2006-02

Le piccole patologie e i principali disturbi dell’occhio

Revisione Scientifica: Dr. Francesco Viola, ricercatore Università degli Studi di Milano, dirigente medico presso Unità Operativa di Oculistica dell’Ospedale Maggiore Policlinico Mangiagalli e Regina Elena, Fondazione IRCCS

Figura 1: anatomia dell’occhio. National Eye Institute, National Institutes of Health

 

Obiettivi: informare ed aggiornare il farmacista in merito ai più comuni disturbi dell’occhio e alle complicanze principali delle patologie maggiori.

Al termine del corso il farmacista dovrebbe essere in grado di:

  • descrivere le carattestiche anatomiche e i basilari processi fisiologici dell’occhio
  • conoscere le patologie minori dell’occhio, le terapie disponibili e le norme di corretta gestione da trasmettere al paziente
  • conoscere le principali caratteristiche di glaucoma, retinopatia diabetica e degenerazione maculare senile, le terapie disponibili e le norme di corretta prevenzione delle complicanze
  • conoscere le categorie di farmaci più comunemente responsabili delle reazioni avverse oculari
  • conoscere le norme base di pronto soccorso in caso di

 

Introduzione

La lucerna del tuo corpo è l'occhio. Se il tuo occhio è sano, anche il tuo corpo è tutto nella luce; ma se è malato, anche il tuo corpo è nelle tenebre. Lc 11:34

 

A differenza di tante patologie e disturbi comuni, che presentano un quadro sintomatico meno evidente, i disturbi dell’occhio quasi sempre si associano a manifestazioni cliniche, sintomatiche e ad anomalie visive che li rendono più difficilmente trascurabili dal paziente;  comunemente si tende a considerare l’occhio e la vista come beni preziosi che, più di altri, necessitano della massima cura ed attenzione. Nonostante questo  alcune patologie dell’occhio e un particolare stato psicofisico di alcuni pazienti (età avanzata, disabilità, patologie concomitanti) possono portare a ignorare o ritardare la richiesta di intervento sanitario, determinando danni visivi a volte permanenti. Questo corso si concentra sulle patologie minori dell’occhio, in cui è maggiormente richiesto l’intervento del farmacista, e sulle più comuni complicanze delle malattie maggiori, a volte evitabili attraverso una corretta educazione e gestione clinica del paziente.

Recentemente è stata ritirata dal mercato internazionale una soluzione per lenti a contatto (“ReNu con MoistureLoc®” della Baush & Lomb), a causa di un possibile collegamento tra il suo utilizzo e l’insorgenza di cheratite da Fusarium (infiammazione funginea della cornea), riscontrata in un centinaio di casi negli Stati Uniti. Nonostante nel nostro paese, ad oggi, non esistano dati ufficiali sull’insorgenza di cheratite da Fusarium e al momento non ci sia alcuna evidenza di correlazione tra l’uso di questo prodotto e l’insorgenza di cheratite, è utile che il farmacista consideri insieme al cliente tutti gli aspetti legati al corretto utilizzo e manutenzione delle lenti a contatto, alla luce delle numerose complicanze che un uso scorretto di queste può portare.

 

ANATOMIA E FUNZIONALITÀ DELL’OCCHIO

 

Struttura dell’occhio

L’occhio è l’organo di senso che ha la funzione di ricevere gli stimoli luminosi e di trasmetterli ai centri nervosi dando origine alle sensazioni visive. È costituito dal bulbo oculare, sferoidale ed elastico, le cui pareti sono formate da tre membrane sovrapposte e concentriche:

  • una esterna, fibrosa, costituita dalla cornea (anteriormente trasparente) e dalla sclera (la parte bianca);
  • una intermedia detta uvea, riccamente vascolarizzata, che comprende la coroide, il corpo ciliare e l’iride, al cui centro si trova un foro detto pupilla;
  • una interna, la retina, a funzione fotorecettrice.

Utilizzando il comune paragone dell'occhio umano come macchina fotografica sono presenti cornea e cristallino che fungono da lenti naturali; tra cornea e cristallino è posizionata l'iride, diversamente colorata a seconda del soggetto; al centro dell'iride la pupilla, analoga al diaframma fotografico, che si stringe e si dilata a seconda dell'intensità degli stimoli luminosi e che separa la camera anteriore dell’occhio, delimitata anteriormente dalla cornea, dalla camera posteriore, compresa tra iride e cristallino. Il cristallino ha la funzione di far convergere i raggi luminosi sulla retina, una sottile membrana posta nella parte posteriore dell'occhio, paragonabile alla pellicola fotografica; gli stimoli visivi così generati, trasformati in impulsi elettrici, raggiungono il cervello attraverso il nervo ottico.

Questa una breve sintesi delle principali strutture dell’occhio procedendo dall’esterno verso l’interno.

 

La cornea. Rappresenta la parte anteriore della tonaca fibrosa della quale costituisce circa 1/6; ha un raggio di curvatura più piccolo di quello della sclera, e sporge in avanti rispetto a questa come il vetro di un orologio. È costituita da una lamina trasparente, costituita dalla sovrapposizione di cinque strati (strato epiteliale, membrana di Bowmann, parenchima corneale, membrana di Descemet, endotelio corneale), incolore e sprovvista di vasi arteriosi e venosi che riveste anteriormente il globo oculare e posteriormente delimita la camera anteriore dell’occhio. Ha uno spessore di circa 0,8 mm ed è dotata di un notevole potere rifrangente.

La faccia anteriore è convessa, libera , bagnata costantemente dal liquido lacrimale, a contatto con l’esterno quando le palpebre sono aperte e con la congiuntiva palpebrale a palpebre chiuse.

La larghezza è caratterizzata da un asse trasversale più lungo di 1 mm (12 mm) di quello longitudinale (11 mm), dando alla cornea la forma di un'ellissi.

 

L'iride. Costituisce la parte anteriore della tonaca vascolare, ha forma di disco circolare perforato al centro dal foro pupillare in cui è alloggiata la pupilla; è situata posteriormente e distanziata dalla cornea e anteriormente e pressoché a contatto con il cristallino; quest’ultimo è interposto come un divisorio tra camera anteriore e camera posteriore dell’occhio.

Ha un diametro trasversale di 10-12 mm ed uno spessore medio di 0,3 mm, spessore che si accentua vicino al margine pupillare; il tessuto irideo è scarsamente consistente, spugnoso, facilmente lacerabile. Nell'iride si possono distinguere una faccia anteriore, una posteriore e due margini.

La colorazione dell'iride è data dalla luce che attraversa lo stroma irideo e raggiunge il foglietto posteriore dell'iride da cui viene in parte assorbita e in parte riflessa; se la quantità di pigmento dello stroma è scarsa, il colore dell'iride apparirà variabile fra il celeste chiaro e l'ardesia, al contrario se il pigmento dello stroma irideo è abbondante, si formano delle mescolanze cromatiche che danno origine ad una gamma di colori.

 

Il cristallino. è un organo circolare a forma di lente, trasparente, incolore ed elastico, situato nel bulbo, dietro l'iride e davanti al corpo vitreo. Manca di nervi, vasi sanguigni e linfatici e alla sua nutrizione provvede l'umor acqueo. Separa la camera anteriore da quella posteriore dell’occhio.

La curvatura del cristallino cambia secondo le condizioni della visione (fenomeno dell'accomodazione): nella visione da lontano è meno incurvato mentre si incurva per la visione degli oggetti vicini. Il cristallino dopo i 40 anni perde progressivamente la sua elasticità (presbiopia) ed in età senile può perdere anche parte della sua trasparenza (cataratta).

 

Corpo vitreo: (o Umor vitreo) è l'organo che occupa la parte posteriore del globo oculare, dietro il cristallino e che è limitata dal cristallino stesso col suo apparato sospensore e dalla retina. Ha forma sferoidale ed è costituito da una sostanza trasparente, gelatinosa e vischiosa composta dal 98,4% di acqua. E' percorso assialmente dal canale ialoideo, cilindrico e dal diametro di 2 mm, è ripieno di liquido, che irrora il cristallino. Nel corpo vitreo si possono formare essudati (le cosiddette "mosche volanti") che a volte interferiscono blandamente con la visione.

 

La retina.È la più interna delle membrane che formano le pareti del globo oculare e si estende dal punto di entrata del nervo ottico fino al margine pupillare dell'iride.

Strutturalmente la retina è formata da 2 strati:

  • strato pigmentario o foglietto esterno
  • strato nervoso o foglietto interno o retina propriamente detta

All'interno dello strato pigmentario è posto lo strato nervoso che comprende una stratificazione cellulare in cui sono contenute le cellule capaci di percepire la luce (coni e bastoncelli); schematicamente la stratificazione cellulare è così composta:

• cellule fotorecettrici dette coni e bastoncelli

• cellule bipolari

• cellule gangliari i cui prolungamenti nervosi vanno a formare il nervo ottico

Con questa organizzazione uno stimolo luminoso percepito dai fotorecettori, viene inviato alle cellule bipolari, di qui alle gangliari e poi attraverso il nervo ottico, alla corteccia cerebrale.

Fovea. parte della retina dove lo strato delle cellule visive è quasi allo scoperto, ed è perciò il più facilmente colpito dall'azione diretta dei raggi luminosi. La fovea è la regione della visione distinta.

 

 

Nell'occhio l'umor vitreo drena attraverso il trabecolato (struttura porosa situata nel punto in cui si uniscono sclera e cornea e che viene attraversata dalla circolazione dell’umore acqueo) e il canale di Schlemm.

 

Gli annessi oculari

Gli annessi oculari sono organi oculari secondari con funzioni di supporto, non indispensabili all’esercizio della visione, ma necessari alla motilità, alla protezione e alla lubrificazione dell’occhio. Essi comprendono sopracciglia, palpebre, congiuntiva, muscoli estrinseci e apparato lacrimale.

Ghiandola lacrimale   

Ghiandola a forma di mandorla che secerne le lacrime situata nell'angolo supero-esterno dell'orbita, al di sopra del bulbo.

Ghiandole di Meibomio, ghiandole tarsali   

Ghiandole a secrezione lipidica all'interno della palpebra (tarso) i cui dotti si aprono sul margine palpebrale. La secrezione forma lo strato esterno del film lacrimale, prevenendo l'evaporazione delle lacrime stabilizzando le lacrime e favorendo la chiusura delle palpebre.

Ghiandole di Zeiss   

Ghiandole a secrezione grassa che circondano le ciglia; i dotti entrano nei follicoli delle ciglia vicino al margine palpebrale.

 

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BOX - I segni di allarme

I sintomi ed i segni di seguito segnalati sinteticamente non sono esaustivi di tutte le possibili patologie oculari ma possono offrire al farmacista un compendio per suggerire la tempestività e l’importanza di un controllo oculistico.

 

 

Glucoma

Sintomi visivi per Glaucoma primario ad angolo aperto:

v  Disturbi della visione periferica (es. guida con difficoltà, parti di parole mancanti durante la lettura, non vede i gradini)

Il glaucoma primario ad angolo apertoè la forma più insidiosa perchè, generalmente, sono assenti i sintomi precoci. Quando il paziente registra i difetti del campo visivo, il grado di atrofia del nervo ottico è già avanzato; è la forma più frequente e rappresenta circa il 60-70% di tutti i glaucomi.

Sintomi visivi per Glaucoma ad angolo chiuso:

v  Offuscamento della vista

v  Dolore agli occhi

v  Presenza di aloni colorati

v  Cefalea, nausea e vomito

La maggior parte delle persone predisposte al glaucoma ad angolo chiuso non ha segni o sintomi. Alcuni possono avere segni subdoli, come l'arrossamento oculare, il dolore, la visione annebbiata o la cefalea.

Consiglio:in entrambi i casiconsultare il medico perché il glaucoma acuto è la causa più probabile soprattutto se il paziente ha più di 40 anni. Il glaucoma provoca l'ostruzione dei normali meccanismi di deflusso con conseguente accumulo di liquidi ed aumento della pressione intraoculare.

 

Occusione o ischemia dei vasi

Sintomi visivi

v  Diminuzione transitoria e fugace del visus

v  Perdita totale o parziale del campo visivo di uno o di entrambi gli occhi

Consiglio: sintomi visivi di questo tipo possono indicare l'occlusione di uno dei principali vasi che porta sangue al cervello o agli occhi (es. spasmo dei vasi retinici in relazione con un’occlusione carotidea incompleta); è consigliabile la visita oculistica immediata e, in caso di positività, il ricovero ospedaliero.

 

Degenerazione maculare senile

Sintomi visivi:

v  Graduale o improvvisa perdita dell'acuità visiva centrale priva di dolore

v  Vista distorta in un occhio

v  Tipica distorsione delle linee dritte (i bordi delle piastrelle del pavimento sembrano ondulati, il profilo di una casa appare distorto)

Consiglio: visita specialistica. Ai pazienti che hanno perso la visione centrale si consigliano i sistemi di ingrandimento per la ipovisione e gli appositi servizi di assistenza per ipovedenti.

 

Retinopatia diabetica

Sintomi visivi:

v  Repentino deterioramento della vista in uno o entrambi gli occhi

v  Visione di lampi e flash di luce, o macchie nere

v  Frequenti disturbi della vista

Consiglio: immediata visita specialistica

Il paziente diabetico che segnala questi sintomi potrebbe essere portatore di degenerazioni retiniche periferiche, che implicano il rischio di distacco retinico. La retinopatia diabetica provoca danni ai minuscoli vasi sanguigni che irrorano l'occhio con conseguenti emorragie retiniche. In una fase precoce della malattia, la possibilità di guarigione è buona. Si raccomanda sempre l’esame accurato dell’occhio controlaterale che potrebbe avere analoghe degenerazioni retiniche.

 

Cataratta

Sintomi visivi:

v  Offuscamento progressivo della vista

v  Visione di lampi e flash di luce, o macchie nere

Se il paziente ha più di 50 anni, è probabile che il disturbo sia da ricercare nella cataratta, cioè l'opacizzazione del cristallino oppure nella degenerazione della macula, una porzione della retina. Se si tratta di una forma iniziale, potrà essere sufficiente portare speciali lenti, mentre nei casi più seri sarà necessario ricorrere ad un intervento chirurgico per rimuovere il cristallino danneggiato ed inserirne uno artificiale.

 

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MALATTIE DELLE PALPEBRE

 

Blefarite

La blefarite è un’infiammazione che interessa il margine palpebrale ed è caratterizzata dalla presenza di squame e detriti untuosi a livello dell’impianto delle ciglia. E’ un disturbo che può essere difficile da gestire data la sua natura ricorrente. I fattori di rischio sono età maggiore di 60 anni, storia medica di dermatite seborroica del cuoio capelluto o altre parti del corpo, esposizione ad agenti chimici irritanti, diabete mellito e acne rosacea.

Sintomi. I sintomi più frequentemente accusati dal paziente sono sensazione di corti estranei nell’occhio, bruciore, prurito ai bordi palpebrali, fotofobia. Si possono osservare formazione di piccole croste tra le ciglia e irritazione tissutale.

Si distinguono tre forme di blefarite:

  • Nella forma iperemica i bordi delle palpebre sono gonfi e arrossati e gli occhi si presentano cerchiati di rosso.
  • La forma squamosa è caratterizzata dalla formazione di pellicole sottili nella zona di impianto delle ciglia che sono facilmente asportabili ma  che si riformano facilmente.
  • La forma ulcerativa, il cui agente eziologico è lo stafilococco, è caratterizzata dalla formazione di piccoli ascessi a livello dei follicoli piliferi con croste che tendono ad aprirsi.

Un’altra causa della blefarite possono essere problemi con le ghiandole di Meibomio (o tarsali), deputate alla produzione del sebo palpebrale.

Le tre forme possono comparire singolarmente ma anche contemporaneamente. Le complicanze più frequentemente riscontrate della blefarite sono la congiuntivite e la cheratite.
Le cause possono essere di tipo locale, oculare o visivo, oppure di tipo sistemico (vedi Tabella 1).

 

Tabella 1 - Cause di blefarite

Cause locali                                                 

Cause sistemiche

Affaticamento visivo

Allergie

Alterazioni di carattere ortottico

Dermatiti

Ametropie non corrette

Diabete

Astenopia

Dislipidemie

Scorretto utilizzo degli occhiali

Eczema

 

Forfora

 

Forme reumatiche

 

Iperuricemia

 

Seborrea

 

Terapie. Il trattamento della blefarite consiste nell’eliminazione delle probabili cause locali e nel trattamento della patologie sistemiche. L’igiene della palpebra è fondamentale e consiste nell’accurata pulizia dell’occhio asportano tutti i detriti e le croste depositati lungo il margine palpebrale e le ciglia con l’eventuale applicazione di compresse calde. Visto che la blefarite è ricorrente nei pazienti che ne sono affetti, questi  devono curare l’igiene delle palpebre in maniera rutinaria per tutta la vita, la funzione di counseling del farmacista riveste quindi un ruolo importanete. Il Tabella seguente riassume la corretta procedura da suggerire al paziente.

 

Tabella 2 - Come effettuare la corretta operazione di igiene della palpebra

1. Utilizzare salviettine monouso sterili imbevute di soluzione idonea alla igiene palpebrale.

2. Strofinare leggermente entrambe le palpebre per due minuti con occhi chiusi

3. Risciacquare con acqua fresca

4. Asciugare con un asciugamano pulito

5. Applicare pomate e gocce come prescritte dal medico

La terapia farmacologia locale prevede l’applicazione di pomate all’ossido di zinco associate, in casi più gravi, ad antibiotici e cortisonici.

 

Figura 2. Blefarite da stafilococco con margini palpebrali iperemici e croste. Trichiasis and madarosis are also present.

 

 

Orzaiolo
L’orzaiolo è un ascesso situato nella zona del bordo palpebrale dovuto all’infezione di una ghiandola di Zeiss o di Meibomio, il cui agente eziologico è nella maggior parte dei casi lo stafilococco. Quando è interessata una ghiandola di Meibomio, il processo suppurativo è esteso, profondo ed è noto come orzaiolo interno, quando invece è interessata una ghiandola di Zeiss, l'orzaiolo è più piccolo e superficiale ed è noto come orzaiolo esterno. La zona interessata è comunque sempre annessa al bulbo pilifero. L’orzaiolo esterno si rivolge esclusivamente alle palpebre, mentre quello interno può evidenziarsi sia a carico delle palpebre che dal lato della congiuntiva.

Sintomi. I sintomi accusati dal paziente sono dati da irritazione e senso di peso a cui segue il dolore che dipende dal grado di tumefazione palpebrale.
Terapie. Il trattamento dell’orzaiolo consiste nell’applicazione di impacchi caldi per favorire l’apertura dell’ascesso verso l’esterno. E’ utile l'applicazione contemporanea nel sacco congiuntivele di pomate o colliri antibiotici. Raramente si procede all’incisione ed al drenaggio dell’orzaiolo.

 

 

Figura 3 : Orzaiolo; l’infezione coinvolge i follicoli ciliari.

 

Calazio
Il calazio è una flogosi granulomatosa di una ghiandola di Meibomio, il cui dotto escretore risulta ostruito e che determina una tumefazione della palpebra superiore o inferiore. Si differenzia dall'orzaiolo in quanto è un processo cronico che si sviluppa di solito nel giro di diverse settimane, non procura dolore e non è centrato su un bulbo pilifero.

Sintomi. I sintomi sono particolarmente lievi, se si esclude la sensazione di peso palpebrale o di fastidio per la presenza di “qualcosa” sull’occhio. Le dimensioni del calazio variano da un grano di miglio ad un pisello. Meccanicamente può ridurre l'acuità visiva provocando astigmatismo per la pressione esercitata sulla cornea.
A seconda della localizzazione si distinguono:
- calazio esterno: interessa la cute della palpebra sollevata da un piccolo rilievo tondeggiante. Rovesciando la palpebra si apprezza una zona di colore grigiastro.
- calazio interno: si sviluppa verso la congiuntiva palpebrale e che è apprezzabile rovesciando la palpebra, dove si riscontra una massa di colorito giallastro o rossastro lievemente dolente.
- calazio del margine palpebrale: si presenta come una propaggine appuntita del bordo palpebrale.
In alcuni casi più calazi possono comparire contemporaneamente, si tratta di calaziosi.
Terapie. La regressione spontanea è rara, qualche risultato si è riscontrato usando pomate a base di ittiolo e zinco, mentre gli antibiotici topici, in genere cloramfenicolo in collirio 4 volte al giorno, non sembrano dare risultati soddisfacenti.

Per questi motivi l’unica soluzione risolutiva nella maggior parte dei casi è la terapia chirurgica per asportare la sostanza granulomatosa e la capsula. E’ possibile portare le lenti a contatto, ma se coesiste una blefarite risulta molto fastidioso.

 

Figura 4 : Calazio su palpebra superiore

 

Dacriocistite
E’ un’infiammazione del sacco lacrimale che solitamente è di natura secondaria rispetto ad altri processi infiammatori che interessano il meato nasale medio o le vie lacrimali. Frequentemente è causata da dacriostenosi, restringimento del dotto naso-lacrimale dovuto spesso a una anomalia congenita o a un'infezione.

La dacriocistite può manifestarsi in una forma acuta, causata nella maggior parte dei casi dallo stafilococco piogeno, e in una cronica, l’agente eziologico della quale maggiormente in causa è lo pneumococco.
Sintomi. I sintomi della forma acuta sono dolore, arrossamento ed edema nella regione del sacco lacrimale, lacrimazione copiosa,  congiuntivite, blefarite e, a livello sistemico febbre e leucocitosi. Le infiammazioni acute ricorrenti possono causare la formazione di un'area di cute indurita e arrossata al di sopra del sacco.

L’alterazione delle vie lacrimali determina processi flogistici che inducono complicanze come la congiuntivite catarrale o la cheratite.
Nei casi di dacriocistiti croniche l'unico sintomo può essere una leggera tumefazione del sacco che si manifesta come  l’edema palpebrale diffuso e dolente. Alla spremitura del sacco può fuoriuscire pus attraverso il puntino lacrimale. A livello sistemico può manifestarsi un rialzo termico. Le dacriocistiti inoltre possono acutizzarsi quando il ristagno della secrezione purulenta è più accentuato e la tumefazione che caratterizza questi casi diventa fluttuante e possono verificarsi fuoriuscite di materiale purulento.

Terapia. La terapia della dacriocistite acuta prevede a livello locale la frequente applicazione di impacchi caldi e a livello sistemico la somministrazione di antibiotici per os (cefalexina 500 mg ogni 6 ore), oppure, nei casi più gravi, per via endovenosa (cefazolina 1 g ogni 6 ore). In caso di formazione di un ascesso la terapia è chirurgica e consiste nell'incisione e nel drenaggio.

La terapia della dacriocistite cronica, in caso di dacriostenosi, prevede la dilatazione del dotto naso-lacrimale mediante una sonda, dopo aver instillato un anestetico locale. È necessario trattare le anomalie nasali o dei seni paranasali che contribuiscono all'ostruzione del dotto naso-lacrimale. Se questi trattamenti sono insufficienti, possono rendersi necessarie l'intubazione naso-lacrimale, la dacriocistorinostomia o l’asportazione del sacco lacrimale.

 

Figura 5 : Dacriocistite

 

Xantelasma
Malattia caratterizzata dalla presenza di aree di cute tondeggianti od ovalari, lievemente rilevate e giallastre, che si distribuiscono quasi simmetricamente sulla cute della palpebra superiore ed inferiore, costituite da un ammasso di cellule xantomatose infarcite di colesterolo; colpiscono soprattutto le persone al di sopra dei 50 anni, generalmente di sesso femminile.
In alcuni soggetti gli esami di laboratorio rivelano dislipidemia, diabete, aterosclerosi, o epatopatie. L'evoluzione è lenta, ma progressiva.

Terapia. L'unica terapia possibile è quella chirurgica, che andrebbe intrapresa prima che la degenerazione sia tanto estesa da richiedere una vera a propria plastica palpebrale.

 

Figura 6: xantelasma palpebrale

MALATTIE DELLA CONGIUNTIVA

Congiuntiviti
La congiuntiva è una membrana mucosa che riveste la faccia posteriore delle palpebre e la parte anteriore dell'occhio. Forma una specie di sacco, il sacco congiuntivale, chiuso quando le palpebre si toccano con i loro margini liberi, comunicante con l'esterno attraverso la rima palpebrale, quando le palpebre sono aperte. E' suddivisa in tonaca congiuntivale delle palpebre, del bulbo, fornice superiore ed inferiore. Le congiuntiviti sono una delle affezioni più comuni dell'occhio e possono avere un’eziologia  infettiva, allergia o da agenti fisici e chimici.
Possono essere classificate in base alle caratteristiche della secrezione prodotta nel corso del processo flogistico in:

• forme sierose: intensa iperemia congiuntivale, edema diffuso della congiuntiva bulbare con scarsa secrezione; sono per lo più di origine virale
• forme catarrali: sono le più frequenti, secrezione congiuntivale mucopurulenta,  tendenza a regredire spontaneamente, rossore congiuntivele accentuato soprattutto nelle forme acute.
• forma purulenta: secrezione abbondante e francamente purulenta, rossore congiuntivale intenso, edema palpebrale accentuato, interessamento corneale secondario piuttosto frequente; generalmente causata da batteri gram-positivi.
• forma pseudomembranosa: essudato ricco di fibrina, membrane si staccano con difficoltà, asportazione provoca sanguinamento, l'agente eziologico più comune C.diphterie
• forma follicolare: presenza di follicoli o noduli linfatici, che si presentano come formazioni sferiche, pallide traslucide, disseminate e sporgenti sulla congiuntiva.

Congiuntiviti batteriche
Le congiuntiviti batteriche acute sono causate da microrganismi che appartengono sia al gruppo dei gram-negativi sia a quello dei gram-positivi, questi ultimi danno più spesso forme purulente, mentre i batteri gram-negativi sono spesso causa di forme catarrali acute e subacute che tra l'altro sono le forme più comuni.
Il grado di contagiosità è elevato in tutte le forme non purulente. La trasmissione avviene sia per contatto diretto, sia per mezzo di vettori, in particolare le mosche.
Il tempo di incubazione è di circa 2-3 giorni, dopodichè il malato accusa una sensazione di sabbia negli occhi, formicolii e bruciore, tende a sfregarsi spesso gli occhi e tale gesto può essere causa di propagazione da un occhio all'altro.
Sintomi. Le congiuntive sono iperemiche e le palpebre più o meno edematose. La fotofobia è sovente intensa anche in assenza di lesioni corneali mentre la funzione visiva non è mai compromessa. La secrezione, inizialmente acquosa, diventa successivamente mucosa e filante, infine mucopurulenta e giallastra: se eliminata si riproduce rapidamente. L'abbondante secrezione fa sì che le ciglia si mostrino appiccicate al risveglio con accumulo ai bordi palpebrali.
Terapie. La terapia farmacologia topica si basa sull'uso di colliri e pomate antibiotiche a base di tetracicline, gentamicina o neomicina. Vanno di regola applicati 3 volte al giorno utilizzando i colliri di giorno e le pomate la sera prima di coricarsi. Questa scelta è dettata dal fatto che le pomate hanno la capacità di rimanere più a lungo a contatto con la congiuntiva ma subito dopo l'applicazione, possono infastidire la visione.
È importante:

v  prolungare il trattamento alcuni giorni dopo la guarigione per evitare le recidive

v  non coprire l'occhio, ma lasciarlo il più possibile allo scoperto, in quanto il bendaggio oculare, aumentando la temperatura all'interno delle palpebre, favorisce l'incubazione e la moltiplicazione dei microrganismi, e, impedendo l'ammiccamento, ostacola la rimozione dell'essudato ricco di germi e tossine.

 

Congiuntiviti virali

La maggior parte delle infezioni virali causano una forma di congiuntivite leggera ed autolimitante, tuttavia alcune possono potenzialmente portare ad esiti severi e mettere a rischio l’integrità visiva.

Le due forme autolimitanti sono le congiuntiviti da Adenovirus e da Herpes Virus.

Entrambe le condizioni solo altamente contagiose, tendono a comparire in un occhio per poi trasmettersi all’altro in pochi giorni. I pazienti riferiscono spesso contatti precedenti con persone affette da congiuntivite o da infezione delle vie aeree superiori.

I virus invadono non solo l'epitelio congiuntivele ma spesso interessano anche l'epitelio corneale; per questo la lesione viene definita cheratocongiuntivite.
Dal punto di vista anatomo-patologico possono svilupparsi diversi tipi di reazione congiuntivale: si può partire da una forma sierosa con minima secrezione e lieve iperemia congiuntivale, a forme decisamente più gravi con formazione di ulcere e membrane.

Ruolo del farmacista. Data la loro natura il primo intervento sanitario è sempre quello di una corretta educazione ed istruzione del paziente, che dovrebbe sospendere l’attività lavorativa o scolastica fino alla completa scomparsa delle secrezioni, non condividere occhiali, cuscini e biancheria e procedere al lavaggio separato di quest’ultima.

Congiuntiviti da adenovirus
E’ la forma di congiuntivite virale più comune. Gli adenovirus sono spesso responsabili di malattie delle prime vie respiratorie; la forma congiuntivale più spesso provocata da tali virus è la cheratocongiuntivite epidemica. Colpisce tutte le età, si trasmette per contatto diretto, può essere preceduta da una faringotonsillite, e il periodo di incubazione varia da 5 a 12 giorni. L'esordio è improvviso con comparsa di un quadro di congiuntivite follicolare acuta. Le palpebre appaiono lievemente edematose, la mucosa congiuntivale iperemica accompagnate da intensa lacrimazione e secrezione congiuntivale siero-mucosa; può comparire dolore per l'interessamento corneale e i linfonodi preauricolari sono spesso ingrossati e dolenti.
La cheratite compare verso il 10° giorno, assumendo l'aspetto di piccoli infiltrati superficiali variabili nel numero e nelle dimensioni che se occupano l'area centrale della cornea. Possono provocare fotofobia e un calo della capacità visiva per la presenza di opacità proprio sulla zona ottica della cornea.
La durata è di una settimana nei casi lievi e fino a tre settimane nei casi gravi, e si possono verificare recidive.
Terapie. La terapia farmacologia topica prevede l’applicazione di colliri cortisonici che si dimostrano estremamente efficaci, ma il loro utilizzo, a causa della possibile esacerbazione di infezione da herpes virus simplex e delle controindicazioni al loro uso prolungato, deve essere iniziato e monitorizzato dall'oftalmologo.

Congiuntiviti da herpes virus

Oltre ad essere causa di contagio nei neonati, l’Herpes Simplex Virus (HSV), può portare a congiuntivite accompagnata da una gengivostomatite nei primi 6 mesi di vita, oppure in giovane età per via diretta o tramite oggetti contaminati.
La lesione primitiva è di solito a carico delle palpebre o dei loro bordi associata spesso a vescicole labiali. Nei due terzi dei casi è interessata anche la cornea, inizialmente con una cheratite superficiale che può risolversi spontaneamente oppure evolvere in forme decisamente più gravi. La congiuntivite dura in genere 2-3 settimane, mentre la cheratite può persistere per alcuni mesi.
Una volta superata la prima infezione il virus rimane in forma latente all'interno del nucleo delle cellule del paziente affetto e può ripresentarsi in concomitanza di fattori scatenanti quali il freddo, il caldo, l’esposizione ai raggi UV o per stati di ipersensibilità immunitaria.
Queste recidive compaiono spesso con incidenza stagionale ed interessano quasi sempre solo la cornea risparmiando la congiuntiva.

Terapie. La terapia farmacologia topica è basata sull'uso di colliri antibiotici soprattutto per evitare una sovrainfezione batterica. A tale cura si associano farmaci antivirali sempre ad uso locale.

Congiuntiviti neonatali

Le congiuntiviti neonatali sono infezioni trasmesse dalla madre ai neonati durante il parto. Le infezioni batteriche che causano più comunemente questi disturbi oculari nel neonato sono malattie a trasmissione sessuale contratte dalla madre quali, in ordine di incidenza, la clamidia (Chlamydia trachomatis), la gonorrea (Neisseria gonorrhoea) e l’herpes virus. Anche lo Streptococcus pneumoniae e l’Hemophilus influenzae possono essere causa di congiuntiviti neonatali. Data l’incidenza elevata di queste malattie gli ospedali applicano abitualmente al neonato colliri antibiotici o al nitrato d’argento a titolo profilattico.

Sintomi. I sintomi della madre al tempo del parto possono essere essenti, nel neonato comprendono secrezione sierosanguigna e purulenta dall’occhio, entro i primi 14 giorni di vita, gonfiore e arrossamento delle palpebre. La gonorrea, a differenza dell’infezione da clamidia,  può portare alla perforazione della cornea ed a una significativa distruzione delle strutture profonde dell’occhio, tuttavia i neonati che sviluppano queste forme di congiuntivite generalmente rispondono bene alle cure.

Terapie. La terapia è a base di antibiotici topici o sistemici, accompagnata da irrigazione salina per rimuovere gli accumuli purulenti.

 

Congiuntiviti allergiche
Una delle forme più comuni di congiuntivite allergica è la congiuntivite atopica, causata da diversi allergeni tra i quali i più comuni sono i pollini volatili ed è un segno tipico della febbre da fieno o pollinosi. Altri sostanze allergizzanti sono rappresentate da sostanze vegetali, pelo di animali e polveri professionali.
La forma acuta è una reazione infiammatoria improvvisa che si verifica alcuni minuti dopo l'esposizione agli allergeni.

Sintomi. All'esame obiettivo la mucosa congiuntivele appare iperemica, la secrezione è prevalentemente acquosa, vi è abbondante lacrimazione con prurito, bruciore e fotofobia.

Terapie.La terapia sintomatica locale, non essendo spesso evitabile l’esposizione all'antigene, è basata sull’uso di vasocostrittori, antistaminici e cortisonici.

L'altra forma comune è la dermato-congiuntivite da contatto sostenuta dal contatto ripetuto con sostanze chimiche che agiscono come allergeni.
Il primo contatto può avvenire con la cute delle palpebre nel caso di cosmetici oppure a livello della congiuntiva per l'applicazione di farmaci ad uso locale determinando in entrambi i casi una dermatite allergica di tipo eczematoso.
La reazione è di tipo ritardato e regredisce nel giro di una settimana dopo l'eliminazione dell'allergene. L'esame obiettivo evidenzia una infiammazione della mucosa congiuntivale, spesso accompagnata da secrezione purulenta.

La terapia prevede l’eliminazione dell'allergene in causa e l’applicazione di colliri decongestionanti.

 

Congiuntivite primaverile
Si tratta di una cheratocongiuntivite bilaterale e recidivante che colpisce soprattutto i bambini e i giovani, principalmente di sesso maschile. Si manifesta nei periodi più caldi dell'anno mentre si attenua nella stagione autunnale.

Sintomi. L'esordio della malattia è di solito rapido e i sintomi caratteristici sono il prurito intenso, la lacrimazione abbondante, la fotofobia, l'iperemia congiuntivale e una densa secrezione mucosa. La causa è sconosciuta ma numerosi fattori sembrano indicare un'eziologia allergica soprattutto per la negatività dell'esame batteriologico e l'assenza di particelle virali nel prelievo congiuntivale.

Terapie. Il trattamento è locale e prevede l’uso di colliri decongestionanti e astringenti; gli antistaminici sono parzialmente utili. La terapia cortisonica è spesso efficace.

Congiuntiviti da agenti fisici e chimici

Nella congiuntivite da agenti fisici (radiazioni ultraviolette, raggi X ecc.) e chimici (acidi, alcali, sapone, tabacco ecc.), la sintomatologia è quella classica con fotofobia, bruciore, prurito e sensazione di corpo estraneo.
La terapia avviene inizialmente irrigando con soluzioni fisiologiche la zona colpite dagli agenti, successivamente si provvede alla somministrazione di colliri al cortisone, anche più volte al giorno.

 

Pinguecola e Pterigio

La pinguecola è un'ipertrofia congiuntivale leggermente sollevata, solitamente situata inferiormente o superiormente alla cornea, senza coinvolgerla ed è costituita da una formazione bianco-giallastra, leggermente in rilievo, situata in corrispondenza dell’apertura palpebrale.

Lo pterigio è una piccola formazione fibrovascolare a forma di triangolo che parte dalla congiuntiva interpalpebrale nasale e va verso la cornea sino a ricoprirla. Si generano a causa dell’alterata nutrizione da parte dei vasi sanguigni e linfatici e compaiono di frequente nelle persone anziane, a contatto con radiazioni solari (pescatori, agricoltori) o che sono esposte a sostanze gassose irritative (solventi , gas, vapori tossici, miscele vaporizzate) e a soggetti portatori di lenti corneali morbide.
Il farmacista può consigliare ai pazienti che ne sono affetti di proteggere gli occhi dal sole intenso, dal vento e dalla polvere e di ridurre le irritazioni oculari con blandi colliri decongestionanti o con lacrime artificiali. Si eliminano con l’asportazione chirurgica.

E’ bene considerare che non tutte le neo formazioni congiuntivali sono di natura benigna e la diagnosi differenziale specialistica è quindi sempre richiesta.

 

Figura 7: Pterigio, congiuntivite con iperemia.

 

 

Figura 8: Pinguecola, alterazione degenerativa della congiuntiva al bordo temporale.

MALATTIE DELLA CORNEA

Cheratiti
Le cheratiti sono processi flogistici, di tipo infettivo o infiammatorio, che interessano la cornea. Possono essere superficiali, se localizzate a livello dell’epitelio e degli strati anteriori della cornea o profonde se l’infiammazione coinvolge anche l’endotelio.

Sintomi. Il sintomo più rilevante - oltre a  iperemia, fotofobia, lacrimazione e dolore frequente - è la comparsa di un’area grigiastra a margini sfumati, nel caso di sede superficiale, mentre l’interessamento infiammatorio dell’endotelio è accompagnato dalla comparsa di un’ampia area tondeggiante opalescente di edema corneale.
Le cheratiti superficiali si distinguono in diffuse e punctuate. Quelle diffuse si estendono nell’epitelio corneale causandone la caduta di lembi, hanno di solito una causa batterica; nelle cheratiti punctuate la lesione è costituita da opacità puntiformi situate a gruppi nell’epitelio corneale.
Nelle cheratiti profonde, caratterizzate dall’edema dell’epitelio sovrastante la cornea, le lesioni lasciano penetrare germi vari e possono degenerare in ulcera corneale. I sintomi possono aggravarsi rapidamente e sulla cornea compare un infiltrato bianco corneale che tende a svilupparsi in superficie e in profondità.

Terapie. La terapia prevede l’impiego di antibiotici per l’eliminazione degli organismi infettivi e sterilizzare l’ulcera e, in seguito, corticosteroidi per inibire la reazione infiammatoria, favorire il processo di guarigione e ridurre la cicatrice corneale. Tra le cheratiti virali la più frequente è quella erpetica.

 

Complicanze da uso scorretto di lenti a contatto
Le lenti a contatto sono dischetti di materiale polimerico, derivati idrofili del polimetacrilato, che si adattano alla superficie della cornea e possono essere considerate protesi oculari aderenti alla cornea. Le lenti a contatto (LAC) sono classificate in morbide, semirigide e rigide, e cosmetiche.

Nonostante il progressivo affinarsi delle tecniche chirurgiche che consentono in molti casi di eliminare la miopia, l’uso di lenti a contatto corneali correttive ha subito negli ultimi anni un incremento significativo.

L’uso scorretto di lenti a contatto può tuttavia indurre complicanze e degenerazioni oculari. Le principali cause di complicanze possonio essere:

v Rallentamento del “lavaggio” dell’ occhio da parte del secreto lacrimale

v Mancata applicazione delle corrette norme di detersione e disinfezione delle LAC

v Utilizzo eccessivo delle LAC

v Mancanza di controlli periodici

Al primo segnale di irritazione o rossore insolito il paziente deve sospendere immediatamente l’uso delle lenti a contatto e consultare lo specialista per individuarne le cause.
Le principali complicanze sono l’ipossia, le ulcere corneali e le allergie varie.

Nell’ipossia corneale, le LAC formano una barriera al corretto apporto di ossigeno alla cornea e possono causare la neovascolarizzazione corneale e l’evoluzione di diversi difetti rifrattivi, oltre a determinare una intolleranza alle lenti.

Oltre all’ipossia possono presentarsi depositi mucolipidici, causati da secrezioni oculari, cambiamenti nella composizione del film lacrimale e possibili difetti nel materiale delle lenti, o depositi di calcio, che cristallizza quando l’acidità delle lacrime aumenta a causa dell’ipossia.
Le ulcere corneali si presentano come delle piccole erosioni a carico della cornea che, nei casi più gravi, possono portare ad un accumulo di materiale purulento nella camera anteriore dell’occhio. Possono essera causate da trauma meccanico esercitato dalle LAC, ipossia o presenza di batteri patogeni (Pseudomonas aeruginosa).
Le allergie, invece, sono responsabili di bruciori, pruriti e fotofobia e possono essere causate dal liquido conservante, che altera la struttura della lente legandosi al polimero.

Nei riquadri seguenti sono sintetizzati tutti i consigli per un utilizzo corretto delle lenti a contatto e per un uso corretto delle lenti a contatto e dei cosmetici.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

MALATTIE DEL CORPO VITREO

L’uveite è un termine generico che definisce un’infiammazione intraoculare.
L’uvea è in particolare lo strato vascolare che ricopre l’occhio e che comprende l’iride. La classificazione delle uveiti si riferisce spesso alla struttura anatomica coinvolta.
Le cause delle uveiti dipendono da diversi fattori tra cui le infezioni batteriche e virali; in alcuni casi le risposte immunologiche dell’organismo mantengono infiammazioni croniche.

 

Uveiti anteriori
Uveite anteriore acuta non granulomatosa
Questa sindrome, comunemente detta irite o iridociclite, è tra le più frequenti e colpisce la parte anteriore dell’occhio. Il quadro sintomatico dell’infiammazione comprende iperemia, dolore, fotofobia dovuta a spasmo ciliare, iperlacrimazione e diminuzione della visione. I pazienti lamentano un dolore sordo e profondo dall’occhio coinvolto e nell’orbita circostante e l’iperlacrimazione non è associata a sensazione di corpo estraneo nell’occhio. Questa infiammazione può essere associata a malattie sistemiche o autoimmuni, o essere il risultato di un trauma oculare.

Le malattie sistemiche comuni che provocano uveiti sono la spondilite anchilosante, l'artrite reumatoide giovanile, la pars planite (la forma più comune tra le uveiti intermedie) e il  citomegalovirus, che è la causa più comune di retinite in pazienti immunodepressi, colpendo dal 25 al 40% dei pazienti affetti da AIDS, non appena la conta dei linfociti T scende al di sotto di 50 cellule/ml.

La terapia prevede l’immediata somministrazione di antibiotici o antivirali; nei casi di uveiti da trauma la rispoluzione dell’infiammazione è completa e non porta a ricadute.nei casi più severi, in genere uveiti secondarie e ricorrenti, la guarigione completa può richiedere settimane o mesi.

 

Uveiti posteriori

Toxoplasmosi
La toxoplasmosi è la causa più comune di uveite in pazienti con sistema immunitario sano. La grande maggioranza dei casi è trasmessa alla nascita, sebbene si possano avere casi acquisiti, soprattutto in persone a contatto con gatti o che mangiano carne cruda o poco cotta.Questa condizione colpisce i tessuti più profondi dell’occhio: vitreo, retina, coroide, e nervo ottico. I sintomi sono simili a quelli dell’influenza ma l’organismo può penetrare nell’occhio e provocare l’infezione intraoculare. Si manifesta con un rigonfiamento retinico bianco-giallastro e con un annebbiamento della visione. Un efficiente sistema immunitario spesso è in grado di controllare l’infezione intraoculare. E’ essenziale iniziare tempestivamente la terapia per evitare o ridurre gravi compromissioni visive. Si utilizzano antibiotici e nei casi più gravi corticosteroidi, sempre sotto stretto monitoraggio per l’insorgere di eventuali effetti collaterali.
Toxocariasi
La toxocariasi è una delle cause più comuni di retinite nei bambini a seguito di parassitosi intestinale. L'infezione segue infatti l'ingestione di Toxocara canis o T. cati, che si trova frequentemente nelle feci dei cuccioli di cani e gatti infetti. Il sintomo principale è l’offuscamento della vista e la formazione di un granuloma nella coroide.La malattia è autolimitante e l’unica terapia antinfiammatoria è a base di corticosteroidi.

Corio-retinite da Cytomegalovirus
È la prima causa di malattie oculari tra i malati di AIDS ed è una affezzione frequente negli immunodepressi. I sintomi si manifestano con una marcata diminuzione della capacità visiva in assenza di dolori specifici e la progressione della retinite dalla periferia al polo posteriore ed allo strato delle fibre nervose è costante. La terapia consiste nella somministrazione di antivirali e per la prognosi, legata alla quantità di retina compromessa o distrutta, è determinante il tempismo con il quale ci si rivolge ad uno specialista.
Corio-retinite da candida
È un tipo di uveite che colpisce principalmente i pazienti affetti da AIDS, gli emodializzati, gli iperalimentati e i tossicodipendenti.
Ad un quadro sintomatico inizialmente lieve, seguono la segnalazione di disturbi della visione quali la presenza di corpi mobili che riducono la visione.
Il trattamento consiste nella somministrazione di antimicotici per via endovenosa od orale. Anche per questa corio-retinite la diagnosi oftalmologica può essere di grande aiuto nel ridurre i problemi visivi, riconoscendo prontamente le caratteristiche lesioni di questa malattia

 

XEROFTALMIA

Ipolacrimia

La Sindrome dell’occhio secco è una condizione estremamente comune. Uno studio ha stimato che negli Stati Uniti il numero di persone anziane con sintomi di secchezza oculare è di 4,3 milioni e di circa 1 milione quelle con malattia diagnosticabile (8). La prevalenza media tra tutta la popolazione è del 14,3% e varia in funzione di sesso ed età; dal 6,8%, in soggetti di età inferiore a 60 anni, a circa il 19% in soggetti di con età superiore ad 80 anni e dal 11,4% negli uomini al 16,7% nelle donne(9). Anche in Europa i dati epidemiologici indicano percentuali simili.

L’eziologia di questo disturbo non è chiara ma sembra riferirsi a scarsa produzione di liquido lacrimale (ipolacrimia) per un'atrofia parziale o totale delle ghiandole deputate alla loro produzione o ad uno squilibrio tra produzione lacrimale e volume del drenaggio delle lacrime attraverso i dotto nasolacrimali.

Questa alterazione del normale equilibrio fisiologico aumenta l’attrito e la frizione delle palpebre sulla superficie oculare e causa:

  • maggior traumatismo ad ogni ammiccamento e movimento palpebrale
  • insufficiente detersione della stessa da corpi estranei o germi
  • carenza di anticorpi e lisozima, componenti delle lacrime ad alto potere battericida, con conseguente maggior rischio di contrarre infezioni, anche da germi comunemente innocui.

Il film lacrimale è costituito da 3 strati distinti, che dall'epitelio corneale, verso l'esterno sono: strato mucoso, strato acquoso e strato lipidico.

Lo strato mucoso è costituito da mucina adsorbita all'epitelio corneale e ha la funzione di mantenere l’acqua attaccata alle cellule della cornea e della congiuntiva.

Lo stato intermedio acquoso è il maggior costituente del film lacrimale (99,7% di tutto il film lacrimale) e oltre all’acqua contiene sali, zuccheri, proteine, enzimi e altre sostanze nutritive e di difesa alla cornea e alla congiuntiva.

Lo strato più esterno è costituito da uno strato lipidico che ha il compito di mantenere uniforme lo spessore del film lacrimale, evitare l’evaporazione dell’acqua e garantisce la levigatezza del film lacrimale. Ogni piccola modificazione della propria viscosità o del proprio spessore determinerebbe qualche problema sulla distribuzione del film lacrimale.

Grazie all’apertura e chiusura delle palpebre, il film lacrimale viene distribuito in modo uniforme così da assolvere a cinque compiti principali:

a) proteggere la cornea dalla essiccazione,

b) mantenere il potere rifrattivo,

c) compiere un ruolo fondamentale nei meccanismi di difesa contro le infezioni,

d) aiutare l’ossigenazione della cornea,

e) regolare l’idratazione della cornea.

 

Sintomi. I sintomi più comuni dovuti alla Sindrome da occhio secco sono bruciore, sensazione di corpo estraneo nell'occhio, fotofobia, difficoltà nell'apertura della palpebra al risveglio e, nei casi più gravi, dolore e annebbiamento visivo. In ambienti secchi, ventosi o dove sono in funzione impianti di riscaldamento o di condizionamento tutti questi disturbi risultamo esacerbati.

Una reazione a questa sindrome può essere paradossalmente la lacrimazione copiosa, spesso dovuta alla presenza di cheratite; il liquido lacrimale è tuttavia molto acquoso, con scarse componenti mucose e soggetto quindi a veloce evaporazione che lascia la cornea esposta all'azione di agenti esterni. In molti casi i pazienti affetti da sindrome degli occhi secchi soffrono anche di disturbi alla gola e al seno paranasale, quali congestione nasale o sinusite, tosse cronica, raffreddori frequenti, allergie stagionali, congestione al centro dell'orecchio, mal di testa.

 

Le due forme distinte di Sindrome da occhio secco sono:
Primarie (Sindrome di Sjögren), cioè manifestazioni oculari di una malattia generale autoimmune, come ad esempio lupus eritematoso sistemico, artrite reumatoide, sclerodermia, ecc.
Secondarie, dovute ad un'eccessiva vaporizzazione del film lacrimale (blefariti, congiuntiviti, uso protratto di lenti a contatto, ridotta secrezione senile, ridotta secrezione dovuta a farmaci, a ipovitaminosi A, a uso protratto di colliri).

Fattori eziologici. I primi tre fattori eziologici che causano xerostomia sono la radioterapia, la sindrome di Sjögren e le reazioni avverse da farmaci (1).

Altri fattori sono rappresentati da:
Età avanzata. La produzione di lacrime diminuisce con l'avanzamento dell'età per la progressiva atrofizzazione delle ghiandole lacrimali.  

Sesso femminile. Nelle donne tra i 40 e i 60 anni di età le ghiandole lacrimali vanno incontro ad una progressiva atrofia della loro porzione secernente.
Ambiente. Altitudini elevate, condizioni atmosferiche soleggiate, secche o ventose, ambienti in cui sono in funzione impianti di riscaldamento o di condizionamento dell'aria provocano un aumento dell'evaporazione delle lacrime, riducendo così la lubrificazione degli occhi.
Lenti a contatto. Il loro uso può aumentare notevolmente l'evaporazione delle lacrime, causando irritazioni ed infezioni. Sovente le soluzioni disinfettanti o lubrificanti per le lenti corneali possono indurre un’alterazione della componente ghiandolare lacrimale con alterazioni della produzione di lacrime. Se l'occhio è poco lubrificato, inoltre, la lente tende ad aderire alla cornea provocando danni in alcuni casi anche gravi ( abrasioni, cheratiti).
Farmaci. Alcuni farmaci (ormoni, immunosoppressori, decongestionanti, antistaminici, diuretici, antidepressivi, betabloccanti, farmaci per le malattie cardiache e per il trattamento delle ulcere) possono inibire la produzione di lacrime lubrificanti. Per un elenco completo si veda la Tabella 5.

 

Diagnosi

Durante la visita oculistica il medico sottopone il paziente ad alcuni test per individuare le alterazioni qualitative e quantitative della lacrimazione: BUT e test di Schirmer.

 

Terapia farmacologia

Non esiste attualmente un’efficace terapia farmacologia sistemica. In caso di alterazione del film lacrimale, si pratica una terapia sostitutiva e/o correttiva a base di colliri o gel (lacrime artificiali) formati da sostanze che possiedono l'azione detergente, lubrificante e disinfettante delle lacrime naturali. È sempre fortemente sconsigliata l'auto-prescrizione di colliri a base di lacrime artificiali.

Lo scopo della terapia varia a seconda della forma di occhio secco e la frequenza del numero di gocce nella giornata può cambiare a seconda dei momento della malattia e del sostituto lacrimale utilizzato: nelle fasi acute, a volte, è necessaria l’instillazione di sostituti lacrimali ogni ora, mentre nei momenti migliori si può arrivare anche a 4 volte al giorno.

È importante educare il paziente affinché non sottovaluti la patologia che è cronica e ricordare che deve continuare ad instillare gocce anche se la sintomatologia diminuisce o sparisce. Spesso capita che nel momento in cui il paziente migliora, diminuisce la frequenza della terapia o addirittura la blocca, causando un ricaduta nel tempo.

 

I meccanismi di azione delle lacrime artificiali sono: azione diluente, di volume, stabilizzante, correttiva e nutritiva.

1) Diluenti, in grado di ripristinare la componente acquosa  delle lacrime e allontanare le sostanze prodotte dal metabolismo delle cellule; hanno purtroppo un breve tempo di durata.

2) Stabilizzanti, in grado di aumentare la stabilità del film lacrimale attraverso l’impiego di sostanze mucomimetiche, capaci cioè di imitare almeno alcune delle capacità della mucina lacrimale (contengono sostanze viscose o tensioattive capaci di correggere l'instabilità del film lacrimale).

3) Di volume, in cui vi sono sostanze capaci di legarsi alla superficie oculare e di trattenere acqua, rimanendo nell’occhio più a lungo.

4) Correttive, in grado di correggere alcune caratteristiche fisiche della superficie oculare.

5) Nutritive, sostituti lacrimali arricchiti capaci di correggere ed alimentare, o eventualmente sovralimentare, i tessuti della superficie oculare, contengono alcune sostanze in grado di migliorare il trofismo dei vari epiteli che sono in sofferenza.

 

Terapia con lenti a contatto

Se la terapia farmacologica non è sufficiente e se esiste il rischio di danni alla cornea (cheratocongiuntivite secca), si possono usare particolari lenti a contatto protettive che, preservando la supercifie oculare dall’effetto abrasivo delle palpebre, permettono una corretta riepitelizzazione delle lesioni superficiali di cornea e congiuntiva.

In caso di ipolacrimia con marcata riduzione della componente acquosa, le lenti a contatto sono comunque mal tollerate e l'uso delle lenti a scopo terapeutico è quindi spesso poco attuabile.  Promettenti sono le lenti a contatto monouso giornaliere, perchè l’uso quotidiano di una lente sterile potrebbe permettere di superare le cause di intolleranza dalle lenti a contatto nelle ipolacrimie legate all'eccesso di scorie e depositi sulla superficie della lente deteriorata o poco lavata dal flusso lacrimale .

 

Terapia chirurgica

La terapia chirurgica più semplice e più usata nel trattamento delle sindromi da occhio secco consiste nella chiusura, provvisoria o definitiva, dei puntini lacrimali inferiore e/o superiore, per mezzo di piccoli tappi di silicone. L'occlusione provvisoria con tappi di acido ialuronico, è consigliabile per verificare se l'ostruzione delle vie di deflusso può essere in qualche modo utile per ridurre la sintomatologia del paziente ( i tamponi inseriti nei condotti di scarico lacrimali si di dissolvono in 4-7 giorni); se tale rimedio si dimostra efficace, permettendo una migliore lubrificazione dell'occhio, si ricorre alla chiusura definitiva mediante l'uso di "punctum plugs" o del raggio laser (argon laser).

 

Consigli utili

Le sindromi da occhio secco sono estremamente varie per origine, quadro clinico e gravità; conseguentemente l'approccio terapeutico è decisamente complesso. E' importante comunque che il paziente beva molti liquidi, curi adeguatamente l'igiene del bordo palpebrale e mantenga un'adeguata umidità degli ambienti in cui vive, soprattutto se questi sono asciutti, riscaldati o ventilati (gli impianti di condizionamento deumidificano troppo l'aria e creano un'eccessiva ventilazione); durante l'inverno è, quindi, opportuno che i radiatori siano sempre muniti di contenitori d'acqua (in commercio esistono appositi apparecchi per l'umidificazione degli ambienti).
Infine è importante un buon ammiccamento; in molti pazienti esso può essere raro o incompleto: non bisogna dimenticare che si può imparare ad ammiccare regolarmente e frequentemente.

 

1. Lemp MA. Report of the National Eye Institute/Industry workshop on Clinical Trials in Dry Eyes. CLAO J. 1995 Oct; 21(4):221-32. 

 

2.   Stern ME, Beuerman RW, Fox RI, Gao J, Mircheff AK, Pflugfelder SC. The pathology of dry eye: the interaction between the ocular surface and lacrimal glands. Cornea. 1998 Nov;17(6):584-9.

 

3.  Kozma CM, Hirsch JD, Wojcik AR. Economic and quality of life impact of dry eye   symptoms. Invest Ophtalmol  Vis  Sci.  2000; 41: S928.

 

4.   Nelson JD, Helms H, Fiscella R, Southwell Y, Hirsch JD. A new look at dry eye disease and its treatment. Adv Ther. 2000 Mar-Apr;17(2):84-93.

 

5. Pflugfelder SC, Solomon A, Stern ME. The diagnosis and management of dry eye: a twenty-five-year. Cornea. 2000 Sep;19(5):644-9.

 

6.  Pflugfelder SC. Advances in the diagnosis and management of keratoconjunctivitis sicca.

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11. McCarty CA, Bansal AK, Livingston PM, Stanislavsky YL, Taylor HR. The epidemiology of dry eye in Melbourne, Australia. Ophthalmology. 1998 Jun;105(6):1114-9.

 

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RETINOPATIA DIABETICA

La retinopatia diabetica consiste nell’alterazione dei capillari retinici e rappresenta la principale causa di cecità in persone tra i 25 e i 60 anni d'età nei paesi industrializzati (Williams 1994). Il rischio di cecità è 25 volte maggiore nei diabetici rispetto ai non diabetici. Lo sviluppo della retinopatia è in relazione alla durata della malattia: non è frequente nei primi 5 anni di diabete, ma è presente nel 50% circa dei pazienti affetti da tale malattia da 10 anni e sale all'80-90% dei pazienti che soffrono di diabete di Tipo 1 da 20 anni, e al 60% in quelli affetti da diabete di Tipo 2 (Klein et al 1984a, Klein et al 1984b).

 

La retinopatia diabetica è, insieme a nefropatia diabetica e neuropatia diabetica, una delle complicanze più temibile del diabete mellito.

La retinopatia diabetica non proliferante è caratterizzata negli stadi iniziali dalla comparsa di alterazioni della permeabilità dei vasi retinici, mentre successivamente è possibile osservare la presenza di microaneurismi e di emorragie puntiformi. L'edema retinico è la diretta conseguenza dell'alterata permeabilità capillare, quando interessa la regione maculare determina una riduzione più o meno marcata della capacità visiva centrale.

La retinopatia proliferante è caratterizzata dalla neovascolarizzazione legata all'aumento delle aree di ischemia retinica. Questi neovasi sono sottilissimi ed estremamente fragili e pertanto sono causa di frequenti emorragie pre-retiniche che costituiscono uno stimolo per la formazione di tessuto connettivo organizzato. Questo causa una retrazione del corpo vitreo che si stacca dalla retina provocando un vero e proprio distacco di retina che rappresenta una delle più gravi complicanze della forma proliferante in associazone al glaucoma emorragico o neovascolare.

 

Sintomi. Negli stadi precoci, la retinopatia diabetica è in genere asintomatica. Con la progressione della malattia l'acutezza visiva  può essere compromessa dall'insorgenza di un edema maculare o da episodi di emovitreo legati alle emorragie dai neovasi. Generalmente la retinopatia diabetica colpisce per prime le aree periferiche della retina, ma se viene interessata la macula si potrà verificare, anche in fasi precoci, annebbiamento e riduzione della capacità visiva. Improvvise perdite della vista possono essere dovute ad una emorragia intraoculare o alla trombosi di un grosso vaso.

Gli esami diagnostici per la retinopatia diabetica prevedono l'oftalmoscopia, per la valutazione diretta della retina, la fluoroangiografia e l'angiografia con verde di indocianina che permettono di studiare dettagliatamente la circolazione sanguigna della retina e della coroide, ed eventualmente l'ecografia in caso di emovitreo.

Terapia. La terapia medica consiste in trattamenti diretti a compensare l'iperglicemia e a riportare alla normalità tutti i parametri che la malattia diabetica ha alterato tra cui l'aggregazione piastrinica, che risulta aumentata, il potere fibrinolitico, ridotto nel diabetico, la resistenza capillare, notevolmente diminuita nel paziente diabetico e gli stati dislipidemici.

La terapia laser si avvale essenzialmente sulla fotocoagulazione anche se questo trattamento porti alla distruzione del tessuto retinico interessato da microaneurismi e vasi neoformati. In casi avanzati, dopo l’insorgenza di emorragie, crescita di vasi capillari anomali e aderenze fibrose che sollevano e distaccano la retina, può rendersi necessaria la vitrectomia.

 

 

 

Figura 9 - La retinopatia proliferante, forma avanzata di retinopatia diabetica, è caratterizzata dalla neovascolarizzazione, visibile al centro della foto,  legata all'aumento delle aree di ischemia retinica.

Immagine del National Eye Institute, National Institutes of Health

 

GLAUCOMA

Il glaucoma, caratterizzato dalla lenta e progressiva perdita della vista, è una malattia che colpisce il nervo ottico ed è causata da un aumento della pressione intraoculare. Dopo il diabete mellito è la seconda causa di cecità permanente, colpisce il 2% della popolazone in Italia sopra i 40 anni. Il 48% dei pazienti è concentrato al nord. Il 50 % dei malati ha preso coscienza della malattia quando il glaucoma era in stadio avanzato. Il 34 % dei pazienti ha meno di 54 anni e il 57 % sono donne.

In condizioni normali l’umore acqueo circola continuamente all'interno dell'occhio, dando consistenza al bulbo oculare e assicurando il nutrimento delle strutture oculari. La camera anteriore dell'occhio contiene l'umore acqueo prodotto dal corpo ciliare, che è posto dietro l'iride, e l'umore acqueo viene eliminato attraverso il trabecolato e il canale di Schlemm, posti nell'angolo dove la cornea e la parte anteriore dell'iride si incontrano. Il rapporto tra umore acqueo prodotto e quello eliminato deve essere tale da mantenere all'interno dell'occhio una pressione costante, generalmente 14-16 mmHg (vedi Figura 9). Se l’equilibrio tra la quantità di liquido prodotto e riassorbito viene rotto, si verifica un accumulo che provoca un aumento della pressione intraoculare ed una compressione o uno schiacciamento del nervo ottico, con conseguente danno e necrosi delle fibre nervose.

 

 

 

Figura 9 - Schema del normale deflusso di umore acqueo nell’occhio sano. National Eye Institute, National Institutes of Health

Etichette: Camera anteriore, Iride, Cornea, Angolo, Fuoriuscita dell’umore acqueo, Formazione dell’umore acqueo

 

La lesione del nervo ottico si traduce in una progressiva alterazione del campo visivo il quale tende progressivamente a restringersi fino alla sua completa scomparsa.

Il solo modo per prevenire la perdita della vista è la diagnosi precoce; superati i 40 anni è quindi consigliabile effettuare, anche in assenza di sintomi, una visita oculistica completa. Tra gli esami il più indicato è la tonometria che permette la misurazione della pressione intraoculare (tono oculare).
Il fattore di rischio più importante per il glaucoma è l'età oltre ad eventuali fattori ereditari; nella Tabella 4 sono riassunti tutti i principali fattori che possono aumentare la probabilità di sviluppare la malattia e che dovrebbero quindi suggerire una attenzione ancora maggiore.

 

Tabella 4 – Fattori di rischio per sviluppare glaucoma

Età avanzata

Traumi oculari

Familiarità per glaucoma

Diabete

Ipertensione arteriosa

Corticosteroidi

Miopia

 

 

Il glaucoma viene distinto in primario e secondario. Quello primario è provocato da alterazioni del sistema trabecolare, quello secondario insorge in seguito ad altre patologie oculari o generali e quindi indipendenti dal funzionamento del sistema trabecolare.

 

Il glaucoma cronico ad angolo aperto è il tipo più comune ed è dovuto ad un’alterazione strutturale del trabecolato che non filtra più in modo sufficiente l'umore acqueo con conseguente aumento della pressione intraoculare  e danno al nervo ottico. Si tratta di una forma di glaucoma cronica che progredisce molto lentamente, provocando una graduale riduzione della visione periferica. La maggior parte delle persone affette non avverte inizialmente alcun sintomo: questo può fa sì che i danni procurati al nervo ottico siano già rilevanti quando il paziente decide di sottoporsi ad una visita oculistica.
 

Nel glaucoma ad angolo chiuso l'umore acqueo non riesce a raggiungere il sistema trabecolare perché l'angolo formato da iride e cornea è troppo stretto. L’evoluzione della malattia è lenta, ma in pazienti predisposti può insorgere un attacco acuto di glaucoma, provocato da un'improvvisa ostruzione dell'angolo, nella maggior parte dei casi dovuta a una dilatazione o un blocco della pupilla. La somministrazione di farmaci che hanno come effetto collaterale la midriasi (vedi Tabella 5), la permanenza al buio, le emozioni improvvise e l’assunzione di caffeina possono dilatare la pupilla. Sintomi. L'attacco acuto di glaucoma è caratterizzato da un violento dolore in regione orbitaria, spesso associato a cefalea, nausea e vomito e visione annebbiata. Non trattato tempestivamente può avere grave ed irreversibili compromissione della vista.

 

Oltre alla tonometria altri esami permettono la valutazione dello stato o della progressione della malattia tramite l'osservazione diretta della retina (oftalmoscopia) la valutazione della funzione visiva globale (perimetria) o l'esplorazione dell'angolo di scarico dell'umore acqueo (gonioscopia).

Terapia. La terapia farmacologia è indicata nei casi non gravi a progressione lenta diagnosticati tempestivamente e mira ad abbassare la pressione intraoculare tramite l’applicazione topica di colliri. I colliri anti-glaucoma hanno lo scopo di ridurre la quantità di umore acqueo all'interno dell'occhio o tramite l’aumento del suo deflusso (miotici parasimpaticomimetici, miotici anticolinesterasici, simpaticomimetici, prostaglandine) o mediante la diminuzione della sua produzione (alfa-2 agonisti, beta-bloccanti, inibitori dell’anidrasi carbonica). La durata d'azione di questi farmaci è limitata nel tempo: è quindi molto importante che vengano assunti con regolarità (se passa troppo tempo tra un'istillazione e l'altra la pressione oculare aumenta) e con il dosaggio stabilito dall’oculista. Se la terapia a base di colliri non si dimostra sufficiente bisogna ricorrere all'assunzione di farmaci per via orale.

Nei casi in cui la terapia medica non è più sufficiente, o nei casi più gravi, si ricorre al trattamento laser e/o all'intervento chirurgico. Questo può consistere in interventi fistolizzanti, dove viene creata e mantenuta nel tempo una comunicazione pervia tra l'interno e l'esterno del bulbo per permettere il continuo drenaggio di liquido, o in interventi che mirano ad ottenere una riduzione della pressione interna attraverso l’assottigliamento chirurgico di una parete del bulbo, in grado di permettere una vera e propria filtrazione del liquido interno (vedi Figura 10).

 

 

Figura 10 - Intervento chirurgico convenzionale per gluacoma che opera una nuova apertura nel tessuto trabecolare. National Eye Institute, National Institutes of Health.

Etichette: Cornea, Congiuntiva, Nuova apertura, Sclera, Tessuto trabecolare, Cristallino, Pupilla,

 

DEGENERAZIONE MACULARE

La degenerazione maculare senile (Age-Related Macular Degeneration, AMD) costituisce una delle principali cause di ipovisione (perdita severa ed irreparabile della vista) nei paesi occidentali, colpendo il 18-20% delle persone anziane. In Italia si stimano 200.000 casi di AMD (1).

Nella degenerazione maculare è colpita la parte centrale della retina, responsabile della visione distinta e del riconoscimento dei colori, da alterazioni anatomiche e funzionali per lo più dovuta al processo di invecchiamento dell'occhio, sebbene alcuni pazienti presentino una predisposizione ereditaria; per questo motivo è consigliabile che i familiari di soggetti affetti da degenerazione maculare, una volta superati i 40 anni, si sottopongano a periodici esami oftalmologici.

In altri casi la degenerazione maculare si sviluppa in seguito a traumi oculari, infezioni, infiammazioni o miopia.

Le maculopatie giovanili possono essere acquisite (rosolia, toxoplasmosi insorte in gravidanza e trasmesse al nascituro), ereditarie (malattia di Stargardt) e congenite.
La degenerazione maculare atrofica o secca è la forma più diffusa e rappresenta il 90% di tutte le maculopatie. Questa forma è dovuto al ridotto apporto di sangue e di nutrienti conseguentemente all’invecchiamento e comporta l’atrofia delle cellule retiniche.

Nella degenerazione maculare essudativa o umida, più rara, si assiste a una neoformazione di vasi sanguigni, al di sotto della macula indebolita, che  lasciano facilmente fuoriuscire dell’essudato che danneggia le cellule retiniche o causano emorragie retiniche rompendosi. In tutte e due le forme si tratta di un processo irreversibile perché le cellule nervose retiniche andate in necrosi non si ricostruiscono più.

Sintomi. La percezione alterata e distorta delle immagini (metamorfopsie) è il sintomo caratteristico e iniziale della degenerazione maculare. Conseguentemente si assiste a una riduzione graduale e progressiva della visione centrale e a una visione dei colori meno brillanti. Durante la lettura le lettere appaiono confuse e distorte. Tipica è la distorsione delle linee dritte (i bordi delle piastrelle del pavimento sembrano ondulati, il profilo di una casa appare distorto). Spesso i sintomi iniziali sono mascherati perché l'occhio non colpito compensa i disturbi dell'altro. Il sintomo tipico allo stadio terminale della maculopatia è lo scotoma centrale. La progressione della malattia, anche nei casi gravi,  non comporta mai  totale cecità in quanto la visione paracentrale e laterale non è compromessa.

Diagnosi. Una prima diagnosi si può effettuare in modo semplice e rapido mediante la griglia di Amsler che è costituita da linee regolari che disegnano quadretti uguali. A tale scopo si fissa con un occhio solo e coprendo l'altro a una distanza di circa 35 cm il puntino centrale. Se le linee non appaiono tutte diritte, se i quadrati non sono tutti grandi uguali, se sulla griglia qualche linea fosse distorta o se alcune zone apparissero sfumate o confuse (vedi Figura 11), è necessario rivolgersi immediatamente a un medico oculista. Gli esami specifici sono l'oftalmoscopia per esaminare la parte centrale della retina mediante, il Test color  per la visione dei colori e l'elettrofisiologia oculare (ERG focale). Fondamentale nella diagnosi delle maculopatie è l'esame fluoroangiografico retinico in quanto permette di studiare dettagliatamente la circolazione sanguigna della retina e della coroide.

 

Figura 11 - Griglia di Amsler e visione della stessa in caso di AMD

 

 

Terapia. La degenerazione maculare non è curabile. Nella degenerazione maculare umida il trattamento laser che consiste nella  fotocoagulazione dei vasi retinici anomali può rallentare il decorso della malattia. Per questa forma è inoltre attualmente in sperimentazione la terapia fotodinamica con verteporfina.

Per compensare i deficit visivi centrali si può ricorrere ad ausili ottici ingrandenti che sfruttano la visione periferica che non è compromessa nella degenerazione maculare.

Un’adeguata prevenzione della degenerazione maculare consiste nel controllo della pressione arteriosa, della glicemia e del colesterolo che sono fattori di rischio delle malattie cardiocircolatorie in generale. Possono essere efficaci per la circolazione retinica i farmaci vasoprotettori. L’integrazione con vitamine (in particolare E e C) e minerali assunti a dosaggi terapeutici spesso risulta utile. È di fondamentale importanza di sottoporsi, dopo i 40 anni, periodicamente a visite oculistiche di controllo a scopo preventivo.

1. La degenerazione maulare correlate all’età pgg. 251-274 L’epidemiologia Oftalmica in Italia, L. Cerulli, M. Miglior, F.Ponte. Pubblicazione SOI 1997

 

 

Reazioni avverse oculari da farmaci

Una delle possibili cause, spesso sottovalutata, che il farmacista dovrebbe tenere sempre presente quando un paziente si presenta con problemi oculari è una reazione avversa da farmaci.

Infatti, molti farmaci, alcuni dei quali di largo impiego, possono provocare danni all'apparato oculare. Vanno distinti i danni conseguenti alla somministrazione topica (colliri e pomate) da quelli conseguenti alla somministrazione per via sistemica.

La barriera emato-oculare ed anteriormente la cornea limitano il passaggio di molti composti all’interno dell’occhio costituendo una valida protezione dall'azione dei farmaci. Queste barriere sono di svantaggio in caso di trattamento per una malattia oculare, ma sono una valida difesa quando l'occhio non costituisce il target terapeutico, riducendo l'insorgenza di effetti iatrogeni.

Un esempio di reazione avversa da farmaci molto comune, i pazienti trattati con l’antiaritmico amiodarone presentano la comparsa di depositi corneali nel 90% dei casi (1). Questi depositi non compromettono in genere la vista e si risolvono in 6-18 mesi dopo la sospensione del farmaco.

In pazienti trattati con corticosteroidi per via generale e topica, nel 30% compare una cataratta a sottocoppa posteriore, in genere dopo un anno di terapia(2). Inoltre i corticosteroidi possono causare facilmente ipertonia oculare in pazienti predisposti (es. nell’88% dei pazienti con miopia oltre le 5 diottrie), che può sfociare nell’insorgenza di un glaucoma acuto.

L'isotretionina, utilizzata nel trattamento dell'acne, nel 20 % dei casi è causa di occhio secco(3).

La Tabella 5 elenca per categorie terapeutiche gli effetti collaterali a livello oculare dei farmaci di uso più comune (non sono ad esempio inclusi i farmaci antineoplastici) somministrati per via sistemica.

 

Tabella 5 - Reazioni avverse oculari da farmaci sistemici

Categoria terapeutica

 

Farmaco

Possibili effetti collaterali

Alfa-bloccanti (prazosina)

 

Iposecrezione lacrimale

Ansiolitici (benzodiazepine e carbamati)

 

Iposecrezione lacrimale

Antiacne

 

 

 

Isotretionina

Iposecrezione lacrimale, depositi a livello del cristallino, alterazione delll'adattamento al buio

Antiaritmici

Amiodarone

Pigmentazione e depositi corneali, formazione di fini opacità bianco giallastre sottocapsulari, neuropatia ottica

 

Disopiramide

Glaucoma acuto

 

Flecainide

Depositi corneali

Antibiotici

Gentamicina

Neuropatia ottica

 

Streptomicina

Neuropatia ottica

 

Sulfamidici

Miopia, uveite, neuropatia ottica

 

Tetracicline

Pigmentazione e depositi corneali e congiuntiveli, lacrime colorate

Anticoagulanti cumarolici

 

Emorragie intraoculari

Anticolinergici inclusi antimuscarinici (ossitropio di bromuro, atropina e scopolamina)

 

Iposecrezione lacrimale, glaucoma acuto

Antidepressivi triciclici

 

Iposecrezione lacrimale, glaucoma acuto

Antiepilettici

Acido valproico

Retinopatia

 

Difenilidantoina

Opacità lenticolare

 

Fenitoina

Opacità lenticolare, discromatopsie

 

Idantoina

Opacità lenticolare, discromatopsie

 

Vigabatrin

Retinopatia

Antigottosi

Allopurinolo

Fotosensibilizzazione

 

Colchicina

Erosioni corneali e cheratiti, depositi a livello del cristallino, neuropatia ottica

Antinfiammatori non steroidei

Fenoprofene

Neuropatia ottica

 

Ibuprofene

Neuropatia ottica

 

Indometacina

Pigmentazione e depositi corneali, fotosensibilizzazione, neuropatia ottica

 

Ketoprofene

Depositi a livello del cristallino, fotosensibilizzazione

 

Naproxene

Depositi a livello del cristallino, fotosensibilizzazione, neuropatia ottica

 

Piroxicam

Depositi a livello del cristallino, fotosensibilizzazione

Antiparkinsoniani

 

Iposecrezione lacrimale, glaucoma acuto

Antipsicotici

Clorpromazina

Pigmentazione e depositi corneali e congiuntivali

 

Fenotiazine

Opacità lenticolare, retinopatia

 

Sali di Litio

Iposecrezione lacrimale

Antireumatici

Sali d'oro

Pigmentazione e depositi corneali e congiuntivali, depositi a livello del cristallino

Antistaminici H1

 

Iposecrezione lacrimale, glaucoma acuto

Antimalarici (chinino, clorochina, idrossiclorochina, meflochina)

 

Pigmentazione e depositi corneali, retinopatia

Beta-bloccanti (es: atenololo)

 

Iposecrezione lacrimale

Bifosfonati

 

Uveite

Corticosteroidi

 

Cataratta, glaucoma acuto

Diuretici

 

Miopia

 

Idroclorotiazide

Cheratopatia a bandelletta da ipercalcemia

Estro-progestinici

 

Opacità lenticolare, uveite, edema papillare

 

Estradiolo

Variazione della curvatura corneale; riacutizzazione di cheratiti

Farmaci per la disfunzione erettile

Sildenafil

Disfunzione retinica (disturbi visivi)

Farmaci tiroidei

Iodio

Iposecrezione lacrimale

Glucosidi cardioattivi (digossina, digitossina)

 

Retinopatia, neurite ottica

Ipoglicemizzanti orali

Clorpropamide

Neuropatia ottica

Ipnotici non barbiturici (prometazina, metaqualone, difenindramina)

 

Iposecrezione lacrimale

Nitrati

Trinitrina

Glaucoma acuto

Simpaticomimetici

 

Glaucoma acuto

Statine

Lovastatina

Depositi a livello del cristallino

Vasodilatatori periferici

Pentossifillina

Emorragie sottocongiuntivali

 

 

 

1. Hollander DA, Aldave AJ. Drug-induced corneal complications. Curr Opin Ophthalmol. 2004 Dec;15(6):541-8.

 

2. van den Brule J, Degueldre F, Galand A. Drug-induced cataracts. Rev Med Liege. 1998 Dec;53(12):766-9.

 

3. Fraunfelder FW. Ocular side effects associated with isotretinoin. Drugs Today (Barc). 2004 Jan;40(1):23-7.

 

 

L'epidemiologia oftalmica in Italia. Editore INC: Roma, 1997; pp 43–70. Salvini S, Parpinel M, Gnagnarella P, Maisonneuve P, Turrini A.

 

 

 

 

 

Caso clinico 1

 

Una donna di 45 anni entra in farmacia allarmata per la presenza di occhio rosso non dolente.

Riferisce comparsa dell’arrossamento da circa 2 ore associata a calo importante del visus nell’occhio sinistro.  Nega traumi, riferisce di essere in terapia con ipoglicemizzanti orali da pochi mesi per diabete mellito. Non ha mai eseguito una visita oculistica.

Obbiettivamente si evidenzia emorragia congiuntivale a margini sfumati nel settore temporale.

Il farmacista raccomanda una visita oculistica urgente per la presenza del calo del visus che fa sospettare l’associazione di emorragie retiniche a quella congiuntivale.  La paziente è diabetica ed è noto come tale patologia aumenta il rischio di patologia retinica.

 

 

 

Caso clinico 2

 

Uomo di 65 anni con diminuzione transitoria e fugace del visus entra in farmacia segnalando che fortunatamente  “adesso vede bene” ma è agitato perchè non capisce  cosa sia successo.

Il paziente, soprappeso e fumatore, riferisce di assumere terapia anti-ipertensiva in modo irregolare.

Obbiettivamente non si evidenzia alcuna alterazione.

Si può ipotizzare uno spasmo dei vasi retinici che può essere in relazione con un’occlusione carotidea incompleta.

Il farmacista raccomanda una visita urgente per una valutazione medica internistica.

 

 

 

Questionario

 

 

  1. Quali delle seguenti cellule non sono un costituente dello strato nervoso della retina?
    1. coni e bastoncelli
    2. cellule ciliate
    3. cellule gangliari
    4. cellule bipolari
  2. Paragonando l’occhio a una macchina fotografica, quale delle seguenti affermazioni non è corretta?
    1. la cornea e il cristallino fungono da lenti
    2. la pupilla è la struttura analoga al diaframma fotografico
    3. l’iride costituisce il filtro per la luce UV
    4. la retina è paragonabile alla pellicola fotografica

 

  1. Quale delle seguenti non è una caratteristica del cristallino?
    1. separa la camera anteriore da quella posteriore dell’occhio
    2. costituisce il filtro per la luce UV
    3. manca di nervi, vasi sanguigni e linfatici
    4. la curvatura cambia secondo le condizioni della visione

 

  1. Quale delle seguenti forme non è una forma di blefarite?
    1. blefarite iperemica
    2. blefarite squamosa
    3. blefarite eczematosa
    4. blefarite ulcerativa

 

  1. Quale dei seguenti non rientra tra i fattori di rischio per sviluppare glaucoma?
    1. cataratta
    2. familiarità per glaucoma
    3. diabete
    4. età avanzata

 

  1. La dacriocistite è:
    1. un’infezione di una ghiandola di Meibomio
    2. un’infiammazione del sacco lacrimale
    3. un ammasso di cellule xantomatose infarcite di colesterolo
    4. un’infezione di una ghiandola di Zeiss

 

  1. La forma di congiuntivite più frequentemente riscontrata è la congiuntivite:
    1. sierosa
    2. catarrale
    3. purulenta
    4. follicolare

 

  1. Quale delle seguenti affermazioni sulla congiuntivite primaverile non corrisponde a verità?
    1. è una cheratocongiuntivite bilaterale e recidivante
    2. colpisce soprattutto i bambini e i giovani
    3. si manifesta nei periodi più caldi dell'anno
    4. colpisce principalmente il sesso femminile

 

  1. Quale delle seguenti regole non è indicata nel caso di esposizione oculare a una sostanza caustica?
    1. lavare l’occhio abbondantemente con soluzione salina sterile o con acqua
    2. abbassare bene la palpebra inferiore per lavare i fornici
    3. se si tratta di una sostanza a pH acido neutralizzare possibilmente con una base, e viceversa, in caso di pH alcalino neutralizzare con un acido
    4. recarsi immediatamente al Pronto Soccorso

 

  1. La retinopatia diabetica:
    1. rappresenta la principale causa di cecità in persone tra i 25 e i 60 anni d'età nei paesi industrializzati
    2. è frequente fin dall’inizio dell’esordio della malattia diabetica
    3. colpisce generalmente per prime le aree centrali della retina
    4. costituisce un rischio di cecità 10 volte maggiore nei diabetici rispetto ai non diabetici

 

  1. Quale dei seguenti farmaci abitualmente non induce ipolacrimazione come effetto collaterale?
    1. gli ansiolitici
    2. gli antidepressivi triciclici
    3. le tetracicline
    4. l’isotretionina

 

  1. Quale delle seguenti non è una delle complicanze più temibile del diabete mellito?
    1. la neuropatia diabetica
    2. la nefropatia diabetica
    3. la dacriocistite diabetica
    4. la retinopatia diabetica

 

  1. In quale categoria di persone sembra comparire più frequentemente lo pterigio?
    1. nelle persone anziane
    2. in persone continuativamente esposte a radiazioni solari
    3. in persone esposte a sostanze gassose irritative
    4. tutte le risposte precedenti

 

  1. Quale delle seguenti non è una causa di complicanza dello scorretto utilizzo di lenti a contatto?
    1. uso eccessivo di LAC
    2. mancanza di controlli periodici
    3. scorretta detersione e disinfezione delle LAC
    4. uso di LAC in ambiente chiuso

 

  1. Quale delle seguenti norme per l’uso dei cosmetici in portatori di lenti a contatto non è corretta?
    1. scegliere sempre cosmetici solubili in acqua
    2. rimuovere le lenti prima di rimuovere il make-up
    3. rimuovere le lenti dopo aver rimosso il make-up
    4. non applicare cosmetici al bordo interno palpebrale

 

  1. Quale delle seguenti categorie di pazienti è principalmente colpita da Corio-retinite da candida?
    1. i pazienti affetti da AIDS
    2. gli emodializzati
    3. i tossicodipendenti
    4. tutte le categorie precedenti

 

  1. Quale è la prevalenza media di xeroftalmia tra tutta la popolazione secondo un recente studio statunitense?
    1. 14,3%
    2. 1,4%
    3. 16,7%
    4. 33%

 

  1. Quale tra i seguenti effetti non può essere ascritto alla xeroftalmia?
    1. maggior traumatismo della superficie oculare
    2. insufficiente detersione della superficie oculare
    3. ipossia corneale
    4. carenza di anticorpi e lisozima

 

  1. Quale dei seguenti strati è il maggior costituente del film lacrimale?
    1. strato mucoso
    2. strato lipidico
    3. strato muco-lipidico
    4. strato acquoso

 

  1. Quale dei seguenti è un sintomo tipico della degenerazione maculare senile?
    1. percezione alterata e distorta delle immagini (metamorfopsie)
    2. riduzione graduale e progressiva della visione centrale
    3. visione delle lettere confuse e distorte durante la lettura
    4. tutti i sintomi precedenti