie alla riduzione di seri rischi associati alle patologie pneumococciche che minacciano la Salute Pubblica. I dati indicano che il vaccino antipneumococcico 13-valente ha un profilo di sicurezza analogo a quello del 7-valente e può essere somministrato con le vaccinazioni pediatriche di routine come parte dei programmi pediatrici vaccinali europei.
Il vaccino 13-valente è l’unico vaccino pneumococcico coniugato, dopo quello 7-valente, ad aver ricevuto parere favorevole dalla Food and Drug Administration (FDA) all’immissione in commercio negli Stati Uniti. Studi in fase III stanno inoltre valutando il vaccino antipneumococcico 13-valente in età adulta, per la cui indicazione ci si attende sottomissione regolatoria nel 2011.

Chi vaccinare

Il vaccino è fortemente raccomandato (Circolare Min Sal n°11 del 19/11/2001) nei bambini affetti da:

  • malattie broncopolmonari croniche;
  • cardiopatie importanti;
  • disturbi delle difese immunitarie;
  • neoplasie;
  • anemie congenite;
  • malattie che richiedano terapie a lungo termine con acido acetilsalicilico o con farmaci che abbassano le difese immunitarie;
  • assenza di milza;
  • diabete;
  • malattie renali croniche.

I bambini con una di queste patologie vengono vaccinati gratuitamente presso il Servizio Vaccinazioni dell'ASL (presentando un certificato del medico curante attestante la malattia).

Alla luce dell'alto profilo di immunogenicità e sicurezza del vaccino eptavalente e della medesima probabilità di incidenza della patologia invasiva da pneumococco anche in soggetti non classificati come a rischio, il Piano Nazionale Vaccini 2005/2007 prospetta che alla fine del triennio la raccomandazione di vaccinazione verrà estesa a tutti i nuovi nati entro il 1° anno di vita.

Alcune Regioni italiane hanno già provveduto a promuovere e offrire gratuitamente la vaccinazione antipneumococcica a tutti i nuovi nati (ad es. Liguria e Sicilia).

Dosi e calendario

Il calendario vaccinale è differente a seconda dell'età del bambino da vaccinare.

a) vaccino coniugato a 7 antigeni:

• Lattanti di età compresa fra 2 e 6 mesi: tre dosi al 3°, 5° e 12° mese di vita

• Bambini fra 7 e 11 mesi: due dosi ad intervalli di almeno 1 mese e una dose di richiamo è raccomandata nel secondo anno di vita

• Bambini di età superiore a 12 mesi: una dose e una dose di richiamo è raccomandata dopo almeno due mesi.

La protezione immunologica dura per molti anni.

b) vaccino polisaccaridico a 23 antigeni:

• Nei bambini di età superiore a 2 anni e negli adulti si somministra una dose singola e per i soggetti affetti da patologie ad alto rischio è raccomandata una dose di richiamo ogni tre-cinque anni, perché la protezione offerta dal vaccino non è persistente nel tempo.

Nota: i bambini di età compresa fra i 2 e i 5 anni, particolarmente a rischio di malattia invasiva da pneumococco, devono essere vaccinati con una dose di vaccino coniugato a 7 antigeni e, dopo almeno due mesi, rivaccinati con vaccino polisaccaridico a 23 antigeni.

 

MENINGOCOCCO DI TIPO C

Quadro clinico della malattia

Il meningococco (Neisseria meningitidis) è un batterio diffuso in tutto il mondo di cui si conoscono 13 sierotipi differenti, tra i quali solo i sierotipi A, B, C, W135 e Y sono causa frequente di malattia meningococcica. L'infezione si trasmette attraverso le goccioline respiratorie.

Nonostante il batterio sia presente normalmente nelle cavità nasali e nella faringe di molte persone (1-2%) senza provocare malattia, in alcuni casi, per motivi non ancora conosciuti, provoca gravi malattie invasive, come la meningite e la setticemia. Le forme invasive da meningococco hanno un esordio improvviso caratterizzato da febbre elevata, malessere generale, cefalea, nausea e vomito, spesso seguito da eruzione cutanea diffusa e nel 20% dei casi convulsioni.

La mortalità della meningite è del 10-20% e nel 20% dei casi si hanno esiti neurologici permanenti. La letalità della sepsi è invece più elevata e si aggira intorno al 40% dei casi. Le infezioni invasive da meningococco colpiscono più frequentemente i bambini di età inferiore ai 5 anni, ma non sono esclusi adolescenti e i giovani adulti.

Dati epidemiologici

Il sierotipo C è in aumento in molti Paesi Europei ed è diventato nel corso del 2004 il ceppo più diffuso in Italia. L'altro sierotipo importante nel nostro Paese è il ceppo B per il quale però non esiste un vaccino in commercio in Italia. Gli altri sierotipi patogeni A, W135 e Y, contenuti nel vaccino polisaccaridico, sono invece molto rari nel nostro Paese.

Negli ultimi anni il vaccino contro il meningococco C è stato ampiamente utilizzato per la vaccinazione di massa di bambini e adolescenti in Paesi in cui la frequenza di questa malattia era elevata o in aumento, come l'Inghilterra, la Spagna, l'Irlanda e l'Olanda.

Il sierogruppo C, dopo un rapido aumento tra il 2000 e il 2005 (nel 2004 e 2005 è risultato prevalente rispetto al sierotipo B), ha visto una significativa riduzione dei casi nel 2006-2007, molto presumibilmente attribuibile all’incremento dell’offerta vaccinale specifica. In tutto, fra il 2001 e il 2007, si sono registrati in Italia 447 casi di meningiti da meningococco di gruppo C, con 63 decessi (14%).

Almeno due terzi dei casi di meningite da meningococco in Italia sono sporadici; si verificano tuttavia anche piccoli focolai epidemici (cluster): dal 2001 al 2007 anni ci sono stati in Italia 48 piccoli cluster, definiti come almeno 2 casi nell’arco di 30 giorni in un raggio di 50 km. La larga maggioranza di questi cluster si è verificata nelle Regioni del Centro-Nord.

Il vaccino

Esistono due tipi di vaccino in commercio:

a) Il vaccino coniugato contenente il sierotipo C, che protegge solo contro il meningococco di tipo C, il più frequente in Italia. Questo vaccino è composto da un antigene coniugato con una proteina che migliora la risposta immunitaria del bambino permettendone l'utilizzo anche nel bambino di età inferiore ai 2 anni.

b) Il vaccino polisaccaridico, con i sierotipi A, C, W135, Y, che protegge anche verso altri tipi poco frequenti in Italia ma presenti in altri Paesi. Questo vaccino non è in grado di stimolare le difese immunitarie nei bambini di età inferiore ai 2 anni. È indicato in particolare per le persone che si recano in Paesi diversi dal nostro dove i ceppi A, W135 e Y sono causa di estese epidemie.

Chi vaccinare

Il vaccino è fortemente raccomandato ai bambini con deficit immunitari, più a rischio di contrarre gravi infezioni, vaccinati gratuitamente presso il Servizio Vaccinazioni dell'ASL (presentando un certificato del medico curante attestante la malattia), o a persone che si recano in zone dove la malattia è molto frequente, spesso con gravi epidemie, come ad esempio nell'Africa sub-sahariana.

Dosi e calendario

a) Vaccino coniugato con il sierotipo C:

  • lattanti di età compresa fra 2 e 3 mesi: tre dosi ad intervalli di almeno un mese;
  • bambini di età compresa fra 4 e 11 mesi: due dosi ad intervalli di almeno 1 mese;
  • bambini di età superiore a 12 mesi e gli adulti: una sola dose.

Non sono previsti richiami

b) vaccino polisaccaridico con i sierotipi A, C, W135, Y:

  • bambini di età superiore a 2 anni e adulti: una dose singola.

Efficacia del vaccino

Il vaccino coniugato per il meningococco di gruppo C garantisce una protezione a lungo termine solo contro le infezioni da Neisseria meningitidisdi sierotipo C nei bambini dai 2 mesi di età e ha dimostrato un'efficacia protettiva del 97%. Con l'età adulta il rischio di infezione meningococcica diminuisce e l'immunizzazione non è più raccomandata dopo i 25 anni di età. Il vaccino polisaccaridico con i sierotipi A, C, W135, Y ha una buona efficacia nei confronti dei sierotipi contenuti nel vaccino ma non offre una protezione persistente nel tempo.

 

INFLUENZA

L’influenza è uno dei principali problemi di Sanità Pubblica in termini di morbosità, mortalità e costi sanitari e sociali. Il significativo impatto sanitario è dovuto, soprattutto, alle complicanze che si riscontrano nelle forme più gravi e alle ripercussioni economiche legate all’incremento dei casi di ospedalizzazione, all’aumento della richiesta di assistenza e della spesa farmaceutica.

Il punto nodale di ogni epidemia influenzale è costituito dal fatto che il virus influenzale è mutevole e non consente, quindi, una immunizzazione permanente in coloro che hanno subito la malattia stessa: l'evoluzione dei ceppi influenzali, il loro ricombinarsi e il prodursi di nuovi stipiti espone ogni singolo individuo al rischio di andare incontro più volte alla stessa malattia nell'arco della vita. A ciò va anche legato il fatto che il virus influenzale è per sua intima struttura un virus altamente infettivo dato il suo sistema di trasmissione, per via aerea, e con tempi di incubazione estremamente limitati.

Va, inoltre, ricordato che l’andamento fortemente stagionale delle epidemie (nel periodo che va tra dicembre e marzo, all’incirca), determina un impegno di risorse sanitarie fortemente concentrato, con possibile collasso delle strutture ospedaliere, spesso costrette a dedicare gran parte dei posti letto disponibili nei reparti di medicina generale per ristabilire la piena salute nei pazienti defedati o cronici, colpiti da influenza o dalle sue complicanze.

La vaccinazione antinfluenzale è il principale strumento per la prevenzione dell’infezione e viene offerta alle persone di età pari o superiore a 65 anni, nonché alle persone di tutte le età con alcune patologie di base che aumentano il rischio di complicazioni a seguito dell’influenza.

Il Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, indica i gruppi di popolazione per i quali l’offerta attiva e gratuita di vaccinazione è prioritaria. Tali gruppi sono:

  • le donne che all’inizio della stagione epidemica si trovino nel secondo e terzo trimestre di gravidanza
  • gli individui di qualunque età ricoverati presso strutture di lungodegenza
  • i medici e il personale sanitario di assistenza
  • i familiari di soggetti ad alto rischio
  • gli addetti ai servizi pubblici di primario interesse collettivo e il personale che, per motivi di lavoro, è a contatto con animali che potrebbero costituire fonte di infezione da virus influenzali non umani.

La copertura vaccinale rappresenta uno dei principali indicatori di efficienza ed efficacia dell'offerta vaccinale. I dati sulle dosi somministrate vengono rilevati routinariamente a livello regionale e trasmessi al Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali[p11] . Non si tiene, tuttavia, conto delle dosi somministrate al di fuori delle strutture appartenenti al Servizio Sanitario Nazionale. Gli obiettivi di copertura per tutti i gruppi target, sono il 75% come obiettivo minimo perseguibile e il 95% come obiettivo ottimale. Nella stagione 2009-2010, il 19,6% della popolazione nazionale ha ricevuto il vaccino antinfluenzale e in tutte le classi di età è stato osservato un aumento delle coperture rispetto all'anno precedente. Solo l’Umbria ha raggiunto l'obiettivo minimo del 75% del tasso di copertura degli ultrasessantacinquenni.

 

Valutando le coperture vaccinali degli anziani degli anni precedenti, si evidenzia un trend di crescita con un picco del 68% nella stagione 2005-2006 (che sembra essere ascrivibile a un condizionamento psicologico frutto della vasta campagna mediatica sul rischio di pandemia di influenza aviaria verificatasi contestualmente), seguito da un lieve calo negli anni successivi.

La strategia vaccinale è la base per l'interruzione della trasmissione del virus influenzale: ottenere un'elevata copertura vaccinale permette il controllo dell'infezione, la prevenzione delle complicanze cliniche e la diminuzione dei decessi nelle fasce più a rischio. Per questi motivi la prevenzione dell'influenza è sempre stata oggetto di particolare interesse nei Piani Sanitari Nazionali (PSN) e l'Organizzazione Mondiale della Sanità considera la campagna vaccinale una strategia favorevole in termini di costo-beneficio e costo-efficacia. In Italia, analogamente ad altri Paesi europei, l'obiettivo target previsto dalla vigente Circolare Ministeriale non è ancora stato raggiunto e anche i valori stimati di copertura vaccinale di alcune categorie a rischio, ottenuti mediante indagini campionarie, sono ancora sub-ottimali. Pertanto occorre implementare gli interventi di informazione rivolti all'intera popolazione, e il ruolo del farmacista in questo ambito può risultare determinante.

Uno dei messaggi chiave da comunicare in farmacia è costituito dal contenuto del seguente decalogo riassuntivo della vaccinazione antinfluenzale:

  • il vaccino antinfluenzale è un’opportunità per tutti coloro che vogliono evitare l’influenza per gli effetti sull’attività lavorativa e la vita sociale che questa causa;
  • il vaccino antinfluenzale è un salvavita per i soggetti a rischio, in quanto riduce le complicanze importanti nelle persone più fragili;
  • consultare il proprio pediatra per valutare l’opportunità di vaccinare i bambini da sei mesi a cinque anni anche se non portatori di patologie a rischio;
  • le donne in gravidanza possono vaccinarsi contro l’influenza e anche per loro è un’opportunità, in quanto la malattia decorre in modo più pesante e possono esserci per questo effetti sul nascituro;
  • non anticipare troppo la vaccinazione (da metà ottobre a metà dicembre è il momento migliore);
  • una sola dose è sufficiente salvo i bambini sino a 9 anni vaccinati per la prima volta che devono ripetere una dose a distanza di un mese dalla prima;
  • riconoscere le false controindicazioni, quali l’assunzione cronica di farmaci o la presenza di patologie oncologiche;
  • è possibile eseguire la vaccinazione anche in presenza di sintomi similinfluenzali quali naso chiuso, rimandare solo in presenza di febbre oltre i 37,5 °C;
  • la vaccinazione non esime dalla necessità di attuare una serie di provvedimenti quali lavaggio frequente delle mani e altri comportamenti di buon senso;[p12] 
  • è possibile che un soggetto vaccinato possa presentare una sintomatologia similinfluenzale, sia perché sono tanti i virus che causano la sindrome, sia perché la vaccinazione protegge dalla malattia nell’80% dei casi, anche se comunque la patologia influenzale in questi casi decorre in modo meno pesante.

Quadro clinico della malattia

L'influenza è una malattia dovuta al virus dell'influenza, che ogni anno provoca epidemie di vaste dimensioni tra dicembre ed aprile.

Il virus si diffonde direttamente da persona a persona e durante le epidemie i più colpiti sono i bambini in età scolare. L'influenza si presenta con febbre improvvisa che si alza rapidamente, tosse secca, dolori muscolari e un malessere generale importante che dura numerosi giorni.

Il decorso clinico nei bambini è in genere lieve, di solito guarisce spontaneamente dopo 5-7 giorni e raramente, nei bambini di età superiore a 1 anno, richiede il ricovero ospedaliero (20 casi su 100.000 di malattia).

Le complicanze importanti più frequenti sono la polmonite (1%) e l'otite (4%). Nei bambini di età inferiore a 6 mesi l'influenza può invece avere un decorso più grave, causando il ricovero nell'1% dei casi.

Il vaccino

Il tradizionale vaccino antinfluenzale preparato col virus intero ucciso è stato abbandonato per la tollerabilità poco soddisfacente ed è stato sostituito da vaccini a virus inattivato e disgregato (split) o a virus inattivato e ridotto alle sole proteine di superficie H ed N (sub-unità), con o senza adiuvanti, che sono risultati generalmente meglio tollerati.

Il vaccino è ogni anno diverso, poiché contiene i tre ceppi di virus influenzali che l'OMS ritiene circoleranno nella successiva epidemia invernale.

Chi vaccinare

La vaccinazione annuale, oltre ad essere fortemente raccomandata negli anziani (> 64 anni), è indicata nei bambini di età superiore ai 6 mesi che presentano fattori di rischio importanti, quali:

  • malattie respiratorie croniche (inclusa l'asma);
  • malattie cardiache croniche;
  • malattie metaboliche croniche (diabete mellito, disfunzioni renali, immunodepressione, patologie emopoietiche sindrome da malassorbimento intestinale, fibrosi cistica, malattie congenite o acquisite che comportino carente produzione di anticorpi);
  • splenectomia o disfunzione splenica;
  • quando sono previsti interventi chirurgici di una certa entità;
  • i bambini a partire dai sei mesi d'età e gli adolescenti (fino ai 18 anni d'età) che sono stati sottoposti ad una terapia a lungo termine a base di acido acetilsalicilico a causa dell'aumenta probabilità di sviluppare, dopo infezione influenzale, la sindrome di Reye (encefalopatia acuta con degenerazione grassa del fegato che può colpire bambini dai 2 mesi ai 15 anni).

Dosi e calendario

Il calendario vaccinale prevede:

  • bambini di età compresa tra 6 e 35 mesi: 1 dose (0,25 ml) ripetuta a distanza di almeno 4 settimane per bambini che vengono vaccinati per la prima volta;
  • bambini di età compresa tra 3 e 12 anni: 1 dose (0,50 ml), ripetuta a distanza di almeno 4 settimane per bambini che vengono vaccinati per la prima volta;
  • bambini oltre 12 anni: 1 dose (0,50 ml)

 

Efficacia del vaccino

L'efficacia del vaccino nei confronti dell'influenza nei bambini sani è compresa tra il 45% e il 90%. Questa variabilità è dovuta al grado di somiglianza dei virus presenti nel vaccino con il ceppo che circola durante la stagione influenzale. La protezione inizia dopo circa 2 settimane e dura 6 o più mesi.

 

 

 

ROTAVIRUS

Quadro clinico della malattia

Il rotavirusè la causa più comune di gastroenterite grave in neonati e bambini piccoli in tutto il mondo. La principale via di trasmissione del virus è quella oro-fecale, ma a volte la diffusione può avvenire anche per contatto e per via respiratoria. Poiché il virus è stabile nell'ambiente, la trasmissione può avvenire attraverso l'ingestione di acqua o cibo contaminato o a causa del contatto con superfici contaminate. La diffusione da persona a persona attraverso la contaminazione delle mani è probabilmente la più diffusa negli ambienti comunitari, in particolare negli asili nido.

Nelle mense e negli altri luoghi destinati a ristorazione collettiva, il rotaviruspuò essere trasmesso quando un operatore che ha contratto l'infezione maneggia alimenti che non richiedono la cottura, come per esempio insalata, frutta e altre verdure fresche, senza lavarsi accuratamente le mani. La malattia ha un periodo di incubazione di circa due giorni, dopo i quali insorgono febbre, disturbi gastrici, vomito e diarrea acquosa per 3-8 giorni. Nella maggior parte dei casi, quando si sviluppa una forma blanda di diarrea, i malati guariscono senza alcun trattamento. Tuttavia, una diarrea acuta può portare a disidratazione grave dell'organismo, una condizione che rischia di essere letale senza un intervento adeguato.

Dati epidemiologici

Nei paesi in via di sviluppo la gastroenterite da rotavirusè la principale causa di morte nell'infanzia essendo responsabile di circa 500 mila morti all'anno nei bambini sotto i 5 anni d'età.

Negli Stati Uniti la gastroenterite da rotavirus causa un numero relativamente piccolo di decessi in età infantile (circa 20-60 morti all'anno nei bambini sotto i 5 anni d'età); tuttavia, in questo paese, quasi tutti i bambini prima dei 5 anni sono stati infettati dal rotaviruse la maggior parte ha sviluppato una gastroenterite, gravando con costi diretti e indiretti che sono stati stimati in circa un miliardo di dollari.

Il vaccino

In considerazione dei dati epidemiologici, l'Advisory Committee on Immunization Practices (ACIP) raccomanda l'utilizzo del vaccino autorizzato recentemente dalla Food and Drug Administration per l'utilizzo nei neonati. In Europa, dove le infezioni da rotavirusnon destano preoccupazioni per la loro gravità, le valutazioni per un eventuale uso del vaccino si basano prevalentemente sul possibile risparmio dei costi diretti della malattia (ricoveri, visite, cure) e dei costi sociali (giorni di lavoro persi).

Alla fine di marzo 2007 cinque Paesi europei avevano preso una decisione in merito alla vaccinazione contro il rotavirus. In Austria, Belgio e Lussemburgo il vaccino è stato incluso nel programma di immunizzazione nazionale, anche se in Austria la decisione di offrire il vaccino gratuitamente non è stata ancora presa. Francia e Germania, d’altra parte, hanno deciso di non raccomandare una vaccinazione universale dei neonati.

In Italia attualmente il vaccino non è in commercio e non disponiamo di dati e di valutazioni epidemiologiche. Prima di valutare l'introduzione del vaccino sarà necessario conoscere il numero e la gravità delle infezioni da rotavirusnel nostro paese, identificando anche i ceppi virali circolanti.

 

HPV e carcinoma della cervice uterina

Quadro clinico della malattia

Il carcinoma della cervice uterina è il secondo tumore maligno della donna a livello mondiale. Esistono tuttavia rilevanti differenze geografiche di incidenza del carcinoma cervicale, legate soprattutto alla diversa diffusione di programmi di screening organizzati per la sua prevenzione. Infatti, nelle nazioni che hanno avviato programmi di screening organizzati basati sull’offerta del Pap-test alle donne di età compresa tra i 25 e i 64 anni, si è assistito nelle ultime decadi a un importante decremento dell’incidenza di questa neoplasia.

Il carcinoma cervicale è il primo cancro a essere riconosciuto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come totalmente riconducibile a un’infezione. È, infatti, causato dall’infezione genitale da virus del papilloma umano (HPV, Human Papilloma Virus). A tutt’oggi sono stati identificati più di 120 genotipi di HPV che infettano l’uomo e, tra questi, 40 sono associati a patologie del tratto anogenitale. I diversi tipi di HPV vengono distinti in base al rischio di trasformazione neoplastica: i genotipi a basso rischio sono associati a lesioni benigne come i condilomi anogenitali, mentre quelli ad alto rischio sono associati al cancro cervicale oltre che ad altri tumori del tratto anogenitale, come per esempio il carcinoma del pene, della vulva, della vagina e dell’ano.

I genotipi virali ad alto rischio più frequentemente implicati nel carcinoma cervicale sono il 16, cui vengono attribuiti circa il 60% di tutti i casi di patologia neoplastica, seguito dal 18, responsabile di circa il 10% dei casi. Pertanto, complessivamente, circa il 70% di tutti i carcinomi cervicali sono associati alla presenza di HPV 16 o 18.

L’infezione da HPV è molto frequente nella popolazione: si stima infatti che oltre il 75% delle donne sessualmente attive si infetti, nel corso della vita, con un virus HPV, con un picco di prevalenza nelle giovani donne fino a 25 anni di età. La storia naturale dell’infezione è fortemente condizionata dall’equilibrio che si instaura fra ospite e agente infettante. Esistono infatti tre possibilità di evoluzione dell’infezione da HPV: regressione, persistenza e progressione.

La maggior parte (70-90%) delle infezioni da papillomavirus è transitoria, perché il virus viene eliminato dal sistema immunitario prima di sviluppare un effetto patogeno. La persistenza dell’infezione virale è invece la condizione necessaria per l’evoluzione verso il carcinoma. L’acquisizione di un genotipo virale ad alto rischio aumenta la probabilità di infezione persistente. In questo caso, si possono sviluppare lesioni precancerose che possono poi progredire fino al cancro della cervice. La probabilità di progressione delle lesioni è correlata anche ad altri fattori, quali l’elevato numero di partner sessuali, il fumo di sigaretta, l’uso a lungo termine di contraccettivi orali e la co-infezione con altre infezioni sessualmente trasmesse.

Generalmente il tempo che intercorre tra l’infezione e l’insorgenza delle lesioni precancerose è di circa cinque anni, mentre la latenza per l’insorgenza del carcinoma cervicale può essere di decenni. Per questo la prevenzione del carcinoma basata su programmi di screening, che consentono di identificare le lesioni precancerose e di intervenire prima che evolvano in carcinoma, sono efficaci.

 

Dati epidemiologici

In Italia, i dati dei registri nazionali tumori relativi al periodo 1998-2002 mostrano che ogni anno sono stati diagnosticati circa 3.500 nuovi casi di carcinoma della cervice (pari a una stima di incidenza annuale di 10 casi ogni 100.000 donne) e circa 1000 donne sono morte per questa patologia.

Nel corso della vita, il rischio di avere una diagnosi di tumore della cervice è del 6,2 per mille (1 caso ogni 163 donne), mentre il rischio di morire è di 0,8 per mille.

Sia l’incidenza che la mortalità mostrano una riduzione nel corso del tempo.

Per quanto riguarda la prevalenza dell’infezione da HPV in Italia, i dati disponibili su donne di età compresa tra 17 e 70 anni, che afferivano a controlli ginecologici di routine o a programmi di screening (Pap-test), mostrano una prevalenza [p13] del 7-16%. Nelle donne con diagnosi di citologia anormale la prevalenza sale invece al 35%, per arrivare al 96% in caso di diagnosi di displasia severa od oltre (Cin2+).

In accordo con le linee guida internazionali, in Italia il Pap-test è raccomandato ogni tre anni per le donne di età compresa tra 25 e 64 anni. Secondo i dati dell’Osservatorio nazionale screening, l’adesione ai programmi organizzati di screening della cervice è andata aumentando nel tempo. Nel 2004 questi programmi hanno avuto come popolazione target il 64% delle donne italiane di 25-64 anni, rispetto al 16% nel 1998. L’adesione all’invito resta però insufficiente (38%), se confrontata con i livelli raccomandati dalle linee guida europee e dalla Commissione oncologica nazionale (85% del target). Esistono, inoltre, importanti variazioni geografiche di adesione all’invito, con un trend in decremento da Nord a Sud (46% al Nord, 36% al Centro, 24% al Sud).

Molte donne, tuttavia, effettuano il Pap-test pur non aderendo a programmi di screening organizzato. Dallo studio Passi[p14]  risulta infatti che il 78% delle donne in età da screening ha eseguito almeno un Pap-test a scopo preventivo e che circa il 70% lo ha effettuato negli ultimi 3 anni.

 

Il vaccino

In questo panorama, si inserisce lo sviluppo di vaccini per la prevenzione primaria dell’infezione da HPV. Oggi sono disponibili un vaccino bivalente per HPV 16 e 18 (tipi ad alto rischio) e un vaccino tetravalente per HPV 6, 11 (a basso rischio), 16 e 18 (ad alto rischio). Entrambi i vaccini vengono somministrati in 3 dosi (a 0, 1 e 6 mesi e 0, 2, 6 mesi rispettivamente).

 

Chi vaccinare

La vaccinazione prima dell’inizio dei rapporti sessuali è particolarmente vantaggiosa perché induce un’efficace protezione prima di un eventuale contagio con HPV. Dai dati finora pubblicati emerge che i vaccini oggi disponibili inducono una risposta immune in oltre il 90% delle vaccinate. Nei 4-5 anni successivi alla vaccinazione, il vaccino ha prevenuto praticamente il 100% dei casi di displasia cervicale causati dai HPV 16 e 18.

Va sottolineato come, dal momento che la vaccinazione non previene la totalità delle infezioni da HPV ad alto rischio, nonostante le campagne di vaccinazione è sempre necessario proseguire con le attività di screening organizzato.

Risultati vaccinazione al 2009

Il monitoraggio della gestione a livello regionale della campagna di vaccinazione promossa dal Ministero della Salute, permette di indagare e analizzare i criteri e le modalità organizzative adottati dalle Regioni per ottimizzare la propria offerta vaccinale contro l’HPV.

L’indagine del 2009 ha coinvolto 12 enti territoriali, tra cui 11 Regioni (Valle d’Aosta, Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia-Romagna, Marche, Lazio, Basilicata, Puglia e Sicilia) e una Provincia autonoma (Trento). Inizialmente sono stati intervistati i responsabili dell’area prevenzione di ciascun ente territoriale coinvolto e successivamente è stato inviato loro un questionario mirato a raccogliere informazioni omogenee e confrontabili sull’organizzazione dei servizi di prevenzione a livello regionale e sulle modalità di offerta territoriale della vaccinazione anti HPV.

L’indagine ha confermato, come prevedibile, l’esistenza di un quadro regionale eterogeneo sotto il profilo organizzativo. Lo sforzo nella promozione dell’attività di prevenzione ha prodotto un sufficiente livello di copertura vaccinale (59,2% a fine 2009) delle ragazze appartenenti alla prima coorte vaccinata, mentre l’obiettivo di raggiungere una copertura con tre dosi di vaccino pari al 95% entro il 2013 sembra essere ancora molto lontano.

Emerge chiaramente una tendenza alla diminuzione del prezzo dei vaccini nel tempo, con il vaccino quadrivalente mediamente più economico nell’anno 2009.

Quando e per chi rinviare la vaccinazione o non vaccinare

• In genere è buona norma rimandare le vaccinazioni in caso di malattie febbrili acute e in caso di gravidanza, tranne che nelle situazioni epidemiche che espongono la popolazione ad elevato rischio di contagio.

• I vaccini a base di microrganismi viventi attenuati (ad es.: antipoliomielitico orale, antimorbillo, antiparotite, antirosolia, antitubercolare) non devono essere somministrati a persone che hanno alterazioni del sistema immunitario, quali immunodeficienza, leucemie, linfomi o che sono in terapia con immunosoppressori (corticosteroidi, antineoplastici, farmaci antirigetto). In questi soggetti, infatti, si ha un aumentato rischio di complicazioni (ad es.: contrazione della malattia che si vuole prevenire) o vi è la possibilità di una risposta anticorpale insufficiente in caso di vaccini inattivati o di anatossine o vaccini a sub-unità. Si ritiene comunque che la terapia con corticosteroidi non sia in conflitto con la somministrazione di vaccini vivi quando questa sia a breve termine (meno di due settimane) e a basso dosaggio, oppure se si tratta di una terapia a lungo termine ma con somministrazioni a giorni alterni o nel caso di applicazioni topiche o per aerosol.

• Il vaccino antidifterico-tetanico-pertosse è controindicato in caso di encefalopatia comparsa entro 7 giorni dalla somministrazione di una precedente dose.

• I vaccini allestiti su uova embrionate di pollo o di anatra (ad es.: antinfluenzale, antimorbillo o antimorbillo-parotite-rosolia, antirabbico PDEV) non debbono essere somministrati a persone con allergia alle proteine delle uova.

• L'ipersensibilità accertata nei confronti di antibiotici costituisce una controindicazione all'uso di vaccini che ne contengano anche minime quantità utilizzate come conservanti.

• La vaccinazione è, inoltre, controindicata in caso di reazione anafilattica a una precedente dose dello stesso vaccino.

 

Esistono alcune situazioni che possono controindicare la vaccinazione pediatrica ed è quindi necessario che i genitori, prima della vaccinazione, consultino il medico curante che indicherà se la vaccinazione deve essere rimandata o evitata.

Controindicazioni temporanee

Si tratta di situazioni transitorie che escludono la vaccinazione solo per il periodo di tempo in cui sono presenti:

  • malattie acute con febbre di grado elevato;
  • vaccinazioni con virus vivi (quali MMR e OPV) se nei 30 giorni precedenti è stato somministrato un altro vaccino a virus vivi;
  • terapia, in corso, con farmaci che agiscono sul sistema immunitario o con cortisonici ad alte dosi.

Controindicazioni definitive

È opportuno che al bambino non vengano somministrati alcuni vaccini quando:

  • ha manifestato gravi reazioni a precedenti vaccinazioni;
  • è affetto da malattie neurologiche in evoluzione;
  • è affetto da malattie congenite del sistema immunitario;
  • è allergico alle proteine dell'uovo (se il vaccino ne contiene);
  • è allergico ad alcuni antibiotici quali streptomicina e neomicina (se il vaccino ne contiene).

Se il bambino è affetto da malattie quali leucemie, tumori, AIDS, la situazione va valutata caso per caso.
Alcune situazioni non rappresentano vere e proprie controindicazioni ma, piuttosto richiedono l'adozione di alcune precauzioni nella somministrazione del vaccino (quali la pronta disponibilità di antinfiammatori e antipiretici).
I genitori devono, quindi, segnalare al medico vaccinatore:

  • reazioni febbrili importanti a una precedente dose dello stesso vaccino;
  • episodi di irritabilità (quali il pianto persistente e inconsolabile) che si siano manifestati in seguito a precedenti vaccinazioni;
  • presenza, nella storia della famiglia o del bambino stesso, di convulsioni febbrili;
  • somministrazione recente di immunoglobuline.

 

Segnalazione delle reazioni avverse

In caso di reazione importante o insolita è opportuno consigliare al genitore di rivolgersi al medico ed è doveroso fare la segnalazione d'evento avverso compilando l'apposita scheda distribuita dall'AIFA mediante il Bollettino d'Informazione sui Farmaci (BIF) o reperibile su sito www.farmacovigilanza.org, curato dalla sezione di Farmacologia clinica della Società Italiana di Farmacologia (SIF).

Conclusioni

Le vaccinazioni sono un utile strumento per l'eradicazione di malattie potenzialmente fatali e hanno contribuito nel corso del secolo scorso a diminuire il tasso di mortalità infantile.

I farmacisti, se adeguatamente informati, possono contribuire a sensibilizzare la popolazione verso la prevenzione delle malattie infettive e possono fornire utili informazioni ai pazienti. Un continuo aggiornamento sull'immunologia, l'immunizzazione, le malattie infettive e la disponibilità di nuovi vaccini rafforza il farmacista nel ruolo di educatore del paziente e promotore delle vaccinazioni

Bibliografia su sezione immunologia

De Stefano Caraffa, Vellucci L. La sorveglianza della paralisi flaccida: un elemento essenziale per la certificazione dell'eradicazione della poliomielite. Vaccinazione 2000, 1999:61 :5-8.

Jefferson TO, Rabinovich R, Tuornilehto J. Vaccines and their real or perceeived adverse effects. BMJ 1999;318.1487.

Peltola H, Patja A, Valle M, Davidkin I, Paunio M. No evidence for measles, mumps, and rubella vaccine-associated inflammatory bowel disease or autism in a 14-year prospective study. Lancet 1998; 351: 1327-29.

Squarcione S, Vellucci L, Parisi P, D'Amato S., Serio G. Adverse reactions to vaccine: Italian cases in the quinquennium 1986-1990. Ann Ig 1993:5:81-90

Taylor B, MiIIer E, Farrington CP, Petropoulos MC, Favot-Mayaud I, Jun L, Waight PA . Autism and measles, mumps, and rubella vaccine: no epidemiological evidence for a causal association. Lancet 1999, 353:2026-29.

The Institute for Vaccine Safety Diabetes Workshop Panel. Childhood immunizations and type 1 diabetes: summary of an Institute for Vaccine Safety Workshop. Pediatr Infect Dis J 1999; 18:217-22.

 

Bibliografia vaccinazioni

American Academy of Pediatrics; Rapporto del comitato sulle malattie infettive - Red Booked. 2003 - Piccin editore - Capitolo Difterite: 211-214.
Epidemiology & Prevention of Vaccine-Preventable Diseases "The Pink Book" 8th Edition 2004. www.cdc.gov/nip/publications/pink/dip.pdf.

Istituto Superiore di Sanità. SEIEVA. (Sistema Epidemiologico Integrato delI’Epatiti Virali Acute) Rapp. 2000-2001. www.iss.it/pubVrapp(2003Al323.pdf.

Palla G, et al. La vaccinazione contro il rotavirus. M&B 1,29-33,1997.

Varicella Vaccine Update. (2000). ediatrics, \05, 136-141 CDC. (1998).

Vaccine Information Statement (VIS) Available on line: www. Gov.nip.pubblicatios/VIS/vis-varicella.pdf

'8 passi di prevenzione e tutela della salute dei bambini - Le proposte dell'Associazione Culturale Pediatri nell'ambito delle cure primarie pediatriche'. Novembre 2003 www.acp.it/vaccinazioni/8passi.pdf

Rapporto nazionale Passi 2010: screening cervicale - http://www.epicentro.iss.it/passi/R2010ScreeningCervicale.asp

Bibliografia su ruolo del farmacista

Center for Disease Control and Prevention Standards for Pediatric Immunization Practices, MMWR 1993;42(RR-5):1-13

 


Questionario di valutazione apprendimento

  1. Quale delle seguenti affermazioni sulle vaccinazioni è vera?

vengono considerate strategie sanitarie preventive poco diffuse, a basso tasso di efficacia e molto costose

sono considerate strategie sanitarie preventive molto diffuse, a elevato tasso di efficacia e poco costose

vengono annoverate tra le strategie sanitarie preventive più diffuse, a elevato tasso di efficacia ma molto costose

vengono considerate strategie sanitarie preventive fondamentalmente di scarsa utilità

 

2. A livello mondiale si è prossimi all'eradicazione mediante le vaccinazioni di quale delle seguenti malattie?

tetano

morbillo

difterite

poliomielite

 

3. Alla fine degli anni '70 quale delle seguenti malattie è stata eradicata grazie ai vaccini?

la difterite

il morbillo

la poliomielite

il vaiolo

 

4. Quale delle seguenti affermazioni sulla risposta immunitaria è falsa?

un antigene è un patogeno che attiva la risposta immunitaria, stimolando la produzione di anticorpi e di immunità mediata dalle cellule T

la risposta immunitaria si attua in due fasi che comprendono il riconoscimento e la risposta a un particolare antigene

durante la fase di riconoscimento, l'antigene attiva sia le funzioni della risposta immunitaria aspecifica (innata) sia quelle delle risposte immunitarie specifiche (adattabili)

i linfociti coordinano una risposta immunitaria adatta sia alla fase effettrice che di riconoscimento dell'antigene

 

5. Quale delle seguenti affermazioni sulla risposta immunitaria NON corrisponde a verità?

al momento della somministrazione di un richiamo solo i linfociti T sono in grado di scatenare una risposta immunitaria superiore rispetto a quella osservata durante la prima esposizione all'antigene

la risposta umorale a un antigene comporta la creazione di cellule della memoria B e la trasformazione dei linfociti B in plasmacellule

gli anticorpi IgM (uno dei 5 tipi di immunoglobuline) compaiono mediamente dopo quattro giorni dal contatto iniziale con un antigene

le IgG sono la classe più importante di immunoglobuline circolanti e compaiono circa 7 giorni dopo l'esposizione all'antigene

 

6) Quale delle seguenti affermazioni sul sistema immunitario specifico è vera?

migliora ad ogni esposizione successiva allo stesso antigene, così come la risposta immunitaria aspecifica

migliora ad ogni esposizione successiva allo stesso antigene, al contrario della risposta immunitaria aspecifica che resta invariata a successive esposizioni

non subisce alcun miglioramento a successive esposizioni allo stesso antigene, così come la risposta immunitaria aspecifica

migliora ad ogni esposizione successiva allo stesso antigene solamente se la nuova esposizione avviene in un breve arco temporale

 

7. Quale delle seguenti affermazioni sugli anticorpi NON corrisponde a verità?

gli anticorpi sono chiamati anche immunoglobuline o proteine Ig

la risposta umorale a un antigene comporta la creazione di cellule della memoria B e la trasformazione dei linfociti B in plasmacellule

le plasmacellule sono responsabili per la produzione degli anticorpi secreti

si definisce titolo anticorpale la concentrazione di un anticorpo antigene-specifico 5 anni dopo la vaccinazione

 

8. Quale delle seguenti affermazioni sull’immunizzazione è vera?

la risposta immunologica determinata dall'immunizzazione attiva è sostanzialmente identica a quella risultante dall'immunizzazione passiva

l'immunità passiva ha durata relativamente lunga (mesi o anni)

la vaccinazione è una forma di immunizzazione attiva

il naturale trasferimento transplacentare di anticorpi materni al feto può essere considerata una forma di immunizzazione attiva

 

9. Quale delle seguenti affermazioni sui vaccini attenuati NON corrisponde a verità?

nei vaccini attenuati i virus vengono indeboliti in modo da rendere difficoltosa la loro capacità di riproduzione all'interno dell'organismo

i vaccini contro il morbillo, la parotite, la rosolia e la varicella sono vaccini attenuati

una o due dosi di vaccini con virus vivi attenuati determinano una immunità che dura tutta la vita

il vantaggio dei vaccini attenuati è che possono essere somministrati anche a pazienti immunodepressi

 

10. Quale delle seguenti affermazioni è vera?

nei vaccini split i virus sono completamente inattivati (o uccisi) con sistemi chimici, di conseguenza il virus non può moltiplicarsi e causare la malattia

i vaccini inattivati non possono essere somministrati a pazienti immunodepressi

i vaccini split sono costituiti da uno specifico componente del virus che viene rimosso o sintetizzato e usato come vaccino

nella produzione di un vaccino split batterico non è possibile utilizzare parti del rivestimento glucidico (o polisaccaridico) dei batteri

 

11. Quale dei seguenti vaccini è prodotto con la tecnologia del DNA ricombinante?

il vaccino contro l'epatite B

il vaccino per il rotavirus

il vaccino per il morbillo

il vaccino per l'influenza

 

12. Indicare quale delle seguenti affermazioni NON corrisponde a verità?

nei vaccini split batterici la protezione contro l'infezione si basa sull'immunità verso parti del rivestimento glucidico

i bambini piccoli hanno un'ottima risposta immunitaria contro il rivestimento glucidico da solo

il vaccino polissacaridico coniugato serve per aumentare la risposta immunitaria verso un vaccino batterico nei bambini piccoli

i vaccini split batterici possono essere somministrati a pazienti immunodepressi, ma spesso sono necessarie più dosi per indurre una adeguata protezione immunitaria

 

13. Quale delle seguenti affermazioni riguardanti il vaccino antidifterico-antipertossico ed antitetanico è falsa?

per l'immunizzazione dei nuovi nati viene oggi solitamente utilizzato il vaccino esavalente al posto del vaccino trivalente DTaP

l'attuale calendario vaccinale prevede tre dosi di vaccino da praticare entro il primo anno di vita del bambino contemporaneamente alle altre vaccinazioni infantili

dosi di richiamo di vaccino sono poi eseguite negli anni successivi a 5-6 anni e tra gli 11 e 15 anni utilizzando il vaccino Tdap (difterite-tetano adulti)

Ulteriori richiami possono essere previsti per conservare una buona immunità con cadenza decennale

 

 


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