2010-08

Iniziare e monitorare la terapia farmacologica in pazienti affetti da malattia di Parkinson

Revisione scientifica: Dr.ssa Paola Soliveri Neurologo U.O. Disturbi del Movimento Fondazione IRCCS Istituto Neurologico C. Besta, Milano; Michele A. Faulkner, PharmD Associate Professor of Pharmacy Practice and Medicine Creighton University Omaha, NE

Scopo del corso

Aiutare i farmacisti a comprendere le sfide che una diagnosi di malattia di Parkinson comporta, le scelte della terapia farmacologica iniziale e il momento di iniziare il trattamento, al fine di assicurare risultati ottimali a lungo termine.

Obiettivi formativi:

Dopo aver completato la seguente monografia di aggiornamento, il farmacista dovrebbe essere in grado di:

  • riassumere la fisiopatologia e le caratteristiche cliniche della malattia di Parkinson;
  • descrivere il processo diagnostico e i fattori di confondimento;
  • discutere le attuali opinioni in merito a un inizio precoce o tardivo della terapia farmacologica;
  • elencare i farmaci disponibili per il trattamento iniziale;
  • informare i pazienti e chi li assiste su strategie in grado di migliorare i risultati.

 

Per molti anni, il dibattito sul migliore approccio iniziale al trattamento farmacologico della malattia di Parkinson (MP) è stato piuttosto acceso. Alcuni medici adottano un approccio di tipo attendista, mettendo in dubbio il fatto che l’esposizione alla terapia farmacologica comporti un beneficio che supera i rischi, a meno che il paziente non sperimenti sintomi che interferiscano con le abilità funzionali. Si teme, inoltre, che l'esposizione precoce ai farmaci possa rendere inefficaci e obsolete alcune terapie nel corso degli anni e si ritiene che ritardare la terapia farmacologica, soprattutto quella con la levodopa, possa proteggere il paziente dall'insorgenza di complicanze di tipo motorio. Altri medici ritengono invece che la terapia debba iniziare immediatamente dopo la diagnosi, nella speranza di mantenere le abilità funzionali e scongiurare il deterioramento della qualità della vita (QDV). Questa monografia si propone di esaminare entrambi gli approcci.

Eziologia e fisiopatologia

Keypoint: La malattia di Parkinson è una patologia neurodegenerativa a insorgenza insidiosa e carattere progressivo, il cui meccanismo fisiopatologico non è stato ancora completamente compreso

Keywords: Malattia di Parkinson eziologia, malattia di Parkinson fisiopatologia, dopamina, acetilcolina, corpi di Lewy

 

La MP è una malattia progressiva a insorgenza insidiosa, la cui prevalenza tra i disordini neurodegenerativi è seconda solo a quella della malattia di Alzheimer1. Il meccanismo fisiopatologico sottostante non è stato ancora completamente compreso. In ogni caso, la morte dei neuroni nigrostriatali e il conseguente deficit di dopamina causano una diminuzione dell’effetto inibitorio proveniente dai gangli basali2. Dalla diminuzione della normale attività della dopamina deriva, a causa del rapporto della stessa con l'acetilcolina, un aumento relativo dell’effetto dell’acetilcolina. Tale disfunzione dei neurotrasmettitori è ritenuta la causa delle anomalie motorie tipiche della MP. Inoltre, nelle cellule cerebrali dei pazienti, sono facilmente identificabili all’esame autoptico i corpi di Lewy, che sono inclusioni neuronali intracitoplasmatiche costituite da aggregati proteici anomali. Si ritiene che tali proteine siano il prodotto della patologia piuttosto che una causa della stessa3. La velocità con cui le cellule muoiono è sconosciuta e, probabilmente, varia da persona a persona4.

Sono due le fasi in cui la MP può essere suddivisa, che chiameremo fase pre-sintomatica e fase sintomatica5. Solo la seconda fase può essere esaminata clinicamente. A quanto pare, la MP inizia nel tronco encefalico inferiore e nel bulbo olfattorio e raggiunge il sistema nigrostriatale a circa metà del decorso6,7. Al momento della diagnosi, fino all'80% dei neuroni suscettibili di attacco da parte della malattia è già andato perduto. Nei pazienti più giovani, in particolare, sembra esserci una certa predisposizione genetica8. Si ritiene che tale fattore genetico sia responsabile di una percentuale fino al 20% dei casi di malattia di Parkinson a esordio precoce (MP che si verifica nelle persone di età inferiore ai 40 anni). Sono state identificate diverse mutazioni genetiche che si ritiene possano avere un ruolo nello sviluppo della MP8. Oltre al rischio familiare, si ritiene possano essere coinvolte nel favorire la comparsa della MP anche sostanze tossiche presenti nell'ambiente (tra le quali l’esposizione ai pesticidi e il consumo di acqua di pozzo) e postumi d’infezioni. Poiché al momento non è possibile identificare con certezza le persone a rischio di sviluppare la MP, riuscire a intervenire il prima possibile resta comunque una sfida.

Diagnosi

Keypoint: La diagnosi della malattia di Parkinson è tuttora una diagnosi clinica che si basa quasi esclusivamente sui sintomi di presentazione e su una chiara risposta alla somministrazione di levodopa.

Keywords: Malattia di Parkinson diagnosi, malattia di Parkinson segni e sintomi, tremore, bradicinesia, rigidità, instabilità posturale

Nonostante abbiamo acquisito molte conoscenze sulla MP, la diagnosi viene ancora fatta basandosi quasi esclusivamente sui sintomi di presentazione e su una chiara risposta alla somministrazione di levodopa. Benché la neurodiagnostica per immagini sia ancora vista dai ricercatori come un metodo di possibile diagnosi della MP, non svolge attualmente un ruolo di primo piano3.La diagnostica per immagini può essere utile nello studio dei farmaci, per valutarne le capacità di neuroprotezione o di modifica della malattia, ma al momento è principalmente utile per aiutare a escludere, al momento della diagnosi, altre malattie.

Caratteristiche principali

Si ritiene che siano quattro le caratteristiche principali della MP: tremore, bradicinesia, rigidità e instabilità posturale. Il tremore è il primo e più comune dei sintomi e, generalmente, inizia unilateralmente. Le estremità distali, in particolar modo le mani, sono il sito in cui di solito la malattia inizia a svilupparsi, ma anche gambe, labbra, mento e mandibola possono essere coinvolti. Il movimento causato dal tremore alle mani viene spesso definito "contar pillole", perché le dita e il pollice si muovono in modo opposto tra di loro come se dovessero rigirare un piccolo oggetto. Tipicamente il tremore è presente a riposo, ma (almeno negli stadi iniziali della malattia) scompare durante i movimenti volontari o durante il sonno. Alcuni pazienti non manifestano un tremore visibile ma lamentano una vibrazione interna9.Nei pazienti più giovani il tremore può essere intermittente e visibile solo durante i periodi di stress o affaticamento8.. Si ritiene che l’iperattività colinergica sia l'eziologia primaria del tremore osservabile nella MP.

La bradicinesia (o acinesia) è più comunemente riscontrabile, all’esordio della malattia, nei pazienti più anziani. La bradicinesia è un rallentamento motorio generalizzato che causa problemi nelle attività che richiedono un fine controllo motorio o contengono elementi ripetitivi (come pulirsi i denti). La gestualità spontanea del paziente può essere ridotta e le normali sincinesie pendolari delle braccia durante il cammino possono addirittura scomparire9.L'unilateralità del disturbo fa sì che i pazienti sembrino zoppicare. Il volume della voce e le inflessioni sono spesso ridotti e la mimica facciale può essere appiattita. Negli stadi iniziali della malattia il paziente può segnalare una debolezza muscolare generalizzata, non confermata però dagli esami. Con il progredire della malattia, i pazienti individuano nella bradicinesia il sintomo che crea loro più problemi. Il movimento diviene sempre più limitato; ciò rende sempre più difficile girarsi nel letto, alzarsi da una sedia bassa o anche solo camminare.

La rigidità si riscontra in genere nei pazienti più anziani; è molto meno comune nei giovani all’esordio della malattia8.Questo disturbo si distingue per la maggiore resistenza dei muscoli durante tutto l'arco del movimento passivo. La rigidità può essere prossimale o distale e può essere fissa, anche se si parla più comunemente di rigidità "a ruota dentata" o "a scatti"9.Una delle manifestazioni più precoci di questo disturbo è una dolenzia vaga e indistinta, spesso dovuta all'irrigidimento del braccio o della spalla dal lato del corpo in cui in seguito si manifesteranno sintomi evidenti.

A differenza di altre caratteristiche della MP, l'instabilità posturale si riscontra raramente alla presentazione clinica iniziale. Non è pertanto inclusa tra i criteri della diagnosi e, se presente nei primi stadi della malattia, può in effetti indicare che il paziente ha un disturbo di altro tipo. L'instabilità posturale è la causa principale delle cadute associate alla MP9.Le alterazioni posturali associate includono la flessione delle ginocchia, dell’anca e del tronco e la tendenza a camminare sull'avampiede.

Variabilità nella presentazione clinica

La MP viene diagnosticata quando due delle quattro caratteristiche principali sono presenti; tuttavia, i pazienti possono presentare una varietà di sintomi. È importante notare che i sintomi associati alla MP non sono esclusivamente connessi alla sfera motoria ma, piuttosto, sono presenti in associazione a una moltitudine di sintomi non motori. In effetti, i disturbi non motori possono essere i primi ad apparire; ciò suggerisce l'esistenza di un periodo prodromico4.In particolare, i pazienti più giovani possono sviluppare sintomi difficili da riconoscere come parte della MP, in quanto la malattia stessa, nelle fasi iniziali, può non presentarsi in modo classico e anche perché raramente si pensa alla MP nei pazienti più giovani. I pazienti possono sentire freddo o lamentare crampi o formicolio, specie ai piedi8.Le distonie, che in alcuni casi possono causare dolori molto forti, possono determinare l’intrarotazione di un’estremità, la dorsiflessione dell’alluce, la flessione plantare del piede o l'adduzione del braccio o del gomito tale che il paziente porta l'arto davanti all'addome o al torace. I sintomi possono essere intermittenti anziché costanti4.Inoltre, la perdita dell'olfatto viene, sempre più spesso, riconosciuta come uno dei sintomi iniziali della MP e può verificarsi anche decenni prima della diagnosi definitiva10.

Nei pazienti con MP possono essere coinvolti anche i neuroni non-dopaminergici. Ciò può portare ad alterazioni delle concentrazioni di serotonina e noradrenalina. Tali alterazioni possono a loro volta tradursi in problemi psichiatrici e comportamentali8.Nei pazienti che sviluppano la MP precocemente la depressione precede la diagnosi in circa un terzo dei casi. Non è ancora chiaro se la depressione faccia parte della MP, ne sia una conseguenza o semplicemente ne condivida la patologia, fatto che porta alla concomitanza dei sintomi. La depressione diviene sempre più comune man mano che una persona convive con la MP. Inoltre, ansia, demenza e disturbi del sonno sono più comuni nei pazienti con MP rispetto alla popolazione generale e sono, probabilmente, direttamente connessi a una patologia comune. È chiaro che la MP non è limitata al solo sistema nervoso centrale10.I corpi di Lewy sono stati individuati post-mortem anche in altri tessuti. È dimostrato che nella MP è a volte presente una denervazione simpatica cardiaca, così come un coinvolgimento del sistema nervoso autonomo. Questi fattori, probabilmente, hanno un ruolo nell'affaticamento, nell'ipotensione ortostatica e nelle disfunzioni esofagee, intestinali e vescicali che affliggono molti pazienti affetti da MP (vedi Tabella 1).

Tabella 1

Disfunzioni autonomiche nella malattia di Parkinson

Gastrointestinali

Gonfiore
Stitichezza
Gastroparesi
Nausea

Genitourinarie

Diminuzione della libido
Disfunzioni erettili
Aumentata frequenza urinaria
Incontinenza urinaria
Ritenzione urinaria
Urgenza urinaria

Ipotensione

Ortostatica
Postprandiale

Diagnosi differenziale

Keypoint: Una serie di disordini condividono caratteristiche comuni con la malattia di Parkinson e differenziarli può essere difficile; gli studi disponibili mostrano che circa un terzo dei pazienti cui era stata diagnosticata dai medici di base una malattia di Parkinson soffriva in realtà di un altro disturbo.

Keywords: Malattia di Parkinson diagnosi differenziale, malattia di Parkinson segni e sintomi, tremore essenziale, paralisi sopranucleare progressiva, atrofia multisistemica, demenza con corpi di Lewy

Sono numerosi i disturbi che condividono caratteristiche comuni con la MP e distinguerli può essere molto impegnativo (vedi Tabella 2). Gli studi disponibili mostrano che circa un terzo dei pazienti a cui il medico di base aveva diagnosticato la MP aveva in realtà un altro disturbo11.La diagnosi può essere una sfida anche per i neurologi. Le malattie che causano più comunemente diagnosi errate sono il tremore essenziale, la paralisi sopranucleare progressiva (PSP), l'atrofia multisistemica (AMS) e la demenza con corpi di Lewy12.A differenza del tremore presente nei pazienti con MP, il tremore essenziale è spesso posturale, aumenta con l'attività ed è assente a riposo13. Generalmente è bilaterale, può coinvolgere la testa e la voce (mentre il tremore della MP interessa la mandibola e le labbra) e non è associato ad altre caratteristiche cardinali della MP. In genere, non riguarda le gambe.

Tabella 2

Diagnosi differenziale della malattia di Parkinson

Tumore cerebrale maligno
Demenza con corpi di Lewy
Tremore essenziale
Parkinsonismo indotto dai farmaci
Patologia multinfartuale
Atrofia multisistemica
Idrocefalo normoteso
Paralisi sopranucleare progressiva
Malattia di Wilson

L'età media d’insorgenza della PSP varia dai 55 ai 70 anni ed è compatibile con la MP. La sopravvivenza media è però di soli sei anni14.Le cadute sono comuni nei pazienti con PSP, anche nei primi 12 mesi. Poiché l'instabilità posturale nella MP precoce è rara, questo elemento può aiutare a differenziare tra le due malattie. I pazienti con MP tendono a girarsi senza ruotare il tronco (in blocco), mentre i pazienti con PSP in genere fanno perno. Una delle caratteristiche più facilmente riconoscibili della PSP è lo sguardo rivolto marcatamente verso il basso; viceversa, nella MP i movimenti oculari non sono compromessi15.Raramente i pazienti con PSP rispondono alla levodopa e gli effetti, comunque, svaniscono molto rapidamente.

L'AMS è una malattia degenerativa del sistema nervoso centrale e autonomo. Colpisce tipicamente le persone intorno ai 50 anni e la morte (in genere per broncopolmonite) tipicamente arriva entro 10 anni12.I sintomi associati all'AMS comprendono disfunzioni del sistema nervoso autonomo, con frequente incontinenza urinaria e impotenza maschile. Entrambi i sintomi sono riscontrabili anche nelle fasi avanzate del MP. I sintomi parkinsoniani, quali tremore a riposo, acinesia unilaterale e rigidità, sono presenti nella maggioranza dei casi di AMS12 anche se il tipico tremore a riposo non è molto frequente, e l’acinesia e rigidità sono più spesso bilaterali che unitalerali nell’AMS.

L'ipotensione ortostatica sintomatica è comune nell’AMS ma rara nelle fasi iniziali del MP, a meno che non venga indotta dai farmaci15.Come con i pazienti con PSP, un sottogruppo di pazienti con AMS (30%) può rispondere alla levodopa, ma tale risposta è temporanea12.

I sintomi parkinsoniani sono una manifestazioni principale della demenza con corpi di Lewy. Tuttavia, l'eventuale asimmetria dei sintomi e l'assenza di disturbi cognitivi nelle fasi iniziali di malattia rendono più probabile una diagnosi di MP. La demenza e le frequenti allucinazioni sono elementi distintivi della demenza con corpi di Lewy nelle sue fasi iniziali, anche nel primo anno dalla diagnosi12.

Un altro disturbo comunemente confuso con la MP, specialmente nei pazienti più giovani, è il parkinsonismo indotto dai farmaci8,13.I medicinali più spesso coinvolti sono le fenotiazine antiemetiche, i neurolettici e la metoclopramide. Occasionalmente i sintomi possono essere unilaterali, ma è più comune che vengano colpiti entrambi i lati. Il tremore posturale è più consueto nella malattia indotta da farmaci e possono inoltre verificarsi precocemente movimenti coreoatetosici della faccia e della bocca. Il parkinsonismo indotto dai farmaci è completamente reversibile e in genere si risolve in modo definitivo entro qualche settimana dalla sospensione del farmaco. Tuttavia, in alcuni casi i sintomi possono durare per un tempo sensibilmente più lungo13..

Stadiazione

Ci sono diverse scale di valutazione utilizzate per suddividere i pazienti con MP in gruppi funzionali. Le due scale più comuni sono la Unified Parkinson Disease Rating Scale (UPDRS) e la scala di Hoehn e Yahr. L’UPDRS è lo strumento di valutazione più consolidato per valutare la disabilità motoria9.Si divide in quattro sezioni:

  1. attività mentale, comportamento, umore;
  2. attività quotidiane;
  3. esame delle funzioni motorie;
  4. storia delle complicanze della terapia nei sette giorni precedenti.

Un punteggio di zero corrisponde a nessuna invalidità, mentre l’invalidità totale è caratterizzata da un punteggio di 199.

Per contro, la scala di Hoehn e Yahr è relativamente semplicistica ed è pensata per essere uno strumento di valutazione generale di progressione di malattia9.Si compone di cinque stadi con sintomi raggruppati secondo la tipica progressione della MP. Grazie a queste scale è possibile monitorare la progressione della malattia ed è pertanto possibile definire la terapia farmacologica appropriata per ogni momento del decorso16.

Lo stadio uno della scala di Hoehn e Yahr corrisponde a lievi sintomi unilaterali. Il tremore, se presente, è confinato a un singolo arto. Le persone più prossime al paziente cominciano a notare diversi cambiamenti. Il paziente è normalmente in grado di rimanere indipendente nonostante la compromissione dell'abilità funzionale.

Nello stadio due, i sintomi sono divenuti bilaterali e vengono coinvolte deambulazione e postura. La risposta ai farmaci rimane, in genere, buona. Gli stadi uno e due di Hoehn e Yahr in genere corrispondono a un punteggio dell'UPDRS al di sotto di 20, il che significa che il paziente ha qualche difficoltà nell'esecuzione delle normali attività quotidiane ma è rimasto relativamente indipendente16.

Allo stadio tre di Hoehn e Yahr corrisponde un significativo rallentamento dei movimenti e una compromissione funzionale moderatamente grave. A questo punto può essere coinvolto anche l'equilibrio. I pazienti possono inoltre riportare la riduzione dell’effetto farmacologico e sintomi motori anomali correlati alla terapia. Il punteggio corrispondente dell'UPDRS va da 30 a 40, fatto che indica che il paziente può ancora compiere molte delle attività della vita quotidiana senza aiuto, ma può avere bisogno di assistenza in alcuni momenti in cui la funzionalità è maggiormente compromessa16. A questo punto, per il paziente inizia la transizione dalla compromissione funzionale all’invalidità6. Allo stadio quattro corrispondono sintomi gravi, con ridotta capacità di camminare e rigidità e bradicinesia pronunciate. A questo punto il paziente non è più in grado di vivere in modo indipendente.

Allo stadio cinque corrispondono pazienti sulla sedia a rotelle che necessitano di assistenza costante. Quando un paziente raggiunge un punteggio UPDRS da 40 a 60 iniziano a essere coinvolte anche le abilità cognitive e per il paziente diventa difficile compiere attività come gestire il denaro e le medicine senza aiuto esterno. Da questo punto della scala in poi si parla d’invalidità.

Progressione della malattia

Keypoint: La malattia di Parkinson è una malattia progressiva. Prima della scoperta della levodopa, la diagnosi della malattia significava morte precoce. Oggi la durata media della vita dei pazienti è pressoché uguale a quella della popolazione sana.

Keywords: Malattia di Parkinson stadiazione, invalidità motoria, Unified Parkinson Disease Rating Scale, scala di Hoehn e Yahr, malattia di Parkinson storia naturale, farmaci antiparkinsoniani effetti indesiderati, effetto di fine dose, fenomeno on-off, discinesie, apomorfina, amantadina,

Come indicato in precedenza, il MP è una malattia progressiva. Prima della scoperta della levodopa, la diagnosi di malattia significava morte precoce. Oggi la durata della vita media dei pazienti è pressoché uguale a quella della popolazione sana8. La progressione della MP varia da paziente a paziente, così come i sintomi all’esordio della malattia. La progressione della malattia in un singolo individuo può essere monitorata usando l'UPDRS, più utile di strumenti quali la diagnostica per immagini, in quanto è la funzionalità la misura ultima del successo della terapia. Non è possibile stabilire il decorso clinico specifico con la sola osservazione diretta, perché praticamente tutti i pazienti ricevono farmaci che alterano la presentazione clinica della malattia17.

Man mano che i pazienti continuano a vivere con la MP e vengono curati con farmaci dopaminergici, si verificano complicanze motorie. Tali complicanze comprendono effetto di fine dose (wearing off), fenomeni on-off e discinesie. L'effetto di fine dose si verifica quando i pazienti sperimentano la ricomparsa dei sintomi prima che giunga il momento di assumere una nuova dose di farmaco, nonostante il regime farmacologico seguito sia stato, finora [PL1] fino a quel momento, in grado di controllare i sintomi. I modelli della malattia mostrano che gli effetti della sostituzione dopaminergica non si riducono con la progressione della malattia, né che la levodopa accelera la progressione della malattia17.Una delle spiegazioni al momento accettate dell'origine dell'effetto di fine dose è che la capacità dei neuroni di immagazzinare la dopamina diminuisce nel corso del tempo. Alla fine, ciò porta a un’insufficiente stimolazione del recettore e alla ricomparsa dei sintomi. Le strategie per combattere l'effetto di fine dose comprendono la riduzione dell'intervallo tra le dosi, l’aggiunta di un farmaco stimolante i recettori dopaminergici che tenti di "risparmiare" la dopamina esistente o l’aggiunta di un farmaco che inibisca la degradazione della dopamina da parte degli enzimi cerebrali.

Il fenomeno on-off, a differenza dell'effetto di fine dose, è imprevedibile. I sintomi, tenuti generalmente sotto controllo dal farmaco, si esacerbano senza alcun preavviso e in modo non graduale, per poi ritornare sotto controllo con la stessa velocità con cui sono apparsi. Questo processo si verifica tipicamente in un tempo che va da alcuni secondi ad alcuni minuti18. Il fatto che si verifichi senza preavviso rende il fenomeno on-off particolarmente penoso per i pazienti. Se l’episodio off (presenza di sintomi) diventa particolarmente grave, è possibile usare l’apomorfina. Tuttavia, la scomodità di dovere praticare iniezioni multiple, l'alta frequenza di nausea e la possibilità di grave ipotensione ne limitano in una certa misura l'uso.

Per discinesie s’intendono movimenti involontari che emergono nei pazienti dopo l'esposizione a farmaci dopaminergici. Generalmente appaiono dopo cinque-dieci anni di terapia farmacologica19. Ci sono diversi tipi di discinesie; le più comuni sono quelle di picco-dose che colpiscono l'80% dei pazienti20. La loro comparsa è simultanea al raggiungimento del livello di picco della dopamina attraverso la somministrazione del farmaco, che produce un controllo ottimale dei sintomi motori. La causa definitiva dello sviluppo delle discinesie non è stata ancora identificata, anche se il fattore di rischio più costante sembra essere la giovane età al momento dell'insorgenza della malattia20. Le precedenti teorie sul meccanismo di questo disturbo comprendevano la sovrastimolazione del recettore dopaminergico, un’ipotesi resa ancora più credibile dal fatto che a volte le discinesie appaiono quando ai pazienti vengono somministrati farmaci per prevenire la degradazione della dopamina. Tuttavia, secondo una teoria che riceve sempre più consensi, le discinesie sono da ritenersi collegate alla stimolazione pulsatile dei recettori dopaminergici20. La riduzione delle terminazioni nervose e l’insufficiente immagazzinamento della dopamina riducono la capacità del cervello di attenuare le fluttuazioni dei livelli di dopamina causate dalla somministrazione del farmaco19,20. Se tale presupposto fosse corretto, allora somministrando i farmaci dopaminergici attraverso una modalità che limiti le fluttuazioni delle concentrazioni plasmatiche si potrebbero ritardare o prevenire le manifestazioni discinetiche.

Al momento non esiste alcuna forma farmaceutica di levodopa in grado di prevenire tale stimolazione pulsatile indesiderata. Le diverse forme farmaceutiche della levodopa, a rilascio immediato e a rilascio controllato, sono state studiate e valutate per quanto concerne lo sviluppo di discinesie o il riemergere dei sintomi21. Dopo cinque anni non è stata riscontrata alcuna differenza tra le due terapie. (È possibile che per la forma a rilascio controllato non sia stata somministrata a una frequenza sufficiente a prevenire la stimolazione pulsatile e che una frequenza maggiore del dosaggio avrebbe prodotto un esito differente.) È stato suggerito che la somministrazione di levodopa in forma liquida a intervalli di un'ora, che pertanto permetterebbe di evitare l'assorbimento irregolare riscontrato con altre forme farmaceutiche orali, porterebbe a una minore fluttuazione dei livelli. In alternativa, una formulazione in gel somministrata direttamente nell'intestino tenue attraverso un tubicino permanente è disponibile in Europa ed è allo studio negli USA.

Un'altra opzione per il controllo delle discinesie è l'amantadina. Tale farmaco è occasionalmente utilizzato per la terapia precoce della MP, ma al momento è anche riconosciuto come un metodo per aiutare a controllare le fluttuazioni motorie grazie alla sua affinità per i recettori dell'N-metil-D-aspartato (NMDA). Attraverso questi siti di legame, il principale neurotrasmettitore eccitatorio del cervello, il glutammato, viene inibito dalla somministrazione di amantadina20. Si ritiene che l’attività del glutammato sia aumentata a causa della denervazione dopaminergica19. Gli studi hanno mostrato che, dopo tre settimane di terapia con amantadina, la frequenza delle discinesie può addirittura dimezzarsi22,23.

L'inizio precoce della terapia con un agonista dopaminergico piuttosto che con la levodopa è stato associato a un basso rischio di fluttuazioni motorie8. Tuttavia, è ancora da stabilire se la sequenza d’inizio della somministrazione dei farmaci abbia un effetto a lungo termine sulla prevalenza delle fluttuazioni dopo che sono passati molti anni e si è verificata l'esposizione a entrambi i farmaci. Un confronto tra il ropinirolo, agonista della dopamina, e la levodopa ha dimostrato che il verificarsi delle discinesie poteva essere ritardato se ai pazienti veniva somministrato prima il ropinirolo. Tuttavia, una volta che agli stessi pazienti cui era stato somministrato il ropinirolo veniva somministrata la levodopa, le discinesie emergevano a una velocità simile a quella del gruppo a cui fin dall'inizio veniva somministrata levodopa in monoterapia. Ne consegue, quindi, che le discinesie possono essere ritardate ma non prevenute posticipando l'uso della levodopa24. Un secondo studio, questa volta con l'agonista dopaminergico pramipexolo ha confermato la possibilità di ritardare l'insorgenza delle discinesie attendendo prima di iniziare la somministrazione di levodopa25.

Il pramipexolo è stato confrontato con la levodopa come terapia iniziale ed è stato somministrato per un periodo di quattro anni. Nel corso dello studio, i pazienti che assumevano levodopa avevano una possibilità doppia di sviluppare discinesie.

Inizio della terapia farmacologica

Keypoint: Per il controllo dei sintomi della MP si usa un grande numero di farmaci. Molti agiscono sui recettori dopaminergici o influenzano i livelli di dopamina. Un minor numero di farmaci esercita invece la propria azione sull'iperattività colinergica.

Keywords: Malattia di Parkinson terapia farmacologica, levodopa, inibitore della dopa-decarbossilasi, carbidopa, benserazide, agonisti dopaminergici, bromocriptina, cabergolina, lisuride, pergolide, pramipexolo, ropinirolo e rotigotina, inibitori delle monoaminossidasi, I-MAO, selegilina, rasagilina, amantadina, farmaci anticolinergici, benztropina, difenidramina, triesifenidile, inibitori della catecol-O-metiltransferasi, entacapone, tolcapone

Per il controllo dei sintomi della MP si usa un grande numero di farmaci. Molti agiscono sui recettori dopaminergici o influenzano i livelli di dopamina. Un minor numero di farmaci esercita invece la propria azione sull'iperattività colinergica.

Levodopa

La levodopa rappresenta la “fanteria d'assalto” nell'esercito dei farmaci per il trattamento della MP. A tutt'oggi nessun'altra terapia si è dimostrata più efficace26. La levodopa viene convertita in dopamina a livello cerebrale. A causa della continua perdita di neuroni, la somministrazione esogena della dopamina diventa di fatto necessaria per tutti i pazienti a un certo punto della malattia26. Il medicinale deve essere somministrato in associazione con un inibitore della dopa-decarbossilasi extracerebrale, come la carbidopa o la benserazide. Senza un inibitore della dopa-decarbossilasi, la levodopa verrebbe convertita a livello periferico, causando notevole nausea e ipotensione e generando livelli subterapeutici di dopamina nel SNC. I pazienti in genere hanno bisogno di 600 mg di levodopa o meno al giorno, somministrati insieme a 75-100 mg di carbidopa per i primi anni (possono essere somministrate dosi extra di carbidopa, se necessario)26.

La modalità di somministrazione ideale per la levodopa è a stomaco vuoto ma, se somministrata con il cibo per prevenire la nausea, è importante assicurarsi che il contenuto proteico sia basso per evitare competizione nell’utilizzo dei sistemi di trasporto degli aminoacidi al cervello. Si sconsiglia di interrompere o ridurre bruscamente il dosaggio della levodopa a causa del rischio d’insorgenza della sindrome neurolettica maligna, un disturbo potenzialmente fatale caratterizzato da stato confusionale, rigidità muscolare, febbre e instabilità del sistema nervoso autonomo.

Agonisti dopaminergici

I farmaci dopaminoagonisti utilizzati nel trattamento della MP sono: apomorfina, lisuride, bromocriptina, cabergolina, pergolide, pramipexolo, ropinirolo e rotigotina. Il più vecchio agonista dopaminergico è l'apomorfina, che però non viene utilizzata per il controllo generale dei sintomi. Pramipexolo, ropinirolo e rotigotina sono farmaci non-ergolinici, mentre tutti gli altri sono derivati dell'ergot. Gli agonisti della dopamina stimolano direttamente i recettori post-sinaptici, aggirando quindi i neuroni nigrostriatali in degenerazione27.Gli agonisti non-ergolinici hanno maggiore affinità per i recettori inibitori D2 e D3 piuttosto che per i recettori eccitatori D1. Alcuni effetti collaterali come pleurite, fibrosi polmonare e pericardite tendono a essere associati solo ai derivati dell'ergot. Mancano studi di confronto tra farmaci e questo rende la scelta di un farmaco una questione di preferenze del medico e del paziente. Come dimostrato dai dati degli studi clinici e dai punteggi dell'UPDRS (differenza da cinque a sette punti mantenuta nel tempo), gli agonisti dopaminergici sono meno efficaci della levodopa, ma hanno anche meno probabilità di indurre discinesie24,25. Tuttavia, molti pazienti riescono a ottenere un effetto positivo sufficiente per almeno tre anni anche con il solo agonista della dopamina27.

La rotigotina è disponibile in forma a rilascio transdermico (cerotto). Il vantaggio principale di questo metodo di somministrazione è che si ottengono concentrazioni più stabili del farmaco, che portano a una stimolazione continua del recettore, che a sua volta può ridurre le complicazioni motorie28.

Gli agonisti dopaminergici, in generale, sono utili per il trattamento dell'effetto di fine dose e il loro utilizzo può rendere possibile una riduzione del dosaggio della levodopa29. Alcuni pazienti che assumono agonisti dopaminergici soffrono di colpi di sonno improvvisi e incontrollabili. Inoltre, sono stati riscontrati di recente episodi di sindrome da disregolazione dopaminergica e di scarso controllo degli impulsi (gioco d'azzardo, shopping e attività sessuale)3,30.

I comportamenti impulsivi possono verificarsi anche con la levodopa, ma sono molto più comuni con gli agonisti dopaminergici.

Inibitori delle monoaminossidasi

Ci sono due tipi di monoaminossidasi (MAO). Il tipo A si trova principalmente nel sistema gastrointestinale e nel fegato. Il tipo B è responsabile di gran parte dell'attività nei gangli della base31. Gli inibitori delle MAO (I-MAO) agiscono aumentando la disponibilità dei neurotrasmettitori monoaminergici noradrenalina, dopamina e5-idrossitriptamina, per mezzo dell'inibizione irreversibile della MAO-B. Tra gli effetti collaterali più comuni vi sono nausea, vertigini e dolori addominali.

Il primo inibitore delle MAO-B utilizzato nei pazienti con MP è stato la selegilina, autorizzato all'uso come opzione terapeutica aggiuntiva. La selegilina viene somministrata al dosaggio di 5 mg due volte al giorno. Il farmaco dovrebbe essere somministrato non più tardi del primo pomeriggio per prevenire l'insonnia, che può essere causata dai metaboliti amfetaminici. Una più recente formulazione della selegilina, in compresse orosolubili, viene assorbita dalla mucosa orale ed evita il metabolismo di primo passaggio epatico. Il risultato è che i pazienti sperimentano un più rapido inizio d’azione e una concentrazione dei metaboliti amfetaminici molto più bassa29. Questa forma farmaceutica si è dimostrata promettente nel contrastare l'effetto di fine dose31.

Poiché le MAO-A non vengono quasi mai bloccate dagli inibitori selettivi ai dosaggi terapeutici, il rischio d’interazione con la tiramina (spesso chiamato "effetto formaggio" o “cheese effect”), che causa elevati livelli di noradrenalina nonché potenziamento degli effetti simpaticomimetici quali ipertensione e tachicardia è piuttosto basso. La selegilina è stata associata in certi pazienti, anche se raramente, alla sensibilità alla tiramina. La tiramina si trova in molti cibi stagionati, fermentati e sott’aceto, come aringhe, vino e formaggi. Alcuni pazienti possono essere maggiormente predisposti di altri all'“effetto formaggio”. È importante capire che l'azione selettiva sulle MAO-B dipende dal dosaggio e dai parametri individuali del paziente. Pertanto, anche se il rischio è minimo, è una buona misura precauzionale limitare l'assunzione di tali cibi anche in quei pazienti che assumono un inibitore della MAO-B.

L'inibitore della MAO-B di più recente introduzione è la rasagilina, che può essere somministrata in dosi giornaliere (1 mg da sola o 0,5 mg se aggiunta alla levodopa) non forma metaboliti dell'amfetamina ed è autorizzata all'uso sia come monoterapia sia come terapia aggiuntiva. La rasagilina fa parte delle opzioni possibili sia per l'inizio della terapia sia per la fase in cui si realizza uno scarso controllo dei sintomi con gli altri farmaci29. Gli eventi avversi riportati negli studi clinici comprendono cefalea, nausea e dolori articolari.

Amantadina

L'amantadina è un agente antivirale che si è dimostrato efficace nel trattamento della MP, anche se il suo meccanismo d’azione rimane sconosciuto. Il suo effetto, modesto, la rende utile negli stadi iniziali ma ne limita il ruolo negli stadi più avanzati32. Questo farmaco ha proprietà anticolinergiche, che lo rendono un'opzione praticabile per i pazienti con tremore. Tuttavia, i suoi effetti collaterali, in particolare la stitichezza, ne limitano l'uso, specialmente nei pazienti più anziani. I pazienti possono sviluppare edemi declivi e allucinazioni29. In caso d’interruzione brusca si possono presentare fenomeni di riacutizzazione; si consiglia pertanto di ridurre le dosi gradualmente. Come descritto in precedenza, c'è stata una riproposta dell'uso dell'amantadina per la terapia delle discinesie. La dose usuale di amantadina è di 100 mg due volte al giorno.

Anticolinergici

Gli anticolinergici (principalmente benztropina, difenidramina e triesifenidile) vengono usati, in modo del tutto analogo all'amantadina, nelle fasi iniziali del trattamento dei pazienti con MP per aiutare il controllo del tremore. Gli effetti avversi associati a tali farmaci ne hanno significativamente limitato l'utilizzo, in particolare nei pazienti più anziani che tendono a essere più sensibili32.

Gli effetti avversi più comuni comprendono secchezza delle fauci, tachicardia, disturbi della memoria e ipotensione ortostatica. Può verificarsi una riacutizzazione dei sintomi in caso di sospensione improvvisa e brusca degli anticolinergici.

Inibitori della catecol-O-metiltransferasi

Gli inibitori della catecol-O-metiltransferasi (COMT) sono strutturati in modo da inibire il percorso secondario della conversione periferica della levodopa. Questo percorso è quello dominante quando viene somministrata la carbidopa29. Gli inibitori della COMT sono indicati solo come terapia aggiuntiva.

Sono due gli agenti di questo tipo disponibili. Il primo, il tolcapone, è il più potente ma a causa dell'epatotossicità a esso associata viene usato raramente. Il dosaggio del tolcapone prevede la somministrazione tre volte al giorno (iniziando con dosi da 100 mg) a intervalli di sei ore.

Il secondo farmaco, l'entacapone, è disponibile sia da solo, in forma di compressa da 200 mg, sia in una forma farmaceutica associata a levodopa/carbidopa. L'entacapone viene somministrato simultaneamente alla levodopa, anche se alcuni pazienti rispondono meglio alla terapia se si fanno passare almeno 30 minuti tra la somministrazione dei due farmaci perché le velocità di assorbimento possono essere diverse tra i due farmaci. Gli effetti collaterali comprendono colorazione arancione dei liquidi corporei e diarrea grave, che potrebbe non coincidere con l'inizio della terapia29.

Ostacoli all'inizio della terapia

Keypoint: Tradizionalmente, per evitare effetti indesiderati indotti dai farmaci, la terapia della malattia di Parkinson veniva posticipata fino al momento in cui i sintomi non interferivano con la capacità di svolgere le normali attività della vita quotidiana.

Keywords: Malattia di Parkinson terapia farmacologica, farmaci antiparkinson effetti indesiderati, farmaci antiparkinson efficacia comparativa, malattia di Parkinson educazione del paziente, malattia di Parkinson qualità della vita

 

Tradizionalmente la terapia della MP veniva posticipata fino al momento in cui i sintomi non interferivano con la capacità di svolgere le normali attività della vita quotidiana33. La mancanza di dati che mostrino la capacità di un dato farmaco di rallentare o interrompere l'avanzamento della malattia, insieme alla conoscenza che quanto prima s’inizia la terapia con levodopa tanto prima si verificheranno fluttuazioni motorie, ha fatto sì che molti medici non fossero del tutto entusiasti all’idea di iniziare una terapia farmacologica ai loro pazienti. Inoltre, poiché la patologia colpisce, nella maggior parte dei casi, persone anziane che sono prossime all'età pensionabile o l'hanno superata, il minor rischio in questi casi di sottovalutare un bisogno di massimo perfetta efficienza, può essere una ragione valida per posticipare la terapia. Anche qualora i pazienti segnalino un calo nella percezione delle proprie condizioni, il rischio di innescare complicazioni motorie spesso ha la priorità nelle decisioni terapeutiche33.Inoltre, preoccupazioni sulla tossicità dei farmaci, specialmente per la levodopa, hanno ulteriormente ampliato il problema.

Lo studio ELLDOPA è stato intrapreso per determinare se la levodopa è tossica per i neuroni34.I pazienti arruolati per lo studio hanno ricevuto dosi variabili di levodopa o placebo per nove mesi, seguiti da un periodo di wash-out di due settimane. In seguito sono stati sottoposti a esami di diagnostica per immagini tramite tomografia computerizzata con emissione di singolo fotone (SPECT) utilizzando un marcatore (beta-CIT) per il trasportatore della dopamina. È stata riscontrata una maggior riduzione del marcatore nei pazienti che assumevano il farmaco cosa che suggerisce una sua tossicità. Tuttavia, dopo il wash-out, i pazienti che avevano assunto la levodopa avevano punteggi all’UPDRS migliori di quelli a cui era stato somministrato il placebo. I dati della diagnostica per immagini non correlavano con gli end-point clinici. I risultati di questo studio hanno portato a una nuova problematica. La levodopa era stata neuroprotettiva oppure i suoi effetti erano ancora evidenti dopo due settimane di sospensione del trattamento a causa di un insufficiente wash-out34?

Oltre ai medici, anche i pazienti e le famiglie possono porre ostacoli alla terapia. Questo vale in particolar modo per i pazienti più giovani. Con l'avvento d’internet, i pazienti e chi li assiste hanno a disposizione risorse illimitate a portata di mouse. Questo può essere utile, ma può anche porre dei problemi, in quanto le informazioni disponibili possono essere erronee o allarmanti. Ad esempio, i pazienti giovani a cui viene diagnosticata la MP potrebbero venire a sapere che la levodopa funziona bene ma solo per brevi periodi di tempo. Questi stessi pazienti potrebbero, pertanto, scegliere di posticipare il trattamento perché non capiscono la natura progressiva della malattia e il suo rapporto con la terapia farmacologica35.Inoltre, alcuni potrebbero dubitare che la MP possa colpire una persona giovane, dato che è considerata una malattia degli anziani. Va detto però che la negazione come ostacolo alla terapia non è un'esclusiva dei giovani.

Gli studi sulla qualità della vita (QDV) sono chiaramente a favore della terapia farmacologica. Uno studio di valutazione della rasagilina ha dimostrato un miglioramento dei punteggi nei pazienti che assumevano il farmaco rispetto al placebo36.Un altro studio ha valutato le modificazioni nella percezione del proprio stato di salute nei casi in cui veniva ritardata qualunque terapia farmacologica al momento della diagnosi33.

Nel corso dello studio, i pazienti venivano sottoposti a diverse visite e avevano la possibilità di iniziare la terapia farmacologica in qualsiasi momento. Dopo 18 mesi (visita due), tutti i pazienti che non avevano ancora iniziato ad assumere il farmaco erano peggiorati in tutti gli otto domini della scala di misurazione della QDV. Viceversa, i pazienti a cui il medicinale era stato somministrato alla visita uno erano stabili in tutti i domini, tranne due. Un terzo studio, che valutava l'efficacia dell’inizio della terapia con un qualsiasi farmaco anti-MP rispetto al rinvio della terapia ha dimostrato che dopo due anni, i punteggi relativi alla mobilità, alle attività della vita quotidiana e alla misurazione dello stigma della malattia erano peggiori nei pazienti a cui non era mai stato somministrato alcun farmaco37.

Inizio della terapia precoce vs tardivo

"Quando iniziare la terapia" è una domanda al primo posto nella ricerca sulla MP. Come spiegato in precedenza, vi è una scuola di pensiero che sostiene che la terapia andrebbe posticipata fino alla comparsa di sintomi che interferiscono con le abilità funzionali. Seguendo questo approccio si evitano esposizioni superflue del paziente al farmaco ed effetti indesiderati e, inoltre, si ritarda la comparsa delle complicanze motorie. Tuttavia, alcuni medici preferiscono intervenire precocemente per mantenere la QDV, ma anche perché ci sono evidenze che alcuni dei farmaci disponibili in commercio hanno la potenzialità di modificare il decorso della malattia. Anche in assenza di dati definitivi, i benefici dell'esposizione al farmaco potrebbero superare i relativi rischi. Inoltre, alcuni dati ottenuti dagli esami di diagnostica per immagini e dagli studi neuropatologici suggeriscono che la progressione della malattia può essere più rapida alla diagnosi e, quindi, l'intervento precoce potrebbe essere quello ottimale38,39.

Pochi non sarebbero d'accordo sul fatto che la neuroprotezione (strategie atte a proteggere i neuroni da danni o degenerazione) e la modifica del decorso della malattia (alterazione dei processi molecolari che portano al progresso di una malattia) siano gli obiettivi più importanti nella lotta al MP. L'anello benzilico contenuto nella struttura degli agonisti dopaminergici suggerisce un potenziale per la cattura dei radicali liberi1.. Sono disponibili molti studi che valutano la capacità di neuroprotezione e modifica della malattia dei vari medicinali (vedi Tabella. 3). Lo studio CALM-PD-CIT ha usato la SPECT con un marker (beta-CIT) del trasportatore della dopamina per misurare la perdita dei trasportatori nei pazienti che avevano assunto pramipexolo o levodopa per quattro anni40.Con il pramipexolo vi era una riduzione del 40% della perdita del trasportatore. Tuttavia, i punteggi dell'UPDRS erano costantemente migliori con la levodopa. I ricercatori dello studio REAL-PET hanno riscontrato una riduzione nella perdita della densità cellulare nei pazienti che assumevano il ropinirolo rispetto alla levodopa41.I difetti associati a questi studi comprendono la misurazione di marker surrogati per mezzo della diagnostica per immagini con fluorodopa e l'incoerenza rispetto ai risultati clinici, oltre al fatto che questi trial non sono stati disegnati per l’inizio posticipato della terapia farmacologica. Questo ha reso scenari possibili sia la tossicità della levodopa sia la protezione degli agonisti dopaminergici1

Tabella 3

Sudi clinici per valutare neuroprotezione/modifica del decorso della malattia di Parkinson

Studi che valutano la neuroprotezione/modifica della malattia nel MP

 

Studio

Componenti dello studio

Esito primario
Misura

Risultato

Conclusione

 

DATATOP (1993)42

Selegilina vs. placebo

Possibilità di posticipare l’inizio di terapia con levodopa

L’effetto di ritardare l’inizio della levodopa è maggiore con selegilina

Inconcludente:
effetto neuroprotettivo della selegilina vs.
effetto sintomatico;
nessun effetto duraturo a
35 mesi43

 

CALM-PD-CIT (2002)40

Diagnostica per immagini Beta-CIT SPECT; pramipexolo
vs. levodopa

Perdita dei trasportatori

Aumento
della perdita dei trasportatori
con levodopa

Inconcludente:
tossicità della levodopa vs.
neuroprotezione con pramipexolo

 

REAL-PET (2003)41

Diagnostica per immagini fluorodopa PET;
ropinirolo vs.
levodopa

Perdita della
capacità d’immagazzinamento della dopamina

Capacità d’immagazzinamento meglio mantenuta con ropinirolo

Inconcludente:
tossicità della levodopa vs.
neuroprotezione con ropinirolo

 

TEMPO (2004)44

Rasagilina vs. placebo
più inizio tardivo terapia

Modifica punteggio UPDRS

Punteggio UPDRS complessivo migliore
dopo 12 mesi

Potenziale modifica del decorso della malattia con la
rasagilina

 

ADAGIO (2008)45

Rasagilina vs. placebo
più inizio tardivo della terapia con rasagilina

Modifica punteggio UPDRS; superiorità nella curva di progressione
alla settimana 36;
situazione di non inferiorità nelle settimane 48-72

I risultati dopo 72 settimane
sono migliori nel gruppo che ha iniziato la terapia prima; tutti gli end-point sono stati raggiunti

Potenziale modifica del decorso

della malattia con la
rasagilina

Il risultato primario dello studio DATATOP era dimostrare la possibilità di ritardare il bisogno di iniziare la levodopa nei pazienti trattati con selegilina42.Rispetto al placebo, la selegilina ha dimostrato di ritardare la necessità di iniziare la levodopa suggerendo così un effetto neuroprotettivo del farmaco. È presumibile che, dopo un adeguato wash-out del farmaco, l'effetto protettivo rimanga mentre gli effetti sintomatici cessino, fornendo la possibilità di un vero e proprio confronto della tempistica dei farmaci in relazione alla progressione della MP39.

Tuttavia, in questo studio non è stato possibile escludere un effetto sintomatico della selegilina, perché il tempo di wash-out potrebbe non essere stato adeguato. Inoltre, dopo 35 mesi di osservazione, non è stato riscontrato alcun effetto duraturo sulle complicanze motorie o la disabilità, né c’erano differenze nei tassi di mortalità tra i gruppi in un periodo di otto anni43.

Lo studio DATATOP ha dimostrato chiaramente la necessità di un disegno di studio che escludesse la presenza di effetti sintomatici. Uno studio clinico con disegno a inizio ritardato permette il confronto tra due gruppi che assumono lo stesso medicinale con inizio in momenti diversi (essenzialmente si tratta di uno studio con disegno "wash-in"). La rasagilina è un I-MAO più potente della selegilina e ci sono evidenze precliniche di modifiche del decorso della malattia associate sia al composto progenitore sia al suo metabolita1.Lo studio TEMPO ha messo a confronto 404 pazienti con MP iniziale che assumevano il placebo o la rasagilina (1 o 2 mg)44.. I punteggi UPDRS sono stati misurati nel corso di sei mesi. I pazienti che assumevano placebo venivano poi trasferiti a rasagilina 2 mg. Dopo altri sei mesi, i pazienti trattati con la rasagilina fin dall'inizio avevano un miglior risultato all’UPDRS. Poiché tutti i pazienti alla fine avevano ricevuto la rasagilina, tale differenza non poteva essere spiegata con il solo effetto sintomatico. Tuttavia, alcuni hanno replicato che una differenza di due punti nell'UPDRS non è clinicamente significativa.

Uno studio di recente completamento, ADAGIO, è stato pensato per dimostrare la possibilità di modificare il corso della malattia stessa45. Anche questo studio era uno studio clinico con disegno a inizio ritardato. Ai pazienti con MP negli stati iniziali (n= 1.176) è stata somministrata rasagilina (1 o 2 mg) per 72 settimane contrapposte a 36 settimane di placebo, seguite da 36 settimane di principio attivo. Sono stati scelti tre end-point dell'UPDRS come risultati primari e la dose da 1 mg li ha soddisfatti tutti e tre in modo significativo. Durante la fase controllata verso placebo, la rasagilina ha mostrato superiorità nella curva di progressione dell'UPDRS rispetto al placebo. I sintomi peggioravano rispetto alle condizioni iniziali fino alla 72a settimana nei pazienti che avevano ritardato l'inizio della somministrazione della rasagilina nei confronti di quelli a cui il farmaco era stato somministrato fin dall'inizio. Infine rispetto a quelli cui era stato ritardato il trattamento attivo, le modificazioni dell’UPDRS nei soggetti che avevano ricevuto rasagilina per l’intero studio non peggioravano dalla settimana 48 alla 72. Il disegno dello studio ha suggerito una modifica del decorso della malattia, in quanto i pazienti a cui la rasagilina era stata somministrata avevano risultati migliori, sul piano motorio, rispetto ai pazienti a cui era stata posticipata la terapia.

Miglioramento degli esiti

Logicamente, per trarre il massimo beneficio dal punto di vista clinico è necessaria l'aderenza alla terapia. Affinché i pazienti aderiscano alla terapia è necessario rispettare una serie di criteri. È essenziale innanzitutto soddisfare le aspettative dei pazienti e di chi li assiste. Non esiste cura per il MP e i pazienti devono capire che gli approcci terapeutici attuali sono mirati a massimizzare la funzionalità del paziente in qualsiasi momento dell'evoluzione della malattia. La scelta dei medicinali deve essere fatta in base ai criteri della medicina basata sull’evidenza (Evidence Based Medicine) anche per quanto riguarda la potenzialità di neuroprotezione/modifica del decorso della malattia dei farmaci, ma senza ignorare le preferenze dei pazienti e di chi li assiste. Gli effetti collaterali sono la causa principale della non aderenza alla terapia ed è sbagliato presumere che i pazienti parleranno sempre in modo diretto e chiaro delle eventuali difficoltà incontrate. Ai pazienti deve essere detto cosa si possono aspettare, ma senza causare allarmismi. In particolare, gli effetti collaterali quali i comportamenti impulsivi devono essere discussi all'inizio in quanto i non esperti difficilmente saranno in grado di collegarli al farmaco. Chi assiste il paziente ha maggiori probabilità di fare domande e discutere dei comportamenti impulsivi dei pazienti a causa dell'imbarazzo e della tendenza a negare da parte dei pazienti.

È importante che tutte le persone coinvolte comprendano che la MP è molto più di un disturbo del movimento. Tra le sue comorbidità troviamo, infatti, depressione, demenza e psicosi. La depressione, in particolare, è un problema sotto-trattato della MP, in parte perché vi è una sostanziale sovrapposizione dei sintomi. È importante avere un lungo colloquio sulla depressione con le famiglie dei pazienti e chi li assiste, poiché è poco probabile che i pazienti con la depressione partecipino attivamente alla propria cura. Stitichezza, disturbi del sonno, ipotensione, disfunzioni urinarie e disfunzioni sessuali possono essere associati alla MP ma anche essere associati all’assunzione di farmaci. È importante differenziare tra le due eziologie e curarle nel modo adatto a mantenere la QDV.

Data la facilità con cui le cadute possono verificarsi nei pazienti con MP, si consiglia di prevenire le fratture attraverso la somministrazione d’integratori di calcio e vitamina D, oltre ai farmaci da prescrivere per la terapia (ove possibile). Le fluttuazioni motorie possono rendere necessaria l'aggiunta di un medicinale o un aggiustamento della posologia in termini di dosaggio o di frequenza di assunzione del farmaco.

La forma farmaceutica deve essere adattata alle necessità del paziente. Eventuali difficoltà a deglutire, comuni nei pazienti con MP, possono rendere necessario passare a formulazioni liquide o solubili. Ai pazienti, inoltre, deve essere spiegato quali prodotti possono o non possono subire alterazioni, in modo tale da facilitarne l'assunzione.

Conclusioni

Sempre maggiori evidenze suggeriscono che l'inizio precoce della terapia farmacologica per la malattia di Parkinson ha effetti migliori sul paziente. Ritardando l'inizio della terapia farmacologica si può posticipare l'insorgenza delle fluttuazioni motorie; tuttavia, il contraltare può essere una diminuzione della qualità della vita. Inoltre, i dati recenti degli studi clinici suggeriscono che la modifica della malattia è possibile, permettendo così di mantenere le abilità funzionali. In ultima analisi, è solo grazie ad un approccio integrato di cui facciano parte anche i pazienti e chi li assiste, che i pazienti con MP possono ottenere risultati ottimali.

 

Questionario ECM

 

1. L'eziologia primaria del MP è una carenza di:

a. acetilcolina

b. dopamina

c. noradrenalina

d. serotonina

 

 

2. Al momento della diagnosi del MP la perdita di neuroni può avere raggiunto il:

A. 5%

B. 20%

C. 80%

D. 100%

 

 

3. La diagnosi del MP può essere confermata dalla risposta a:

a. amantadina

b. levodopa

c. pramipexolo

d. selegilina

 

 

4. La presenza di quale caratteristica principale del MP è inusuale al momento della diagnosi?

a. bradicinesia

b. instabilità posturale

c. rigidità

d. tremore

 

 

5. Quante caratteristiche principali del MP devono essere presenti per poter diagnosticare la MP stessa?

a. 1

b. 2

c. 3

d. 4

 

6. Il tremore essenziale, comunemente ed erroneamente diagnosticato come MP:

a. generalmente è assente a riposo

b. generalmente è unilaterale

c. generalmente si riscontra nelle gambe

d. generalmente coesiste con la bradicinesia

 

 

7. Quale tra i seguenti farmaci può essere sospettato come responsabile di un parkinsonismo indotto dai farmaci?

a. amantadina

b. apomorfina

c. entacapone

d. metoclopramide

 

 

8. Il farmaco più comunemente implicato nella causa delle discinesie è:

a. levodopa

b. pramipexolo

c. rasagilina

d. ropinirolo

 

 

 

9. Quale dei seguenti farmaci previene la conversione periferica della levodopa in dopamina?

a. amantadina

b. carbidopa

c. entacapone

d. selegilina

 

 

 

10. Rasagilina e selegilina inibiscono:

a. la dopa-decarbossilasi

b. la catecol-O-metiltransferasi

c. la monoaminossidasi di tipo A

d. la monoaminossidasi di tipo B

 

 

11. Quali dei seguenti farmaci ha un'attività utile nel controllo delle discinesie?

a. amantadina

b. levodopa

c. pramipexolo

d. rotigotina

 

 

12. La depressione:

a. precede sempre la demenza nei pazienti con MP

b. è sotto-trattata nei pazienti con MP

c. è associata a sintomi diversi da quelli associati alla MP

d. raramente precede una diagnosi di MP

 

 

13. Quale tra le risposte fornite può essere considerata una ragione valida per iniziare precocemente la terapia dei pazienti con MP?

a. mantenere la qualità della vita

b. alcuni farmaci hanno il potenziale per modificare il decorso della malattia.

c. gli studi suggeriscono che la progressione è più rapida dal momento della diagnosi.

d. tutte le risposte sono corrette.

 

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