Disfunzione erettile
Revisore scientifico: Alessandro Pizzocaro MD, Referente per l’andrologia, UO di Urologia, Istituto Clinico Humanitas, Rozzano, Professore a contratto, Scuola di Specializzazione di Endocrinologia e malattie del Ricambio, Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università degli Studi di Milano
Scopo dell’attività:
Educare i farmacisti circa la disfunzione erettile, i fattori di rischio a essa associati, le opzioni terapeutiche disponibili nonché il ruolo degli operatori sanitari nell’ottimizzare tali opzioni.
Obiettivi:
Dopo aver completato la seguente monografia di aggiornamento, il Farmacista dovrebbe essere in grado di:
- identificare i pazienti a rischio di sviluppare la disfunzione erettile;
- descrivere la fisiopatologia della disfunzione erettile;
- rivedere le comorbilità in pazienti con disfunzione erettile;
- discutere le opzioni terapeutiche e ottimizzare le strategie di dosaggio.
Executive summary
La disfunzione erettileviene definita come l’incapacità di raggiungere o mantenere un’erezione sufficiente a condurre un rapporto sessuale soddisfacente.
L’incidenza della DE aumenta con l’età.
Un esordio graduale e progressivo di questa patologia suggerisce una causa organica mentre un esordio improvviso in assenza di comorbilità o trauma è più probabilmente riconducibile a un’origine sociale o psicologica.
Le terapie disponibili, una volta individuate e trattate le cause e rimossi i fattori di rischio correggibili, comprendono gli inibitori PDE-5 (terapia di prima linea), l’alprostadil intrauretrale, i farmaci intracavernosi, l’uso di una pompa a vuoto (terapia di seconda linea) e le protesi peniene (terapia di terza linea).
La Disfunzione Erettile (DE)viene definita come l’incapacità di raggiungere o mantenere un’erezione sufficiente a condurre un rapporto sessuale soddisfacente1. Questo tipo di patologia ha un forte impatto sulle relazioni di coppia, sulla qualità della vita e sul livello di autostima. L’incidenza aumenta con l’età e si prevede che, entro il 2025, si conteranno 322 milioni di casi nel mondo2. Si stima che in Italia siano 3 milioni gli uomini che soffrono di DE, di cui solo il 10% ricorre all’aiuto medico.
L’introduzione di inibitori della fosfodiesterasi di tipo 5 per via orale (PDE-5, PhosphoDiEsterase type 5) ha indotto un numero sempre crescente di uomini a rivolgersi a un medico e ha rivoluzionato la modalità di valutazione e di trattamento della DE.
Prevalenza e fattori di rischio
L’incidenza della DE aumenta con l’età. In uno studio volto ad analizzare l’associazione tra l’età dei soggetti e i vari aspetti della funzione sessuale (ad es. funzionalità generale, desiderio, orgasmo e capacità globale), i casi di disfunzione erettile erano più probabili in pazienti con età superiore ai 50 anni. Fattori modificabili quali l’attività fisica, il controllo del peso, un consumo moderato di sostanze alcoliche e la non abitudine al fumo sono associati con un minore rischio di DE. Alcune condizioni di comorbilità associate a tale patologia sono il diabete, il cancro, l’ictus e l’ipertensione (vedi Tabella 1).3
Malattie cardiovascolari, iper-tensione, diabete mellito, sedentarietà, obesità e dislipidemia (in particolare se associate nella sindrome metabolica) sono i fattori di rischio più comuni. Il Massachusetts Male Aging Study ha riportato che i pazienti affetti da diabete presentano un’incidenza di DE tripla rispetto ai pazienti non affetti da tale patologia con meccanismo multifattoriale (incremento del danno vascolare, neuropatia autonomica e ipogonadismo)4.
È stato appurato che esiste una connessione fra la DE e le malattie cardiovascolari: la maggior parte dei pazienti coronaropatici è affetta da DE generalmente insorta da alcuni anni1. Inoltre è noto che con l’aumentare del numero di fattori di rischio per la sindrome metabolica51, incrementano anche la prevalenza di ipogonadismo e di DE. Il meccanismo comune ai fattori vascolari ed endocrino-metabolici è la disfunzione endoteliale, ossia la ridotta capacità dell’endotelio di indurre vasodilatazione arteriosa per ridotta sintesi di mediatori ad azione vasodilatatrice (in particolare di ossido nitrico, NO, che esplica l’azione vasodilatatrice attraverso l’incremento del guanosina monofosfato ciclico (GMPc) con riduzione del calcio intracellulare) a favore di mediatori ad azione vasocostrittrice, come l’endotelina 1 (ET-1) che stimola la contrattilità della muscolatura liscia vascolare mediante incremento del calcio intracellulare e attivazione del sistema RhoA/Rho chinasi, che determina fosforilazione della catena leggera della miosina incrementando la sensibilità al calcio della cellula muscolare.
Un altro fattore di rischio comune per la DE è la prostatectomia radicale. Tra gli uomini con normale funzione sessuale pre-operatoria, l’incidenza della DE post-operatoria (in assenza di terapia specifica per tale disturbo) varia tra 24-82%. I risultati sono migliori per la prostatectomia radicale (PR) con preservazione dei nervi (nerve sparing). La patogenesi della DE post PR multifattoriale dichiara danno neurologico (neuro-aprassia o definitivo, a seconda della tecnica chirurgica) e vascolare alle arterie pudende accessorie con ipossia cavernosa e quindi fibrosi dei corpi cavernosi.
Fisiopatologia
L’afflusso arterioso e l’efflusso venoso necessari per ottenere e mantenere l’erezione dipendono dall’interazione di fattori vascolari, neurologici, ormonali e psicologici. L’erezione risulta dalla combinazione tra la neurotrasmissione e il rilassamento della muscolatura liscia vascolare, in grado di aumentare l’afflusso arterioso e i meccanismi di segnalazione fra lo strato endoteliale dei sinusoidi cavernosi e le cellule muscolari lisce sottostanti (vedi Figura 1)2.
Le fibre non adrenergiche e non colinergiche, per attivazione della ossido nitrico sintasi endoteliale, producono ossido nitrico, in grado di catalizzare una cascata molecolare di reazioni chimiche che determina un incremento intracellulare di guanosina monofosfato ciclico (GMPc), con conseguente diminuzione del calcio intracellulare che determina il rilasciamento delle cellule muscolari lisce. Un altro circuito, mediato dall’adenosina monofosfato ciclico (AMPc), produce lo stesso effetto2.Queste interazioni chimiche hanno luogo in tandem e aumentano sia il flusso ematico diretto al pene sia la pressione all’interno dei corpi cavernosi, portando all’erezione2,5,6.
Il passaggio allo stato di flaccidità avviene per degradazione della molecola di GMPc da parte dell’enzima fosfodiesterasi 5 e incremento dell’attività del sistema RhoA/Rho kinasi, con aumento dei livelli intracellulari di calcio e contrazione della muscolatura cavernosa.
La DE si verifica quando viene compromessa la produzione di ossido nitrico. Un meccanismo fisiopatologico che può ostacolare la produzione di questo mediatore endogeno è l’alterazione degli output dei neuroni non adrenergici non colinergici, che avviene in genere in pazienti affetti da diabete, depressione o con neuropatie centrali e periferiche. Inoltre, condizioni come la sindrome metabolica, l’iperlipidemia, l’aterosclerosi, il diabete e il fumo influiscono negativamente sull’ossido nitrico sintetasi causando disfunzione delle cellule endoteliali e muscolari lisce5,6.
Valutazione
La valutazione medica, consigliata in caso di DE, si basa su un’anamnesi completa che tenga in debita considerazione il quadro medico, sessuale e psicosociale del paziente in modo da formulare una diagnosi adeguata. Un esordio graduale e progressivo di questa patologia suggerisce una causa organica mentre un esordio improvviso, in assenza di comorbilità o trauma, è più probabilmente riconducibile a un’origine sociale o psicologica (vedi Tabella 2)2,5,6.
La presenza di un’erezione spontanea mattutina orienta verso una forma prevalentemente psicogena di DE, mentre la sua scomparsa o riduzione (in termini di frequenza o intensità), verso una forma organica di DE.
Tramite l’anamnesi è possibile identificare le comorbilità all’origine della disfunzione erettile. L’indagine sessuologica fornisce invece tutte le informazioni relative all’erezione, alla libido, alla qualità dell’orgasmo e ai tempi per raggiungerlo, al volume e all’aspetto dell’eiaculato, a eventuali dolori genitali associati al rapporto sessuale, alla presenza della malattia di Peyronie e alla funzionalità sessuale del partner1,2,5. Per valutare la gravità dei sintomi viene utilizzato l’Indice Internazionale della Funzione Erettile (il più utilizzato è la forma breve a 5 domande). La DE viene classificata come lieve, lieve-moderata, moderata o grave a seconda del punteggio raggiunto rispondendo al questionario (vedi Tabella 31).
L’esame fisico del paziente affetto da DE prevede una valutazione dell’apparato cardiovascolare, neurologico e genitourinario nonché una visita andrologica completa con esplorazione rettale. Si consiglia inoltre la palpazione dei polsi periferici al fine di rilevare eventuali malattie vascolari2,6, di rivedere i farmaci assunti dal paziente, compresi quelli da banco, e di controllare l’eventuale uso di bevande alcoliche e/o di droghe illecite1,2,5,6.
Le indagini ematochimiche di primo livello, in assenza di altre indicazioni emerse da anamnesi ed esame obiettivo, si limitano a: dosaggio glicemia basale, profilo lipidico (se non effettuati negli ultimi 12 mesi) e testosterone totale. Gli ulteriori approfondimenti endocrino-metabolici (ad esempio, dosaggio prolattina, TSH, gonadotropine, calcolo indiretto testosterone libero) sono da effettuare in casi selezionati in cui si sospetti un’endocrinopatia.
Le indagini di secondo livello (ecocolordoppler penieno dinamico, test di studio della tumescenza peniena notturna, test di iniezione intracavernosa con alprostadil, studio dei potenziali evocati sacrali e corticali, studio della latenza del riflesso bulbo-cavernoso, cavernosometria, cavernosografia, valutazione psicodiagnostica) devono essere effettuate solo in casi selezionati: pazienti con disfunzione erettile primaria (fin dai primi rapporti) a genesi non chiaramente psicogena; soggetti giovani con trauma pelvico che possano beneficiare di un eventuale intervento di chirurgia vascolare; pazienti con deformità del pene congenita (ad esempio, recurvatum) o induratio penis plastica, oppure per ragioni medico-legali.
Consulenza cardiologica
Per valutare il paziente con rischio cardiologico ci si deve riferire alla seconda Consensus Conference di Princeton (American Journal of Cardiology, 2005) in cui è stato stabilito l’algoritmo per definire il rischio cardiovascolare associato all’attività sessuale. I pazienti sono stati suddivisi in 3 differenti categorie di rischio (vedi nella sezione malattie cardiovascolari la tabella 5 di pag. 21)26, 27.
Solo i pazienti a rischio intermedio e alto devono essere inviati a una valutazione cardiologica per ulteriori accertamenti prima di intraprendere eventuale trattamento della DE.
Trattamento
I pazienti affetti da DE possono trarre beneficio adottando modifiche dello stile di vita e una terapia farmacologica mirata. Smettere di fumare, aumentare l’esercizio fisico e perdere peso, soprattutto per i pazienti obesi, sono i passi fondamentali per iniziare a trattare tale patologia.
Le terapie farmacologiche disponibili comprendono gli inibitori PDE-5 (terapia di prima linea), l’alprostadil transuretrale, i farmaci intracavernosi, l’uso di una pompa a vuoto (terapia di seconda linea) e le protesi peniene (terapia di terza linea). Il trazodone e alcuni prodotti erboristici rappresentano ulteriori alternative terapeutiche1,5,8.
Inibitori PDE-5 (inibitori selettivi della fosfodiesterasi di tipo 5)
Il sildenafil, il tadalafil, il vardenafil, l’avanafil (vedi Tabella 4) e l’udenafil (gli ultimi due non in commercio in Italia) aumentano il GMPc, riducendo, di conseguenza, la concentrazione di calcio e rilassando le cellule muscolari lisce del pene, favorendo quindi l’erezione. Tutti e tre i farmaci disponibili in Italia hanno un’efficacia e sicurezza paragonabile, ma un differente profilo farmacocinetico7,8. Questa classe di farmaci, inoltre, non influenza la libido; la stimolazione sessuale è pertanto di fondamentale importanza per ottenere un risultato soddisfacente9. Questa caratteristica, che non toglie il ruolo del partner nell’indurre l’erezione, rende il farmaco ben accettato dalle coppie.
In generale, gli inibitori PDE-5 sono ben tollerati; gli effetti avversi più comuni comprendono la cefalea, le vampate di calore, la dispepsia, la rinite e i disturbi della vista. Altri effetti indesiderati sono le vertigini, la sincope e la neuropatia ottica ischemica anteriore non-arteritica7. I fattori di rischio associati alla neuropatia ottica ischemica anteriore non-arteritica e alla DE comprendono l’ipertensione, il diabete mellito, l’ipercolesterolemia, la coronaropatia, l’abitudine al fumo e un età superiore ai 50 anni7,8.
Gli inibitori PDE-5 non devono essere assunti con i nitrati, considerato l’effetto ipotensivo di entrambi i farmaci1,2. In una situazione di emergenza, un paziente che ha assunto sildenafil può essere trattato con un nitrato dopo 24 ore dalla somministrazione; se invece ha assunto tadalafil devono passare 48 ore5.10. Non viene indicato un intervallo di tempo preciso per il vardenafil; è stato tuttavia notato che non ci sono cambiamenti della pressione arteriosa e della frequenza cardiaca nel caso in cui il farmaco venga somministrato 24 ore prima del nitrato5.
La procedura di seguito descritta è raccomandata per pazienti che sviluppano ipotensione: con il paziente in posizione di Trendelenburg (o posizione anti-shock, in cui il soggetto è supino, sdraiato in modo che il capo sia situato inferiormente a ginocchia e bacino), adottare una terapia aggressiva con infusione di liquidi e, se necessario, somministrare un agonista alfa-adrenergico (fenilefrina), un agonista dei recettori alfa- e beta-adrenergici (noradrenalina) ed eseguire una contropulsazione intraaortica tramite catetere a palloncino5.
L’uso degli inibitori PDE-5 rappresenta un problema in pazienti affetti da coronaropatia poiché la risposta fisiologica durante il rapporto sessuale aumenta la pressione arteriosa e la frequenza cardiaca. Si stima che il rischio di infarto miocardico associato all’attività sessuale sia pari a 20 casi su un milione ogni ora di pazienti affetti da cardiopatia ischemica2,5. Pertanto è importante, nei pazienti con rischio cardiovascolare medio-elevato, richiedere la consulenza cardiologica.
Un’altra interazione clinicamente importante riguarda gli inibitori PDE-5 e gli alfa-bloccanti. L’uso concomitante di questi farmaci porta a ipotensione ortostatica. L’American Urological Association raccomanda che, nei pazienti trattati con alfa-bloccanti, gli inibitori PDE-5 vengano somministrati con attenzione iniziando con la dose minima prevista7.
Il sildenafil, il primo inibitore PDE-5, è assorbito rapidamente e si ottiene la massima efficacia se il farmaco è assunto a stomaco vuoto. Si consiglia di assumere il sildenafil non più di una volta al giorno e 1 ora prima dell’attività sessuale9.
Un altro inibitore PDE-5 potente e selettivo è il vardenafil. Alcuni studi in vitro suggeriscono che questo farmaco abbia un’azione inibitoria della PDE-5 altamente selettiva rispetto agli altri isoenzimi PDE. Un pasto ricco di grassi riduce l’assorbimento del vardenafil, che viene metabolizzato dall’isoenzima epatico CYP3A4. Sebbene gli inibitori PDE-5 abbiano un effetto minimo sull’intervallo QTc, la somministrazione di vardenafil non è consigliata per i pazienti che assumono farmaci antiaritmici di classe 1a o 3, o per i soggetti con sindrome dell’intervallo QT lungo congenita8.
Il tadalafil è un inibitore 9.000 volte più selettivo per la PDE-5 rispetto ad altre PDE. Il farmaco andrebbe assunto 2 ore prima del rapporto sessuale e al massimo una volta al giorno poiché la sua attività viene mantenuta almeno per 36 ore9. Il tadalafil viene metabolizzato dall’isoenzima epatico CYP3A4 e il suo assorbimento non viene influenzato né dall’assunzione di sostanze alcoliche né di cibo9. Può essere clinicamente utile per il trattamento dei sintomi a carico del tratto urinario inferiore correlati all’iperplasia prostatica benigna.
L’avanafil (attualmente non in commercio in Italia) è stato recentemente approvato dalla FDA per il trattamento della disfunzione erettile. Questo farmaco ha un effetto terapeutico rapido e una emivita molto breve11. In uno studio clinico multicentrico, in doppio cieco di fase III, è stato somministrato in modo randomizzato l’avanafil o placebo a 646 pazienti (50, 100 o 200 mg) per 12 settimane. I pazienti trattati con avanafil hanno notato dei miglioramenti significativi della funzionalità sessuale. Il farmaco era efficace in meno di 15 minuti e l’effetto farmacodinamico persisteva per 6 ore dopo la somministrazione12.La dose consigliata è di 100 mg trenta minuti prima dell’attività sessuale13. Se il paziente non risponde alla terapia, può essere indicato utilizzare un inibitore PDE-5 differente. Nel caso in cui la risposta terapeutica resti negativa, occorre valutare parametri quali la presenza di anomalie ormonali, la mancanza di una adeguata stimolazione, l’eventuale interazione con cibo o droghe, il timing e la frequenza del dosaggio, l’eccessiva assunzione di bevande alcoliche e la relazione del paziente con il suo partner5.
L’udenafil è un inibitore PDE-5 di nuova generazione disponibile in Corea e in Russia ma non in Italia. In alcuni studi clinici condotti in Corea, è stata determinata sia la sicurezza sia l’efficacia dell’udenafil per il trattamento della DE, pressoché sovrapponibile agli altri inibitori PDE-5.
Tutti gli inibitori PDE-5 vengono utilizzati on demand. Solo tadalafil 5 mg once a day è registrato per l’assunzione cronica quotidiana a un orario fisso (indipendentemente dai rapporti sessuali) in virtù della lunga emivita (17,5 ore). L’utilizzo cronico quotidiano di tadalafil non ha evidenziato effetti a lungo termine differenti dall’utilizzo on demand e ha il vantaggio di non richiedere una programmazione dell’attività sessuale. Recentemente l’EMA (European Medicines Agency) ha approvato per tadalafil 5 mg once a day una nuova indicazione: il trattamento dei segni e dei sintomi dell’iperplasia prostatica benigna negli uomini adulti. La somministrazione di inibitori PDE-5 in monoterapia o in associazione con alfa-bloccanti migliora sia la disfunzione erettile sia i sintomi irritativi e ostruttivi delle basse vie urinarie per incremento del flusso arterioso pelvico e riduzione della contrattura muscolare. Tale effetto è verosimilmente mediato dall’incremento dell’azione dell’ossido nitrico (NO) e inibizione dell’attivazione di RhoA/Rho chinasi indotti dall’assunzione di tali farmaci28.
Alprostadil transuretrale
L’alprostadil ad applicazione transuretrale rappresenta una possibile alternativa per i pazienti che non rispondono positivamente agli inibitori PDE-5 o che non sono candidati ideali per questo tipo di terapia farmacologica. L’alprostadil è un vasodilatatore sintetico identico alla prostaglandina E1 (PGE1), disponibile come dispositivo transuretrale sterile, monouso per il rilascio del principio attivo nell’uretra maschile, modalità denominata MUSE (medicated urethral system for erection, sistema uretrale medicato per l’erezione)2. Questo farmaco viene assorbito nei corpi cavernosi attraverso il sistema venoso intercomunicante11.Circa l’80% del farmaco viene assorbito nel circolo sanguigno e metabolizzato nel passaggio attraverso i polmoni14.
In uno studio condotto per valutare la sicurezza e l’efficacia di due diverse dosi iniziali (250 mcg vs 500 mcg) di alprostadil intrauretrale è stato stabilito che la dose di 500 mcg produce una risposta sufficientemente soddisfacente15. Ciononostante, la dose iniziale di alprostadil (MUSE) varia dai 250 mcg ai 1.000 mcg8,15. Per facilitare l’inserimento del dispositivo e la dissoluzione del farmaco il paziente dovrebbe svuotare la vescica in modo da lubrificare l’uretra.15 Una volta inserito il farmaco è opportuno mantenere una posizione eretta per il tempo necessario alla sua completa assimilazione: in questo modo si minimizza il rischio di fuoriuscite e si favorisce l’assorbimento. Poiché l’alprostadil è associato al rischio di sanguinamento uretrale, sincope riflessa, ipotensione e priapismo (erezione con durata > 4 ore), la prima dose deve essere somministrata sotto la supervisione di un medico8.
Gli studi post-marketing hanno stabilito che l’alprostadil in monoterapia produceva risultati meno soddisfacenti e di conseguenza è stata valutata l’ipotesi di associarlo ad altri farmaci, quali gli inibitori PDE-5 per via orale o alla pompa a vuoto. Ciò ha aumentato l’efficacia del farmaco rispetto alla monoterapia5,15. Uno studio di coorte condotto su 28 soggetti ha dimostrato come la combinazione di MUSE e sildenafil fosse ben tollerata con grande soddisfazione sia dei pazienti sia dei rispettivi partner16.
Iniezione intracavernosa di farmaci vasoattivi
L’alprostadil, la papaverina e la fentolamina sono farmaci vasoattivi utilizzati per la terapia iniettiva intracavernosa, che rappresenta una valida alternativa non chirurgica per i pazienti con DE neurogena o psicogena5,8,14. La terapia iniettiva, che imita la naturale fisiologia dell’erezione, provoca un rapido, prevedibile ed affidabile inturgidimento del pene quando viene somministrata in modo adeguato8. La prima dose deve essere somministrata sotto la supervisione medica e il paziente deve apprendere la tecnica dell’iniezione intracavernosa. Una volta stabilita la dose efficace occorre monitorare gli effetti avversi. È possibile ricorrere a tale terapia solo una volta in 24 ore5.
L’alprostadil (PGE1), il farmaco vasoattivo più noto, provoca l’erezione in più del 70% dei pazienti8,17. L’effetto avverso più comune correlato a questo farmaco è l’erezione dolorosa.
La papaverina, un inibitore PDE non specifico, aumenta l’AMPc e il GMPc nel tessuto erettile del pene. I disturbi correlati alla papaverina comprendono il priapismo, la fibrosi dei corpi cavernosi e alterazioni della funzionalità epatica.
La fentolamina, un antagonista alfa-adrenergico, induce un leggero rilassamento dei muscoli lisci dei corpi cavernosi ed è utilizzata in terapia combinata con la papaverina8,14.
La terapia iniettiva intracavernosa, oltre a essere invasiva, presenta degli svantaggi quali il rischio potenziale di priapismo e di fibrosi5,8. Il priapismo indotto dalla terapia iniettiva suscita particolare preoccupazione in quanto può causare danni ai tessuti dei corpi cavernosi5. I pazienti andrebbero informati circa questo importante effetto avverso e devono essere consapevoli dell’importanza di ricorrere all’intervento medico nel caso si verificasse un episodio di priapismo, che viene di solito trattato con fenilefrina intracavernosa14. La fibrosi è una complicazione che può essere prevenuta tenendo compresso per 3-5 minuti il sito dell’iniezione (fino a 10 minuti per i pazienti in trattamento con anticoagulanti)8.
Considerato il rischio di priapismo, la terapia iniettiva è controindicata per soggetti con un’anamnesi positiva per anemia falciforme e per i pazienti schizofrenici trattati con antipsicotici.
Pompa a vuoto
Questo dispositivo applica una pressione negativa all’asta peniena e al glande favorendo una maggiore irrorazione sanguigna dei tessuti sinusoidali. La pompa a vuoto presenta diversi vantaggi: è economica, ha poche controindicazioni, nessun effetto sistemico indesiderato e soprattutto è una terapia efficace. Per contro, il dispositivo è ingombrante e produce un’erezione innaturale1,8. Questa terapia viene consigliata a pazienti più anziani con una relazione stabile mentre è controindicata per soggetti affetti da anemia falciforme, da discrasia o in trattamento con anticoagulanti1,8.
Trazodone
Il trazodone agisce come antagonista dei recettori alfa2-adrenergici nella muscolatura liscia dei corpi cavernosi rilassando il tessuto e aumentando l’afflusso arterioso. Una meta-analisi ha concluso che, a dosi elevate, il trazodone può portare benefici a pazienti con disfunzione erettile psicogena5,18. Attualmente il ruolo del trazodone nel trattamento della DE è limitato poiché si ritiene che occorrano studi più mirati per indagare l’utilità di questo farmaco nel trattamento di questa patologia5.
Terapie topiche
È stato condotto uno studio clinico in crossover di due settimane, randomizzato, in doppio cieco, controllato con placebo per valutare il trattamento della DE con una preparazione topica contenente tre vasodilatatori: aminofillina, isosorbide dinitrato e codergocrina mesilato. Il preparato ha dato prova di particolare efficacia soprattutto in pazienti con disfunzione erettile di origine psicogena19.
I prodotti topici a base di alprostadil, nitrati organici, minoxidil, papaverina o yohimbina non sono approvati per il trattamento della disfunzione erettile.
Integratori alimentari e medicina alternativa
Nonostante i progressi compiuti in ambito farmacologico, la medicina alternativa rappresenta una scelta comune dei soggetti affetti da disfunzione erettile. I benefici ottenuti con l’agopuntura, tuttavia, non sono supportati da prove scientifiche e occorre quindi effettuare ulteriori studi mirati20,21. L’androstenedione e il deidroepiandrosterone, precursori del testosterone, possono aumentare i livelli di estradiolo e di testosterone; tuttavia, alcuni studi hanno mostrato una diminuzione dei livelli di colesterolo HDL e un aumento insignificante del testosterone sierico. Inoltre, gli effetti dell’androstenedione sugli estrogeni comprendono la ginecomastia, il carcinoma pancreatico e altre patologie. L’uso di questi farmaci andrebbe quindi scoraggiato. I pazienti, inoltre, devono essere informati circa la necessità di consultare un medico per l’utilizzo del testosterone nella disfunzione erettile20.
Anche la ginkgo biloba è stata utilizzata per il trattamento della DE. L’estratto di questa pianta aumenta la perfusione vascolare ma non esistono dati scientifici supportati da studi mirati per dimostrare la sua efficacia terapeutica. I dati a disposizione sono limitati e riguardano esclusivamente il suo impiego nel trattamento della DE a seguito di terapie per carcinoma prostatico20. Un altro integratore utilizzato per la cura di questa patologia è la l-arginina, un aminoacido precursore dell’ossido nitrico, anche se i benefici ottenuti sono minimi se non nulli.
La yohimbina, un alcaloide indolico, è simile agli antagonisti dei recettori alfa2-adrenergici con effetti a livello sia centrale sia periferico. Questa sostanza produce effetti farmacologici nelle aree cerebrali coinvolte nel controllo dell’erezione e della libido. Occorre scoraggiare l’uso della yohimbina come integratore in quanto non è possibile accertare la quantità di questa sostanza nei diversi prodotti disponibili e per i possibili effetti indesiderati. I pazienti andrebbero invece incoraggiati a discutere la possibile assunzione di questa sostanza con il proprio medico curante20.
Il ginseng rosso coreano è stato valutato per il trattamento della DE in uno studio in crossover, doppio cieco e controllato con placebo coinvolgendo 45 pazienti. Il gruppo trattato con il ginseng rosso coreano ha notato dei miglioramenti dei parametri indicativi della funzionalità erettile (ad. esempio, rigidità e circonferenza del pene, libido e soddisfazione del paziente) rispetto ai soggetti negli altri gruppi. Sono tuttavia necessari ulteriori studi per valutare l’uso del ginseng rosso coreano nel trattamento della DE20,22.
Terapie chirurgiche
Le protesi peniene gonfiabili imitano il pene in flaccidità e in erezione ma sono associate a complicazioni quali il guasto meccanico, la dislocazione della pompa e l’autoattivazione del dispositivo. Le protesi più moderne possono essere impregnate di antibiotici che vengono successivamente rilasciati riducendo così il rischio di infezioni. La presenza di un’infezione rappresenta una complicazione molto grave e deve essere trattata adeguatamente5,8.
La chirurgia di rivascolarizzazione del pene può aiutare gli uomini più giovani (età <55 anni) affetti da DE dovuta a un’arteriopatia occlusiva. È necessario effettuare altri studi per determinare il ruolo della chirurgia ricostruttiva per il trattamento della DE5.
Il ruolo del testosterone nel trattamento della DE
Il ruolo del testosterone (Te) sulle erezioni è controverso. È noto che Te è fondamentale nel mantenimento delle fantasie sessuali, della libido, delle erezioni spontanee mattutine. Per quanto l’ipogonadismo sia abitualmente associato a disfunzione erettile (DE), sono state descritte erezioni normali anche in pazienti con bassi livelli di testosterone. Inoltre il paziente ipogonadico con DE è scarsamente responsivo ai farmaci per la disfunzione erettile inibitori PDE-5; tale risposta viene recuperata con la terapia sostitutiva con testosterone. Tale apparente contraddizione è spiegabile dal fatto che il testosterone regola sia l’inizio dell’erezione (induce l’espressione della nitrossido-sintetasi dell’endotelio e della cellula muscolare liscia cavernosa con conseguente effetto vasodilatatorio e riduce l’attività del sistema RhoA/Rho chinasi, quest’ultima responsabile del tono contrattile della muscolatura liscia cavernosa) sia il termine della stessa (mediante induzione dell’espressione della PDE-5 che determina la degradazione del GMPc con conseguente detumescenza del pene). Pertanto, poiché il testosterone regola entrambi i processi, il ruolo “risultante” finale è evidentemente modesto.
Secondo i più recenti studi (European Male Aging Study, EMAS) che hanno valutato l’ipogonadismo a insorgenza tardiva (Late onset hypogonadism, LOH), esistono differenti soglie di livelli di Te al di sotto dei quali si manifestano i sintomi imputabili all’ipogonadismo, dei quali solo i tre legati alla sfera sessuale hanno trovato una significativa associazione con i ridotti livelli di testosterone29:
- DE e vampate di calore per livelli di testosterone totale < 8 nmol/l;
- riduzione delle erezioni mattutine per Te tot < 11 nmol/l;
- calo della energia fisica e comparsa di desiderio sessuale ipoattivo per Te tot < 15 nmol/l.
Lo studio EMAS ha concluso per porre diagnosi di ipogonadismo late onset, devono essere presenti sia i tre sintomi sessuali sia la riduzione dei livelli di testosterone totale (< 11 nmol/l) o di testosterone libero calcolato (< 220 pmol/l).
Dai dati EMAS di evince quindi che la DE si manifesta per una significativa riduzione dei livelli di testosterone (< 8 nmol/l).
In conclusione, per quanto il ruolo del testosterone sul meccanismo erettile sia controverso, data l’importanza del testosterone sia nel mantenimento del benessere dell’organismo, sia nel condizionare l’efficacia dei farmaci di prima linea per disfunzione erettile (inibitori PDE-5), le principali linee guida internazionali (tra cui quelle dell’European Association of Urology, EAU) suggeriscono il dosaggio del testosterone totale come indagine di primo livello nel paziente con DE30.
In caso di trattamento (che deve essere effettuato esclusivamente nel paziente correttamente identificato come ipogonadico) devono essere periodicamente monitorati i valori sierici di testosterone che devono essere mantenuti nei range di normalità, i livelli di emoglobina e ematocrito nonché l’antigene prostatico specifico1,2,23,24.
Le malattie cardiovascolari e la disfunzione erettile
La disfunzione erettile è strettamente associata alle malattie cardiovascolari (ad es. ipertensione arteriosa e aterosclerosi)1.
Si suppone che la disfunzione vascolare e l’aterosclerosi abbiano degli effetti negativi sia sulle arterie coronarie sia sulla vascolarizzazione del pene4,5. Uno studio condotto per investigare l’associazione tra la DE e le malattie cardiovascolari ha dimostrato che i pazienti affetti da DE incorrono in un rischio maggiore di sviluppare una malattia cardiovascolare rispetto ai soggetti con funzionalità erettile nella norma. Ne consegue che nei pazienti affetti da DE andrebbero controllati i fattori di rischio per malattie cardiovascolari25.
I pazienti con DE e malattia cardiovascolare vengono classificati in tre diverse categorie: a basso rischio, a rischio intermedio e ad alto rischio (vedi Tabella 5). Partendo dai fattori di rischio accertati, il paziente andrebbe inserito nella giusta categoria in modo da poter definire il trattamento più adeguato da adottare26,27.
Discussioni di casi clinici
Caso clinico 1
Presentazione: M.A. ha 57 anni e accusa l’incapacità di mantenere l’erezione durante la penetrazione. M.A. è affetto da diabete mellito di tipo 2 e ipertensione arteriosa; sette mesi prima è stato colpito da infarto del miocardio. Solo recentemente ha deciso di smettere di fumare. Attualmente assume metoprololo, atorvastatina, metformina, pioglitazone, fluoxetina e vareniclina. M.A chiede al medico curante un farmaco da poter assumere circa 1 ora prima di un rapporto sessuale, che produca l’effetto desiderato entro 20 minuti dall’assunzione e che sia efficace per almeno 5 ore.
Discussione: M.A. presenta numerosi fattori di rischio per la DE, compreso il diabete, l’ipertensione e una precedente abitudine al fumo. Sembra avere una disfunzione erettile vasculogenica considerato il fatto che soffre di aterosclerosi. Poiché per M.A. è la prima volta che ricorre alla terapia farmacologica per la DE, la somministrazione di inibitori PDE-5 sembra essere la soluzione più appropriata. Tenendo in considerazione le preferenze terapeutiche di M.A. il farmaco maggiormente indicato in questo caso è il tadalafil. Al fine di attuare una consulenza puntuale e pertinente sarebbe opportuno accertare che M.A. si senta sufficientemente in salute per intraprendere rapporti sessuali, considerando l’anamnesi positiva per infarto del miocardio. È inoltre necessario avvisare M.A. di non assumere alcun farmaco in combinazione con i nitrati per evitare la riduzione della pressione arteriosa.
Caso clinico 2
Presentazione: O.C. ha 46 anni ed è incapace di raggiungere l’erezione. Presenta crisi epilettiche parziali e fibrillazione atriale da lungo tempo (non è stata consigliata una terapia anticoagulante orale). Attualmente sta assumendo lamotrigina, carbamazepina, amiodarone, atenololo e digossina. O.C. non ha avuto gli effetti desiderati dal sildenafil, tadalafil e vardenafil (correttamente assunti a dosaggio massimale, ognuno per almeno 8 volte) e vorrebbe sapere dal medico curante se esistono altri farmaci orali in quanto la terapia iniettiva lo metterebbe molto a disagio. La sua condizione gli impedisce di avere un rapporto intimo con la sua partner e ciò mina la sua autostima.
Discussione: O.C. presenta un solo fattore di rischio organico per la DE: l’epilessia. È quindi molto probabile che sia affetto da DE neurogena. Non è la prima volta che O.C. ricorre alla terapia farmacologica per DE in quanto ha assunto, senza successo, i tre inibitori PDE-5. Anche se O.C. ha espresso la sua avversione verso le iniezioni, deve essere consigliata la terapia iniettiva. È necessario assicurare a O.C. che la terapia iniettiva è in grado di provocare un’erezione rapida, prevedibile ed affidabile e che si è dimostrata molto efficace in questo particolare tipo di DE. Al fine di attuare una consulenza puntuale e pertinente, O.C. deve essere informato circa l’importanza di apprendere la giusta tecnica di somministrazione e messo al corrente del rischio potenziale di priapismo e fibrosi. Un’attenzione particolare deve essere posta allo stato depressivo del paziente che deve essere indotto a considerare l’ipotesi di un consulto psichiatrico.