2012-05

Attualità sulla celiachia: modalità diagnostiche e casistica clinica

Autore: Prof. Francesco Marotta, Research Prof. Dept. of Human Nutrition & Food Science, Texas University, USA; co-founder of ReGenera, www.regeneragroup.com, Milano

Revisore scientifico: Prof. Roberto Catanzaro, docente di Gastroenterologia, Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università degli Studi di Catania, Catania

 

Obiettivi formativi:

dopo aver completato la seguente monografia di aggiornamento, il farmacista dovrebbe essere in grado di:

  • conoscere epidemiologia e fattori eziologici della malattia celiaca;
  • comprendere i meccanismi fisiopatologici della celiachia;
  • discutere i sintomi caratteristici della celiachia e gli accertamenti diagnostici secondo la sintomatologia del paziente;
  • descrivere le diverse forme cliniche e le complicanze della malattia celiaca;
  • illustrare l’approccio terapeutico al paziente celiaco.

 

Executive summary

  • La malattia celiaca è un'enteropatia autoimmune causata, in individui geneticamente predisposti, da una risposta immune T-cellulare inappropriata che si scatena in seguito all'ingestione di glutine.
  • Fino ad alcuni anni fa era considerata una malattia rara, prevalente in età infantile, con le manifestazioni classiche della sindrome da malassorbimento.
  • La diagnosi di celiachia viene sempre più effettuata in età adulta e presenta un incidenza di 1/150 persone, mentre la prevalenza nella popolazione generale dei paesi occidentali è di circa l'1%.
  • La malattia celiaca può presentarsi ad ogni età, tuttavia i sintomi compaiono solitamente diversi mesi dopo l'introduzione del glutine nella dieta.
  • La terapia della celiachia è attualmente esclusivamente basata sulla dieta priva di glutine.

 

Introduzione

La malattia celiaca negli ultimi cinquant’anni ha fatto registrare una enorme mole di conoscenze scientifiche che hanno finora svelato alcuni aspetti fisiopatologici importanti della malattia. È stato ben evidenziato il meccanismo di presentazione del glutine ai T linfociti, alla stregua di un antigene esogeno, con risposta immune soprattutto di tipo IgA e conseguente flogosi cronica a carico dei villi intestinali, che ne sono gravemente danneggiati fino all’atrofia: le conseguenze sono da un lato una sintomatologia diarroica assai frequente e, tuttavia, non sempre presente in modo assoluto. Esistono, infatti, le forme oligosintomatiche, senza diarrea né altre turbe dispeptiche, come ad esempio il meteorismo, anch'esso piuttosto frequente.

La compromissione anatomica e funzionale dei villi intestinali comporta nel tempo una grave forma di malassorbimento, dal quale dipendono quasi tutte le complicanze della malattia. Inizialmente considerata malattia per lo più pediatrica, oggi la celiachia viene rivalutata soprattutto nell'età adulta, nella quale, per la cronicità del processo, si concretizzano poi tutte le complicanze a lungo termine. Nell'età pediatrica il dato più eclatante è la mancata crescita del bambino. Nell’adulto, tra le complicanze della malattia sono ormai ben conosciute alcune come l’anemia, l’osteoporosi e la neuropatia periferica. Esistono tuttavia numerose segnalazioni di tante altre malattie che, seppure non considerabili come complicanze per la loro non univoca interpretazione fisiopatologica, si presentano associate alla malattia celiaca con una certa frequenza, che probabilmente è legata a sovrapposizione di meccanismi patogenetici non ancora del tutto noti. Fra queste ultime malattie associate trovano spazio numerose disendocrinopatie, come distiroidismi e insufficienza surrenalica, e anche numerose sindromi neuropsichiatriche come le sindromi depressive, la malattia delle gambe senza riposo e la sindrome da stanchezza cronica. Sono necessari ulteriori studi per mettere in rilievo le modalità fisiopatologiche con le quali si concretizzano tutte le conseguenze a lungo termine della celiachia e per chiarire le eventuali correlazioni genetiche con altre patologie.

La seguente monografia rivede pertanto i meccanismi fisiopatologici della malattia celiaca, le complicanze e le condizioni morbose associate, per rivalutare una sindrome che ha ancora così tanti aspetti non ben noti né facilmente correlabili sul piano fisiopatologico. Presentiamo anche una casistica clinica.

 

Definizione e epidemiologia della malattia celiaca

Key Point: La malattia celiaca è un'enteropatia autoimmune causata, in individui geneticamente predisposti, da una risposta immune T-cellulare inappropriata che si scatena in seguito all'ingestione di glutine.

Keywords: Celiachia definizione, celiachia epidemiologia

 

La malattia celiaca è un'enteropatia autoimmune causata, in individui geneticamente predisposti, da una risposta immune T-cellulare inappropriata che si scatena in seguito all'ingestione di glutine, la componente proteica delle farine di frumento, orzo, segale, farro, avena e altri cereali minori3.

Fino ad alcuni anni fa era considerata una malattia rara, prevalente in età infantile con le manifestazioni classiche della sindrome da malassorbimento. Oggi la diagnosi di celiachia viene sempre più effettuata in età adulta e presenta un incidenza di 1/150 persone, mentre la prevalenza nella popolazione generale dei paesi occidentali è di circa l'1% e risulta elevata non solo nell'Europa occidentale ma anche nel nord America e in Australia. Solo in Italia sono stimate 400.000 persone affette e ogni anno vengono diagnosticati 2.800 nuovi casi. Esistono due picchi tra 1-5 anni e 20-50 anni, con un rapporto F/M di 2:1. Esiste, infine, una forte evidenza che genitori e fratelli di celiaci hanno un aumentato rischio di sviluppare la malattia, con una prevalenza che va dal 6 al 12%4.

 

Eziologia

Key Point: La malattia celiaca riconosce un’eziologia multifattoriale che deriva dall’interazione tra patrimonio genetico dell’ospite, fattori ambientali e immunologici.

Keywords: Celiachia eziologia, celiachia fattori genetici, complesso maggiore di istocompatibilità, MHC, antigene leucocitario umano, HLA, celiachia fattori ambientali, glutine, prolamine, gliadine, glutenine, secalina, ordeina, adenovirus, rotavirus.

 La malattia celiaca riconosce un’eziologia multifattoriale che deriva dall’interazione tra patrimonio genetico dell’ospite, fattori ambientali e immunologici5.

Fattori Genetici. La predisposizione genetica è determinata soprattutto da molecole di classe II del complesso maggiore di istocompatibilità o MHC (Major Histocompatibility Complex), in particolare dagli antigeni HLA-DQ2 e HLA-DQ8.

Le molecole HLA-DQ2/DQ8 devono essere presenti ma anche avere una particolare conformazione tra loro, cioè formare una sorta di sito molecolare nel quale la gliadina viene perfettamente posizionata sulle cellule presentanti l’antigene (APC, Antigen-Presenting Cells); essendo un peptide, si comporta come un antigene, che viene presentato ai T linfociti come tale e evoca così una risposta immune anti-gliadina. Infatti cellule T isolate dalla mucosa intestinale di celiaci riconoscono i frammenti di gliadina solo se questi sono presentati da APC che portano gli HLA-DQ2 o HLA-DQ8, altrimenti non si attivano. Essi sono necessari ma non sufficienti per lo sviluppo della malattia, ovvero se mancano sia il DQ2 sia il DQ8 non vi è quasi nessuna possibilità di sviluppare la malattia; viceversa, se sono presenti, la malattia è possibile. Infatti il ruolo particolare dell'HLA spiega soltanto il 30-40% del rischio genetico6.

Per ben comprendere questo particolare processo fisiologico nel quale è coinvolta la gliadina – che viene recepita come antigene non self – è necessario richiamarne le modalità di svolgimento. L'HLA (Human Leukocyte Antigen, antigene leucocitario umano) è noto anche MHC. Esso rappresenta una regione di geni altamente polimorfici, cioè per ogni locus esistono molte forme diverse o alleli di ogni gene, derivanti dal riassemblamento dei geni presenti sui cromosomi materno e paterno, codificanti glicoproteine di membrana cellulare coinvolte nel riconoscimento cellulare e nella discriminazione tra self e non self. Gli antigeni di istocompatibilità svolgono pertanto un ruolo importante nello sviluppo delle risposte immunitarie, di tipo sia umorale sia cellulare.

Le molecole HLA di classe I (che comprendono i gruppi A, B, C) sono esposte sulla superficie di tutte le cellule nucleate. La loro funzione è quella di legare antigeni e presentarli ai linfociti T CD8+ che hanno attività citotossica.

Le molecole HLA di classe II (che comprendono i gruppi DR, DQ, DP) sono esposte sulla superficie delle cellule APC e cioè linfociti B, macrofagi, cellule endoteliali e linfociti T attivati. La loro funzione è quella di legare gli antigeni e presentarli ai linfociti T helper CD4+ che attivano la produzione di citochine capaci di controllare sia la formazione di anticorpi sia la risposta cellulare. In altri termini sia la risposta immunitaria umorale sia quella cellulo-mediata vengono fisiologicamente effettuate con tali modalità7.

Ogni cellula possiede una coppia (eterodimero) formata da due alleli, la coppia DQ2 è formata dagli alleli DQB1*O2 e DQA1*05, mentre la coppia DQ8 è formata dagli alleli DQB1*0302 e DQA1*0301.

L'aplotipo DQ2 è stato osservato nel 90-95% dei pazienti, mentre l'aplotipo DQ8 è presente in circa 15%.

È anche vero che esiste una quota di pazienti celiaci (meno del 2%) che non possiede né il DQ2 né il DQ8. Da ciò possiamo dedurre che la ricerca degli aplotipi DQ2 e DQ8 presenta un valore predittivo altamente possibile ma non assoluto per la diagnosi di malattia celiaca8.

Secondo le linee guida del 2004, pubblicate dalla North American Society of Pediatric Gastroenterology and Nutrition l'indagine genetica va eseguita come test di screening di primo livello per escludere una celiachia nei gruppi a rischio asintomatici (familiari di primo grado dei pazienti celiaci, pazienti con diabete mellito insulino dipendente, soggetti con sindrome di Down, ecc.) e in tutti quei casi nei quali l'esame istologico della mucosa intestinale di pazienti sintomatici abbia evidenziato un quadro a "lesioni minime" o normale.

Quindi la presenza accertata degli aplotipi HLA-DQ2/DQ8 può essere utilizzata per la diagnosi di celiachia non sic et simpliciter, ma solo se vi sono altri elementi concreti, sul piano clinico e soprattutto su quello istologico, di malattia celiaca.

 Fattori ambientali. Il glutine rappresenta il fattore ambientale più importante nella celiachia. In particolare sono le proteine in esso contenute (gliadine e glutenine, dette prolamine) responsabili della comparsa della malattia.

Il glutine presenta due componenti: la frazione gluteninica idrosolubile, poco coinvolta nella tossicità, e la frazione gliadinica alcol-solubile che appare implicata nella patogenesi della malattia. Le prolamine che possono causare la malattia sono la gliadina per il frumento, la secalina per la segale e l'ordeina per l'orzo; esse presentano un elevato contenuto in glutamina (>30%) e prolina (>15%).

Le prolamine del frumento sono suddivise in α-, β-, g- e ω-gliadine; alle α-gliadine appartiene la gliadina A che sembra essere la frazione più direttamente responsabile dell'insorgenza della malattia. A causa del loro alto contenuto di glutamina, le prolamine sono ottimi substrati per la deaminazione da parte della transglutaminasi.

È stato dimostrato che l’allattamento al seno e l'introduzione del glutine dopo il sesto mese svolgono un effetto protettivo verso lo sviluppo della malattia celiaca.

Dal momento che l'alimentazione umana è costituita principalmente dal grano e altri cereali, il glutine, contenuto in essi, costituisce in un certo senso un fattore ambientale inevitabile (almeno finché non si acquisisce coscienza di malattia). Tuttavia per lo sviluppo della malattia celiaca vengono chiamati in causa altri probabili fattori eziologici. Infatti, alcuni studi hanno indicato le infezioni intestinali da adenovirus e soprattutto da rotavirus come possibile fattore ambientale scatenante l'infiammazione e quindi l'induzione di una risposta immunitaria Th1 mediata. In pratica gli anticorpi di pazienti celiaci con malattia attiva sono in grado di riconoscere un peptide che presenta omologia con la proteina VP7 di rotavirus, con la regione C-terminale della transglutaminasi tissutale, con le Heat Shock Protein (HSP, proteine da shock termico), con TLR4 (Toll Like Receptor, così definiti per l’analogia strutturale con il gene “Toll” –“notevole” in lingua germanica - identificato da Volhard nel 1985 e che definisce una classe di recettori transmembrana a singolo segmento che riconoscono molecole comuni a numerosi microrganismi patogeni) e con desmogleina I.

Attraverso l'interazione con TLR4 questi anticorpi attivano i monociti stimolando la produzione di citochine pro-infiammatorie. Inoltre, sono in grado di alterare la permeabilità cellulare e, attraverso l'interazione con HSP60, inducono citotossicità nelle cellule epiteliali dell'intestino.

Seconda un'altra ipotesi l'adenovirus 12, che presenta omologia di sequenza tra gliadina A e la sua proteina E16, può indurre la malattia in soggetti geneticamente predisposti, per un errore del sistema immune che risponderebbe contro le gliadine presenti nell'intestino senza però riuscire a distruggere il virus. Un'altra ipotesi è legata al fatto che il grano attualmente prodotto è molto diverso da quello di tanti anni fa, perché presenta instabilità genetica; da ciò ne deriva che il contenuto di glutine nel grano oggi è aumentato in maniera esponenziale.

Inoltre alcuni soggetti manifestano i sintomi di celiachia in seguito a eventi "traumatici": stress, gravidanza, interventi chirurgici. Lo stress pertanto può slatentizzare la malattia. Ovviamente, anche l'immunità innata e acquisita sono indispensabili per l'espressione fenotipica della patologia9.

 

Approfondimenti non ECM Patogenesi

La transglutaminasi tissutale è un enzima intracellulare sintetizzato da un ampio numero di cellule che catalizza la formazione di legami covalenti tra un gruppo aminico libero (ad esempio di proteine o peptidi che presentano residui di lisina) e il gruppo g-carbossiamidico di proteine che presentano residui di glutamina. I legami così formati sono resistenti alla degradazione proteolitica e diventano importanti in molti processi fisiologici e patologici.

Esistono almeno otto diversi tipi di transglutaminasi. La transglutaminasi tissutale (tTG o TG2) è nota per essere l'autoantigene specifico della celiachia. L’azione dell'enzima transglutaminasi sulla gliadina porta a due eventi:

1)      la deamidazione;

2)      il crosslinking tra residui di glutamina e residui di lisina.

 

Le cellule T riconosceranno quindi come non self:

1)      transglutaminasi;

2)      peptidi deamidati della gliadina:

3)      neoepitopi derivanti dal legame transglutaminasi-gliadina10-12.

 

Nel celiaco la reazione autoimmune è scatenata dalla gliadina che giunta nella lamina propria della mucosa intestinale interagisce con la tTG, viene deaminata e trasformata in peptidi ricchi di acido glutammico ad alta affinità per la tasca dell'eterodimero HLA-DQ2/DQ8 delle cellule presentanti l'antigene; questi neopeptidi vengono processati e presentati ai linfociti T CD4+ glutine specifici. L'attivazione linfocitaria porta alla selezione di cloni specifici per la gliadina con produzione non solo di anticorpi verso la gliadina stessa ma anche di autoanticorpi verso la tTG tissutale e verso complessi proteici tTG-gliadina che innescano i meccanismi autoimmuni responsabili del danno tissutale. I linfociti T, così attivati, migrano dalla lamina propria in sede subepiteliale, attivano i macrofagi e iniziano a produrre diverse citochine quali interferone gamma, interleuchina 2, interleuchina 4, TNF alfa, capaci di indurre flogosi cronica nella mucosa intestinale e nei villi e pertanto responsabili di un quadro anatomo-patologico caratterizzato da: atrofia dei villi, iperplasia delle cripte, infiltrazione linfocitaria (risposta Th1). Dopo il contatto tra la gliadina modificata e la transglutaminasi tissutale vengono anche attivati i linfociti B glutine specifici e, attraverso la loro trasformazione in plasmacellule, vengono prodotti gli anticorpi antigliadina, antitransglutaminasi e antiendomisio (risposta Th2). Tuttavia non è ancora chiaro se questi anticorpi siano anch'essi responsabili del danno sulla mucosa o se non ne siano anche loro una conseguenza. Un ruolo importante sembra essere svolto dall'interleuchina 15, responsabile della sopravvivenza dei linfociti T CD4+ glutine specifici nella sottomucosa intestinale che comporta l’attivazione e la migrazione di linfociti intraepiteliali (IEL, IntraEpithelial Lymphocytes). Questi linfociti sono i primi a comparire sulla mucosa in seguito al contatto con il glutine e persistono anche dopo anni di dieta aglutinata. In alcuni individui rappresentano l'unica alterazione che precede la comparsa della malattia (celiachia latente). Affinché si realizzi la reazione immunitaria responsabile della malattia è necessario che la gliadina superi l'epitelio intestinale e raggiunga la lamina propria.

I meccanismi molecolari e le cellule coinvolte nella patogenesi del danno non sono ancora del tutto chiari. In condizioni fisiologiche nell'epitelio intestinale le giunzioni intercellulari sono fitte e serrate (tight junctions), e regolano il flusso di ioni e molecole solubili e non permettono il passaggio di macromolecole, solo piccole quantità di frazioni antigeniche superano la barriera epiteliale.

 

Queste proteine oltrepassano la barriera attraverso due vie:

1)      la via transcellullare (90%), la quale comporta la degradazione lisosomiale e la conversione in piccoli peptidi non immunogeni;

2)      la via paracellulare: attraverso questa via vengono trasportate intatte le rimanenti frazioni antigeniche, determinando una complessa risposta immunitaria.

 

È stato dimostrato che nelle prime fasi della celiachia l'integrità delle giunzioni serrate è alterata e così anche la permeabilità dell'epitelio, di conseguenza si ha un maggiore assorbimento di macromolecole, tra cui il glutine.

Il principale responsabile di questa aumentata permeabilità intestinale è la zonulina (proteina che svolge un'azione di modulazione delle giunzioni serrate o tight junction).

La zonulina si lega a un recettore di membrana, organo-specifico e innesca una reazione a catena che porta al riarrangiamento del citoscheletro con conseguente segnale di apertura delle tight junction e possibile ingresso di allergeni, tra cui la gliadina, nella sottomucosa intestinale, dove si lega alla transglutaminasi formando un complesso riconosciuto dagli anticorpi specifici presenti sulla superficie delle cellule APC.

Il perché della sua alterata up-regulation è ancora da chiarire: la flogosi infatti può precedere o seguire tali eventi, ma possono esserci particolari ruoli o particolari combinazioni di segnali (mediati da citochine) ancora non noti, ma tuttavia capaci di indurre maggiore produzione di zonulina e quindi maggiore permeabilità intestinale agli antigeni13.

 

Presentazione clinica della celiachia in età pediatrica

Key Point: La malattia celiaca può presentarsi ad ogni età, tuttavia i sintomi compaiono solitamente diversi mesi dopo l'introduzione nella dieta del glutine.

Keywords: Celiachia segni e sintomi, celiachia forma tipica, celiachia forma atipica, celiachia forma silente, celiachia forma latente, celiachia forma refrattaria

 

La malattia celiaca può presentarsi a ogni età, tuttavia i sintomi compaiono dopo l'introduzione di una dieta contenente glutine (quindi al 6°-8°-15° mese di vita). Essa presenta un ampio spettro di manifestazioni cliniche, ma solitamente l'esordio avviene diversi mesi dopo l'introduzione del glutine nella dieta.

Si possono riconoscere diverse forme cliniche di celiachia:

1)      forma tipica

2)      forma atipica

3)      forma silente

4)      forma latente

5)      forma refrattaria

 

Forma tipica. La forma tipica o classica si manifesta di solito tra i sei mesi e i due anni di vita. Il sintomo principale che caratterizza questa forma è la diarrea/steatorrea (le feci sono maleodoranti, presentano muco e alimenti non digeriti). Raramente si manifesta con stipsi ostinata.

L'esordio può essere insidioso o acuto.

Oltre alla diarrea si possono avere altri sintomi quali anoressia, dolori addominali, meteorismo, vomito, scarso accrescimento e calo ponderale. Vi possono essere alterazioni dell'umore con irritabilità ed apatia. L’addome può presentarsi globoso ed espanso, tale da contrastare nettamente con la magrezza degli arti inferiori.

Forma atipica. La forma atipica è più tardiva e si presenta con prevalenza di sintomi extraintestinali senza diarrea.

La condizione fisiopatologica comune, in questo contesto di flogosi (poco evidente perché manca la diarrea) e di compromissione anatomica e funzionale dei villi intestinali, è il malassorbimento intestinale.

Nei bambini le conseguenze più evidenti sono la scarsa crescita ponderale e il ritardo dello sviluppo puberale negli adolescenti. Negli altri casi le conseguenze del malassorbimento possono essere più o meno evidenti: frequentissima è l'anemia sideropenica, per malassorbimento di ferro, che è microcitica, con capacità legante il ferro (transferrina) aumentata e con drastica diminuzione del ferro di deposito (ferritinemia molto bassa). Il malassorbimento di calcio, fosforo e vitamina D di provenienza alimentare induce iperparatiroidismo secondario con osteoporosi, rachitismo e ipoplasia dello smalto dentario. Anche i disturbi della sfera endocrina, neurologica e psichica possono dipendere da fenomeni compositi di malassorbimento di varie sostanze alimentari necessarie per siffatte funzioni. È da tenere presente che la carenza di ferro oltre che essere responsabile di anemia nell'età pediatrica, può compromette le capacità cognitive: infatti la ridotta concentrazione di emoglobina, quale conseguenza della carenza di ferro, appunto, è a sua volta responsabile di una ridotta capacità di trasporto di ossigeno. Ne consegue una ipossia tissutale che a livello dei vari tessuti si riflette sotto forma di picacismo (disturbo del comportamento alimentare caratterizzato dall'ingestione di sostanze non nutritive come terra, gesso, carta, ecc.), coilonichia (o “unghia a cucchiaio”), stomatiti o cheiliti angolari e disturbi psichici; in particolare questi bambini presentano irrequietezza, irritabilità, mancanza di interesse, svogliatezza, riduzione del rendimento scolastico. Ancora più gravi sono le manifestazioni neurologiche quando i valori di emoglobina scendono sotto i 10 mg/dl, quali pseudotumor cerebri e paralisi dei nervi cranici. È ovvio che l'anemia sideropenica è presente anche nei celiaci adulti.

Altri sintomi sono rappresentati da dolori addominali, bassa statura, alopecia, stomatite aftosa, sindromi emorragiche, ipertransaminasemia idiopatica, miocardite autoimmune, dermatite erpetiforme, disturbi neurologici (epilessia, atassia, polineuropatie).

I segni più frequenti della forma atipica sono comunque: anemia sideropenica, bassa statura e anoressia.

Forma silente. La forma silente viene riscontrata in pazienti apparentemente sani, ma che presentano lesioni della mucosa intestinale tipiche della celiachia, le quali solitamente regrediscono con dieta aglutinata, senza modifiche sintomatologiche, essendo fondamentalmente silente. Si tratta per lo più di soggetti sottoposti a screening in quanto parenti di primo grado di pazienti celiaci, o pazienti con diabete di tipo I.

Forma latente. La forma latente è caratterizzata da pazienti che risultano positivi allo screening per gli anticorpi anti-endomisio (EMA, Anti-Endomysial Antibodies) o anti-transglutaminasi tissutale (anti-tTGA, anti-tissue TransGlutaminase Antibodies), ma con mucosa intestinale normale. In questi casi è importante monitorare nel tempo tali soggetti per poterli identificare e trattare, prima che compaiono le complicanze che potrebbero rappresentare la prima manifestazione clinica della malattia.

Forma refrattaria. La forma refrattaria si ha quando il paziente non risponde alla terapia. Si distinguono una forma primaria, se il paziente non risponde fin dall'inizio alla dieta aglutinata, e una forma secondaria, se dopo un periodo di risposta alla dieta senza glutine, il paziente diventa non più responsivo. In questi casi è fondamentale stabilire la causa della non responsività: essa può essere legata a introduzione inavvertita o involontaria del glutine, intolleranza proteica, insufficienza pancreatica o ad altre cause di malassorbimento intestinale14.

 

Manifestazioni cliniche nell’età adulta

Key Point: Generalmente la modalità di presentazione più frequente nell'adulto è la forma classica caratterizzata da diarrea persistente oltre le 3 settimane, spesso notturna.

Keywords: Celiachia segni e sintomi, celiachia fattori scatenanti

 

Generalmente la modalità di presentazione più frequente nell'adulto è la forma classica, caratterizzata da diarrea persistente oltre le 3 settimane, spesso notturna; altri segni sono steatorrea, meteorismo, vomito, epigastralgia, dispepsia, dolori addominali, calo ponderale, depressione, infertilità. Spesso è identificabile un fattore scatenante (parto, viaggio all'estero, intervento chirurgico, situazione di stress) (vedi Tabella 1).

 

Manifestazioni dell'età avanzata (l'anziano e la malattia celiaca)

 

Key Point: Tra le malattie che accompagnano la celiachia si possono distinguere condizioni associate, ovvero malattie che spesso vengono diagnosticate frequentemente nei soggetti celiaci, ma che si pensa non siano correlate all'ingestione del glutine, e complicanze che possono a sua volta essere distinte in complicanze legate a diagnosi tardiva e quelle non legate a diagnosi tardiva.

Keywords: Celiachia segni e sintomi, dermatite erpetiforme di Duhring celiachia e, psoriasi celiachia e, diabete mellito celiachia e, tiroidite autoimmune celiachia e, artrite reumatoide celiachia e, celiachia complicanze, anemia celiachia e, osteoporosi celiachia e, malattie endocrine celiachia e, fertilità celiachia e, depressione celiachia e, atassia celiachia e, neuropatia periferica celiachia e, neoplasie celiachia e

 

Negli ultimi anni c’è stato un discreto aumento di casi di malattia celiaca negli adulti e negli anziani ma ciò è dovuto alle maggiori conoscenze e alla disponibilità di test di screening sempre più sensibili e specifici. In questi casi il sintomo maggiore è il malassorbimento, tanto più grave quanto maggiore è l'estensione delle lesioni intestinali. Uno studio basato sulla popolazione ha dimostrato un aumento della prevalenza e alta incidenza della malattia celiaca in un gruppo di 2815 soggetti di 55 anni di età.

Dallo studio è emerso che la prevalenza della malattia celiaca era alta negli anziani, ma i sintomi erano scarsi. La selezione ripetuta ha rilevato cinque nuovi casi durante tre anni; ciò indica che la malattia può svilupparsi anche negli anziani.

Gli studi sulla popolazione anziana si basano su poche casistiche: ricordiamo quella di Kirby e Fielding che ha considerato 18 pazienti e solo 3 avevano oltre 60 anni. In un altro studio sono stati studiati 42 pazienti e in questi la diagnosi avrebbe potuto essere posta già molto tempo prima: 7 pazienti infatti avevano manifestato dermatite erpetiforme e 6 pazienti precedentemente diagnosticati come affetti da colite o da intestino irritabile lamentavano una sintomatologia da circa 9 anni. A tale riguardo bisogna ricordare che, in assenza di dati bioumorali e istologici, è piuttosto difficile sul piano clinico la diagnosi differenziale tra celiachia e sindrome da intestino irritabile, tanto più quanto già essa si accompagna a sintomi neurologici, quali la nevrosi d’ansia o la sindrome ansioso-depressiva con somatizzazione, condizioni queste che peraltro, sia pure in un rapporto causa/effetto diverso e addirittura opposto, sono frequenti in entrambe le patologie15.

Tuttavia, a causa dell'elevato polimorfismo clinico, possiamo dire che tutti gli apparati possono essere coinvolti (vedi Tabella 1).

Distinguiamo pertanto condizioni associate, ovvero malattie che spesso vengono diagnosticate frequentemente nei soggetti celiaci, ma che si pensa non siano correlate all'ingestione del glutine, e complicanze che possono a loro volta essere distinte in complicanze legate a diagnosi tardiva e complicanze non legate a diagnosi tardiva.

Tra le condizioni patologiche associate alla celiachia si trova la dermatite erpetiforme di Duhring, considerata la celiachia della cute. Si tratta di una patologia caratterizzata da lesioni simmetriche eritemato-papulose localizzate su superfici estensorie degli arti, capo, glutei e dorso, estremamente pruriginose e rispondenti alla dieta priva di glutine. La biopsia cutanea è indispensabile per la diagnosi e in oltre l’80% dei casi sono presenti le alterazioni tipiche a carico dei villi intestinali. La localizzazione cutanea si ritiene sia in rapporto con disfunzioni delle cellule di Langerhans e con iperdeposizione distrettuale di IgA.

La correlazione con la psoriasi è parimenti nota ma non se ne conosce il motivo, probabilmente si tratta di comuni associazioni genetiche.

Anche le malattie autoimmuni sono spesso chiamate in causa, tra queste le più frequenti sono il diabete mellito di tipo I, le tiroiditi autoimmuni e l’artrite reumatoide. Si tratta di malattie frequentemente associate alla celiachia sia per probabile condizione genetica favorente, sia per la permissività nei riguardi delle malattie autoimmuni, legate a una incapacità dei linfociti T suppressor di sopprimere i cloni linfocitari produttori di auto-anticorpi; la celiachia presenta una componente autoimmune, ma il ruolo principale è dato dall'eccessiva persistenza di una risposta immune di fatto non modulata, cioè senza limitazioni, come invece avviene nelle normali risposte immuni nelle quali a un certo punto l'anticorpo anti-idiotipo blocca fisiologicamente i meccanismi effettori della risposta umorale. L’associazione con tiroidite autoimmune, artrite reumatoide, sacro-ileite e altre patologie autoimmuni è basata su una comune tendenza disreattiva verso le patologie autoimmuni, la cui patogenesi è a tutt'oggi non chiara. Con il diabete di tipo I le correlazioni sono molte: uno studio condotto su animali ha messo in evidenza che il 50% dei casi di diabete di tipo I è correlato alla dieta e che il glutine è il principale responsabile; infatti non solo risultano aumentati gli anticorpi contro le proteine del grano, ma sembra proprio che questi svolgano un ruolo centrale anche nell'infiammazione delle isole beta del pancreas.

Tra le complicanze derivanti invece da una diagnosi tardiva, vanno annoverate quelle il cui meccanismo fisiopatologico di base è facilmente identificabile, in quanto rappresenta la conseguenza diretta del danno dei villi intestinali e del malassorbimento di sostanze fondamentali, utili per l'integrità dei sistemi e per lo sviluppo psico-fisiologico del soggetto.

L’anemia è sovente sideropenica, ipocromica microcitica, dovuta a malassorbimento di ferro e perciò si associa a riduzione della sideremia e della ferritina e ad aumento della transferrina. Altre volte per il concomitante malassorbimento di vitamina B12 e folati, si ha un’anemia megaloblastica macrocitica, ma è anche possibile che le due condizioni associate e sovrapposte diano luogo ad anemia ipocromica normocitica.

L’osteoporosi è legata al malassorbimento di calcio, fosforo e vitamina D, condizioni tutte queste che fanno scattare un iperparatiroidismo secondario con perdita consequenziale di matrice ossea e quindi osteopenia-osteoporosi, che si presentano ovviamente con maggiore gravità nelle donne, quando associate alla fisiologica carenza di estrogeni tipica della menopausa.

Tra le malattie endocrine l'iperparatiroidismo è facilmente spiegabile per il malassorbimento di calcio, fosforo e vitamina D; l'ipotiroidismo forse è dovuto a malassorbimento di iodio, mentre l‘iposurrenalismo non trova a tutt’oggi una esauriente spiegazione fisiopatologica se non quella basata sull'ipotesi di turbe genetiche associate.

Anche le turbe della fertilità sono state messe in correlazione con la celiachia e quasi sicuramente sono dovute a malassorbimento di sostanze utili alla riproduttività, come il ferro, lo zinco, l'acido folico e le proteine. Le donne presentano aborti spontanei e i feti ritardo di crescita intrauterina. Si sa che la gravidanza richiede un maggiore apporto di calcio e ciò potrebbe rappresentare un problema per quelle donne in cui la diagnosi di malattia celiaca è stata effettuata in età adulta, quando presumibilmente i depositi di calcio sono già stati compromessi dalla malattia stessa. Anche gli uomini affetti da malattia celiaca riferiscono una riduzione della potenza sessuale e problemi di sterilità legati probabilmente al ridotto numero di spermatozoi, che solitamente si risolvono dopo aver seguito una dieta aglutinata. In ogni caso gli studi effettuati hanno dato risultati piuttosto controversi per cui i meccanismi fisiopatologici alla base del processo non sono oggi ben chiari16.

La maggior parte delle turbe neurologiche e neuropsichiatriche sono legate alla cronicità dell’anemia e al malassorbimento di sostanze utili alla neurotrasmissione, come per esempio il litio, la vitamina B12 e i folati.

È possibile che altri elementi chimici malassorbiti e quindi carenziali possano contribuire a determinare l'espressività di malattie neurologiche e psichiche che hanno multifattorialità eziopatogenetica. Tra le complicanze di tipo neurologico rivestono particolare importanza per frequenza di associazione: epilessia, sindromi depressive, sindromi cerebellari e atassiche, neuropatie periferiche.

Per quanto concerne le sindromi depressive, le possibili condizioni patogenetiche sarebbero rappresentate da bassi livelli di dopamina, serotonina e noradrenalina nel liquor; gli stessi autori che hanno fatto questa segnalazione ritengono che il deficit dipenda da difetti enzimatici intestinali piuttosto che da danni del SNC. Per quanto concerne le sindromi atassiche, in uno studio condotto nel 1998 sono stati descritti 28 pazienti con caratteristiche peculiari per cui fu proposto il termine "atassia da glutine": tutti manifestavano atassia dell'andatura e degli arti. La gravità dell'atassia era correlata alla durata di malattia. La valutazione attraverso risonanza magnetica evidenziò un quadro di atrofia cerebellare in 6 pazienti. Lo studio necroscopico effettuato in due pazienti dimostrò un'infiltrazione linfocitaria del cervelletto, un danno a livello dei cordoni posteriori del midollo e un'infiltrazione linfocitaria asimmetrica dei nervi periferici. Per tali reperti si ipotizzò che l'atassia da glutine, apparentemente idiopatica, in realtà è causata da un meccanismo immunomediato a carico del cervelletto, dei cordoni posteriori, del midollo spinale e dei nervi periferici. La polineuropatia viene invece considerata come una complicanza più comprensibile della malattia celiaca in quanto è proprio il malassorbimento di vitamina B12, folati, vitamina E, vitamina C e altre sostanze trofiche dei nervi periferici a generare neuropatia periferica.

Nel 1956 Daynes osservò che i bambini celiaci sottoposti a dieta senza glutine non erano più irritabili, negativisti e dispettosi, mentre gli adulti celiaci andavano incontro a una sindrome caratterizzata da cefalea, insonnia e depressione, se non sottoposti a dieta priva di glutine17.

Sicuramente tra tutte le manifestazioni cliniche associate e dipendenti dalla celiachia le più temute sono l’adenocarcinoma dell’intestino tenue e il linfoma gastrico.

Il rischio di sviluppare un linfoma intestinale (linfoma non Hodgkin a cellule T) nei soggetti affetti da malattia celiaca è di 50-100 volte maggiore rispetto al rischio per la popolazione normale; quello di adenocarcinoma del tenue è ancora più elevato probabilmente per la persistenza della flogosi. Da uno studio è emerso che gli enterociti di soggetti celiaci presentano una over-espressione di interleuchina 15, la quale a sua volta svolge un ruolo importante nell'attivazione di segnali anti-apoptotici a carico dei linfociti intraepiteliali; da ciò deriverebbe una crescita incontrollata dei linfociti T intraepiteliali, con probabile esito in linfoma18.

 

Tabella 1. Manifestazioni cliniche della malattia celiaca

 

Organi/apparati

Clinica

 

 

Cutaneo

dermatite erpetiforme

psoriasi

alopecia

prurito diffuso

 

 

Emopoietico

anemia sideropenica

ipo-protrombinemia

ecchimosi

 

 

Scheletrico

fratture spontanee

osteoporosi

 

 

Reumatologia

Immunologia

artriti non specifiche

sacro-ileite

artrite reumatoide giovanile

lupus eritematoso sistemico

sindrome di Sjögren

sindrome da anticorpi antifosfolipidi

immunodeficienze transitorie

ritardata guarigione malattie infettive

deficit assoluto di lgA

 

 

Sistema nervoso

epilessia con calcificazioni occipitali

sindromi atassiche

sindromi cerebellari

angiomatosi calcificante

atrofie cerebrali e cerebellari

neuropatie periferiche

sindrome tensione-fatica

sclerosi multipla (dubbia)

disturbi del comportamento

depressione

schizofrenia

 

 

Endocrino

bassa statura isolata (10%)

ritardo puberale

tiroidite

diabete di tipo I

morbo di Addison

poliendocrinopatia

tetania recidivante

iperparatiroidismo

ipoparatiroidismo

 

 

Odontostomatologia

 

lesioni dello smalto dentario

afte buccali recidivanti

ulcere orali persistenti

 

Diagnosi

Key Point: La diagnosi della malattia celiaca si basa innanzitutto sull’anamnesi. Le indagini di primo livello da utilizzare nella malattia celiaca sono i marker anticorpali e la biopsia intestinale.

Keywords: Celiachia diagnosi, anticorpi anti-reticolina, ARA, anticorpi anti-gliadina, AGA, anticorpi anti-endomisio, EMA, anticorpi anti-transglutaminasi, tTG, DGP-AGA 2, anticorpi anti-actina, biopsia intestinale, classificazione di Marsh. 

 

Per quanto riguarda la diagnosi, essa si basa innanzitutto sull’anamnesi. In presenza di un fondato sospetto, è utile seguire le linee guida suggerite dal Comitato Scientifico Nazionale dell’Associazione Italiana Celiachia (AIC), il quale prevede tre diversi percorsi diagnostici a seconda che ci si trovi di fronte a:

1)      pazienti con elevato sospetto clinico di celiachia (malassorbimento franco con diarrea e calo ponderale);

2)      pazienti con moderata-bassa probabilità di celiachia (casi mono o paucisintomatici);

3)      familiari di 1° grado.

 

Indagini di primo livello

Le indagini di primo livello da utilizzare nella malattia celiaca sono i marker anticorpali e la biopsia intestinale. I test anticorpali si basano sulla ricerca di anticorpi appartenenti alla classe IgA in quanto quelli della classe IgG hanno mostrato una più elevata percentuale di falsi positivi e per questo la loro utilità è limitata all'identificazione dei soggetti con malattia celiaca e deficit di IgA. Tra i marker anticorpali utilizzati per la diagnosi della malattia celiaca figurano:

a)      anticorpi anti-reticolina (ARA)

b)      anticorpi anti-gliadina (AGA)

c)      anticorpi anti-endomisio (EMA)

d)      anticorpi anti-transglutaminasi (tTG).

 

Anticorpi anti-reticolina (ARA, Anti-Reticulin Antibodies). L'uso di anticorpi anti-reticolina è stato introdotto nel 1971. Il test non ha avuto ampio sviluppo, per le difficoltà di lettura del pattern, che registrava poca sensibilità, variabile dal 16 al 76%, ma con una specificità intorno al 100%.

Anticorpi anti-gliadina (AGA, Anti-Gliadin Antibodies). In passato erano i principali marker diagnostici, mostrando una sensibilità del 73% e una specificità dell'87%. Col tempo si è visto che numerosi falsi positivi venivano riscontrati soprattutto in pazienti con malattie gastrointestinali, con dermatite atopica e anche in soggetti sani. Questi anticorpi, infatti, indicano un danno recente, anche modesto, della mucosa intestinale. Pertanto non sono specifici di celiachia e tendono ad aumentare con l'età nei soggetti normali. Tuttavia, mentre negli adulti la sensibilità è del 50-80%, nel bambino sotto i due anni la sensibilità è di circa il 100% e la specificità di circa il 97% ed è per questo che gli AGA sono ancora il test più utile per lo screening della celiachia nella prima infanzia.

Anticorpi anti-endomisio (EMA, Anti-Endomysial Antibodies). Le IgA anti-endomisio posseggono una sensibilità del 90% e una specificità del 100%. Essi però presentano tre svantaggi:

1)      la loro lettura in immunofluorescenza indiretta (IFI) è critica e dipende dall'esperienza dell'osservatore, per cui l'affidabilità delle risposte dipende strettamente dal livello di accuratezza e di esperienza diagnostica dei vari laboratori;

2)      il 3-10% dei celiaci presentano deficit di IgA con conseguente rischio di falso negativo;

3)      il substrato utilizzato è l'esofago di scimmia, con conseguenti problemi sia di etica che di costo; recentemente grazie all' uso del cordone ombelicale umano si è potuto eliminare quest'ultimo problema.

Per questi motivi gli EMA vengono utilizzati come test di conferma nei casi positivi per gli anti-tTG.

Anticorpi anti-transglutaminasi tissutale (tTG, tissue Transglutaminase). Si tratta di anticorpi specifici per l’enzima transglutaminasi tissutale; essi hanno una maggiore sensibilità (90-98 %) di quella degli EMA, mentre la specificità (94-97 %) è inferiore. Infatti, falsi positivi vengono ritrovati in pazienti con allergia alimentare, giardiasi (infezione del parattisa Giardia lamblia, infezioni intestinali virali e batteriche, morbo di Crohn, rettocolite ulcerosa e patologia epatica cronica.

Tuttavia si raccomanda il dosaggio degli anti-tTG di classe IgG per quei pazienti con deficit selettivo di IgA (IgA sieriche < 5 mg/dl) e a quelli con valore degli anti-tTG di classe IgA molto vicino allo 0. Sono anche disponibili test rapidi, eseguiti su goccia di sangue, per la ricerca degli anti-tTG. Questi test hanno un’accuratezza diagnostica inferiore a quella dei marker sierologici tradizionali, per cui il risultato dovrebbe essere sempre controllato con la ricerca degli anti-tTG in ELISA.

Riassumendo possiamo dire che non sono previsti questi test di screening a causa del fatto che:

  • la determinazione degli anticorpi anti-endomisio (EMA) ha una scarsa attendibilità; può, tuttavia, essere effettuata nei casi dubbi come test di conferma;
  • la determinazione degli anticorpi anti-gliadina (AGA) ha una scarsa sensibilità e specificità; il loro dosaggio è consigliabile, in aggiunta alla ricerca degli anti-tTG, nei bambini di età inferiore ai due anni, dal momento che la risposta anticorpale verso la gliadina è la prima a comparire dopo l'introduzione del glutine.

 

DGP-AGA 2. Si tratta di un marcatore scoperto recentemente la cui sensibilità è dell'84% sia per gli anticorpi di classe IgA che IgG, mentre presenta specificità per la classe IgG del 99%.

Di conseguenza sebbene i DGP-AGA mostrino una sensibilità inferiore rispetto agli EMA e agli anti-tTG, la loro specificità per la classe IgG, è così elevata da raggiungere quella degli EMA IgA e da superare quella degli anti-tTG IgA.

Anticorpi anti-actina. L’actina è il maggior componente dei microfilamenti che costituiscono il citoscheletro degli enterociti. Questi anticorpi danno indicazioni sulla severità del danno della mucosa intestinale con specificità del 95%. Quindi la loro ricerca è più utile come indicatore di danno istologico e non di malattia19.

Biopsia intestinale con esame istologico. È sicuramente il test diagnostico più accurato. Alla biopsia duodenale devono essere inviati tutti i soggetti anti-tTG positivi oppure i soggetti anti-tTG negativi ma con clinica suggestiva di celiachia. L'endoscopia (EGDS, Esofago-Gastro-Duodenoscopia), rispetto all'impiego della metodica con la capsula di Crosby-Watson, è la procedura di scelta, in quanto presenta:

  • maggiore tollerabilità,
  • maggiore rapidità di esecuzione,
  • possibilità di eseguire prelievi bioptici multipli,
  • possibilità di valutare visivamente ampi tratti di intestino,
  • possibilità di identificare alcuni pattern endoscopici altamente suggestivi di malattia celiaca,
  • maggiore accuratezza diagnostica.

Il prelievo bioptico va eseguito in regione duodenale distale (II e III porzione) con almeno quattro campioni. L'endoscopista deve essere in grado di riconoscere sulla mucosa intestinale i segni macroscopici di celiachia, quali lesioni a "chiazze" (alternanza di aree di mucosa atrofica con aree pressoché normali) ed eseguire biopsie mirate, eventualmente anche digiunali, se sono riscontrate lesioni in tale sede.

Le lesioni istologiche elementari sono rappresentate da:

  • aumento dei linfociti intraepiteliali (IEL),
  • atrofia dei villi,
  • enterociti diminuiti in altezza e vacuolizzati,
  • iperplasia delle cripte.

 

Aumento dei linfociti intraepiteliali (IEL, IntraEpithelial Lymphocytes). Il numero elevato di IEL può rappresentare in una mucosa normale l'unico dato anomalo. Tale incremento è il più sensibile indice di danno indotto dal glutine e pertanto è il dato singolo più rilevante nella malattia celiaca.

I linfoci T intraepiteliali si sviluppano almeno in parte nell'intestino e non nel timo e le loro funzioni non sono ancora chiare. Per la diagnosi di malattia celiaca si contano 100-200 cellule epiteliali e gli IEL osservati vengono espressi come IEL/100 cellule epiteliali (EC, Epithelial Cell). Normalmente la mucosa intestinale contiene sino a 40 IEL/100 EC, pertanto un valore >40 è indice di reazione immunologica in corso.

L'incremento di IEL non è esclusivo della malattia celiaca, ma si riscontra anche nell'enteropatia da intolleranza proteica al latte vaccino, nella sindrome post-enterite, nella sprue tropicale, nell'enteropatia autoimmune.

Talora un aumento di IEL si osserva anche in pazienti senza apparenti patologie.

 

Enterociti. Gli enterociti sono ridotti in altezza solo negli stadi più avanzati. Se la mucosa appare piatta, l'epitelio superficiale si presenta spesso cuboidale e basofilo. L'epitelio delle cripte presenta un elevato indice mitotico e si ritiene che l'aumentata proliferazione sia un compenso al danno epiteliale.

Iperplasia delle cripte.È il primo cambiamento. Le cripte all'inizio sono allungate e rivestite da villi apparentemente normali, che si assottigliano sempre più con il progredire delle lesioni. L'iperplasia delle cripte ghiandolari sembra essere stimolata da fattori di crescita.

Atrofia dei villi.Rappresenta la lesione più severa. Si possono riscontrare vari aspetti:

  • parziale atrofia dei villi (accorciamento dei villi),
  • atrofia subtotale dei villi (atrofia marcata con aspetti di mucosa piatta),
  • totale atrofia dei villi (assenza di villi).20

 

Nella diagnosi istologica vengono impiegate due classificazioni, la classificazione di Marsh e la classificazione di Marsh modificata da Oberhuber.

Classificazione di Marsh.La classificazione di Marsh identifica tre distinte entità:

1)      infiltrativa: villi normali ma incremento patologico del numero dei linfociti intraepiteliali (> 25/100 cellule epiteliali);

2)      iperplastica, in cui all'incremento del numero dei linfociti intraepiteliali si associa anche un'iperplasia delle cripte ghiandolari;

3)      distruttiva, in cui all'incremento del numero dei linfociti intraepiteliali e alla iperplasia delle cripte ghiandolari si associa un'atrofia dei villi di grado variabile.

 

Classificazione di Marsh modificata da Oberhuber. Oberhuber ha proposto una modifica alla classificazione di Marsh proponendo che la lesione di tipo 3 o distruttiva venga ulteriormente suddivisa in tre sottogruppi (vedi Tabella 2), in base all'entità dell'atrofia:

  • IIIA con atrofia di grado lieve;
  • IIIB con atrofia di grado moderato;
  • IIIC con atrofia di grado severo.

 

 

Tabella 2. Classificazione istologica delle lesioni intestinali secondo Marsh-Oberhuber

 

Tipo Marsh-Oberhuber

Alterazioni istologiche

 

 

O

Normale architettura della mucosa e dei villi

 

 

I

Infiltrativa: normale architettura della mucosa e dei villi, aumentato numero IEL (>25/100 enterociti)

 

 

II

Ipertrofia e iperplasia delle cripte

 

 

III a

 

Parziale atrofia dei villi (riduzione altezza dei villi, infiltrazione linfocitaria lieve, iperplasia delle cripte)

 

 

IIIb

 

Atrofia subtotale dei villi (villi chiaramente atrofici ma ancora riconoscibili, cripte allargate con cellule immature, iniziale infiltrato infiammatorio)

 

 

IIIc

Totale atrofia dei villi (completa perdita dei villi, severa iperplasia delle cripte, infiltrato infiammatorio)

 

 

 

Classificazione Corazza-Villanacci. Si tratta di una versione molto più semplice allo scopo di facilitare il rapporto tra patologi e clinici.

Le lesioni che caratterizzano la malattia celiaca sono state divise in due categorie:

  • non-atrofiche (grado A)
  • atrofiche (grado B) e quest'ultima è stata ulteriormente suddivisa in:

a)      grado B1, nella quale il rappotto villo/cripta è minore di 3/1, con villi ancora individuabili,

b)      grado B2 in cui i villi non sono più individuabili.

 

Indagini di secondo livello

Dato che quasi tutte le persone affette da celiachia hanno coppie di geni che codificano per almeno uno degli antigeni leucocitari umani (HLA) HLA-DQ2 o HLA-DQ8, le indagini di secondo livello sono rappresentate dal test di screening genetico, il quale si esegue come criterio di esclusione in casi a sierologia dubbia E nei familiari di primo grado per identificare i soggetti da seguire in follow-up.

La determinazione degli HLA può essere effettuata con metodiche sierologiche o con tecniche di biologia molecolare.

Tuttavia, questi alleli sono comuni. Si trovano in circa il 40% della popolazione generale degli Stati Uniti e la maggior parte delle persone con questi alleli non è affetta da malattia celiaca.

Il riscontro di HLA positivo non indica presenza di malattia ma presenza di suscettibilità alla malattia, in pratica solo chi presenta questo assetto genetico può diventare celiaco (con rarissime eccezioni).

Al momento della diagnosi bisogna richiedere ulteriori esami, dato il notevole numero di complicanze cui vanno incontro questi pazienti:

  • MOC ed eventuali test per valutare il metabolismo osseo (FAO, DPD, PTH, calcemia, calciuria, vitamina D)
  • colesterolo totale e frazionato, trigliceridi
  • glicemia, Hb glicata, anticorpi anti-GAD e anti-insula
  • transaminasi, gamma-GT, fosfatasi alcalina
  • TSH, anticorpi anti-tireoperossidasi, anticorpi anti-tireoglobulina
  • emocromo, ferritina
  • ANA

Inoltre gli anticorpi anti-tTG, vanno ripetuti dopo 6 e 12 mesi per valutare la compliance alla dieta.

Successivamente va richiesto almeno un controllo annuale21.

 

Terapia

Key Point: La terapia della celiachia è attualmente esclusivamente basata sulla dieta priva di glutine. Per questo motivo negli ultimi anni la dieta senza glutine ha trovato ampio sviluppo nell'industria alimentare e nella ristorazione.

Keywords: Celiachia terapia, dieta priva di glutine, prolil-endopeptidasi.

 La terapia della celiachia è attualmente esclusivamente basata sulla dieta priva di glutine: è vero che negli ultimi anni la dieta senza glutine ha trovato ampio sviluppo nell'industria alimentare (ad esempio con la disponibilità di pasta di mais o di riso etc.) e nella ristorazione (pizza senza glutine, cibi speciali, persino dolci senza glutine), tuttavia molte sono ancora le difficoltà pratiche poiché il glutine e i cereali che lo contengono trovano tantissime modalità di impiego in cucina, correlati con l'uso comunemente esteso delle farine. Tra le terapie future più all'avanguardia, al fine di migliorare la qualità di vita dei pazienti celiaci, permettendogli di tanto in tanto di mangiare cibi contenenti glutine, è rappresentata dall'impiego di un enzima capace di digerire gli epitopi tossici; si tratta delle cosiddette "prolilendopeptidasi", in associazione o da sole, permetterebbero la detossificazione del glutine. Un altro possibile trattamento è l'inibizione della zonulina. ciò ci permetterebbe di prevenire l'aumento di permeabilità della parete intestinale e quindi l'evoluzione della malattia.

Dato che la malattia celiaca è comunque il risultato del legame fra peptidi deamidati di gliadina e il sito di legame DQ2/DQ8, è possibile che in futuro il progresso dell'ingegneria genetica possa consentire l'isolamento, con tecniche di eluizione e l'identificazione del peptide ancorato al sito di legame delle molecole HLA di soggetti affetti. La sua sequenza, confrontata in banca dati potrebbe identificare gli eventuali agenti patogeni che sono stati coinvolti nel meccanismo con l’apporto dei loro antigeni e capaci di attivare le cellule T responsabili dell'autoaggressione.

Inoltre, peptidi con alta affinità per una determinata molecola potrebbero essere disegnati per bloccare l'aggancio di peptidi patogenici in quella che oggi si chiama "blocking peptide therapy".

Grandi passi avanti si stanno compiendo e, tra questi, l'ultimo in ordine di scoperte risale al 2010, quando un gruppo di ricercatori è stato finalmente in grado di identificare le tre molecole tossiche responsabili della malattia, ovvero i peptidi del glutine che scatenano la reazione immunitaria nei pazienti.

È già stata avviata una prima sperimentazione con lo scopo di ottenere un vaccino che può bloccare la malattia prima che l'intestino venga danneggiato.

Gli esperti australiani hanno arruolato 200 pazienti. Sei giorni dopo l’ingestione di cereali, tramite prelievo di sangue, hanno isolato le cellule immunitarie artefici della reazione al glutine ingerito. Poi i ricercatori hanno fatto 'incontrare' i linfociti T con 2700 peptidi sospetti ed hanno trovato che tre di essi in particolare si accoppiano più saldamente alle cellule. Tali tre composti sono quindi i peptidi che più di tutti scatenano la reazione immunitaria e sono ora oggetto di sperimentazione in un test per vedere se, somministrando in piccolissime quantità i tre peptidi ai pazienti, questi pian piano si desensibilizzano nei confronti del glutine. In futuro è auspicabile che conoscendo meglio il meccanismo patogenetico si possa approntare una terapia farmacologica che possa essere ben tollerata in quanto non aggravata da effetti collaterali e iatrogeni rilevanti.

Caso clinico 1

M.F., sesso femminile, età 44 anni, professione casalinga.

Anamnesi familiare: genitori e una sorella viventi in apparente Buona salute (a.b.s.), coniuge morto per aneurisma aortico, due figli in a.b.s

Anamnesi fisiologica: nata a termine da parto eutocico, menarca a 12 anni, ciclo mestruale regolare; ha avuto tre gravidanze, un aborto, due figli in a.b.s. Non beve alcolici. Non fuma.

Anamnesi patologica remota: appendicectomia a 6 anni, lombalgie recidivanti da cinque anni, prolasso dell'utero da circa otto anni.

Malattia attuale: la paziente fa risalire l'insorgenza della sua attuale sintomatologia a circa due anni addietro, epoca in cui cominciava ad accusare numerosi disturbi, prevalentemente rappresentati da cefalea, dispepsia, digestione lenta e laboriosa, meteorismo, flatulenza, dolori addominali, parestesie alle labbra, cianosi labiale e ungueale, senso di costrizione alla gola, associati per lo più all'ingestione di alcuni alimenti. Per tali motivi la paziente si è rivolta a un allergologo il quale le ha prescritto un antistaminico, assunto dalla paziente per circa otto mesi, dal quale ha tratto notevole beneficio. Successivamente la paziente ha eseguito test cutanei allergologici, i quali sono risultati alterati dall'antistaminico precedentemente assunto. Sei mesi dopo ha eseguito prove di intolleranza alimentare, dalle quali si è evinta un'intolleranza a numerosi alimenti (fra cui l'orzo, la segale e il frumento). A causa del persistere della suddetta sintomatologia e della progressiva riduzione del peso corporeo (circa 10 kg in dodici mesi) la paziente decide di ricoverarsi per ulteriori accertamenti diagnostici.

 

Esami ematochimici

Esame emocromocitometrico nella norma.

Ferritina: 43 ng/ml (v.n. 13-150).

VES (prima ora): 30 mm/h.

All'esame delle urine nulla da rilevare.

EMA: negativo

AGA: negativo

Anti-tTG : negativi

 

Esofago-Gastro-Duodenoscopia (EGDS)

Esofago regolare. Cardias apparentemente continente. Mucosa gastrica sollevata in pliche regolari e appianabili. Presenza di residuo chiaro. Assenza di lesioni localizzate o diffuse. Angulus indenne da lesioni localizzate. Mucosa antrale rosea e regolare. Piloro in asse ed a contorni regolari. Bulbo apparentemente normale.

La seconda e terza porzione duodenale si presentano come un tubo liscio, con assenza pressoché totale delle pliche di Kerkring.

All'istologia: test negativo per Helicobacter pylori.

Conclusioni: scomparsa delle pliche semicircolari di Kerkring, suggestiva per malattia celiaca. Si eseguono biopsie

Referto istologico

Descrizione macroscopica: 3 frustoli orientati.

Descrizione microscopica: frammenti di mucosa duodenale con villi presenti, di altezza regolare (rapporto villo/cripta 3/1). Enterociti di superficie di altezza regolare e con orletto a spazzola PAS+ ben rappresentato. Linfociti intraepiteliali e mitosi criptiche nei limiti di norma. Edema e discreto infiltrato linfoplasmacellulare della lamina propria.

Diagnosi: duodenite cronica lieve.

 

Ecografia quadranti superiori dell’addome

Esame eseguito con sonda a frequenza variabile da 2-5 MHz secondo scansioni longitudinali trasversali ed oblique.

Fegato di volume regolare, a contorni regolari ed ecostruttura omogenea caratterizzata da echi interni di livello regolare. Si segnala la presenza di minuta formazione iperecogena generante cono d'ombra posteriore da riferire a calcificazione al lobo destro (5,5 mm circa).

Assenza di lesioni focali ecograficamente evidenziabili.

Assenza di versamento ascitico addominale.

Colecisti in sede, distesa, di forma e volume regolare, a pareti regolari in assenza di litiasi.

Non dilatazione delle vie biliari intra- ed extraepatiche.

Vena porta, vene sovraepatiche ed asse spleno-portale di calibro e decorso regolari. Pancreas morfovolumetricamente nei limiti della norma. Reni in sede, di forma e volume regolari, a contorni e rappresentazione parenchimale regolari, con regolare rapporto cortico-midollare, in assenza di litiasi.

Conclusioni: minuta calcificazione lobo destro epatico.

 

Conclusione

Persistendo la sintomatologia dispeptica, con i medesimi caratteri di quella precedentemente descritta, la paziente si sottopone nuovamente a EGDS, con altre biopsie multiple, alcune delle quali eseguite nella II porzione duodenale.

Il referto istologico riferisce: alterazione di tipo infiltrativo con normale architettura della mucosa e dei villi, aumentato numero IEL (>25 lEL/100 enterociti) (Marsh I).

Si può fare pertanto diagnosi di celiachia.

 

Commento

Questo caso clinico si presenta assai interessante proprio per le difficoltà diagnostiche intervenute.

La paziente non aveva alcuna familiarità, ma presentava una sintomatologia dispeptica abbastanza caratteristica e tuttavia aspecifica e così pure una sintomatologia neurologica piuttosto sfumata; il sospetto diagnostico di malattia celiaca fu considerato e furono eseguite le indagini bioumorali, risultate però negative e così pure negative furono l'EGDS e la biopsia. Purtroppo venne eseguita in quella occasione una sola biopsia nella porzione più prossimale del duodeno, il cui esito istologico fu negativo per malattia celiaca.

Successivamente dimessa, la paziente eseguì anche controllo degli aplotipi HLA-DQ2/DQ8, risultati positivi. A causa della persistenza della sintomatologia dispeptica, dopo circa un anno, eseguì nuovamente la EGDS; in questa occasione furono praticate biopsie seriate coinvolgenti anche la parte più distale del duodeno, il cui risultato si mostrò positivo per celiachia (Marsh I), consentendo così, finalmente, una sicura diagnosi. Alla luce di quanto evidenziato, questo caso clinico deve fare riflettere sulla concreta possibilità di falsi negativi e sulla necessità di eseguire un numero maggiore di biopsie in sede duodenale più distale possibile. Un ulteriore considerazione va fatta sulla oligosintomatologia presente in questo caso clinico, a parte la dispepsia, e sull'età di insorgenza dei sintomi.

È possibile che la malattia sia insorta in età più avanzata, ma anche che rientri nella forma clinica atipica. La sintomatologia neurologica era parimenti presente, ma come dicevamo prima piuttosto sfumata, tuttavia il punto più rilevante rimane l’occorrenza del falso negativo che mette in luce come, per quanto attiene la malattia celiaca, la diagnosi non sia così semplice come comunemente si pensa.

 

 

 

Caso clinico 2

 

A.M., sesso maschile, età 35 anni, professione impiegato.

Viene ricoverato in D.H. per ipertransaminasemia di natura da determinarsi (n.d.d.).

Anamnesi familiare: padre vivente, madre vivente affetta da obesità, ipercolesterolemia, ipertensione arteriosa, coronaropatia trattata con PTCA (stent), tre fratelli viventi, una sorella affetta da celiachia e un figlio vivente.

Riferisce allergie, non fa uso di alcool e non fuma.

Anamnesi patologica remota: il paziente dichiara di essersi fratturato gli omeri, nell'infanzia per traumi non particolarmente gravi.

Sei anni addietro esegue EGDS con riscontro di incontinenza del cardias ed esofagite da reflusso.

Malattia attuale: il paziente riferisce di aver sofferto circa due mesi fa di un’otite e tonsillite cronica, di aver avuto una congiuntivite virale, herpes labialis, di soffrire di allergie e di aver subito un trauma che gli ha causato la frattura di cinque coste e la scheggiatura dell'astragalo.

Il mese scorso eseguiva un ecocardiogramma, dal quale risultavano una lieve insufficienza mitralica e un minimo rigurgito tricuspidalico.

Esame emocromocitometrico

Nulla da rilevare, eccetto una lieve ipertransaminasemia:

  • AST: 32
  • ALT: 57
  • TAS: 567
  • streptozym-test: 300
  • GB: 4720
  • IgE: 216

 

Esame immunologico:

  • EMA: positivo
  • Anti-tTG: positivo
  • AGA IgA: positivo [267,7 (v.n. ≤ 50)]
  • AGA IgG: positivo [>400 (v.n. ≤ 50)]
  • anti-HCV: negativo

 

Ecografia addome superiore

Fegato modicamente aumentato di volume, a contorni regolari ed ecostruttura caratterizzata da echi interni di livello regolare ed alterato a focolaio per la presenza di almeno tre formazioni iperecogene la maggiore di circa 1,1 cm in sede subglissoniana al VII segmento, tali formazioni sono da riferire in prima ipotesi ad angiomi. Colecisti in sede, non dilatazioni delle vie biliari, vena porta di calibro regolare. Pancreas morfovolumetricamente nei limiti della norma, milza nei limiti. Reni in sede, di forma e volume regolare, spessore parenchimale nei limiti, assenza di litiasi e di dilatazione delle vie escretrici.

EGDS con biopsie del secondo tratto duodenale

La ricerca dell'Helicobacter pylori è risultata negativa ed è stata riscontrata ernia iatale, esofagite da reflusso, duodenopatia congestizia.

Esame istologico

Descrizione macroscopica: tre frammenti orientati.

Descrizione microscopica: tre frammenti di mucosa intestinale con atrofia marcata dei villi. Iperplasia delle cripte ghiandolari. Enterociti cuboidali con orletto a spazzola alterato. Infiltrato linfocitario linfoplasmacellulare con discreta quota di granulociti eosinofili nella lamina propria. Ghiandole di Brunner presenti in uno dei prelievi bioptici.

Diagnosi

Reperto istomorfologico compatibile con la diagnosi clinica di malattia celiaca, tipo IIIb (classificazione di Marsh, mod. da Oberhuber).

Conclusioni

Questo caso presenta numerosi spunti per osservazioni: anzitutto c’è familiarità per celiachia, la sintomatologia presentata dal paziente non è significativa, mancando del tutto il dato della dispepsia e della diarrea e anche quello dell'anemia; tuttavia, un dato anamnestico risalente a parecchi anni prima nella osservazione potrebbe essere interpretato come complicanza della malattia celiaca stessa: infatti il paziente ha riferito l'evento di fratture costali multiple intervenute per trauma lieve e, ancor prima, anche di fratture degli omeri sempre per trauma lieve, suggerendo l'ipotesi che già allora fosse presente una significativa sofferenza del tessuto osseo, con probabile stato di osteopenia e osteoporosi, che certamente sono complicanze della celiachia.

La diagnosi di malattia è stata eseguita molto probabilmente in epoca tardiva se la nostra ipotesi precedente è vera, dopo comparsa di ipertransaminasemia lieve che al riscontro ecotomografico e a quello bioumorale finalizzato alla ricerca di qualche eventuale noxa epatocitolesiva non ha messo in rilievo altra significativa patologia.

L'ipotesi più probabile è che questa sofferenza epatica modesta possa, avere tratto origine da una condizione carenziale legata al malassorbimento intestinale. A causa della marcata astenia lamentata dal paziente è stato eseguito anche un esame ecocardiografico che ha dato comunque esito negativo, a parte la presenza di lieve insufficienza mitralica e tricuspidalica, con F.E. del 60% e PAPS (pressione arteriosa polmonare sistolica) 30 mmHg. Questa indagine è stata eseguita perché la malattia celiaca non curata e il conseguente malassorbimento persistente potrebbero penalizzare la fruizione di tiamina, che è un fattore trofico dei miocardiociti, la cui carenza cronica può comportare miocardiopatia restrittiva, talora con gravità crescente fino all' insufficienza cardiaca. Ad avvalorare l'ipotesi che, sia pure in condizioni oligosintomatiche, la malattia celiaca sia insorta molti anni prima, oltre a quella della probabile osteoporosi anch'essa datata, è proprio l'esame istologico duodenale che presentava un quadro di atrofia e rimaneggiamento mucosale molto spiccato (Marsh IIIb) che denuncia una condizione patologica presente da parecchio tempo, silente, e come tale non adeguatamente trattata.

Non sono facilmente spiegabili l'assenza di anemia e i valori normali di sideremia e ferritinemia, che sembrano indicare, pur nell'ambito di una malattia datata, una mancata compromissione dell'assorbimento del ferro, sulle cui ipotesi non ci addentriamo. In questo caso la gravità del quadro istologico non ha alcuna corresponsione con la sintomatologia clinica, bensì con le complicanze.

 

Caso clinico 3

S.G. sesso maschile, età 44 anni.

Anamnesi familiare: riferisce di avere una figlia, una zia materna, una cugina di primo grado affetti tutti da malattia celiaca.

Anamnesi fisiologica: n.d.r.

Il paziente pur non accusando alcuna sintomatologia, esclusivamente per la familiarità verso la celiachia, ha chiesto ricovero in DH, e pertanto eseguiva tutti gli esami di laboratorio.

Esami ematochimici

Esame emocromocitometrico nella norma.

Glicemia nella norma

  • Sodio lievemente ridotto [Na 134 mmol/l (v.n. 136-145)]
  • AGA: negativo
  • EMA: Border
  • anti-tTG di tipo IgA: positivo

 

EGDS con biopsia duodenale

Esofago regolare. Cardias a tratti beante. Mucosa gastrica sollevata in pliche regolari ed appianabili. Presenza di residuo chiaro. Assenza di lesioni localizzate o diffuse. Angulus indenne da lesioni localizzate. Mucosa antrale rosea e regolare. Piloro in asse e a contorni regolari.

La mucosa bulbare presenta una discreta granulia e un diffuso pallore. Anche nel II duodeno si apprezza una modesta granulia. Si eseguono biopsie sia nel bulbo che nel II duodeno.

Test rapido per Helicobacter pylori positivo.

Referto istologico

Cinque frustoli di mucosa duodenale con villi quasi completamente appianati; orletto a spazzola irregolare; linfociti intraepiteliali notevolmente aumentati fino a 60-70/100 enterociti con focale tendenza a raggrupparsi. Focale scomparsa delle goblet cells nell'epitelio di superficie. Iperplasia delle cripte in un frustolo. Nidi di ghiandole di Brunner nella sottomucosa in due frustoli, nel tratto profondo della tonaca propria.

Il paziente esegue nuovamente l'esame immunometrico, questa volta gli AGA IgA risultano positivi, anche se di poco aumentati, mentre gli AGA IgG continuano ad essere negativi.

Conclusioni

Anche questo caso clinico offre parecchi spunti di riflessione: la sintomatologia clinica è stata totalmente assente, non c'erano sintomi dispeptici, né dimagramento, né evidenti note di malassorbimento intestinale. I dati bioumorali erano tutti assolutamente nella norma. La positività dei test immunologici c’è stata, anche se piuttosto lieve, e pur tuttavia questo dato indica un certo sospetto di celiachia. Unico riscontro positivo, significativo per malattia celiaca, è stato fornito dalI'EGDS e dall'esame istologico su biopsie multiple, che ha ben evidenziato l’atrofia dei villi, le note regressive degli enterociti e la cospicua infiltrazione linfocitaria, quest'ultima probabilmente legata anche almeno per quanto attiene il piloro alla comorbilità derivante dall'infezione da Helicobacter pylori, anche questa clinicamente del tutto asintomatica.

In questo contesto la possibilità di diagnosi è stata colta esclusivamente sulla base del rilievo della familiarità per celiachia, a dimostrare ancora una volta quanto questo dato fisiopatologico sia importante ai fini della diagnosi, soprattutto quando la malattia è atipica e del tutto asintomatica. Non è certamente facile convincere un paziente, nel quale tutte le indagini preliminari siano state negative, a sottoporsi in ogni caso all'EGDS, metodica questa che presenta comunque una certa invasività. Tuttavia in questo caso clinico l'insistenza è stata premiata dal riscontro diagnostico. Ne deriva che allo stato attuale delle conoscenze e almeno per quanto concerne le forme di celiachia atipica ed asintomatica, l'indagine endoscopica debba essere considerata assolutamente necessaria non soltanto ai fini diagnostici ma per poter effettuare l'unico provvedimento utile in questi casi e cioè la dieta aglutinata.

Anche in questo contesto non è facile imporre, non avendo avuto alcun sentore, dieta a un soggetto che, per la sintomatologia clinica, si considera non malato e pertanto non abbisognevole di alcuna restrizione.

L'esperienza però ci insegna che la dieta è comunque più che mai necessaria, allo scopo di prevenire le complicanze molteplici ed anche gravi della celiachia. Il medico curante in questo contesto ha l'obbligo etico di informare il paziente e di fargli prendere coscienza di avere una malattia importante anche se asintomatica e che se non trattata può generare le complicanze. Sempre in questo caso clinico, un dato assai significativo si ricava dall'esame istologico, ed è quello che riguarda l'infiltrazione linfocitaria e la tendenza delle cellule linfatiche stesse a formare degli agglomerati: questo comportamento dei linfociti esprime la tendenziale attitudine di essi alla crescita e all'organizzazione, requisiti questi che certamente ricordano l'istogenesi del linfoma.

Oltretutto in questo caso clinico erano presenti due condizioni morbose concomitanti, e cioè la celiachia e l'infezione da Helicobacter pylori che, secondo la letteratura scientifica, presentano entrambe collegamenti - anche se non del tutto chiariti – proprio con i linfomi. Volendo esasperare il concetto, si può affermare che a questo paziente, cui è stata imposta la dieta aglutinata e il trattamento antibiotico contro l'infezione da Hp, si è così evitata la comparsa di complicanze gravi e di linfomi. Sulla base di tale considerazione l'avvenuta esecuzione dell'EGDS non appare più il frutto di un accanimento diagnostico eccessivo ed inutile, ma piuttosto la messa in pratica del moderno concetto basato sull’affermazione che "prevenire è meglio che curare”.

 

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

Nei capitoli precedenti abbiamo riesaminato la malattia celiaca nei suoi aspetti fisiopatologici, clinico-diagnostici e terapeutici e abbiamo enumerato le numerose complicanze e le ancor più numerose malattie associate, delle quali ancora il nesso patogenetico con la celiachia sfugge. Non vi è dubbio che, pur trovando una spiegazione fisiopatologica semplice, qual è quella legata alla capacità della gliadina di rappresentare uno stimolo antigenico che evoca una risposta anticorpale specifica e una flogosi quale conseguenza di essa con successivo malassorbimento intestinale cronico, non altrettanto semplice sono le possibili spiegazioni delle numerose complicanze che abbiamo esaminato e parimenti sfugge ancora la ragione profonda delle malattie associate alla celiachia. Il malassorbimento intestinale rimane ovviamente il fulcro patogenetico della malattia, poi è ovvio che altri fattori ambientali e comportamentali facciano sentire un loro diverso peso, che si riflette sulle complicanze.

Ad esempio, l'associazione con le sindromi depressive può dipendere da carente assorbimento intestinale di litio ma anche da carenza di assorbimento di altre sostanze coinvolte nel meccanismo della trasmissione serotoninergica.

Non vanno trascurate neppure le sommazioni di situazioni patologiche, come ad esempio quelle derivanti dall'anemia quale processo patologico cronico che sicuramente favorisce la comparsa di alcune sindromi patologiche psichiatriche e anche di altre manifestazioni della malattia.

Particolare interesse infine desta l'associazione con i tumori, in particolare con l'adenocarcinoma intestinale, neoplasia piuttosto rara nei soggetti normali ma che ha una significativa incidenza nei celiaci ed è probabilmente correlata allo stato di flogosi cronica cui sono sottoposte le strutture anatomiche (ghiandole e mucose dell'intestino tenue) e con il linfoma, che si presume legato alla cronica iperstimolazione cui sono sottoposti i linfociti intestinali a seguito del continuo e massiccio insulto antigenico da parte della gliadina recepito come antigene. Auspichiamo che in futuro sia messa in campo una terapia farmacologica adeguata (oggi non ancora disponibile), un'eventuale vaccinazione, con possibilità di desensibilizzare il soggetto dalla risposta anticorpale anomala, proprio per prevenire le gravi complicanze (che ovviamente sono anche legate alla difficoltà pratica di attuare una dieta veramente e totalmente priva di glutine). L'altro auspicio è che l'approfondimento delle conoscenze della fisiopatologia della malattia celiaca, e soprattutto sugli aspetti genetici ed immunologici, possa aiutare nei tre obiettivi di diagnosi certa e precoce (anche in casi oligosintomatici), prevenzione della malattia, prevenzione delle complicanze.

 

 

 

 

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22)  M. G. Alessio. "La Malattia celiaca". Laboratorio Analisi chimico Cliniche AO Ospedali Riuniti di Bergamo. 2001

 

 

Questionario ECM

 

1.         La malattia celiaca è:

a.         una gastrite cronica atrofica autoimmune che diminuisce l’assorbimento del glutine

b.         un'enteropatia autoimmune causata, in individui geneticamente predisposti, in seguito all'ingestione di glutine

c.         una patologia infiammatoria cronica dell'intestino che può localizzarsi in qualsiasi punto dell’intestino causando principalmente dolori addominali e diarrea sanguinolenta

d.         una patologia infiammatoria cronica autoimmune che si localizza prevalentemente a livello dell’intestino cieco

 

2.         Quale dei seguenti è il fattore eziologico principale della malattia celiaca?

a.         il patrimonio genetico dell’ospite

b.         i fattori immunologici

c.         i fattori ambientali

d.         la malattia celiaca riconosce un’eziologia multifattoriale che deriva dall’interazione di tutti i fattori riportati

 

3.         Quale dei seguenti antigeni di classe II del complesso maggiore di istocompatibilità (MHC) devono essere presenti per determinare la predisposizione genetica alla malattia celiaca?

a.         HLA-DQ2

b.         HLA-DQ8

c.         HLA-DQ2 o HLA-DQ8

d.         nessuno degli antigeni riportati

 

4.         Quale delle seguenti affermazioni sul glutine NON corrisponde a verità?

a.         la frazione gluteninica idro-solubile del glutine rappresenta la parte che è maggiormente coinvolta nella patogenesi della celiachia

b.         le proteine contenute nel glutine responsabili della comparsa della malattia sono le prolamine

c.         gliadine e glutenine sono proteine che vengono chiamate prolamine

d.         il glutine rappresenta il fattore ambientale più importante nella celiachia

 

5.         La prolamina del segale che può causare la celiachia è denominata:

a.         gliadina

b.         secalina

c.         avenina

d.         ordeina

 

6.         Quale delle seguenti NON è una forma clinica della celiachia?

a.         forma atipica

b.         forma ricorrente

c.         forma silente

d.         forma refrattaria

 

7.         Quale delle seguenti affermazioni sulla forma tipica della celiachia corrisponde a verità?

a.         si manifesta di solito tra i sei mesi ed i due anni di vita

b.         il sintomo principale è la diarrea/steatorrea

c.         possono essere presenti alterazioni dell'umore con irritabilità ed apatia

d.         tutte le affermazioni corrispondono a verità

 

8.         Quale dei seguenti NON è un sintomo tipico della forma atipica della celiachia?

a.         diarrea

b.         scarsa crescita ponderale nel bambino

c.         ritardo dello sviluppo puberale

d.         anemia sideropenia

 

9.         In quale delle forme di celiachia la mucosa intestinale si presenta normale:

a.         forma latente

b.         forma silente

c.         forma atipica

d.         in nessuna delle forme cliniche riportate la mucosa intestinale risulta normale

 

10.       Quale tra le seguenti patologie è considerata associata alla malattia celiaca?

a.         dermatite erpetiforme di During

b.         psoriasi

c.         diabete mellito di tipo I

d.         tutte le patologie riportate sono considerate associate alla celiachia

 

11.       Quali sono le indagini di primo livello da utilizzare nella malattia celiaca?

a.         markers anticorpali

b.         biopsia intestinale

c.         markers anticorpali e biopsia intestinale

d.         test di screening genetico

 

12.       Quale tra le seguenti lesioni istologiche della malattia celiaca si presenta alla biopsia intestinale con esame istologico?

a.         aumento dei linfociti intraepiteliali

b.         atrofia dei villi

c.         enterociti diminuiti in altezza e vacuolizzati

d.         tutte le lesioni riportate sono lesioni istologiche elementari della celiachia

 

13.       La terapia della malattia celiaca è basata essenzialmente su quale intervento?

a.         terapia immunosoppressiva

b.         dieta priva di glutine

c.         blocking peptide therapy

d.         dieta priva di frumento